Il Ciclo Arturiano (1) Commenti introduttivi ai personaggi


Inizio una nuova serie di post dedicati al ciclo arturiano! Argomento più Power Metal non c'è!!!  ^_^

Commenti introduttivi ai personaggi del ciclo arturiano

Ciò che affascina nelle leggende arturiane è che esse hanno un fondamento nella realtà storica. Noi sappiamo che quando Roma, pressata da tutti i lati dagli eserciti barbarici, ritirò i propri legionari dalla Britannia nel 410 d.c, questa terra divenne in poco tempo una regione senza legge. Le Lowlands britanniche si trovarono così soggette ad attacchi degli Irlandesi a ovest, dei Pitti a nord, e di varie tribù germaniche - quelle che noi chiamiamo Sassoni - a est e a sud.
Nel giro di una generazione, tutto ciò che rimaneva della società in Britannia si era completamente disgregato. Ci furono massacri, carestie, pestilenze. Coloro che si erano rifatti al modo di vivere dei Romani civilizzati trovarono difficoltà a sopravvivere a quella buriana, ma alla fine reagirono con vigore. Cercarono un capo tra le loro tribù, e la prima figura ad emergere fu colui che le cronache chiamano Vortigern. Un nome che in realtà è un titolo e significa "Sommo Re". è probabile che il suo vero nome (o almeno romanizzato) fosse Vitalinus e che il suo palazzo reale si trovasse a Gloucester. Vitalinus cercò di riportare un certo ordine in Britannia e organizzò le tribù locali, ma il potere gli andò alla testa e molti finirono per considerarlo un despota. Un capotribù rivale, Ambrosius Aurelianus, lo sfidò. Tutto questo avveniva intorno al 430/440 d.c., una generazione o due prima di Artù. Nei secoli seguenti però si instaurò per così dire una compressione temporale, e la storia che segue - in cui compaiono Vortigern, Ambrosius, Merlino da Giovane, Uther Pendragon - si svolge negli anni appena antecedenti la nascita di Artù.




Dell'infanzia del vero Artù non sappiamo nulla. Chiunque fosse, quasi certamente apparteneva a una delle famiglie reali della Britannia del V o VI secolo, anche se non divenne mai re per diritto di successione. Le scarse cronache rimasteci di quei lontani giorni lo definiscono Dux Bellorum o Duce di guerre, in altre parole, un condottiero militare.
Per un capo di eserciti non sarebbe stato possibile all'epoca non essere di sangue reale, quindi possiamo immaginare che il vero Artù sia stato allevato a corte, forse in qualità di figlio minore di un re.
Secondo la leggenda arturiana, Artù è un figlio illegittimo, e viene dato a balia per essere allevato da Sir Ector, che gli insegna le arti militari mentre Merlino gli insegna quelle religiose. Dovranno trascorrere 15 anni prima che Artù venga reimmesso nel mondo a seguito del memorabile episodio della spada nella roccia.

