Per la prima parte dello scritto, vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/le-origini-pagane-della-befana-1.html
Oltre alla fate-streghe derivate da Diana, nelle Dodici Notti dell'Europa medioevale si aggiravano anche tante altre figure diaboliche.
In alcune parti della Slesia la gente bruciava della resina di pino tutte le notti tra Natale e Capodanno, affinché l'acre fumo cacciasse via tutte le streghe e gli spiriti maligni; alla vigilia di Natale e nell'ultimo giorno dell'anno si faceva gran fracasso per i prati e i per i campi e attorno a cespugli e alberi per cacciare le streghe e si avvolgeva paglia attorno agli alberi da frutta per impedire agli spiriti di far loro del male e di compromettere la fruttificazione.
Ugualmente in Belgio si accendavano fuochi giornalieri tra Natale ed Epifania per allontanare tutti gli spiriti nemici della luce.
In Boemia, nel giorno di San Silvestro, i ragazzi, con gli arnesi più svariati, si disponevano in cerchio e per tre volte facevano con quelli un baccano assordante, chiamando tale rito "terrorizzare le streghe", le quali sarebbero così fuggite da quelle terre.
L'ultima delle Dodici Notti, notte d'Epifania, veniva ritenuta la più propizia all'espulsione delle potenze del male. In Stiria si diceva che in questa notte una terrificante strega girasse per le case lasciando ovunque i segni del suo passaggio.
A Sarutheim, nel Tirolo, sei giovani mascherati chiamati "Glockelsanger" giravano di casa in casa la vigilia d'Epifania cantando, bevendo e bastonando un fantoccio che si portavano dietro, la strega Zuschweil, che impersonava la causa di ogni male.
In Svizzera, nella valle di Muota nel Cantone di Schwyz, nella notte tra il 5 e 6 gennaio, aveva luogo la "Grauflaute", la cacciata della Vecchia, rito che era preceduto, la sera del giovedì prima di Natale, dalla caccia ad un'altra strega chiama Posterli. Si credeva di metterla in fuga con un infernale rumore di campanacci, campanellini per capre, paioli e padelle, schiocchi di fruste, latte di ferro e di ottono battute le une contro le altre, corni alpini, clarinetti e corni da caccia... Così a Brunen, sul lago di Lucerna, i ragazzi facendo il medesimo frastuono, sempre nella notte d'Epifania, andavano in processione nei boschi per scacciare due spiriti femminili della foresta, Strudeli e Stratteli, e la gente credeva che, se non si fosse fatto abbastanza rumore, le due streghe avrebbero quell'anno reso sterili gli alberi da frutta.
Nel Labruguière, regione della Francia meridionale, scrive James Frazer, "alla vigilia dell'Epifania la gente corre per le strade suonando campanacci e sonagli e facendo ogni sorta di rumore. Poi al lume delle torce e dei fascinotti accesi innalza un frastuono prodigioso, con urli da far tremare i muri, sperando così di cacciar via dalla città tutti i vaganti spiriti e demoni".
Anche nella campagna italiana, la sera del 5 gennaio, si usava percorrere prati e campi con delle torce accese, per far fuggire gli spiriti del male che, continuando ad aleggiare sulle colture, avrebbero arrecato danni ai futuri raccolti.
E finalmente cominciò a volare
Diana, Satia, Abundia, Erodiade, Holle, Berchta: da tutto questo baillamme stregonesco, frutto di elementi contrastanti, originato da credenze dalle radici oscure e confuse, ecco che finalmente prende il volto sulla sua scopa una strega di buon cuore: la Befana.
Dalla Stiria e dal Tirolo, valicante le Alpi, Diana-Berchta, presso gli italiani, ha mutato il suo nome ed è divenuta la benefica Vecchia del 6 gennaio, la Befana, rappresentata come strega a cavallo della scopa, che, volando nella Dodicesima Notte, lascia ai bambini dolci o carbone.
