Recensione a "Slaughter High"

"Slaughter High", conosciuto anche come "Jolly Killer" è stato scritto e diretto da George Dugdale, Mark Ezra e Peter Litten.


Una recensione di Lunaria

Slaughter High anche conosciuto come Jolly Killer: alzi la mano chi se lo ricorda, questo slasherino degli anni '80. Alzi la mano soprattutto chi se lo è visto in tv (!) passato su quelle emittenti televisive alla Odeon che trasmettevano gli altrettanto cult "Pesce d'aprile", "Bloody Frenzy", "Mirror chi vive in quello specchio?"
Probabilmente solo le cariatidi della mia età se lo ricorderanno 'sto filmettino, reperibile su qualche pessima VHS - se avete fortuna - 
Rispetto ai goldies del periodo e che pure non hanno ancora tirato le cuoia, del tipo un "Venerdì 13" o un "Halloween" raccattato a casaccio - hey, ma oggigiorno li possiamo liftinghizzare dandogli un nuovo look con la magia del remake! - "Slaughter High" non è altrettanto famoso anche se è stato recensito (con voti bassissimi) su "35 millimetri di terrore" e sul "Dizionario del cinema slasher"  (dove si è beccato tre "mascherine di Jason" su 5, classificato come "interessante")




E allora perché scrivere una recensione per un filmetto che fu snobbato anche all'epoca? Bhè, per due motivi.

Il primo è che chi se lo vide in tv ancora se lo ricorda. Inclusa la sottoscritta. Sì, sì, provate a leggere i commenti su Youtube sotto questo film o delle recensioni che ne parlano. Voglio dire, siamo nel 2018 da quattro giorni e c'è ancora gente che ha memoria di "Slaughter High" e che ancora lo tiene in vita sul web. E il fatto che dal punto di vista meramente critico (quasi) niente di questo film era epocale per restare per davvero nella mente di chi lo guardò è confutato dal fatto che la gente ancora se lo ricorda. Forse c'era un qualche messaggio subliminale che volente o nolente marchiò a fuoco i nostri cervelli di piccini pre-adolescenti che lo videro in tv. Avrò avuto nove anni e come film mi piacque, nel senso, mi restò in testa. Mi è rimasto in testa così a lungo che ancora lo cercavo nel 2000 quando bazzicavo nelle videoteche di Milano a cercare VHS - yes, of course, anche quelle vietate ai minori...-, senza mai trovarlo. Erano già passati 16 anni, che ancora lo cercavo e alla fine l'ho rimediato su Youtube.  


Sarà che a trent'anni, soprattutto i trent'anni di adesso, sono un'età talmente deprimente che rivaluti qualsiasi ciofeca targata 2000 - inclusi anche i cloni dei cloni dei cloni dei Korn, magari provenienti dalla Russia perché tanto il riciclo va più che bene anche sui fondi di magazzino - tanto perché "Ah, come si stava bene, nel 2000!" Sarà che a pensarci bene, si stava anche bene nel 1996, sarà che regredire mentalmente è già un sintomo di demenza senile, fatto sta che ho deciso di scrivere due note di commento anche a questo filmetto che chissà perché si è piantonato nel mio cervello nel '96 o giù di lì e che dopo tutti questi anni ancora ricordo con affetto.  
Iniziamo dalla trama, soprattutto per chi se lo sgranocchierà cercandolo caricato sul Tubo nella sua unica versione, ovvero salmodiato con la favella di Shakespeare.


Marty è il classico sfigato occhialuto preso in giro, ferocemente, da tutti i suoi compagnucci di scuola, i classici palestrati e ragazze pon pon civette e scosciate. è talmente vessato che uno degli scherzi organizzati alle sue spalle lo sfigura orribilmente al volto. Passano gli anni, i compagni di Marty ritornano nella vecchia scuola abbandonata, seguendo un invito misterioso. Da lì in poi iniziano gli omicidi: birra avvelenata, bagni acidi, scosse elettriche, impalamenti. Tutti subiscono la pena del contrappasso ma il finale del film lascia intendere che...


Il finale non ve lo rivelo, ma ha quell'effetto da "vedo-non vedo" che era tipico anche di "April Fool's Day".
 

Raccontata la trama, com'è  il film?
 