Colui che per primo rese popolare la saga di Re Artù fu Geoffrey di Monmouth, il quale visse dal 1100 al 1155. Verso il 1136 completò la sua Historia Regum Britanniae, cronistoria dei personaggi che governavano quel Paese, dagli albori fino all'ultimo re britannico, Cadwaladr, nel VII secolo. All'epoca, il libro di Geoffrey rappresentò l'equivalente di un best-seller e la parte che riscosse il maggior successo fu quella in cui venivano narrate le imprese di Re Artù. Geoffrey dichiarò più volte di aver semplicemente tradotto in latino un testo originariamente scritto in lingua celtica, ma questo manoscritto non venne mai alla luce e sono in molti a credere che Geoffrey abbia prevalentemente lavorato di fantasia. Ma si trattò solo di un parto della fantasia? Il suo libro è del tutto inaffidabile dal punto di vista storico, tuttavia altri episodi disseminati nel testo fanno pensare che si basasse veramente su qualcosa. Senza dubbio si avvalse molto della tradizione orale; probabilmente Geoffrey era più di discendenza bretone che non gallese e la saga di Artù era molto conosciuta in Britannia.
Una volta che Artù ha conquistato tutto il suo regno, la leggenda continua. Viste le cronache storiche, possiamo ritenere che Artù abbia riportato una vittoria decisiva sui Sassoni a Badon Hill (tra il 495 e il 516 d.c) vittoria in base alla quale la Britannia godette di una relativa pace per parecchio tempo. Questo periodo varia da 25 a 40 anni; sembra che si tratti di un fatto assolutamente vero. C'erano state delle incursioni di una certa entità da parte degli invasori Germani nel sud della Britannia e lungo le coste occidentali del periodo che si situa approssimativamente intorno a 500 d.c., e poi più niente fino al 540 d.c, quando i Sassoni cominciarono a presentarsi in forze per cercare di ricacciare i Britanni attraverso tutta la loro terra fino all'estremità nord, in Scozia, nella Cambria, nel Galles e in Cornovaglia, e poi aldilà del mare, nella Bretagna.

Là sopravvivevano le razze di origine celtica, ed è in quelle zone che nacquero le leggende arturiane ampliatesi nel corso dei secoli in un ricco e composito arazzo di storie che hanno formato l'insieme di leggende eroiche più vasto e articolato oggi esistente.





Benché la saga di Artù sia stata diffusa come noi la conosciamo a partire da Malory, il quale a sua volta si era ispirato a dei romanzi francesi, non dimentichiamo che Artù era di discendenza celtica, e che era stato parimenti ricordato nelle leggende del popolo suddetto, soprattutto in quelle riportate nella raccolta nota come "I Mabinogion". Tuttavia questo ciclo di racconti è molto più vasto dell'originale e derivante dai manoscritti medioevali (The White Book of Rhydderch e The Red Book of Hergest) entrambi ancora esistenti nel XIV secolo.
La prima persona a tradurre tali racconti in un inglese moderno fu Lady Charlotte Guest (1812-1895) figlia del nono Barone di Lindsay, la quale dedicò 10 anni di vita alla ricerca filologica e alla traduzione. Il frutto di tali fatiche venne pubblicato nel 1849.
Laddove i miti arturiani assumono una loro connotazione specifica è quando fa la sua comparsa la spada Excalibur.
Senza di lei e senza il santo Graal la leggenda non sarebbe molto più della storia di un'accozzaglia di eroici cavalieri che alla fine si combattono l'un l'altro o per amore di Ginevra o per cercare di impadronirsi del potere.

Con Excalibur abbiamo l'immissione di un elemento più mistico: è la spada che Artù riceve dalle mani della Signora del Lago e che lo rende invincibile.




Va precisato che il fodero è ancora più potente della spada che fino a quando sarà in suo possesso lo renderà invincibile.
La spada è presente sin dall'inizio della leggenda. Geoffrey parla di Caliburn (dal latino "chalyb", acciaio, anche se nel testo originale la si traduce come un'ebraicizzazione di "taglia ferro e acciaio"). Alla morte di Artù la spada venne restituita alla sua proprietaria.


Tutti conoscono Ginevra come la moglie di Artù, ma pochi sanno che in realtà il personaggio cristianizzato di Ginevra agli inizi era una Dea del Galles: in Galles, le onde sono chiamate "le pecore della Sirena". Questa Dea Sirena gallese era chiamata Gwenhywfar, ed era onorata come la personificazione del Galles, delle isole e del mare, e di conseguenza, simboleggiando la Patria (come altre Dee: Bharat Mata in India e Eriu in Irlanda), rappresentava anche il Trono del Galles. In Germania, era chiamata Cunneware, che significa "Saggezza femminile".



