Storia (horror) dell'aborto (parte II)


Le ragioni degli abortisti

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Carla Lonzi, nel 1971, si chiedeva "la domanda da porsi non è se abortire o no, è per il piacere di chi sono rimasta incinta, per il piacere di chi sto abortendo?"

Lungo gli anni '70 le donne e i gruppi discuteranno il radicamento millennario della "sessualità procreativa come l'unica vera", e a non sentirsi sbagliate se desiderio e piacere mancano. Ma fra i tanti maschi, anche quelli convinti alla depenalizzazione degli aborti, nessuno nominava una verità scomodissima: l'uomo ha imposto il suo piacere, e questo piacere "conduce alla procreazione" ed è sulla base della procreazione che la cultura maschile ha segnato il confine tra la sessualità naturale e innaturale, proibita, accessoria e preliminare. Nessuno riconosce pubblicamente che alla campagna sull'aborto e sulla contraccezione ne andrebbe affiancata un'altra, per prevenirlo da parte degli uomini... quante sofferenze evitabili, con un po' di consapevolezza! Il ragazzo spaventato in attesa che la sua compagna esca dallo scannatoio non si rende conto di aver fatto l'amore riproducendo un rito di virilità e di possesso che lo ha portato a rischiare sul corpo di lei. Lei gli è grata, perché dopo averla messa incinta, non la lascia abortire da sola. Tante donne tacciono, perché sanno che nella penetrazione l'uomo vive una sensazione di potenza che diventa potere di lei su di lui.


Nota di Lunaria: stralcio riportato da



"Quale piacere puoi trarre dal farti penetrare da un uomo che, anche in quel momento, sta affermando l'importanza della sua mascolinità?"


Da allora, molte cose sono cambiate; ma ancora oggi si continua a parlare di aborto come fosse affare esclusivo delle donne (*), di anticoncezionali da prescrivere alle donne, di responsabilità delle donne "per non averci pensato prima". 

(*) Come in questo raccontino strappalacrime, postato qui
http://piccolestelle.blogfree.net/?t=5172424

ovviamente, scritto dalla prospettiva del feto che "parla con la madre", caricando su di lei tutto il peso del rimorso; non viene in mente, all'autore dello scrittarello, che quel feto è stato formato anche da sperma maschile, eiaculato in un dato momento, no, l'autore del racconto, ma pure i commentatori del forum, neanche per un istante pensano di mettere sotto accusa, caricando di una qualche colpa, il proprietario dello sperma in questione, che ha contribuito a creare quel feto che ora "pesa" sulla sola donna; a leggere questi raccontini pro-life sembrerebbe quasi che i feti si formino da soli, senza sperma maschile!!!, visto che i maschi eiaculatori in questione non sono mai menzionati.

Verrebbe da commentare, come l'Autrice, che "un savio controllo degli spermatozoi sia una delle soluzioni possibili non è questione all'ordine del giorno" per queste teste cattoliche che pure invadono il web con la loro propaganda horror. Ovviamente l'idea di "preoccuparsi del loro sperma anche dopo averlo eiaculato" non è nella loro agenda.


Con qualche contraddizione rispetto alla presunta disinvoltura delle proletarie in materia di aborto, nelle campagne di opinione si martella sui costi fisici e psichici per la donna (...) e il tentativo di superare attraverso la certificazione del dolore  l'ideologia del contrasto fra interesse della donna e interesse del concepito. L'aborto è presentato come una violenza plurima: controllo sul corpo femminile, intervento medico/chirurgico, rinuncia forzata a un figlio che in condizioni diverse forse si sarebbe voluto.

Ma prima che il tema del dolore si imponesse, circolavano anche discorsi molto diversi. Nel '71 esce il libro "La sfida femminile" di Elvira Banotti, che mette insieme riflessioni storiche, socio-antropologiche e un buon numero di interviste a donne reduci di uno o molti aborti. Fra storie di disperazione, solitudine, massacro di corpi. Per molte, "il feto è niente", "quella cosa insignificante", "una cosa morta a priori dato che per me non esiste", "l'aborto è come farsi togliere il cancro, se qualche problema morale affiora è perché è stato inculcato dalla società e dalla religione"; per alcune l'aborto è la riconquistata padronanza di sé. Ma per altre il feto "era l'immagine reale del figlio e dell'uomo che amo", a conferma che lo statuto del feto si misura innanzitutto su quel che sente la donna (Nota di Lunaria: ma anche del bambino, una volta cresciuto. Chi può calcolare il trauma di scoprire di essere figlio  di uno stupro? Di sapere che "il tuo papà" ha fatto male alla tua mamma, e tu sei figlio di un atto di violenza? Non so se tale problematica è mai stata studiata a fondo...) Definire cos'è quel qualcosa o qualcuno vuol dire anche definire gli ambiti e in tempi in cui ha senso o non ha senso una legge.


