Artemide-Selene



Artemide e la Potnia Theron

"Sui monti se ne va Artemide saettatrice, lieta fra cinghiali e cerve veloci e con lei giocano le ninfe dei campi": così recita un passo dell'Odissea, cantando le lodi di una delle Dee più venerate nel mondo classico. Le fanno eco innumerevoli inni, miti, poemi e citazioni varie. Eschilo, per esempio, l'invoca: "Benigna tu sei o Bella Artemide, ai teneri cuccioli dei feroci leoni e ai piccoli lattanti di tutte le fiere dei boschi".
Callimaco, parimenti, celebra la vergine "che ha cari l'arco e la caccia alla lepre, l'ampio coro e i giochi sui monti". Alle descrizioni dei poeti fa da riscontro l'arte figurativa, che mostra Artemide come Dea cacciatrice, signora degli animali.





Gli artisti dell'epoca arcaica utilizzavano per essa un modello d'origini siriane e la raffiguravano con gli animali branditi nelle mani, spesso alata e talora stante in cime a un monte. Quelli dell'epoca classica preferivano invece porne in risalto la natura giovanile, la passione per la caccia, la maestria nel tirare con l'arco: splendida fanciulla, dunque, è l'Artemide raffigurata coi capelli dorati, la corta tunica da caccia, la faretra, l'arco e le frecce, quale si ammira nella pittura dei vasi attici, sui rilievi e sulle monete. Si potrebbe pertanto adottare, per Artemide, la definizione di "Dea degli animali e della caccia", che rende bene l'elemento principale della sua personalità nella religione greca. Ma questa chiave interpretativa non basta a chiarire tutti gli aspetti del complesso personaggio divino, così come non basta a comprendere l'antichità della sua figura, la molteplicità degli epiteti, l'estrema diffusione e la particolare collocazione dei suoi santuari. è dubbia, per esempio, la sua presenza nei testi micenei, ma il suo nome compare fra gli Dei di Lidia e di Licia, mentre una divinità dei boschi e dei monti e già nota a Creta, sui documenti del XV secolo a.c.


L'immagine di una Signora degli Animali, peraltro, è assai diffusa in tutto il mondo antico e risale, senza dubbio, fino al Paleolitico. è probabile dunque che nel personaggio di Artemide siano confluiti elementi religiosi di grande antichità, appartenenti a un mondo in cui la caccia doveva essere l'aspetto preminente della struttura sociale ed economica, prima che l'agricoltura si affermasse e con essa l'organizzazione delle città e la divisione dei ruoli tra gli esseri umani.



Di fatto, l'Iliade la qualifica come Potnia Theron, Signora delle Fiere, epiteto peculiare che corrisponde in pieno al tipo iconografico della Dea dominatrice e protettrice della natura selvaggia, documentata in Grecia tra la fine del VIII secolo e gli inizi del VII a.c.
Di questa origine pre-olimpica di Artemide danno prova anche i miti (e le relative figurazioni) che la considerano senz'altro inserita tra le divinità dell'Olimpo, la vogliono figlia di Zeus e sorella di Apollo ma la dicono anche pronta ad abbandonare il consesso degli Dei per tornare ai suoi giochi sui monti. "Lei, ancora bambina, chiese un giorno a suo padre: dammi di conservare verginità eterna e ricchezza di titoli; dammi l'arco e le frecce; fa' che io vesta il chitone frangiato fino al ginocchio, per uccidere le bestie feroci (...) sui monti avrò dimora e visiterò le case degli uomini solo quando le donne tormentate da acute doglie mi invocheranno. In loro soccorso mi assegnarono le Moire quando nacqui, poiché mia madre portandomi in grembo non patì sofferenza e senza sforzo mi partorì dalle sue membra" (Callimaco)

I miti giustificano così la ricchezza di questa Dea, raccogliendo l'antica immagine della Potnia Theron e rielaborandola in funzione delle mutate condizioni esistenziali. Gli epiteti di Artemide corrispondono ai suoi caratteri e ad altrettante specifiche iconografie.

I poeti e gli artisti celebrano la Dea non solo come "Quella delle fiere" o come "Signora delle montagne inospitali" ma anche come "Nutrice ed educatrice dei giovani", "Protettrice delle partorienti", "Custode dei porti". Alcuni appellativi erano connessi ai luoghi nei quali la Dea era venerata: Artemide Orthia, adorata presso Sparta, un'Artemide Brauronia, venerata a Braurone, presso Atene, in un santuario del quale rimangono resti importanti, vasi, statuette e iscrizioni del V secolo a.c; (Nota di Lunaria: era connessa all'orsa, l'Artemide Brauronia) un Artemide Munichia, dal porto attico sede di un suo celebre tempio, una Artemide Taurica, titolare dei santuari del Chersoneso taurico (Crimea) e una Artemide Efesina, dall'Artemision di Efeso, famoso dai tempi dei più antichi re di Lidia fino all'impero romano.
Questi luoghi erano frequentati dai cacciatori, dai giovani prossimi alla pubertà, le puerpere e le donne sterili e qui si conservavano le vesti di quelle morte di parto (*) che una credenza popolare riteneva saettate da Artemide.
I santuari della Dea erano costruiti ai confini dello spazio civico: presso sorgenti, fiumi e paludi, sulle cime dei monti, in riva al mare, ai margini delle terre coltivate e dello spazio abitato. Artemide era la Dea di ciò che è fuori dalla città e dai villaggi, fuori dalle opere degli uomini. Essa però veglia non tanto sul mondo selvaggio, che pure le appartiene, bensì soprattutto su quello spazio di confine che consente di toccare il marginale; è la Signora delle eschatiai, come dicevano i Greci per definire le zone di frontiera tra la terra incolta e quella coltivata e insieme per rappresentare simbolicamente un altro passaggio, quello dall'infanzia e dall'adolescenza alla vita matura di cittadino, guerriero, sposo.
Da qui il ruolo educativo di Artemide, che fa crescere i ragazzi, li accompagna nel tempo selvaggio della vita e li abbandona sulla soglia delle nozze e della vita civica; da qui anche la verginità della Dea, inviolata e inviolabile, che protegge ed esige la castità dal corteggio chiassoso di giovani che a lei si accompagna. Da qui, infine, la gelosia di Artemide, che si lascia invocare da ogni ragazza che realizza il proprio destino di madre ma che pure è responsabile della morte di ogni donna che non riesce a raggiungerlo.
Anche i miti che parlano di Artemide quale patrona della caccia esprimono, in altro modo, questi stessi valori: la vergine che veglia sulle fiere, e consente di ucciderle, è anche la Dea che chiede conto per ogni animale cacciato in modo errato, per ogni eccesso compiuto nello spazio in cui regna sovrana.
In tutto questo, anzi, Artemide è Dea scontrosa e vendicativa; le vittime, nei suoi miti, non si contano: Ippolito, che voleva rimanere casto, dedito al culto di Artemide, finì vittima di Afrodite, offesa da lui. Il gigantesco Orione morì ucciso da un minuscolo scorpione per aver sfidato la Dea; Atteone offese Artemide, osando fissarla mentre si bagnava nuda in una sorgente: finì sbranato dai cani; Callisto, sedotta da Zeus, nascose ad Artemide la sua gravidanza, e venne trasformata in orsa. Nell'immaginario greco, Artemide è l'appassionata cacciatrice e protettrice della selvaggina, vergine libera dal giogo nuziale e custode della sessualità. L'erede della Signora delle montagne e delle fiere, la Potnia Theron, finì col fondersi con altre divinità (Iside, Atena,
Demetra) e trasformarsi in una grande Dea cittadina (Tychè-Fortuna). A Efeso, l'Artemide greca fu venerata in epoca ellenistica arricchita da una funzione materna, dotata di numerose mammelle che le coprivano il petto.