Il fatto che nel ciclo dei racconti arturiani Ginevra tradisca Artù "dando la sovranità a Lancillotto" rievoca, seppur cristianizzata, come funzionasse il passaggio di sovranità per i popoli irlandesi e gallesi (almeno agli inizi): la sovranità passava per la regina (probabilmente una Sacerdotessa) che sposandosi con un re "la donava" a costui; non era il contrario, perché la Terra-Dea coincideva con la Donna, quindi con la Sacerdotessa.  Le origini di Ginevra e di Morgana, infatti, sono abbastanza interessanti. Non solo Ginevra è ricalcata sulle antiche Dee della Sovranità (che in Irlanda formavano una Trinità: Eriu, Banba e Fotla) ma è probabile che Ginevra sia realmente esistita, come personificazione di una qualche Principessa-Sacerdotessa: il nome di "Gwzenhwyfar", significa "dolce e bella" e in effetti il nome simboleggiava con ogni probabilità la purezza, un ossessivo stato di perfezione che la leggenda, cristianizzata, poi associa al Graal (a sua volta ricalcato sul calderone di Cerridwen...)



Colei che ispirò la figura di Ginevra è probabile che si trattasse di una Principessa dei Pitti, secondo le cui leggi l'asse ereditario reale passava attraverso il ramo femminile e non quello maschile. Pertanto un re doveva obbligatoriamente essere figlio di una Principessa Pitta. Sposando Ginevra, Artù stabilì il diritto dei suoi figli sul regno dei Pitti.



Era tuttavia risaputo che le Principesse di questo popolo erano sessualmente spregiudicate, poiché erano molti i Principi  che volevano avere dei figli dal loro grembo e in ciò deve ricercarsi l'origine dell'adulterio di Ginevra con Lancillotto ma anche con altri protagonisti della saga, in particolare Lanval e Mordred.

Morgana invece è un personaggio più sfumato nella leggenda, probabilmente ispirato da una figura del mondo delle fate (donde la denominazione "Le Fay", anche se il testo originale medioevale la chiama anche "Morgana la Dea" e in tutta la prima parte rievoca il "Lago di Diana")  che la leggenda rese più umano trasformandolo in quello di una perfida sorellastra.



A un certo punto della storia, Morgana venne rappresentata a capo di una setta di streghe dotate di poteri magici e tale raffigurazione perdura fino a raggiungere l'apice dell'impatto emotivo verso l'epilogo, quando Morgana e due delle sue sorelle portano Artù ad Avalon.
Il fatto che Morgana formi una Trinità con le sue sorelle non è un caso, infatti. Inoltre si potrebbe anche collegare Morgana a Morrigan, non a caso anche Lei una Dea Triplice.


Riporto un approfondimento tratto da "Luna Rossa".


Nelle leggende celtiche, e più tardi in quelle di Artù, spesso apparivano mistiche donne che sembravano rappresentare le Dee della terra e si chiamavano Sovranità; queste donne offrivano i doni della creatività, della saggezza e del regno divino. Sposando colei che rappresentava la sovranità della terra, i re celti acquisivano il diritto di regnare, l'autorità e l'onore, ed erano miticamente legati alla terra. Nelle cerimonie d'incoronazione irlandesi la Sovranità della terra era rappresentata da una cavalla bianca (simbolo di Epona ma anche di Rhiannon)
e, nelle leggende di Artù, dall'aspetto triplice di Ginevra. Il nome Gwenhwyfar significa, in gallese, "fantasma bianco" e ricorda la qualità lunare della Sovranità. La Sovranità assume, di volta in volta, l'aspetto di una fanciulla invitante, di una regina magnanima, della donna cattiva (o dama nera) e della vecchia strega. Queste donne appaiono agli eroi e ai re offrendo loro dei doni e degli insegnamenti e ponendo delle sfide che permetteranno loro di vincere la causa del regno.
La Fanciulla Radiosa, il cui colore è il bianco, è ritratta come fonte di visione, promotrice di azione. Ginevra per prima assunse il ruolo di meravigliosa sposa in fiore (1), fonte di sovranità per Artù, ma quando venne trascurata dal Re, divenne la visione della Sovranità per Lancillotto. Il ruolo di Ginevra come regina, nei racconti più antichi, era quello di governare la corte e di affiancare Artù nella sua posizione di potere. La potente e influente regina, il cui colore era il rosso, spesso faceva sì che l'eroe vincesse le sue sfide e lo sosteneva nella sua ricerca.