Bah, gli attori sono pessimi e insopportabili, ma in effetti ci può stare come cosa, visto che tutto il film è incentrato sulla vendetta del perseguitato che fa fuori tutti quelli che lo avevano angariato. Tanto che sottosotto il pubblico parteggia di più per il povero Marty, sfigurato dai dementi qui sopra; che per giunta sono persino parodie viventi dei classici cliché da "slasher movie": sono inseguiti da un killer: e cosa pensano di fare? Trovare armi? Ma certo che no! Trovare un posticino isolato e al buio (!) per accoppiarsi come criceti su un letto che, per giunta!, è stato piazzato lì proprio dal killer (!) per commettere l'omicidio! E "da sotto" i loro amici commentano alla performance erotica dei due "guardando come dondola il lampadario e sentendo come cigola il letto" con lei che incita lui a dire "parolacce per farla venire" poco prima che il killer li faccia finire arrosto, mentre lei grida "sto venendo" con un tripudio di mammelle ondeggianti che sbatacchiano su e giù con la corrente in corpo. Più che slasher, qui siamo dalle parti dell'umorismo nero più grossolano e triviale che si diverte a dipingere le vittime come completi mentecatti (e a ragion veduta) e a parodizzarli: vedi la scena della morettona che all'inizio aveva "promesso di darla a Marty, nello spogliatoio" e che nel finale viene penetrata non da un pene ma da una lancia (!) maneggiata da un ghignante Marty che per l'occasione si è tolto la maschera; il sangue cola sull'abito bianco: simbolicamente è stata deflorata perdendo la verginità, pagando quel tributo che aveva promesso a Marty anni prima.

Insomma: mentre in "Halloween" si "com-pativa" con l'esile Jamie che doveva sopravvivere con Michael Myers alle calcagna, in "Slaughter High" le aspettative si ribaltono: tutto sommato solletica il nostro desiderio inconfessato di "occhio per occhio, dente per dente" visto che se ora Marty getta acido nel bagno mentre la sua adorabile ex compagna di scuola si lava, è perché lei stessa anni addietro aveva contribuito a sfigurarlo. E sta proprio qui l'originalità di un filmetto slasher che resta nella media per gli effetti speciali (comunque dignitosi, pur se morigerati nello sfoggio di sangue ma  tutto sommato con un bel climax) ma che esattamente come "Carrie" ci mostra la vendetta di quel qualcuno (e tutte le scuole hanno avuto il loro Marty) così tanto angariato che si fa giustizia da solo. Insomma, forse un film più dalle parti dell'ottica alla "rape and revenge" - ma a sesso invertito, visto che qui a vendicarsi delle violenze subite è un maschio - piuttosto che non il classico slasher col mostrone soprannaturale, immortale e a passo di lumaca che uccide capra e cavoli senza un motivo logico.


Per esempio, la scena di Marty che viene "sedotto per scherzo" dalla bellona che gli fa credere "di starci" e poi sbeffeggiato da tutti quelli entrati di soppiatto nello spogliatoio che lo trascinano, nudo, mettendogli la testa nel WC, ricorda la celebre apertura di "Carrie" https://intervistemetal.blogspot.com/2018/09/carrie-i-fotogrammi-piu-beli.html anche se le modalità di bullismo erano differenti, ma in entrambi i casi siamo già dalle parti di aberranti atti di violenza che, nella realtà, varrebbero la denuncia immediata perché capaci di portare ad un trauma e persino al suicidio. Ma così come le compagnucce frivole e vanesie di Carrie non si rendevano conto di quello che facevano gettando assorbenti su una Carrie mestruata "senza sapere cosa siano le mestruazioni" e rannicchiata urlante in un angolo, neppure i compagnucci di Marty si rendono conto di cosa sia violare la nudità di un corpo, nudità carpita con l'inganno, per poi trascinare violentemente nel WC quel corpo già violato dallo sguardo di sfottò del branco che prima lo ha illuso offrendogli "la bella donna sul piatto", poi lo ha buttato via, metaforicamente accostandolo alle feci che finiscono nel Wc - e nella scena, lo sciacquone viene azionato.

Di per sé "Slaughter High" come "Carrie" potrebbe persino essere visto come film con una certa valenza sociologica inerente il bullismo nelle scuole e la violenza del branco (di minorenni...), oggi diffusa anche nel mondo virtuale, con corpi di donne filmate spesso a loro insaputa e poi gettate sul web, in pasto a tutti.
 