  
Vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/lartemide-di-efeso-e-la-palma.html

(*) Curiosamente, nell'Induismo, a una Dea, Matangi, si offrono i panni sporchi di sangue mestruale



 Approfondimento tratto da



Artemide, nota ai Romani come Diana, era la Dea della caccia e della luna, sorella gemella di Apollo, dio del sole. Slanciata e incantevole figlia di Zeus e di Leto (Latona per i Romani),
vagabondava nel folto della foresta per montagne, prati, radure, con il suo stuolo di ninfe e cani da caccia. Vestita di una corta tunica, armata di un arco d'argento, una faretra colma di frecce sulla spalla, tirava con l'arco con mira infallibile. Come Dea della Luna viene rappresentata nell'atto di portare la luce, con in mano una torcia o col capo circondato dalla luna e dalle stelle.

Come Dea della vita selvaggia veniva associata a molti animali selvatici: cervo, daina, lepre, quaglia, che hanno tutti in comune con la Dea una natura sfuggente. La leonessa era il simbolo della sua regalità e abilità di cacciatrice, e l'orso feroce rappresentava l'aspetto distruttivo e il suo ruolo di protettrice dei piccoli (in Grecia, le fanciulle consacrate ad Artemide e poste sotto la sua protezione erano dette "arktoi", le orse). Era associata anche al cavallo selvatico, che girava libero.
(Nota di Lunaria: Dee associate al leone sono Durga, Anahita, Anat, Ishtar, Cibele; Dee legate al cavallo: Epona, Rhiannon; Artio era la Dea legata all'orso)

Artemide fu la levatrice di sua madre, che aiutò nel parto, per portare alla luce Apollo. Per questo le donne la invocavano come "Soccorritrice nel dolore, lei che dal dolore non viene sfiorata", pregandola che facesse nascere il bambino, ponendo fine al travaglio.



Tra i miti che riguardano Artemide, è interessante quello di Orione, cacciatore da lei amato e da lei ucciso, senza saperlo. Un giorno Apollo vide Orione nuotare in mare, con la testa a pelo dell'acqua. Artemide era poco distante; Apollo le indicò un oggetto scuro nell'oceano e le disse che non sarebbe riuscita a colpirlo. Provocata dalla sfida del fratello e non sapendo che l'oggetto contro cui mirava fosse la testa dell'uomo da lei amato, Artemide scoccò una freccia che lo uccise. Successivamente la Dea pose Orione fra le stelle e gli diede uno dei suoi cani, Sirio, la stella principale della costellazione del Cane, che lo accompagnasse nei cieli.
Così, il solo uomo da lei amato fu vittima della sua natura competitiva.
Nelle sue sembianze di Dea della Luna era collegata a Selene ed Ecate, e insieme erano considerate una Trinità Lunare: Selene aveva potere in cielo, Artemide in terra, Ecate nell'arcano e misterioso mondo sotterraneo.




L'archetipo-Artemide

Artemide, come Dea della caccia e della luna, era la personificazione dello spirito femminile indipendente. L'archetipo che rappresenta consente alla donna di cercare le proprie mete in un ambito di sua scelta. In quanto Dea vergine, era immune dall'innamoramento: non venne rapita e violentata come accadde a Persefone o Demetra.  
In quanto archetipo di Dea Vergine rappresenta un senso di integrità, di completezza, di "so-badare-a-me-stessa" che le permette di funzionare da sola, con spirito di indipendenza. Questo archetipo le consente di sentirsi intera senza un uomo, di proseguire senza il bisogno dell'approvazione maschile.
La sua identità e senso di valore non dipendono dal fatto di essere sposata o con chi, ma da ciò che è, da ciò che fa.
In quanto Dea della caccia che insegue la preda, e che poteva colpire con una freccia, sapendo che lo avrebbe raggiunto, rappresenta la donna che si concentra e colpisce il bersaglio proscelto. Artemide rappresenta le qualità idealizzate dai movimenti femminili: realizzazione e competenza, indipendenza dagli uomini e dalle loro opinioni, interesse per le giovani vittimizzate: Artemide aiutò la madre Leto nel parto, salvò lei e Aretusa dalla violenza carnale e punì l'attentatore Tizio.



Era accompagnata da uno stuolo di ninfe (divinità minori delle montagne, boschi, ruscelli), che esploravano e cacciavano in luoghi selvaggi, non essendo vincolate dalla dimensione domestica e dal controllo degli uomini. Erano come sorelle e Artemide era la sorella maggiore. Per l'attrazione che esercitano su di lei i luoghi selvaggi e la natura incolta, Artemide è l'archetipo che sovrintende all'unità della donna con se stessa e con la natura e che talune avvertono quando vanno a fare un campeggio nei boschi o dormono sotto la luna e le stelle, passeggiano lungo una spiaggia solitaria o contemplano il deserto sentendosi in comunicazione spirituale con la natura.
Caratteristica di Artemide in quanto Dea della Luna è la "visione lunare visto al chiaro di luna un paesaggio si trasforma; al chiaro di luna chi è in contatto con la dimensione-Artemide diviene parte inconsapevole della natura, per qualche istante in essa e tutt'uno con essa. "Andare per luoghi selvaggi implica il riconoscimento di una dimensione selvaggia dentro di noi. Questo è forse il valore più profondo di una simile esperienza, il riconoscimento della nostra affinità con il mondo della natura" (China Galland).