Anche Igraine, la madre di Artù, cambiò la propria Sovranità; quando il suo ruolo come regina temporale finì, si ritirò nell'Aldilà dove mantenne il proprio potere come Regina nel Castello delle Vergini. La Fanciulla Oscura compare nelle leggende per sfidare l'eroe, forzandolo verso la conoscenza di sé e verso un comportamento responsabile. Nei miti arturiani ella appare nel personaggio di "Kundry la Maga" che biasimò Peredur (Parsifal) per non aver posto la "Domanda del Graal", e spingeva i cavalieri all'azione dopo averli rimproverati e tormentati con lingua tagliente per la loro ignavia.
La Fata Morgana rappresentava anch'essa l'aspetto della Fanciulla Oscura nel suo antagonismo con Re Artù. La Fanciulla Oscura può essere anche ritratta come Donna-Guerriera il cui compito, come compagna, era d'insegnare e trasformare il modo di pensare dell'eroe. Possedeva i poteri magici dell'ombra, ma rappresentava anche il dinamismo della fanciulla. Anche la Strega appariva come figura oscura ma era vista come portatrice di conoscenza occulta e di trasformazione. Spesso da vecchia e brutta si trasformava in fanciulla giovane e bella per mezzo dell'azione retta dell'eroe, come nella storia di Sir Gawain e dell'Orribile Signora (Nota di Lunaria: qui riecheggia il simbolismo di Dee come Vesna-Morana, la Primavera VS l'Inverno)

Gli aspetti della Sovranità riflettono il ciclo della Luna; come la Luna, gli aspetti della Fanciulla Radiosa, della Madre, della Fanciulla Oscura e della Strega cambiavano trasformandosi l'uno nell'altro. La Sovranità,
come Dea della terra, rifletteva la sua natura: l'energia germinante della primavera, l'abbondanza dell'estate, il ritirarsi dell'energia in autunno e il buio dell'inverno quando la bellezza della terra è nascosta; rappresenta questo ciclo anche nelle sue rappresentanti terrestri, nel ciclo mestruale delle donne.
Come la Luna e le stagioni, la donna fluisce da un aspetto all'altro del suo ciclo cambiando e trasformandosi in accordo con la natura.  
Le leggende di Artù non solo mostrano gli aspetti della Sovranità ma anche le interazioni di quest'ultima con le donne e gli uomini. Per le donne la ricerca del Sacro Graal, la coppa della sovranità, sta nella loro esperienza e nella loro identificazione con ogni aspetto della Sovranità in loro stesse e nel loro ciclo.






(1) Questa è la descrizione di Ginevra, nel testo originale:



"Sotto la corona d'oro e di pietre, il viso appariva fresco e colorato a misura di bianco e di vermiglio; in quanto al corpo, esso non era né troppo grasso né troppo magro, le spalle dritte e levigate, i fianchi stretti, le anche basse, i piedi bianchi e ben arcuati, le braccia lunghe e grosse, le mani bianche e grassottelle: era una gioia (...) Intanto Ginevra offriva il vino a Artù nella coppa del re, e mentre gliela tendeva, inginocchiata davanti a lui, egli guardava i suoi seni duri come melette e la carne più bianca di neve novella"

E, nella scena del matrimonio:


"E il racconto dice che ella era la più bella e la più benvoluta che vi fu mai (...) Ella aveva il viso scoperto, sul capo un cerchio d'oro le cui pietre valevano un buon regno, e una veste d'oro laminato, così lunga da avere uno strascico di più di mezza tesa."