Cos'è un feto?
Sono anni che la propaganda definisce l'aborto un omicidio, mentre alcuni gruppi pro-life mostrano fotografie di minuscoli feti con braccia, gambe, testa, bambini in miniatura:






Ovviamente poi c'è il continuo martellare su immagini come queste, presenti ad ogni manifestazione anti-aborto che si rispetti 



Statua dedicata a maria: i bambini che stringe sono "i feti abortiti"


Per gran parte delle femministe, il feto è materia vivente, ma questa ovvietà non implica considerarlo una vita, non aiuta ad andare a fondo nel rapporto con "qualcosa che sono io e non sono io"; il feto vive della madre e attraverso la madre, visto come entità a sé si può al massimo sostenere che esiste. Ma quello su cui si sorvola è che esiste come qualcosa (qualcuno) d'altro, diversamente l'organismo materno non dovrebbe rimodulare il proprio sistema immunitario per neutralizzare gli anticorpi che lo espellerebbero come entità estranea...

Sulla coppia madre/figlio, luogo delicatissimo dell'immaginario non solo femminile, pesano fantasmi di lunga durata. La madre ostile è un topos così numinoso che le fiabe la sdoppiano nella matrigna.


Nella fantascienza, fantasy e horror ricorre l'incubo del feto (e neonato) nemico o alieno, "Rosemary's Baby", la creatura di "Alien"; la paura del bambino-mostro non abbandona mai una donna.

Nota di Lunaria: la lista di film improntati alla gravidanza diabolica è davvero lunga: "Rosemary's Baby" è sicuramente il più bello,


ma altri interessanti sviluppi (o anche stanche riproposizioni) sono stati "Nero Veneziano" (regia di Ugo Liberatore, 1978),


"Chi sei?" (di Ovidio Assonitis, 1974),


"L'Anticristo" (di Alberto de Martino, 1974, e a mio parere, il migliore in Italia),


"Giorni contati",


"La setta" (di Michele Soavi, 1991, alquanto confuso, c'è da dire, e inconcludente. Peccato, perché Soavi aveva esordito con due film pregevoli come "Deliria" e "La Chiesa"), "Baby Blood" (di Alain Robak, 1989),


l'italianissimo "La Casa 4" (di Fabrizio Laurenti, 1989),


"Inseminoid" (di Norman Warren, 1981),


"Un fiocco nero per Deborah"(titolo intrigante, anche se il film di Marcello Andrei, del 1974, è piuttosto fiacco)


Alien (il primo)


ribaltava la situazione: il feto alieno si sviluppava in un ventre maschile fino a venir "partorito" attorno al tavolo dove tutti i protagonisti sono riuniti.
 

Nel recente


una donna restava incinta, per il giorno di San Patrizio!, di un serpente (!)


Pessimo, comunque, il sequel di "Rosemary's Baby"


un'occasione davvero sprecata, già a cominciare dagli scadenti attori (il tizio che interpreta l'anticristo è davvero indecente) e dal ritmo soporifero del film (nonché lo scarso budget)

Non improntato all'idea di "feto demoniaco" ma piuttosto di "degenerazione psico-fisica" è "La covata malefica",




altro film davvero interessante. Leggendaria (e molto suggestiva) la scena dell'attrice protagonista, quando solleva l'immacolato abito che la rende simile a una vestale mostrando quel ventre deformato da bozzi ed escrescenze orribili...



Ma il cinema horror ha saputo anche sfruttare l'idea che già affiorava in "Il signore delle mosche" ovvero l'idea di "bambino maligno (già nato e in fase di crescita...)". Se il libro di Golding (di cui peraltro è stato tratto anche un film, ma che non ho visto) è un po' l'antecedente ai vari "Baby Killer",


 
"Compleanno in casa Farrow" (di Ed Hunt, 1980), con una tenera nidiata di pargoli omicidi,


"Ma come si può uccidere un bambino?",


"Il villaggio dei dannati",


"Il presagio"


