Problema e Mistero del Male


Con Gabriel Marcel, suole ripetersi che, propriamente, non si tratta del "problema" bensì del mistero del male; per cui sarebbero possibili delle osservazioni, non delle argomentazioni; delle analisi, non una sintesi; insomma, il compito di aderire ad una "risposta" che appaghi è lasciato alla "ragione che crede" non a quella "che pensa". Se si ha fede bene; se non si ha - ed averla non dipende solo dal nostro volere - una delle due: o liberarsi da ogni vana preoccupazione intellettuale e carpire alla vita le soddisfazioni che momento per momento può offrire, in attesa che la morte risparmi le inevitabili molestie della vecchiaia o le tragiche conseguenze di qualche errore... ovvero, erigere la disperazione a sistema, celebrandola come atteggiamento di ludicità interiore, degno di chi impavido fissa la realtà della vita e non si rassegna ad accettarla.
Purtroppo, la rinuncia ad una ricerca razionale ed il conseguente esclusivo appello alla fede sono comuni anche ad alcuni cattolici che, pure, avrebbero potuto e dovuto trarre dalla "philosophia perennis" i principi di una soluzione-base, assolutamente certa. Si riconosce infatti che "la sensibilità odierna non fa velo di una singolare sfiducia alla ragione sollecitata soprattutto dai molti fallimenti culturali nei quali è coinvolta, mentre al contrario è aperta a ricevere una dottrina integrale dell'uomo e del suo dolore espiatorio, quale propone la teologia cattolica nella dottrina del Corpo Mistico."

La ricerca filosofica - e il problema del male, secondo san Tommaso, è anche e soprattutto problema filosofico - mira a cogliere la verità in sé delle cose, non a sapere quel che gli uomini ne hanno capito.
è pacifico che la ragione non basta a rispondere a quesiti, la soluzione definitiva dei quali implica elementi superiori ad ogni anche futura indagine esclusivamente scientifica: il nostro problema si prolunga e si perde nel mistero assai più di qualunque altro.
Ma credo che non si possa ripeter più chiaramente e vigorosamente di quanto hanno sostenuto i migliori apologisti cattolici che l'atto di fede non rappresenta "un salto" nel buio, una rottura con tutte le leggi del pensiero astratto, una generosa professione dell'assurdo... Dunque dobbiamo ritenere che il male - come sinonimo di imperfezione - colpisce un dato soggetto solo se questo si consideri nel suo definito e concreto ordine di natura, di energie e di rapporti con l'altro. Esso, infatti, è la mancata o solo parziale rispondenza dell'atto - ossia del bene in genere - alla sua potenza, la quale secondo le varie categorie della realtà si chiama desiderio, bisogno, istinto, impulso o più universalmente attitudine e rapporto.
Il male, dunque, per se stesso è qualcosa di impensabile, com'è certo, al contrario, che il bene si fonda sul vero e questo si risolve nell'essere identico a se stesso. Non per altro il pessimista impreca contro l'irrazionalità del reale.
Se Dio esiste, quale Essere sussistente, Unità e Armonia, Verità e Bellezza, Bontà e Potenza, Misericordia e Giustizia, Provvidenza paterna e Beatitudine infinita... come, perché il male?
(Anche parlando di male, e quindi non di genitali, il nostro autore ci tiene a specificare sempre e comunque che dio è padre, specificando che la sua provvidenza è paterna... sia mai che dovessimo pensare che fosse anche materna... saremmo cadute nel male, eh? Nota di Lunaria)
Come può volerlo o anche semplicemente non impedirlo? Se lo conosce, perché lo permette? Non si cura forse di noi? Ma allora, non sarebbe Amore! La sua opera è ostacolata da forze oscure e malvage, che non è in grado di superare? Nel caso egli non sarebbe onnipotenza! (e certamente il suddetto dio non è "ipostaticamente donna e Dea". Nota di Lunaria)
Lattanzio così si esprimeva: "Deus aut vult tollere mala et non potest, aut potest et non vult; aut neque vult neque potest; aut vult et potest. Si vult et non potest, imbecillis est, quod in Deum non cadit. Si potest et non vult, invidus, quod aeque alienum a Deo. Si neque vult neque potest et invidus et imbecillis est, ideoque neque Deus. Si vult et potest, quod solum Deo convenit, unde ergo sunt mala? aut cur illa, non tollit" ('sta sbrodolata in latinolatinorum l'ho riportata perché fa molto Black Metal. Ci starebbe bene come testo dei Dark Funeral, quelli di "Vobiscum Satanas", non credete? Nota di Lunaria)
Perciò torniamo a domandarci se, ragionevolmente, si possa ancora credere nel Dio provvido della Rivelazione cristiana, senza cadere in un assurdo peggiore di quello che riproviamo nella constatazione del male... la loro incompatibilità sembra innegabile!
(Ah, mio caro cristianello, io più che domandarmi come mai il tuo dio  è talmente fetente da permettere il male in questo teatrino penoso dell'esistenza umana, mi domando, ragionevolmente, come possa un dio che si è fatto solo maschio salvare, rappresentare ed elevare le donne... che ne dici, dopo aver discettato di male, ce la fai a scrivere un altro libro di 418 pagine dove discetti anche di generi sessuali e di condizione femminile alla luce di quanto postula il cristianesimo? Come dici? L'argomento non ti interessa? Ah capisco, quando si è maschi e si crede all'Ipostasi di Cristo vero Dio e vero Uomo è naturale che non si possa essere granché interessati alla sorte delle donne...)