"Le forze della natura mi tenevano in loro potere. Ero satura di una danza di ioni e di atomi. Il mio corpo reagiva alla forza d'attrazione pervadente della luna" (Lynn Thomas)
Le donne che seguono Artemide nelle regioni impervie scoprono se stesse e per questo diventano più riflessive. Spesso fanno sogni più vividi del consueto e ciò favorisce in loro uno sguardo interiore. Vedono i luoghi interiori e i simboli onirici al "chiaro di luna".

Da ragazza, la tipica donna Artemide è competitiva per natura e lo fa con perseveranza, coraggio e volontà di vincere. Nel proseguire l'obiettivo, quale esso sia, si spingerà fino al limite estremo. L'adolescente-Artemide è una ragazza che si avventura nei boschi, che non è disposta al compromesso, perché meno disposta a piacere agli altri; per questo è possibile che venga giudicata "priva di femminilità".
La donna-Artemide troverà quasi sicuramente indispensabile l'attività fisica, specialmente la corsa, la maratona o sciare. La donna-Artemide si impegna anche nell'attività lavorativa, più per ideale che non per interesse monetario e commerciale. Anzi, a volte l'interesse è così personale e lontano da ogni via battuta che la mancanza di successo e l'isolamento sono addirittura garantiti. La donna-Artemide è spesso l'avvocato delle cause perse, la riformatrice che non trova apprezzamento, la voce che grida nel deserto.
La donna-Artemide ha il senso della solidarietà con le altre donne, proprio come la Dea che si circondava di ninfe-compagne. Questo modello risale alla scuola elementare, ad una "amica del cuore" con cui condividere ogni cosa importante della propria vita. L'archetipo della sorella si sviluppa in alleanze con le colleghe al lavoro e gruppi di solidarietà per le donne.
Aspetti negativi dell'archetipo Artemide possono essere la distanza emotiva, una certa freddezza o crudeltà nel trattare gli altri, un'incapacità di notare i sentimenti di chi le sta accanto, col risultato di far sentire insignificanti ed escluse le persone che sono attratte da lei; può anche essere eccessivamente vendicativa per i torti subiti.
Infine, per andare oltre questo archetipo, è importante sviluppare anche i lati delle altre Dee (Era, Afrodite, Demetra), diventare quindi più bisognosa di affetto, di seduzione, di desiderio di maternità/prendersi cura degli altri. In genere, questo avviene soltanto quando la donna Artemide "si è scaricata", dopo aver puntato una serie di obiettivi, realizzandoli oppure no.


Due note tratte da



Come divinità legata all'agricoltura e alla fertilità dei campi la Potente Diana era particolarmente venerata nelle campagne, tanto che il Suo Culto poteva vantare ancora un nutrito numero di seguaci, persino nel basso medioevo, dopo circa sei secoli di dominazione cristiana. [...] Diana tuttavia - molto più anticamente - oltre che Signora dei boschi e custode delle fonti e dei torrenti, fu anche una Dea della natura, Patrona dell'agricoltura - "In Deae Dianae Ara agricolarum columbae erant", che significa "Sull'ara della Dea Diana c'erano le colombe degli agricoltori" - e come tale dispensatrice di fertilità, dunque anche protettrice delle partorienti. [...] Dia inoltre era il nome di un'antichissima Divinità italica legata alla vegetazione e riconducibile a Diana. Tenuto conto di questi dettagli, Aradia potrebbe significare "Sacerdotessa di Diana" o più probabilmente indicare la sua Grande Sacerdotessa.

Approfondimento tratto da



(purtroppo non ricordo il titolo preciso, era qualcosa tipo "guaritrici")

Il dominio della Potnia: la Dea, la Maga, la Strega

Fin da tempi molto antichi il primato femminile sulle conoscenze erboristiche si fondava sullo schema di una naturale e condivisa distribuzione delle sfere di competenza tra il mondo maschile e quello muliebre. Questa ottica era corroborata dall'esistenza di mitologie e cosmogonie che consegnavano il dominio degli elementi naturali nelle mani delle Dee, elette depositarie delle leggi segrete della generazione. Il culto di una Dea Madre ha permeato l'intera area mediterranea fino all'Indo a partire dal Paleolitico, e ha dominato tutta l'epoca neolitica resistendo, in alcuni casi, fino alle soglie dell'Età del Bronzo, e agendo in modo fondamentale sull'incubazione delle strutture sociali e religiose anche successive. Questa divinità arcaica e ancestrale racchiudeva in sé tutti i simboli legati al mondo naturale, animale e vegetale, e tutti gli schemi ciclici, trasformativi e rigenerativi, che regolavano la vita. è conosciuta con il nome di Potnia, che significa "Signora, Sovrana, Dominatrice, Augusta, Veneranda". Il suo era un patronato pressoché incontrastato e universale, che essa controllava moltiplicandosi nelle differenti forme che di volta in volta la identificavano come Signora delle Fiere, Signora dei Serpenti, o attraverso le altre incarnazioni metamorfiche delle sfaccettature del mondo vivente. Ad un certo punto della storia, all'incirca tra il III e il I millennio a.c, questa arcaica visione del mondo fu messa in crisi dal dilagare in tutto il territorio euroasiatico di popolazioni indoeuropee provenienti dalle pianure della Russia meridionale, portatrici di una cultura di tipo patriarcale fondata sui valori maschili della guerra, della conquista, del possesso, che finì per schiacciare e sovvertire le forme preesistenti di potere femminile. Tuttavia, scalzare convinzioni che avevano permeato l'immaginario di interi popoli era impresa assai ardua, e per di più rischiava di indisporre quegli antichi Dei che non gradivano essere sostituiti con i nuovi; di conseguenza si rese necessario reinterpretare, piuttosto che cancellare, quei valori che maggiormente resistevano ai recenti cambiamenti. Ciò avvenne introducendo nuove elaborazioni concettuali sviluppate attraverso il ricorso al mito, giungendo infine a una graduale ibridazione dei due sistemi. La trasformazione dell'immaginario del femminile ha un ruolo centrale in questa collisione culturale. La damnatio memoriae della Potnia è passata anche attraverso il percorso affascinante che ha contribuito all'evoluzione della simbologia della maga, in origine sapiente conoscitrice di segreti, e dunque figura positiva e benefica, nel suo esatto opposto, l'orrifica manipolatrice degli elementi: la malefica appunto, e infine strega, per lungo tempo oggetto di persecuzioni. Numerosi elementi hanno concorso a questo passaggio ideale di testimone. Malgrado possa sembrare strano, il transito dalle religioni pagane al cristianesimo ne è solo parzialmente responsabile, avendo in realtà alimentato una premessa che già in nuce era presente nella cultura greca e romana e che ha piuttosto a che fare con il precedente passaggio dal sostrato culturale preindoeuropeo, matriarcale, al successivo imporsi delle strutture del patriarcato; queste, introducendo una diversa dialettica tra i principi del maschile e del femminile, si fecero responsabili di una riorganizzazione della società che ridefinì in modo drastico il ruolo della donna. Nel sistema religioso greco e poi romano le caratteristiche della Potnia mediterranea vennero assorbite, e allo stesso tempo ripartite, tra le nuove divinità femminili, con il risultato di diluire, e in un certo senso impoverire, la densità concettuale e simbolica raccolta intorno alla polarità del femminile. Era, Artemide, Atena, Demetra, Persefone, ma anche le italiche Bona Dea, Feronia, Flora, divennero così le nuove potniai. Sono tutte Dee pharmakìdes, detentrici a vari livelli di competenze erboristiche, in qualche caso guardiane di un proprio giardino dei semplici. Più strettamente collegate alla medicina e alla salute erano poi le due figlie di Asclepio, Igea (da cui deriva il nostro termine "igiene") (1) e Panacea: la prima protettrice delle pratiche connesse alla salute, la seconda personificazione della guarigione conseguita con l'ausilio di erbe e piante curative.