Nella Befana confluiscono e si fondono, per rinascere sotto nuova luce, tanti elementi precedenti: la generosità della Dea Strenia e lo spirito delle feste e dell'antica Roma mitigato dal miele dell'Epifania cristiana, i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana, trasmutati nella rustica bontà della benigna Befana, il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda; una punta di crudeltà che le sopravvive dentro e ha origine negli aspetti corrotti delle divinità del male in volo notturno e che essa eredita in paticolar modo dalla sua consorella Berchta, crudeltà che viene accentuata violentemente in certe sue manifestazioni regionali, quali quella della Befana toscana che col suo spillone buca il cuore dei bambini cattivi, o nella pugliese Morta Befani con il suo volto ferale o ancora nella perfida Befana bellunese e cadorina, la Redodesa, terribile e addirittura assassina e antropofaga, un rozzo senso di giustizia proprio delle primitive divinità popolari e che Befana eredita dalla sua antesignana tedesca Holle.
E in tutto ciò che circonda la Befana, in quello che forma il bagaglio delle sue tradizioni, nel folklore che le si è abbarbicato attorno, sono rintracciabili infiniti episodi che hanno origine in ciò che era prima del suo volare, in certe realtà delle quali, figuratamente, si è appropriata: nei doni "portati dalla Befana" come non vedere il proseguire della tradizione dei piccoli sigillaria portati da Strenia ai bimbi romani? La modestia dei doni portati originariamente da Strenia (datteri, fichi, miele) è la stessa che caratterizzerà la maggior parte dei doni della Befana: mandarini, arance, noci e qualche raro dolciume. Viene anche spontaneo cercare qualche punto di contatto tra le antiche fiere di Campo Marzio, della Via Sigillaria e dell'Esquilino nelle quali i genitori della Roma imperiale acquistavano i doni per i loro bambini e quelle che si tennero nella Roma dei Papi attorno a sant'Eustachio e poi a piazza Navona.
I falò, che il 6 gennaio crepitavano e crepitano ancora oggi un po' ovunque per l'Italia e con i quali al pari di una vera strega anche la Befana viene talvolta bruciata, sono i diretti discendenti di quelli accesi dai Latini per festeggiare la nascita del Sole.
Nelle torte che in varie regioni venivano preparate per l'Epifania, molti studiosi hanno voluto vedere una sopravvivenza, evolutasi fino a stravolgersi, dell'antica focaccia votiva dedicata a Giano (*), nei primi giorni dell'anno.
Come in Frau Holle e Frau Berchta, Befana è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro è molto attenta alle filatrici. Come Abundia e Satia, girando per le case, ama trovare cibi e bevande calde lasciati appositamente per lei accanto alle finestre o ai camini accesi.
E come le sue consorelle tedesche, anche Befana ha un seguito, composto da befanotti e folletti, che sostituiscono i lugubri cortei dei bambini morti anzitempo, il cane feroce e il servo Hollepeter.
In Befana rivivono dunque, simbolicamente, tutte queste cose: culti pagani, antiche consuetudini, tradizioni magiche precristiane sull'esistenza di spiriti malefici, tanti brandelli di riti legati alle antiche feste, del solstizio d'inverno, confluiti poi, come eredità, nelle feste cristiane che vanno dal Natale all'Epifania.
A lei, alla sua magica presenza, spetta un importante compito, dalle Alpi alla Sicilia: l'anno vecchio è finito con il giorno di san Silvestro (**), è vero, ma in realtà è il suo volo sulla scopa, sono i suoi doni, la sua festa che chiude definitivamente, nell'ultimo dei fatidici dodici giorni, con i passati dodici mesi.
(*) E non solo Giano, ma anche alla Regina del Cielo, cioè Astarte, che i cattolici scopiazzano per la loro "madonna" https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/le-origini-pagane-della-befana-1.html
(**) Molto intelligentemente i testimoni di geova fanno notare che
"Ogni manifestazione biologica", scrive Eliade, "avviene grazie alla fecondità della terra, ogni forma nasce da lei, viva, e a lei ritorna quando è esaurita la parte di vita che le era stata assegnata. Vi torna per rinascere, ma prima di rinascere per riposare, purificarsi, rigenerarsi" dunque, "nessuna scomparsa è decisiva: la morte delle forme viventi è soltanto un modo latente e provvisorio di esistenza" e ciò va esteso a tutte le cose, dalla Terra stessa, madre di ogni manifestazione biologica, ai suoi innumerevoli figli, cioè a tutto ciò che sopra di essa vive, uomini compresi. La Madre Terra ha un rappresentante umano privilegiato: la Donna.
e cosa scolpivano, i primi esseri umani?