è per questo che, come dicevo, non si riesce a "simpatizzare per le vittime", uccise per giunta con metodi brutali. Non si riesce ad avere stima ma neanche compassione di un gruppuscolo di squinzie e dementi ipertrofici e dai risolini cretini che credono "sia divertente" mettere la testa di qualcuno in un water, fargli inalare fumo dannoso o mettere sostanze infiammabili nel laboratorio di chimica mentre Marty è lì dentro, e che sono loro i responsabili dell'incidente che lo ha sfigurato e ha causato la follia omicida che ora si abbatte su di loro.

Insomma: gente totalmente inutile, anzi, dannosa, veri "str*nzi". E non a caso una delle ultime squinzie viene proprio lasciata affogare nel letame, con Marty che le dà un calcio per farla affondare.
Il finale del film è aperto. Vengo a sapere che esiste un sequel che dovrebbe partire da dove il primo film si interrompe. Ma questo non l'ho visto e francamente solo un paio di siti ne riportano una scarna recensione...



Insomma, date uno sguardo a "Slaughter High"; tutto sommato a far paura è proprio questo aspetto di "vendetta del nerd" che ci porta a chiederci se le persone che abbiamo angariato, soprattutto alle scuole medie, i vari "Marty" e "Carrie" che sono destinati a diventare gli zimbelli esposti al pubblico ludibrio e alla gogna per far divertire il branco, potrebbero farcela pagare per davvero...

p.s nota inquietante: l'attore che ha interpretato Marty, Simon Scuddamore, si è suicidato.









Recensione a "Smiley" di Michael Gallagher (2012)


Uno scritto di Lunaria

Trama: (Nota bene: ovviamente non rivelo il finale e tutti gli sviluppi della trama per non rovinare la sorpresa).

Il film si apre con una discussione tra una babysitter e la bambina che le è stata affidata; mentre la babysitter è distratta dal cellulare, la bambina si diverte collegandosi ad una chat di utenti anonimi; ridacchiando, spiega alla babysitter che "è divertente chattare con gli utenti anonimi anche se qualche volta si abbassano i pantaloni"; la babysitter, allarmata, consiglia alla bambina di smettere immediatamente di chattare perché c'è il pericolo di incontrare malintenzionati; a questa osservazione, la bambina, con un'espressione inquietante, accenna a Smiley, un personaggio protagonista di una leggenda metropolitana, che apparirebbe per uccidere chiunque, chattando, legga la frase "I dit it for the Lulz", "l'ho fatto per divertimento, l'ho fatto per ridere", scritta dall'altro utente in collegamento. Puntualmente la babysitter, rimasta sola, entrerà in chat e verrà uccisa dopo aver letto "I dit it for the Lulz" per tre volte.
Da qui in  poi, la trama introduce la figura di Ashley, una ragazza depressa e disturbata, che, per frequentare il college, si trova a condividere in affitto la stanza con Proxy. Proxy porterà Ashley ad alcune feste studentesche e goliardiche e le due ragazze, assistendo ad una chattata dal vivo e all'uccisione in diretta, resteranno molto turbate, anche se Proxy sarà subito pronta ad rassicurare l'amica dicendo che "non è vero niente". Poco dopo sia Ashley che Proxy, per dimostrare che Smiley non esiste, chattano con uno sconosciuto e dopo aver scritto la frase "I dit it for the Lulz", l'utente muore ucciso davanti ai loro occhi. Da qui in poi Ashley avrà allucinazioni ed incubi (tra sogno e realtà) nei quali vede continuamente Smiley.  Rivoltasi sia alla psicologa che alla polizia, Ashley non viene creduta, e al limite della sopportazione mentale, una sera chiede a Proxy, collegata in chat, di scriverle la frase "I dit it for the Lulz", per far apparire Smiley e poterlo affrontare. Puntualmente il killer compare e Ashley prima spara per sbaglio a un amico, poi si ritrova inseguita da diversi personaggi mascherati da Smiley. Da qui in poi non rivelo come va a finire, anche se è evidente quanto il regista si sia divertito a prendere in giro gli spettatori con ben due finali con i quali si conclude la vicenda (uno reale e razionale, per quanto folle, l'altro dalle parti del sovrannaturale)... per cui considerato che "Lulz" è una storpiatura di "Lol", l'acronimo di Laughing Out Loud (ridere rumorosamente) o Lots Of Laughing (un sacco di risate), si capisce che sia stato proprio il regista ad emettere un fragoroso Lol immaginando la faccia degli spettatori... 
 