Su Igea vedi https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/nu-wa-e-il-serpente.html
 
Queste figure, lungi dall'essere scaturite dalla fantasia mitica dei greci, riproponevano una trasmissione femminile del sapere farmaceutico e terapeutico attinta dalle civiltà limitrofe, o precedenti, da quelle mesopotamiche all'Egitto, alla cultura persiana. Erano riflessi delle sumere Bau e Nantu, divinità guaritrici e protettrici della fertilità; della Dea e maga italica Angitia, adorata presso i Marsi e le popolazioni oscoumbre, che detenevano i segreti delle erbe e l'antidoto contro il morso dei serpenti (in latino angues) e che fu talora identificata con Medea o Circe. Curiosamente, proprio laddove sopravviveva il ricordo della dimensione religiosa preellenica, gli Dei, ma soprattutto le Dee, del pantheon greco presero ad assumere connotati e caratteristiche che sembravano stridere con il sistema di valori che avrebbero dovuto rappresentare, lasciando affiorare stranezze che rivelano una genesi disordinata delle nuove mitologie.
La figura della Dea Artemide è un esempio tra i più interessanti di questa atipicità. La sua simbologia è ricchissima e complessa. Pur essendo una Dea vergine, infatti, era protettrice dei parti, con il nome di Ilizia, avendo ricevuto in sorte di dover assistere la madre Leto nel parto del gemello Apollo, che aveva preceduto nella nascita di un mese. La verginità di Artemide ne fa una Dea che fonda la propria identità sul distacco, sull'autosufficienza, sul rifiuto della mescolanza con il mondo maschile. La stessa innaturale presa di posizione si trova in Atena, e anticipa una serie di figure appartenenti a mitologie successive sparse sul suolo europeo che si sottraggono alle logiche delle divinità femminili indoeuropee, e scelgono di non avere un compagno o marito.


(1) Igea era la protettrice della prevenzione medica e delle pratiche igieniche. La Dea è raffigurata nell'atto di nutrire il serpente, animale simbolo di ogni trasformazione implicita nell'atto di guarigione. In quanto ancorato all'elemento terra il serpente mantiene un forte legame con le capacità terapeutiche femminili.

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Sembra proprio che in molte aree del mondo, le forme di religiosità più antiche fossero basate sui culti della Madre Terra o della Grande Madre, e accompagnate da riti di propiziazione della fertilità monopolizzati dalle donne.
Tali riti sono testimoniati dalle statuette votive neolitiche, tra cui spiccano le Veneri steatopigie (dai grandi glutei) o le Divinità dalle molte mammelle, che simboleggiavano la fecondità femminile. (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/introduzione-allarte-della-preistoria.html)




Le donne diventavano così le uniche detentrici del rapporto con il soprannaturale, le esclusive depositarie dei misteri che legano Cielo e Terra. Il potere femminile venne sancito da istituzioni politiche e sociali in modi diversi e in epoche diverse. In particolare nel Mediterraneo esso sarebbe continuato fino all'Età del Bronzo e avrebbe caratterizzato anche la civiltà minoica, sviluppatasi a Creta dal III millennio e terminata attorno al 1500 a.c. Al centro della religione minoica vi era una donna potentissima, Potnia, simbolo della forza generatrice femminile [...]
Il fatto che la principale figura religiosa della Grecia minoica fosse una donna assume un significato assai importante, poiché la struttura religiosa di una società plasma in larga misura il suo sistema di valori; per conoscere il ruolo della donna all'interno di una determinata civiltà è molto importante capire come venga definito dalle credenze religiose in essa prevalenti. E infatti, nella cultura cretese le donne godevano di una posizione sociale privilegiata rispetto a quella loro riservata nelle altre civiltà coeve. Non vivevano in zone segregate dei palazzi e fruivano quindi di una libertà di movimento non riscontrabile nelle epoche successive per millenni. Le donne minoiche avevano il ruolo privilegiato di Sacerdotesse, potevano amministrare il proprio patrimonio anche dopo essersi sposate, potevano ereditare da un congiunto e divorziare dal marito conservando la dote.
Non vi sono però tracce di una successione matrilineare, se non sporadiche. Col passaggio dalla civiltà minoica a quella micenea, sviluppatasi a Micene attorno al 1450 a.c e con il conseguente emergere della figura del guerriero, i caratteri culturali del mondo greco vanno via via modificandosi, trasformando radicalmente lo statuto sociale femminile.