(di cui peraltro nel quarto, per la regia di Jorge Montesi, si tenta la carta dell'"anticristo femmina"... tanto per un po' di sana "pari opportunità", olè! xD), o, per citare uno degli ultimi "evil child" di cui ho memoria, il bimbetto sulfureo di



o quello, più fiacco, di "The Calling"


(un clone del più famoso Damien...), a mio parere è con la saga di "Grano Rosso Sangue" (giunta all'ottavo episodio, tra sequel improbabili e remake asettici, se non ho perso il conto... :P)
che si raggiunge l'apice. Non solo maligni, e di una malignità tutta religiosa, e da "predicatore evangelista americano" (Isaac e Malachia... come dimenticarli?!) ma anche assassini dei propri genitori, che, nel primo episodio appaiono per pochissimi fotogrammi.
Abbiamo parlato qui dei sacrifici e dei culti agrari: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/sacrifici-e-autolesionismo-presso-i.html

E se nel 1972, una certa Emma Fattorini, cattolica praticante, aveva il coraggio di organizzare un seminario sull'aborto uscendosene con un "Si tratta di una soppressione di una vita umana ma (...) quella vita debba essere custodita dall'amore di una donna, alla quale non si può imporre di generare contro la sua volontà", Judith Jarvis Thomson scriveva che "una cosa è attribuire al feto i diritti fondamentali, altra cosa è sancire il suo diritto specifico a beneficiare di tutto quello che gli è necessario per mantenersi in vita. Assimilando il corpo femminile a una casa, è come se un intruso entrasse esigendo di ottenere cibo e riparo malgrado la sua presenza crei disagio. In questo caso, l'ospitalità non è un obbligo morale, è una opzione che si è liberi o no di scegliere, persino quando un rifiuto porti alla morte dell'altro"
Per dare al feto la qualità di bambino è necessaria la sua adozione mentale e corporea da parte della gestante?
Il punto da chiarire sembra questo.
Dacia Maraini scriverà: "Chi è quell'intruso che vuole accampare diritti sul mio ventre? Chi è questo prepotente, che pretende di vivere a spese delle mie energie, del mio sangue, del mio ossigeno?"


Siamo tornate al punto di partenza. Il feto è anche "piacere maschile che è stato imposto alla donna", liquido maschile iniettato nel corpo femminile. Volere o meno un bambino dipende anche da questa presa di consapevolezza. Se si accetta di crescere, dentro di sé, ospitando, ciò che all'inizio era anche piacere maschile e poi si è tramutato in altro-da-sé. Stabilire quanto e come ci si debba reificare, anzi, farsi casa, a questo piacere maschile, tanto estraneo alla donna, quanto inevitabilmente plasmatore della stessa?


Infine, in sintesi, elenchiamo i principali punti di scontro tra anti abortisti e abortisti:

1) è un omicidio, perché si sopprime una vita (creata da Dio)
2) non è omicidio perché non si parla ancora di essere umano ma "grumo di cellule" potenziale essere umano in divenire (e non è necessario credere in Dio)


3) Nessuno può uccidere, ogni essere umano è voluto da Dio, a sua immagine e somiglianza
4) La dignità umana non dipende "dal credere in un Dio"


5) è la vita sessuale sfrenata e "libertina" a causare gravidanze e il materialismo edonista è contrario ad assumersi responsabilità o divieti al piacere
6) Non è la promiscuità, una donna può restare incinta a seguito di uno stupro o persino di incesto;

ma può anche restare incinta da suo marito o dal suo fidanzato e non volere in alcun modo la gravidanza. Bisogna promuovere l'uso del preservativo e non imporre un concetto di sessualità solo procreativa e "all'interno del sacro vincolo del matrimonio".

7) Le donne sono assassine degenerate che godono nell'uccidere bambini innocenti!
8) Quasi nessuna donna abortisce "lieta e spensierata"; a parte gli inconvenienti fisici, potrebbe esserci anche (prima e dopo l'aborto) un rimorso che potrebbe degenerare in disturbi psicologici (stress post traumatico, che può colpire anche gli uomini che assistono agli aborti, chi li pratica o anche i padri che vengono a sapere che la donna ha abortito). Nei tempi passati, le donne addirittura si sottoponevano a percosse e a tentativi di avvelenamento! Come si poteva "essere liete e spensierate"?


9) Dare più aiuti economici ed incentivi ai centri per la vita (pro-life)
10) Vero, molte donne potrebbero evitare di abortire se ricevessero aiuti economici ed assistenza da questi centri. E tuttavia, resta comunque il fatto: se una donna proprio non lo vuole quel feto, perché magari frutto di violenza, come si può pretendere di obbligare una donna a farsi incubatrice per un feto, frutto di un atto di violenza intollerabile? Un feto che viene percepito come un parassita, un essere che sta occupando un corpo, un invasore?


