Sacrifici e autolesionismo presso i Nativi Americani


I sacrifici nel vero e proprio senso della parola erano quasi del tutto ignoti agli Indiani dell'America settentrionale e meridionale. Certi studiosi affermano esplicitamente che gli indiani erano troppo poveri per offrire sacrifici di valore; come oggetto di sacrificio figuravano cose da poco: tabacco, pezzetti di tessuto, ecc.
I sacrifici venivano tuttavia sostituiti da una usanza ampiamente diffusa, quella dell'autolesionismo, che veniva considerata appunto una forma di sacrificio alla divinità. Le varietà più crudeli di autolesionismo erano praticate talvolta sotto forma di riti graditi agli spiriti. Esistevano anche casi, sia pure relativamente rari, in cui gli indiani del Nordamerica offrivano in sacrificio agli elementi e ai fenomeni della natura (sole, vento, stelle...) non soltanto le proprie cose, ma anche esseri umani.
I sacrifici umani erano strettamente connessi con il culto agrario: grazie ad essi ci si sforzava di accrescere la fertilità. è arrivata fino a noi la descrizione dell'uccisione di una ragazza da parte della tribù nordamericana dei Pawnee; come riferisce il narratore, il corpo della fanciulla venne fatto a pezzettini che furono sparsi per i campi e sotterrati, mentre il sangue veniva spruzzato sui seminati. Gli indiani pensavano così di assicurarsi il raccolto grazie al sangue di una vittima umana.
Nella tribù dei Mandan era diffuso il culto di una donna dimorante nella luna. Questa divinità si chiamava "La vecchia che non muore mai" ed era considerata protettrice dell'agricoltura del mais. Al momento della semina del mais venivano organizzati  riti religiosi in suo onore. Le vecchie di tutto il villaggio si riunivano per interpretare il ruolo di questo mitico personaggio; venivano consegnate loro pannocchie di mais per la semina, ed esse le consacravano. In onore di questa stessa divinità si svolgevano, in autunno, riti che dovevano servire a richiamare i bisonti. Questa vecchia era dunque protettrice sia dell'agricoltura, sia della caccia.
All'attività venatoria e in particolare alla caccia al bisonte era legata tutta una serie di riti magico-religiosi. La danza del bisonte praticata dai Mandan aveva lo scopo di attirare le mandrie di bisonti; nei casi dei Sioux sono state descritte analoghe danze dell'orso (Nota di Lunaria: praticate anche dalle sacerdotesse di Artemide Brauronia,)


Nota di Lunaria: Mircea Eliade in "Trattato di storia delle religioni" analizza nel dettaglio il culto agrario, con i relativi sacrifici. (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/grano-mais-e-sacrifici-presso-i.html) Ci porterebbe via parecchio spazio riportare tutto il paragrafo, per cui consiglio di leggere quest'altro post:

https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/la-strega-del-grano.html
Inoltre, in alcuni libri e film horror si è trattato questa tema dei culti agrari, piuttosto sanguinolenti... Cito la famosa saga di "Grano Rosso Sangue" ispirata al breve racconto di Stephen King (che era abbastanza diverso, rispetto poi al primo film che ne è stato tratto) e "La festa del raccolto"  di Thomas Tryon








Il più bello secondo me è il primo, insieme al terzo; discreti o scarni gli altri; inguardabile il remake, anche perché l'attore che doveva impersonare Isaac era pessimo! Non paragonabile al vero Isaac!, quello del primo film!

APPROFONDIMENTO


tratto da


I Tepee che gli Indiani smontavano velocemente e trasportavano erano tende coniche a pianta circolare con un focolare al centro. Ogni Tepee rappresentava l'immagine del Cosmo e il fuoco centrale rappresentava Wakan-Tanka, lo Spirito Supremo. I Tepee erano disposti in cerchio, con gli ingressi rivolti ad Est e al centro dell'accampamento c'era il grande fuoco comune. Quando il villaggio si trasferiva, il custode del fuoco, l'apprendista Wakanhca trasportava alcune braci per poter accendere il successivo fuoco. Se però succedeva una disgrazia che colpiva l'intero villaggio, il fuoco veniva spento del tutto e successivamente, ritualmente, ne veniva acceso un altro. 
Diventare uno sciamano Wakanhca voleva dire acquisire un potere reale, per parlare con spiriti, vedendo oltre la realtà materiale, guarendo malati, cacciando i fantasmi che causano le malattie e la morte, di intuire i luoghi favorevoli o sfavorevoli per accamparsi.
Ma non era facile acquisire simili poteri: lo sciamano doveva passare numerose prove e verifiche, anche estremamente dolorose, come "i Riti del Sole", dove gli apprendisti sciamani e i guerrieri venivano sollevati dal suolo mediante corregge di cuoio che venivano fatte passare sotto la pelle del petto, per poi danzare lungamente attorno ad un palo centrale rappresentante l'albero cosmico. Secondo i vecchi sciamani tale pratica scindeva il corpo dall'anima (...) Una o più situazioni di crisi psicofisica facevano vivere sensazioni il più possibili vicine al momento della morte fisica; in molte tradizioni, gli Iniziati erano "coloro che erano morti al mondo", coloro che avevano conosciuto la morte. Nella tradizione alchemica veniva definita "Opera al Nero, Putrefazione o Testa di Corvo" e veniva considerato il passaggio forse più importante di un percorso iniziatico.


Altri post utile: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/wakan-tanka.html