Approfondimento tratto da



"Salve, Beata Latona", inneggia Omero, "che desti la luce a magnifici figli: il signore Apollo e Artemide l'Arciera"
Le frecce di Artemide/Diana erano infallibili come quelle di Apollo e portavano da lontano una morte silenziosa e indolore, un sonno perpetuo.
Artemide è la cacciatrice solitaria, la "Sempre lontana", il suo regno è la foresta popolata di ninfe dove l'uomo teme di avventurarsi (*) ; le quaglie che tornano ogni primavera sulle tiepidi pendici della Grecia sono i suoi animali sacri, perché gli uccelli migratori amano e

conoscono le lontananze (**)

(*) Ovviamente Artemide e le sue ninfe sono l'archetipo del Lesbismo; non è neanche da escludere che il mito di Artemide in realtà rifletta vere e proprie community di sorellanza che ancora sopravvivevano in quel tempo. Nota di Lunaria

(**) La quaglia è associata alla notte, alla fortuna e alla primavera: ha una connotazione fallica e rappresenta i rapporti amorosi. Sembra che i Fenici sacrificassero quaglie; per i russi era un animale connesso al Sole.
(vedi il commento di "Enciclopedia illustrata dei simboli")



Probabilmente è associata ad Artemide per rimarcare meglio il simbolismo sessuale di Artemide con le sue ninfe.

Artemide, ancora più che Athena (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/atena.html), è la Vergine intoccabile: una creatura scontrosa e selvatica che colpisce con dardi mortiferi il temerario che le si avvicina: "Zeus la fece fra le donne un leone e le concesse di uccidere a piacimento";
era Lei la causa delle febbri malariche e puerperali e al tempo stesso era la protettrice delle donne partorienti.

Nota di Lunaria: questo carattere dualista (Protettrice della vita nelle selve e della gravidanza-Datrice di morte) rende Artemide una Dea completa, assoluta, tremenda: Ella è connessa alla Vita e perciò anche alla Morte, e viceversa.
Cacciatrice e allo stesso tempo Protettrice amorevole degli animali: Artemide è l'equilibrio tra cacciatore e preda.
In un antico vaso è raffigurata mentre prende due leoni per la collottola, uno per mano, come fossero gatti.

(Nota di Lunaria: vedi il confronto con Ishtar, che doma il leone)



Artemide amava i leoni: a Tebe, davanti al suo tempio, stava di guardia un leone di pietra. Era chiamata anche "Cacciatrice di cervi" perché il cervo era selvatico come lei, agile e diffidente.
Evitava la compagnia degli altri Dei, rifuggiva ogni possibile rapporto sentimentale, odiava le manifestazioni fisiche dell'amore: era la Dea bellissima e intoccabile, dai mille nomi e mille attributi.
Se Apollo rappresentava la forza luminosa del Sole, Artemide era il misterioso influsso della Luna sulla vita terrestre.
è la Luna, infatti, che segna i tempi e i ritmi terrestri: dalla Luna le piante ricevono un benefico impulso insieme alla virtù fertilizzanti della rugiada.


Nota di Lunaria: simbolismo che è rimasto nella carta dei Tarocchi della Luna, rappresentata con le goccioline che scendono dalla Luna https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/esoterismo-15-larcano-della-luna-e.html

E Artemide, come la Luna, è fredda e lontana, avvolta nel mistero delle selve come il nostro satellite nell'oscurità della notte: e similmente alla Luna che dall'alto, solitaria abitatrice del cielo, presiede e influenza ogni evento terrestre, dalla nascita delle piante e degli animali fino a quella dell'uomo, così la bellissima Dea Regina Sovrana sulla vita dei campi e dei prati, dei monti e dei boschi, su tutti gli animali, ed a Lei offrono doni tutte le partorienti dedicandole i figli. Perché?
Perché era Lei, la misteriosa Dea Lunare, a prendere sotto la sua protezione tutte le donne in attesa di un figlio, ne misurava il tempo della gestazione, le assisteva nel parto.
Sacra, dunque, e distaccata come la Luna da ogni passione, intatta e inviolabile.
Quando il gigante Orione, cacciatore come Lei, dopo averla offesa abbracciando una ninfa del suo seguito, osò provocarla sfidandola nel lancio del disco, essa respinse con sdegno la sfida e fece morire il temerario col morso velenoso di uno scorpione.
Un altro cacciatore fece una fine ancora più tragica. Cacciando nella foresta, con una muta di cani, egli sorprese Artemide mentre si bagnava nuda, in un limpido specchio d'acqua. Prima ancora di vederlo, la Dea sentì su di sé lo sguardo profanatore dell'uomo e con un gesto della mano lo trasformò in un cervo. Subito i cani lo scambiarono per una preda e lo sbranarono. Ovviamente il mito è simbolico e nasconde un preciso insegnamento: è interessante notare che il nome del cacciatore era Atteone, A-Theos, "senza Dio, A-Theo" e chi non crede in una Divinità o in una Causa Prima da cui tutto deriva, non può guardare Artemide nuda, cioè la Nuda Verità.

Nota di Lunaria: qui è evidente che si parla di verità esoterica, ovvero la Sapienza. Una cosa che i cristiani non conoscono perché sono i primi ad essere vittime della loro stessa spocchia incolta, che volutamente ignora tutto ciò che è "altro" dalla loro religione; da qui la loro somma ignoranza in tutti i campi del Sapere Occulto; ma potremmo anche interpretare il mito in altro modo: Atteone è il maschio patriarcale che profana, con la sua saccenza e arroganza, la Sapienza Spirituale Femminile, rappresentata dalla Dea Nuda che si bagna nell'acqua (sacralizzandola); invece di porsi in un atteggiamento di umiltà intellettuale (che permette di crescere), di ascoltare la donna e il suo punto di vista spirituale, condanna e profana, denigra e diffama: tutta la storia del cristianesimo è basata sulla diffamazione della donna (e più in generale, delle altre culture); senza citare i tanti teologi misogini, basterebbe citare l'apostolo paolo quando ordina che la donna "deve stare in silenzio, perché non può insegnare"; la sua punizione è quella di venir sbranato, ovvero essere privato della totalità dell'Essere, della vera Sapienza: i cani che lo sbranano sono le sue potenzialità intellettuali che invece di essere usate per il bene e in meglio non vengono usate o vengono impiegate male e si rivoltano contro di lui; il bigotto, l'integralista arrogante, spocchioso e presuntuoso convinto di essere "la verità"... quando fa solo la figura del deficiente e dell'ignorante!