11) Tutte le donne sono "naturalmente madri"; Dio le ha create esclusivamente come "fattrici di figli", e ha ordinato alle donne di far figli. Il consenso femminile non è necessario, l'uomo può fare sesso quando e come vuole, purché sia sposato con quella donna.
12) Una mentalità del genere aumenta di fatto gli aborti. Un uomo si sente autorizzato ad abusare sessualmente una donna (moglie o no) la quale proverà odio e rancore per la violenza subita e non avrà alcun amore verso quel feto che viene percepito come il risultato della violenza subita, come la prova concreta e visibile, come il marchio, che la violenza sessuale maschile ha impresso su di lei, dentro di lei.


13) La donna si può realizzare solo come madre. Una donna che non voglia essere madre è una "non-donna", non è autentica.
14) Non tutte le donne vogliono essere madri, non tutte le donne sentono di voler caricarsi sulle spalle ed essere responsabili della vita di "un qualcuno".
Il continuare a credere che le donne debbano essere madri, senza se e senza ma, proponendo come ideale quello della "vergine maria madre obbediente" peggiora di fatto il problema, perché, per reazione e per cercare di affermare se stesse come individui (e non incubatrici al servizio di...) si afferma "io sono mia, del mio utero faccio quello che voglio" mettendo nel dimenticatoio, appunto, che si sta parlano di un feto come "potenziale individuo già distinto dal corpo della madre".


Conclusioni? A mio modesto parere, l'aborto non deve essere usato come metodo anticoncezionale e andrebbe considerato come estremo rimedio solo per casi gravissimi come possono essere gli stupri o i casi di incesto, se proprio la donna non se la sente e portare avanti la gravidanza potrebbe peggiorare il trauma subito (*), e anche nei casi di pericolo per la vita della donna (l'aborto terapeutico). C'è poi un ulteriore caso, ovvero quando il padre rivendichi il volere il bambino mentre la donna vuole abortire, situazione che purtroppo non è facilmente risolvibile: qual'è la volontà che deve prevalere, in questo caso? Quella del padre che ha dato il seme (ma non vive il processo della gravidanza dentro di sé) o quella della madre, che volente o nolente, si trova "trasformata in un contenitore"? Anche in questa situazione, pesano sempre i condizionamenti del passato remoto, la donna vista come contenitore, persino come "essere umano difettoso e malriuscito" rispetto al maschio (si pensi alle società antiche dove la donna era schiavizzata e sottoposta all'autorità del marito e serviva solo come fattrice di figli, vedi il contesto greco o romano, ma anche l'ideologia cristiana che ha avvalorato in pieno la visione aristotelica della donna e che concepisce il rapporto uomo-donna solo in termini di dominio e sfruttamento procreativo: per molto integralisti cristiani è lecito stuprare la moglie e metterla incinta di continuo, il consenso della donna è ininfluente).

è evidente che il problema nasce da un dislivello sessuale tra maschi e femmine che non è azzerabile (per cui è utopistico pensare che il problema possa essere risolto o addirittura che si possano obbligare le persone alla castità come vorrebbero i moralisti religiosi e anti-abortisti).

Sicuramente però si può migliorare investendo in queste cose:
1) Educazione sessuale e quindi promuovere l'uso del preservativo (quasi sempre gli anti-abortisti sono contrari ai preservativi)
2) Aiuti sociali e assistenziali per quelle donne che, se aiutate, potrebbero scegliere di portare avanti la gravidanza dando poi il figlio in adozione.
3) Promozione di politiche di procreazione responsabile, soprattutto nelle aree più povere del mondo (va da sé che per sconfiggere la povertà bisogna ridurre il numero di nascite)


(*) Qualcuno però potrebbe obiettare che sopprimere un feto a seguito di un atto di violenza sessuale è comunque aggiungere violenza alla violenza: che colpa ne ha quel piccolo feto, se il padre che ha contribuito a formarlo è uno stupratore? Ma a questo punto, poi, come si può pretendere che la donna, anche ammettendo che prosegua la gravidanza, possa amare quel figlio nato a seguito di violenza? E quando quel figlio sarà grande e verrà a conoscenza di come è nato, come potrà reagire? Sono tutti interrogativi a cui non è possibile dare risposte certe e definitive.