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/introduzione-allarte-della-preistoria.html
Non certamente i padri barbuti!!!
"Essendo solidale con gli altri centri di fecondità cosmica - la Terra, la Luna - la donna acquistava anch'essa il prestigio di influire sulla fertilità e il potere di distribuirla", oltre che di rappresentarla. Ancora Eliade osserva che "tutti gli attributi cosmologici della Luna, della Notte, delle Acque, della Terra, dei semi, della nascita, della rigenerazione, della resurrezione ecc., sono virtualmente presenti anche nella donna." Le antiche Matres, o Matrae o Matronae, di cui si sono trovati tanti significativi simulacri proveniente dalla remota antichità, spesso recanti sulle ginocchia cornucopie, patere, cesti di frutta o bambini avvolti in fasce, si inseriscono in questa attribuzione o in questa simbologia, tesa a raffigurare la Madre Terra come una donna dalle forme generose, dispensatrice di cibo, abbondanza, fertilità e fecondità.
Nota di Lunaria: Nell'Induismo, Jivanitka è la Dea dei bambini e del rinnovamento perpetuo della vita.
L'odioso gesù usurpatore, ovviamente, non poteva che scopiazzare anche questa cosa:
"lasciate che i bambini vengano a me..."
Quando, ovviamente in tutti i popoli politeisti, i bambini e la nascita sono sempre stati associati alle Dee! E LOGICAMENTE!
I Romani avevano parecchie divinità legate al parto e ai bambini: Uterina, Candelifera, Giunone Lucina, Strenia...
Una donna vecchia, o meglio, la Vecchia, invece, rappresenta la stessa Madre Terra che, nel cuore dell'inverno, è infruttifera, spossata, piegata e impoverita dal gelo invernale e dall'oscurità solstiziale; è decrepita, grinzosa, magra, indossa abiti dimessi.
Un'immagine poco accattivante, persino spaventosa. Del resto l'uomo primitivo a cui la dobbiamo, e a cui dobbiamo il complesso mitico, simbolico, rituale in cui si inserisce, "vive nel timore incessante di veder esaurite le forze utili che la circondano. Il timore è particolarmente angoscioso nei riguardi delle manifestazioni periodiche della "potenza", come la vegetazione che, nel suo ritmo, ha momenti di estinzione apparente.
Nonostante il suo aspetto, tuttavia, la Vecchia Donna Madre Terra non perde definitivamente le proprie caratteristiche di scrigno di fecondità: le mostra solo impoverite; nella generale consapevolezza, però, che nell'eterna circolarità del divenire nell'eterno ritorno delle cose, a quella sterile vecchiezza seguiranno una rigenerazione e un ritorno (nella forma e nella sostanza) alla vitalità e fecondità, soprattutto se col rito si asseconderà e si assicurerà tale processo.
Ciò trova, nel calendario popolare, un momento in cui questa dinamica si evidenzia in modo chiarissimo quello del giovedì di mezza quaresima in cui, in diverse zone dell'Europa e dell'Italia, si "sacrificava" una Vecchia, segandone il simulacro all'altezza dell'addome; dallo squarcio prodotto uscivano frutta secca, dolci. Qui siamo alla fine dell'inverno, quando le scorte sono esaurite e la terra e la natura, pure prossime al risveglio primaverile della vegetazione e quindi al ritorno delle disponibilità alimentari, sono ancora spoglie. Dunque, la Madre Terra è allo stesso tempo decrepita e incinta, cioè gravida di tutto ciò che sta per ripresentarsi e rifiorire, in un affascinante ossimoro simbolico.