Oltre alle quaglie, Artemide è legata anche al cinghiale (animale fortemente matriarcale) e al serpente, animale ctonio. (Vedi i miti dei due re che si dimenticarono di onorare la Dea: il primo ebbe i campi devastati dai cinghiali, il secondo si trovò nel letto un groviglio di serpi)

Artemide comandava anche il vento e il mare; per punire Agamennone, pronto a salpare con la sua flotta per andare a combattere contro i troiani, rese il mare non navigabile. L'indovino Calcante disse ad Agamennone che la Dea irritata lo stava punendo perché il padre di Agamennone non le aveva più offerto il suo miglior agnello e perché Agamennone si era vantato di tendere l'arco meglio di Lei.
"Per riconciliarti con la Dea offesa", disse Calcante ad Agamennone "devi sacrificarle tua figlia Ifigenia". Ma quando la giovane Ifigenia fu davanti all'altare e il cruento sacrificio si stava per compiere, la Dea, avvertita, accorse e sostituì la fanciulla con una cerva. Quindi prese per mano la ragazza e la portò nella foresta con sé per farne una sua Sacerdotessa.


Approfondimento su Artemide vista come simbolo del Lesbismo, tratto da



Artemide amava starsene per le selve vergini, cacciando, ma allo stesso tempo proteggendo gli animali e la foresta (primo e autentico spirito ecologico nella cultura occidentale); era esclusivamente accompagnata da ninfe vergini. Il suo mondo era e doveva essere assolutamente incontaminato: la sua purezza si rivelava in questo senso, e in questo senso va intesa la verginità intoccabile della Dea. Ma il lascivo Zeus si invaghisce della ninfa Kalliste ("La Bellissima"), al corteo di Artemide, e da questa particolarmente amata. Così per riuscire ad avvicinarla, escogita di assumere le sembianze di Artemide stessa. Dapprima allontana la ninfa dalle compagne, poi l'accarezza, quindi va oltre. Per la frastornata Kalliste non c'è scampo! La ninfa, che probabilmente avrà ritenuto di essere stata vittima di un particolare raptus di Artemide, per pudore e imbarazzo non ne fa parola alle compagne, ma presto non può nascondere le conseguenze: è incinta. Accortasi di questo, Artemide, con gesto indignato, la caccia dalle selve. Kalliste partorirà Arcade (che darà il nome all'Arcadia) ma Hera accortasi nel frattempo di avere un'altra rivale, trasforma Kalliste in orsa, ma con cattiveria, le conserva l'intelletto umano. Mentre il giovane Arcade è a caccia, scopre l'orsa, la insegue, sta per trafiggerla con la sua lancia, e Kalliste, che non può rivelargli d'essere sua madre!, invoca Zeus che salva l'ex amante trasformandola nella costellazione dell'Orsa Maggiore.

Commento di Lunaria: in questo mito è interessante vedere come si lasci intendere che per le ninfe era normale giacere con Artemide stessa (che del resto è gelosa e le vuole tutte per sé...!) infatti Zeus, volendo tendere una trappola a Kalliste, NON si trasforma in un uomo (il che avrebbe potuto lasciare trapelare persino la violenza forzata contro la povera ninfa non consenziente) ma "Così per riuscire ad avvicinarla, escogita di assumere le sembianze di Artemide stessa. Dapprima allontana la ninfa dalle compagne, poi l'accarezza, quindi va oltre. Per la frastornata Kalliste non c'è scampo!" e ancora, l'elemento chiarificatore al perché Kalliste non sospetti nulla di anomalo: "La ninfa, che probabilmente avrà ritenuto di essere stata vittima di un particolare raptus di Artemide". Zeus quindi, era ben consapevole che le ninfe del corteo di Artemide erano attratte non dagli uomini (altrimenti avrebbe potuto sedurre la ninfa con aspetto maschile) ma da Artemide stessa (vergine, e quindi non forzata al sesso con penetrazione) e che la Dea era solita accarezzarle e baciarle. Del resto, l'amore lesbico non implica affatto una penetrazione obbligata, ma può anche limitarsi alle carezze intime sulla clitoride. Sotto questo punto di vista, avrebbe senso e sarebbe perfettamente logico il mantenersi vergine (senza offrire la vagina al connubio col pene) come fanno Artemide e le sue ninfe, limitandosi a carezze intime sulla clitoride e le grandi labbra, il che dimostra chiaramente che la verginità di Artemide non è la verginità cristiana scevra dal piacere sessuale (persino autoindotto), quindi una verginità di rinuncia, di frigidità assoluta, ma la scelta ferrea e consapevole di astenersi dalla penetrazione maschile (soprattutto all'epoca, giudicata ancora come dovere in vista di una procreazione forzata) per accettare il piacere sessuale (e non procreativo!) tra sole donne.
Artemide è Colei che ponendosi alla frontiera di due mondi ne segnala i limiti e assicura con la sua presenza la loro buona articolazione. Divinità liminare, dunque, la cui complessa personalità non può essere correttamente interpretata prescindendo da questa sua specifica dimensione. Il limite, il confine, rappresenta il culto di confine tra due cultura, tra due opposti modi di vedere e di interpretare la realtà. è utile ricordare che nel mondo antico l'approccio ai vari aspetti dell'esistente vita/morte, amore/odio - appare essere molto sfumato e spesso risulta assai difficile poter distinguere con esattezza la fine dell'uno e l'inizio dell'altro.
è, dunque, proprio questo aspetto marginale, transitorio, a determinare in Artemide quella straordinaria polifunzionalità che ne fa una delle figura più articolate e complesse dell'intero universo religioso del mondo antico. Artemide è Colei che più di ogni altra Divinità assomma in sé i tre livelli del soprannaturale: un aspetto uranio, legato all'ambito virginale (nota di Lunaria: in realtà NON dobbiamo vedere la verginità con occhi cristiani: "verginità" in riferimento ad Artemide e altre Dee, voleva dire "indipendenza dal principio maschile, non sposate, autonomia". La verginità intesa in senso cristiano, vuol dire "astenersi dal sesso, concepito come sozzura, astenersi dal godimento"); 
un aspetto ctonio, legato alla sfera della fecondità e della riproduzione; un aspetto catactonio, legato al mondo della morte. Artemide, la figlia di Latona e di Zeus, la Grande Arciera dalle frecce infallibili, è a un tempo cacciatrice, levatrice, nutrice, guerriera, in un intersecarsi di valenze e di simbologie che spesso risulta inestricabile.