Il fatto che il seno di Ginevra venga paragonato alle mele potrebbe anche alludere a un riferimento a Pomona, Dea dei frutti.

Per quanto riguarda le Dee della sovranità, qui ne elenco qualcuna:
Eriu, figlia di Ernmas, è la Dea che ha dato nome all'Irlanda. Con le sorelle Banbha e Fòdla faceva parte di una Triade di Dee: le Dee della Sovranità. Secondo un'interpretazione queste tre Dee sono anche Badhbh, Macha e Mòirrìoghan, ovvero Morrigan 




Grian, "Sole", è il nome di un personaggio irlandese, che si presume essere una Dea pre-cristiana, associata a County Limerick e Cnoc Greine, che si trovano a sette miglia da Knockainy. Grian/Greaney è anche il nome di un fiume, di un lago e una regione. Grian può anche essere vista come la sorella di Áine o un'altra delle manifestazioni di Aine, Dea Irlandese della protezione, della terra, della luna. Grazie al collegamento di Áine con riti di mezza estate, è possibile che Áine e Grian possano condividere un dualismo femminile, la funzione di stagione (come si vede anche nei miti gaelici di Cailleach e Brigid) con le due sorelle che rappresentano i "due soli" del anno: Áine, che rappresenta la luce di metà dell'anno e il sole luminoso di estate (Mhór ghrian), e Grian come la metà oscura dell'anno e il pallido sole invernale (Bheag ghrian)
Bharat Mata è la personificazione del paese e della patria, la Madre India, la Sovranità, simile a quella delle Dee Irlandesi della Sovranità.


Il più famoso dei Cavalieri di Artù è senza alcun dubbio Lancillotto; appare per la prima volta
nel "Le Chevalier de la Charette" (1177 circa) o "The Knight of the Chart" di Chretien de Troyes.
Lancillotto è un personaggio complesso. Non è soltanto quell'eroe senza macchia e senza paura che abbiamo sempre immaginato.




Bambino abbandonato e allevato dalla Signora del Lago, ossessionato dall'idea di purezza e dal proseguimento dei suoi ideali; la sua perdita dello stato di grazia a seguito della relazione adulterina con Ginevra, cerca di redimersi e andare alla ricerca del Graal. Ma non è Lancillotto, bensì suo figlio Galaad, vergine, che alla fine trova il Graal.

Così è descritta l'apparizione del Graal, nei racconti originari:



"In quel momento accadde la più grande meraviglia che mai uomo abbia sentito raccontare. All'improvviso messer Galvano li vide inginocchiarsi: una colomba bianca volava nella sala, e portava nel becco un incensiere d'oro che riempì tutto il palazzo di un profumo più dolce che balsamo. Poi, appena la colomba fu volata via da una finestra, i valletti apprestarono le tavole e tutti i cavalieri si sedettero senza pronunciare parola, pregando a bassa voce. Intanto, entrava la più bella, la più gentile, la più piacente damigella del mondo e teneva tra le mani, al di sopra della testa, un vaso molto ricco in forma di calice; mai alcuno seppe dire di cosa fosse fatto quel vaso, che non era di legno, né di alcuna specie di metallo né di pietra né di corno né di osso, ed era velato da un drappo bellissimo. La bella pulzella fece il giro delle tavole portando il vaso molto prezioso, poi uscì."



Per altri approfondimenti: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/poesia-del-medioevo-duecento-e-trecento.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/lavori-e-divertimenti-nel-medioevo.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/introduzione-al-ciclo-di-re-artu.html
http://intervistemetal.blogspot.com/2018/09/il-mito-degli-eroi-nel-ciclo-carolingio.html
http://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/medioevo-3-la-poesia-e-la-musica.html