Il suo "parto", indotto con violento rito, vuole dunque significare e favorire (forzandolo) il ritorno dei beni alimentari nei campi, nei pollai, nelle stalle, nelle dispense. Parlando di questa particolare manifestazione della Vecchia, Dino Mengozzi ha notato acutamente "l'ambivalenza propria della figura posta fra personaggi antitetici come il Carnevale e la Quaresima in prossimità del Sole nuovo di primavera", figura caratterizzata da "un doppio spirito: quello della gola e quello del digiuno. Poi l'identità sfuggente della Vecchia si perde lungo una catena associativa antinomica: ella è vecchia ma incinta, è strega e fata. Il punto d'arrivo più importante sta, però, nell'opposizione drammatica tra gioventù e vecchiezza".
Per tutto ciò che abbiamo finora visto, la Vecchia si equipara e si assimila anche e soprattutto ai morti, entità temporaneamente "esaurite" ma in grado e in attesa di tornare come rigenerate; si equipara a loro - dicevamo - e li rappresenta, assumendosi il ruolo di essere il loro archetipo mitico, la loro sintesi epifanica nella contingenza calendariale del passaggio dell'anno, cioè nel periodo in cui le barriere che separano la dimensione terrena da quella ultraterrena sono aperte perché momentaneamente sospese. "Nel folklore italiano la notte dell'Epifania conserva tracce di un tempo speciale, un tempus terribile. è tempo della rottura dei confini fra vivi e morti, fra quotidiano e meraviglioso" (Cardini)
Così che la Vecchia, nella sua connotazione di Befana, riassume in sé la raffigurazione sia della Madre Terra nel tempo invernale, sia dei defunti, anch'essi soggetti sia a una situazione in apparenza estatica sia all'attesa della rinascita, del rinnovamento vitale. D'altronde, come nota Eliade, "la Terra Madre o la Grande Dea della fertilità domina allo stesso modo il destino dei semi e quello dei morti", perché sia i semi che i trapassati sono sepolti nella terra per addivenire a nuova vita. Ed è lo stesso autore ad affermare più esplicitamente che il Vecchio e soprattutto la Vecchia, "visti dai contadini come personificazione delle potenze e delle fertilità del campo, cominciano col tempo ad accentuare il loro profilo mitico, sotto l'influenza delle credenze funerarie e si appropriano la struttura e gli attributi degli antenati, degli spiriti dei defunti. In realtà ci troviamo di fronte a complessi rituali e mitici, nei quali la morte e la rinascita si interpenetrano, convertendosi in momenti distinti della stessa realtà transumana. Le zone di interferenza fra culti della fertilità e culti funerari sono tante e così importanti che non può far meraviglia se, dopo la simbiosi e la fusione, si raggiunge una nuova sintesi religiosa."
Una sintesi complessa che si è attuata anche mediante la commistione o la sovrapposizione di credenze provenienti da più culture, con percorsi e meccanismi che si perdono nella notte dei tempi e nel vastissimo spazio che vide le migrazioni e gli incontri dei popoli, dalle steppe siberiane ed euroasiatiche alle loro attuali sedi europee.
Nota di Lunaria: ci sono davvero molte figure di Vecchie, nel Folklore, le antiche Dee sopravvissute e denigrate nel cristianesimo.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/la-crone-laspetto-terrifico-e-saggio.html
In casi come Anna la Nera, l'origine (Morrigan) è evidente
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-2-la-narrativa-irlandese-sui.html
Abbiamo poi figure come Baba Yaga https://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/gli-slavi-7-il-lesij-la-rusalka-morozko.html
originariamente una Dea Triplice; Rangda (https://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/indonesia-mitologia-tatuaggi-e-metal.html) anche Lei, Grande Madre ambivalente;
la Marantega (la Befana veneta), vecchia e filatrice,
dalla somiglianza impressionante con la sarda Filonzana
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/le-fate-malvage-nel-folklore.html
Mokosh e Habetrot erano Dee filatrici, come le Parche, le Moire, le Norne...
far girare la ruota e tagliare il filo sono evidenti metafore per simboleggiare la Vita e la Morte.
Vedi anche la somiglianza con la carta X dei Tarocchi
E che dire poi della Dea Crone più famosa di tutte, Ecate?