Approfondimento su Diana tratto da



A partire dal Rinascimento, in Europa è entrato nell'uso comune indicare con questo nome latino la Dea della caccia (Artemide), che a quell'epoca aveva un valore allegorico-simbolico. Statue di Diana con la falce di Luna tra i capelli, l'arco e le frecce nella mano accompagnata dai cani da caccia.
abbellivano i giardini barocchi. Talora, viene rappresentata anche l'antica leggenda secondo la quale Atteone, avendo visto la pudica Diana al bagno, fu mutato in un cervo e dilaniato dai suoi stessi cani.
La falce di Luna è in relazione con l'antica Dea Italica Diana, che originariamente era venerata come Dea della Luna. Solo più tardi si riferirono a Diana i miti relativi alla Dea greca Artemide, signora degli animali (Pòtnia Theron)

Nota di Lunaria: Artemide è la Signora degli Animali perché è colei che mantiene l'equilibrio tra la vita e la morte, l'inizio e la fine, la preda e il cacciatore.
Sembra che Diana abbia continuato a vivere non solo come scultura allegorica da giardino, ma anche come personaggio mitico delle tradizioni popolari italiane. Il mitologo americano Charles G. Leland (1824-1903) nel suo libro "Aradia", del 1899, racconta il culto delle streghe, le quali veneravano Diana e la chiamavano "Grande Dea".
"Diana! Diana! Regina di tutte le maghe e della notte oscura, delle stelle e della Luna, di ogni destino e della fortuna! Tu che domini sull'alta e la bassa marea, Tu che la notte splendi sul mare gettando la Tua luce sulle acque! Tu che sei sovrana del mare nella tua barca a mezzaluna"
(così si legge in un inno tratto da una leggenda in cui Melambo/Melampo spinge la madre a chiedere per lui l'arte di comprendere la lingua dei serpenti)


Nota di Lunaria: curiosamente, l'idea che gli animali parlino una loro lingua e che solo gli esseri umani più sapienti siano in grado di apprenderla è persino attestato nel corano... le api, in particolar modo, avrebbero un proprio linguaggio e il dio islamico avrebbe rivelato loro parecchie cose; di Salomone si dice che conosceva il linguaggio degli uccelli e propriamente l'uccello (come il cammello) resta una sorta di animale totemico persino nel corano. Per tutti gli approfondimenti, vedi questo libro




Altro approfondimento tratto da



La Domina Ludi, la Signora del buon gioco (...) Divinità pagana sopravvissuta nel mondo contadino, quella Diana, Ecate, Perchta, assumeva l'immagine di Dea liceziosa che permetteva di contrapporsi ad una chiesa sessuofobica, pudica, monogamica.
La Domina Ludi incarnava forse il bisogno di vitalità e di naturalezza che anni di predicazioni dei frati minori, le eresie, le lotte intestine nella chiesa avevano soffocato relegando i comportamenti naturali dell'uomo nell'ambito proibito delle superstizioni. E inoltre la Domina Ludi, antagonista del culto mariano, si proponeva come vincitrice, unico capo femminile riconosciuto da un potentissimo mondo di demoni (nota di Lunaria: ovviamente secondo l'idea cristiana che demonizzava gli antichi Dei pagani) Era in qualche modo il riscatto, la vittoria delle Divinità care alle donne nei confronti di una teologia completamente maschile.


Per altri approfondimenti su Diana\Berchta\Perchta\Holda, vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/05/diana-signora-del-giocodomina-ludi-la.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/le-origini-pagane-della-befana-1.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/le-origini-pagane-della-befana-2.html

Scrive Battisti in "Nascita della strega" in "L'antirinascimento" (1962):

Ma noi oggi conosciamo meglio degli inquisitori del rinascimento che cosa linguisticamente significhi, ad esempio, il gioco di Diana ed Erodiade, la cui partecipazione, da parte delle streghe, era considerata una delle loro colpe peggiori. Sappiamo che Diana non è tanto la Dea cacciatrice, quanto piuttosto la Dea meridiana, protettrice di uno dei momenti più delicati e magici del ciclo cosmico di mezzodì... dal mezzogiorno Diana viene ad associarsi ad un'altra ora tremenda, la mezzanotte, riprendendo anche il suo aspetto originale di Dea Lunare.  (https://intervistemetal.blogspot.com/2020/02/la-bianca-signora-e-le-dee-immacolate.html)
Diana aveva una sua fisionomia ben diversa e ben precisa con il suo corteo di ninfe nude. E data la diffusione larghissima di consuetudini etnografiche come i raggruppamenti giovanili, le superstizioni astrologiche che conducevano a compiere riti lunari di fecondità, in cerimonie anche collettive propiziatorie, svolte mediante accoppiamenti sessuali, la mitologia antica e le consuetudini popolari finivano per associarsi e, in un certo senso, per giustificarsi reciprocamente, in singolare contrasto con il carattere demoniaco attribuito dai teologi a tali "giochi".


ALTRO APPROFONDIMENTO, tratto da



Il mito di Artemide si presta bene a far comprendere il complesso e tumultuoso periodo che va dagli 8 anni alla pubertà. Questo periodo, che comprende anche quello di latenza, si chiude con l'avvento della mestruazione e con il passaggio alla fase adolescenziale che, attualmente, inizia prima come evento biologico e finisce molto più tardi come evento psicologico.

Il mito deve essere considerato significativo per tre motivi:

1) Artemide è la Dea androgina: "mentre era ancora una bimba di tre anni suo padre Zeus la prese sulle ginocchia e le chiese quali doni avesse gradito. E subito Artemide rispose: concedimi, ti prego, l'eterna verginità; tanti nomi quanti ne ha mio fratello Apollo e un arco e delle frecce come i suoi"
"In suo onore accadeva che uomini eseguivano la danza kordax con movenze femminili e fanciulle si ornassero di phalloi, come facevano gli attori delle commedie" (Nota di Lunaria: perché sia Artemide sia Apollo rimandano anche all'omosessualità femminile e maschile)

2) Ha come ancelle delle ninfe di nove anni e vuole che le sue compagne rispettino la castità da essa rispettata.