Problema eminentemente metafisico, dunque, che si delinea sul piano del più alto grado di astrazione, in quanto verte sul reale colto in tutta l'ampiezza della sua analogia.
Il male infatti è privazione di bene; e il bene si fonda e identifica realmente con l'essere in quanto tale. Inoltre si tratta di sapere se il male sia o no conciliabile con l'Assoluto, che la tradizione aristotelica-scolastica riconosce come Atto puro, Causa universale di tutto ciò che in qualsiasi modo è (si intende, dopo aver affermato che la femmina è un maschio malriuscito, difettoso e che deve essere governata dal maschio, come si legge in aristotele e nella questione 92 di tommaso d'aquino; ci teniamo ad essere precisine parlando di tradizione aristotelico-scolastica, ché i cristianucoli hanno un enorme buco di memoria relativa a quelle paginette... Nota di Lunaria)


Nota di Lunaria: "L'esistenza del male si contrappone all'idea di un Dio unico buono e onnipotente. Il Romanticismo riesumò il Diavolo come simbolo possente e insieme ambiguo: il Diavolo romantico incarnava la rivolta dei nobili ideali contro il potere assoluto oppure si prestava a rappresentare ambiguamente sia la libertà che l'egoismo." (Russell)




"Nella tradizione si è distinto il male in tre categorie:

1) il male metafisico, l'assenza di perfezione che è inerente a qualsiasi mondo creato
2) il male naturale, la sofferenza proveniente dagli atti della natura, quali il cancro o i terremoti
3) il male morale, la volontà deliberatamente volta a infliggere sofferenza.


Oggigiorno possiamo persino invertire i ruoli: è il dio cristiano ad essere simbolo del male oltre che della misoginia, dell'ignoranza, dell'oppressione, mentre Satana può vedersi come archetipo dell'Io dell'essere umano (donna o uomo) finalmente liberato e divinizzato da se stesso, con orgoglio e potenza culturale!, che si ribella ad ogni forma di oppressione!
Lucifero è il primo ribelle che si è ribellato al tiranno, al despota patriarcale, affermando orgogliosamente che "Non serviam", Non servirò! Non mi prostrerò, non rinnegherò il mio Io!


"Per noi Satana è un simbolo di orgoglio, libertà e individualismo, e costituisce una proiezione metaforica esteriore del nostro più alto potenziale individuale [...]"