Ma forse, ancora più antica di Ecate, è Dhumavati...
la grande e terribile Dea Vedova del pantheon indù...
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/le-fate-malvage-nel-folklore.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/i-significati-dei-colori-e-la-musica.html
La Befana così come appare nel folklore italiano, dunque, è figlia di insiemi mitico-sibolici vari e compositi, perché la cultura popolare del nostro Paese si è formata con l'apporto della religiosità e delle tradizioni latine, celtiche, germaniche, slave, greche, ecc. a loro volta formatesi con supporti ancora più antichi. Sarebbe, qui, impossibile ripercorrere tali complicate genealogie. Allo stesso modo e per lo stesso motivo dovremo soffermarci sulla commistione di culti agrari, funebri e lunari, accennare solo di sfuggita alle divinità ed entità notturne che, in larga parte d'Europa, furono al centro di mitologie e devozioni popolari (poi viste nell'ottica inquisitoriale d'età tardomedievale e moderna come prodromi del sabba stregonesco); divinità che possono almeno in parte rappresentare, secondo molti autori, le "antenate" della Befana: Diana, Ecate, Proserpina, Abundia-Satia, Perchta, Holda, Erodiade...
Non possiamo altresì analizzare il fatto che alla guida della già menzionata caccia selvaggia, cioè la schiera delle anime dei morti che si manifestava principalmente nel periodo tra Natale ed Epifani si trovino proprio alcune delle divinità prima elencate. Né addentrarci ad avanzare comparazioni, pure possibili e importanti, tra le mascherate e le usanze della notte dell'Epifania con gli antichi rituali iniziatici che mettevano i neofiti in contatto con i misteri dei culti totemici e manistici della loro comunità. Se volessimo dar conto di tutto ciò, dovremmo scrivere sulle radici della figura della Befana un intero volume: e non sembri un'esagerazione, visto che tale fatica è già stata portata a compimento con buoni risultati, ai quali rimandiamo.
La Befana, comunque, per semplificare (rischiando di farlo in maniera eccessiva ma pressoché inevitabile) rappresenta, in una sintesi simbolico-religiosa avvenuta nel tempo, sia la condizione invernale della Madre Terra, sia i defunti, sia soprattutto un'elaborazione ierofanica di caratteri ascrivibili a questi due ambiti cultuali.
Per approfondimenti, suggerisco questo libro
Nota di Lunaria: in alcune regioni italiane, ma anche altrove, si organizzano dei falò dove si bruciano dei fantocci; sono versioni non cruente di quanto resta degli antichissimi sacrifici stagionali, specialmente quelli connessi ai culti del grano o del cambio di stagioni, che sono stati analizzati in lungo e in largo da Mircea Eliade e anche da Frazer. Vedi "Trattato di Storia delle Religioni" e il "Ramo d'Oro", che ora qui non riporto perché l'analisi è lunghissima. Questi sacrifici stagionali prevedevano una o più vittime umane (secondo la dinamica del capro espiatorio) che si immolavano, più o meno consenzientemente, o perché dovevano caricarsi del male e delle sventure della comunità o perché rappresentavano l'incarnazione di un dio che doveva morire stagionalmente (per poi rinascere, come la vegetazione muore in inverno per rinascere in primavera). Gli Africani, per esempio, praticavano il regicidio sacro: il loro re regnava per un periodo, poi a fine mandato veniva immolato; i Mesoamericani organizzavano un'ecatombe: per esempio, le fanciulle danzanti venivano immolate alla Dea Xilonen (legata al mais in germoglio che doveva crescere) tramite decapitazione; a Xipe Totec "Nostro Signore lo Scorticato" si immolavano uomini che venivano scuoiati. Per cui il fantoccio bruciato o il personaggio travestito con muschio o maschere che viene bastonato e cacciato via sono quanto resta di quel tipo di riti ancestrali.
Si approfondisca leggendo Mircea Eliade o Frazer.
Il cristianesimo, ovviamente, creando l'immagine della strega "brutta e vecchia" ha semplicemente demonizzato le antiche Dee Crone (Cailleach, Beira, Dhumavati, Baba Yaga, Pethra, Berchta, Holda...)