3) è la Dea che presiede alle nascite e protegge le creature giovani, siano essi bambini o animali.
Il percorso femminile, per giungere ad un'identità sessuale che richiede la capacità di staccarsi dalla madre senza timore, è più lungo di quello maschile; durante il periodo della pubertà che inizia a partire dai nove anni, la fanciulla è quindi androgina, con possibilità di sperimentare comportamenti femminili ma anche maschili, soprattutto quando viene precocemente indirizzata verso sport competitivi. (Nota di Lunaria: in effetti, io a nove anni facevo attività che in genere vengono associate più ai bambini: arrampicarsi sugli alberi, giocare a calcio, prediligere giochi "maschili" come "Mighty Max", rispetto alla sua versione "femminile": Polly Pocket, usare lo skatebord; ho iniziato a smettere di fare queste cose verso i 13 o 14 anni più o meno, quando solitamente una ragazza tende a curarsi di più esteticamente e ad avere bisogno di "gruppetto al femminile", un'esigenza che a nove anni non avevo; progressivamente ho perso interesse anche per l'attività fisica)
Non dobbiamo meravigliarci se Artemide a tre anni chiede al padre di concederle gli stessi diritti del fratello, rinunciando alla femminilità legata alla sessualità (Nota di Lunaria: c'è da tenere presente, comunque, che l'idea di femminilità rifiutata da Artemide è la femminilità secondo il contesto patriarcale greco: quindi sottomissione e reclusione nel gineceo...)
Nel mito sono presenti contemporaneamente il periodo edipico e quello della latenza. Questa contemporaneità può spiegare la richiesta fatta a Zeus, considerato un padre amoroso che non le negava nulla e che quindi può favorire l'identificazione con lui e il rifiuto dell'identità femminile legata all'aver dovuto assistere al parto della madre.
Recenti studi hanno dimostrato come l'età dei tre anni sia altamente significativa nel riconoscimento conscio della transessualità.
è infatti in questa età in cui i soggetti fanno risalire le manifestazioni esterne di tipo maschile, osservate dai genitori e vissute nell'intrapsichico, come identità di genere dell'altro sesso.
Il simbolismo dell'età dei nove anni richiama il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, che comporta l'inserimento in un gruppo, all'inizio "omosessuale" e solo in seguito "eterosessuale".
Il primo gruppo in cui si inserisce una preadolescente ha una struttura omosessuale (Nota di Lunaria: l'autrice qui inserisce il termine "di tipo paranoide", che reputo una cretinata);
i componenti sono tutti dello stesso sesso e gli appartenenti all'altro sesso vengono vissuti come antagonisti.
In questo ambito l'identità si struttura attraverso un gioco di somiglianze e differenze, identificazioni e proiezioni, attraverso le quali ciascun gruppo attribuisce all'altro i propri sentimenti negativi e pericolosi e può strutturare una forma di coesione basata sull'"immagine buona" del gruppo di appartenenza.
è il momento in cui si inizia a passare dal piacere di tipo appropriativo a un piacere di scambio, in cui si riesce ad abbandonare il mito della soddisfazione immediata di ogni desiderio e in cui si dovrebbero accettare la sofferenza e la depressione che provengono dagli inevitabili tradimenti, dagli abbandoni e dal riconoscimento dei propri limiti.
Artemide infatti sceglie per compagne soltanto fanciulle all'inizio della pubertà.
Ma quali sono i motivi per cui Artemide, pur rinunziando alla sessualità, diventa la protettrice dei parti e dei neonati?
Va ricordato che Leto "la divinità più simpatica di tutto l'Olimpo" proprio perché diventerà madre di Apollo, suscitò la furiosa gelosia di Era, la quale non solo aveva decretato che Leto "avrebbe dovuto partorire soltanto in un luogo che non fosse mai stato illuminato dal Sole" ma impedì ad Ilizia, la Dea che aiutava nei parti, di accorrere presso di lei.
Artemide è la sorella gemella di Apollo e "sarebbe venuta alla luce, senza le doglie del parto, per prima."
Le Moire l'avrebbero resa subito capace di aiutare la madre nel successivo parto del gemello.
La Bimba-Dea è messa quindi in grado di svolgere funzioni da adulta, ma non di essere adulta. Artemide infatti assiste la madre Leto nel momento in cui, dopo nove giorni e nove notti di terribili sofferenze, mette al mondo il fratello Apollo.
Qualche studioso prospetta l'ipotesi che la rinuncia di Artemide alla sessualità e il suo essere nello stesso tempo protettrice dei parti e dei neonati sia stato dovuto all'imprinting subito in un momento che simbolicamente rappresenta il periodo-critico-latenza-pubertà.
Imprinting legato alla parte cognitiva del Sé che in quel periodo prevale.
Anche se le Moire l'avevano resa capace di compiti da adulta, subito dopo la sua nascita ella viene raffigurata come una fanciulla prepubere, e indubbiamente la rinuncia alla sessualità si riferisce anche a ciò che una ragazza di quell'età non può e non deve ancora subire.

Vi sono ulteriori elementi che possono spiegare le "scelte" di Artemide.
Leto, che pure viene definita una delle "grandi spose" di Zeus, non fu affatto aiutata da lui nel momento del bisogno.
La Dea dovette trovare da sola, dopo lungo peregrinare, il posto dove mettere al mondi i figli e subire le angherie della moglie legittima di colui che l'aveva desiderata e ottenuta!
Come avrebbe potuto Artemide, con questo esempio, strutturare la fiducia in un compagno di altro sesso?
Come avrebbe potuto non pensare che il destino di una donna, sia pur essa una Dea, se legato a un uomo per giunta legalmente sposato a un'altra, sarebbe stato difficile e infelice?
Inoltre le lunghissime e terribili sofferenze della madre, a cui essa dovette assistere, la portarono, come d'altra parte ancora succede a moltissime donne, ad associare la sessualità con il dolore e quindi a rinunciarvi; ma nello stesso tempo la precoce saturazione del bisogno di autostima, legato alla sua capacità di aiutare la madre, unita all'istintiva risposta ai "segnali infantili" che le giunsero dal neonato Apollo, la indurranno a diventare la protettrice delle partorienti e dei piccoli di ogni specie, umana ed animale!


APPROFONDIMENTO SU SELENE-GAIA












E musicalmente, possiamo riportare queste due canzoni, che citano, più o meno direttamente, Artemide Cacciatrice (comunque riferimenti a Diana\Selene li troviamo anche in "Dusk and Her Embrace" dei COF...)





I Kawir poi hanno celebrato anche Apollo e Pan, Bacco ed Ecate...