«Ma perché gli uomini temono le donne vecchie?» chiese Eilidh. «Non temono i vecchi nello stesso modo!»
«L'uomo vecchio diventa un saggio, un modello cui aspirare», spiegò Caillean. «Temono la vecchia perché è sottratta al loro potere. Con l'avvento del sangue della luna una ragazza diventa donna. Ha bisogno di un uomo per diventare madre, e una madre ha bisogno di un uomo per proteggere i suoi figli. Ma la vecchia conosce tutti i segreti della nascita e della morte; è rinata e non ha bisogno di nulla. Perciò naturalmente l'uomo, il quale conosce solo il primo mutamento che lo porta alla virilità, ne ha paura.»
("Le Querce di Albion" di Marion Z. Bradley)
Relativamente al danno commesso dal cristianesimo nei confronti delle donne anziane si noti che tutte le immagini di maria celebrano una donna bellissima e giovanissima esente da difetti fisici (oltre che da una clitoride attiva...) discriminando, di fatto, tutte le donne che non corrispondono a questa "Miss Paradiso".
Inoltre, nel cristianesimo, la figura del patriarca vecchio(mosé/papa) è legata ad un ruolo attivo di gestione del potere (papa) su modello del loro dio padre (che è immaginato come un vecchio con la barba). L'unico ruolo che c'è, per le donne anziane, nel cristianesimo, è la figura della suora... ovvero l'ancella del papato!!! Si confronti "l'archetipo della suora" con l'archetipo potentissimo di una Dea come Cailleach...
Nota di Lunaria: comunque, parlando di Dea Vecchia, e del falò bruciato in piazza, possiamo introdurre la simbologia della Sol Invicta, la Sole Invitta. Considerando la Vecchia che brucia metafora del Sole che sorge e tramonta, la possiamo anche vedere come la Dea che si auto-sacrifica (nel periodo invernale il Sole è debole, declina sempre di più), ovvero la Redentrice; la possiamo anche considerare come Colei che Resuscita dalle sue ceneri, la Fenice. Parlando di Dee solari, possiamo citare alcune Dee africane oppure l'aborigena Wuriupranili, ma anche Amaterasu o Arinna
e il Nuovo Ciclo ricomincia, come l'Ouroboros. Con questa interpretazione la Dea Vecchia è sorella (o un aspetto) della Dea Fanciulla. (e viceversa)
Nel pantheon slavo, non a caso, esistevano proprio due Dee stagionali, forse sorelle tra loro, e da sempre antagoniste: la primaverile Vesna e l'invernale Morana
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/gli-slavi-6-gli-antichi-dei.html
Ma se ci pensiamo bene, Vesna-Morana non sono che la faccia della stessa moneta. In perfetta logica hegeliana,
la Tesi è seguita dall'Antitesi e ambedue concorrono alla formazione della Sintesi, o se vogliamo un riferimento più spirituale, lo Yin e lo Yang.
In verità, Vesna e Morana sono la stessa Dea. Vesna, quando giunge il tempo, si riveste dei candidi panni pesanti della Signora dell'Inverno, diventando Morana, e Morana quando giunge il tempo, toglie i logori panni invernali ed è pronta per rivestirsi di mille colori, come una fanciulla in festa.
Ma c'è di più, sulla Befana.
Chiamata anche Marantega (che si ritiene una volgarizzazione di "Mater Antiqua"), la Befana può essere considerata la trasformazione del mito della Grande Madre.
Anche in India c'è la Dea Nutrice del Dio Shiva (il principio virile cosmico, tra i suoi innumerevoli significati), ovvero Annapurna. O ancora, la cambogiana Po Ino Nogar, l'Indonesiana Dewi Siri, analoga a Po Ino Nogar, la Malese Takel, le innumerevoli Dee Africane dei raccolti, delle radici, dei tuberi, del cibo (Inkosazana, Ala, Aha Njoku...), la nativa Selu, analoga all'Azteca Chicomecoatl
Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/02/la-bianca-signora-e-le-dee-immacolate.html