Commento critico: Il film, già dall'inizio, cita i più famosi slasher movies degli anni '90, strizzando l'occhio a "Scream" (gli adolescenti protagonisti, la vita del college, le feste studentesche, gli adulti che non sanno aiutare i giovani... e notate anche come la locandina sia "screamesca", con i protagonisti allineati e la maschera del killer che li sovrasta uno per uno...) ma anche citando "Urban Legend" (Smiley è egli stesso una leggenda urbana...).

Quanto al meme che compare più e più volte nel film, "I did it for the Lulz", "l'ho fatto per divertimento", è una citazione modulata da altri film come "Candyman", per esempio, (che veniva evocato quando si pronunciava il suo nome davanti allo specchio http://intervistemetal.blogspot.com/2018/09/recensione-candyman-terrore-dietro-lo.html ) ma anche "So cosa hai fatto" o "Do you wanna know a secret", dove la frase appariva di tanto in tanto davanti alla vittima poco prima che venisse uccisa. Questo meccanismo contribuisce a rendere "scenografico" l'omicidio e ad "anticipare" chi verrà ucciso (anche se in "Smiley" manca totalmente una bravura tecnico-stilistica nel costruire un'atmosfera con una buona suspense, tanto più che qui gli omicidi sono mostrati in forma molto succinta e dozzinale e c'è pochissimo sangue)

Un soggetto tanto esile (e peraltro che "puzza" di tutti i cliché degli slasher movies sui giovinastri degli anni '90 falcidiati da serial killer mascherati) viene però sollevato da qualche buona idea: innanzittutto la maschera del killer, davvero spaventosa e ben realizzata, molto più di tanti altri travestimenti (ricordo - con orrore estetico - la maschera da pupazzo strabico di "Do you wanna know a secret", forse il più brutto travestimento mai usato per un killer da slasher movie...)




 
N.B: sulla locandina la maschera di Smiley appare fatta di tela di sacco, mentre nel film, soprattutto nel finale, si capisce che non è affatto una maschera, ma un viso di carne deforme, ed è sicuramente il punto di forza del film 

poi il film viene anche impreziosito da qualche disgressione, per quanto spicciola, di filosofia ed etica (udite udite, per qualche istante svolazza, nei dialoghi tra il professore e gli studenti del college, lo spettro di Hegel, ma anche di Kant) 

e già che ci siamo, piazziamo questo "selfie lunariale filosofico"
 

 della serie "ma non sei proprio capace di non sbrodolare libri da tutte le parti, eh?!"
http://paroleacolori.com/dipendenza-da-libri-12-sintomi-che-e-impossibile-fraintendere/ 
Lascio ai miei lettori e detrattori l'indovinare quali tra questi 12 sintomi ho... se anche li ho tutti, chissà!

e si potrebbe persino trovare una critica pungente al degrado causato dai social e dalle chat nelle menti giovanili (difatti tutti i personaggi giovanili coinvolti sono di un'imbecillità da risultare caricaturale e irritante, non hanno alcun spessore culturale, sono frivoli, ubriaconi, ipocriti, vanesi, rumorosi, volgari, assuefatti da psicofarmaci e stupidamente crudeli, molto più dei loro "progenitori" nei film slasher della decade '90s) e si potrebbe ipotizzare che tale scelta nella rappresentazione della psicologia dei personaggi sia stata fatta proprio per criticare, in modo iperrealista, i social network e il mondo giovanile attuale.

C'è da dire che il finale (o meglio, le due modalità di finale) risolleva un po' i momenti paludosi, asettici e inutili del film (le scenette di dialoghi con la psicologa o l'ispettore di polizia, conditi da una banalità soporifera, ma anche la recitazione dei personaggi, la protagonista in primis, che è assolutamente indecente con tratti di comicità involontaria in quelle espressioni facciali che invece avrebbero dovuto suscitare terrore), enfatizzando ancora di più la critica sui giovani d'oggi (che, citando gli Afterhours, potrei aggiungere "ci scatarro su"...)

Probabilmente gli ultimi due fotogrammi del film sono stati pensati per un eventuale sequel e chissà che non si realizzi, anche se pare di capire che il film non abbia avuto molto successo, almeno nella trama in sé, perché invece la maschera è entrata abbastanza nell'immaginario comune.

Quindi, vale la pena vedere "Smiley"? Tutto sommato sì, a patto di non aspettarsi un capolavoro (ma è anche il primo film del regista, diamogli tempo di migliorare).
Insomma, è il classico film da guardare la notte di Halloween, con gli amici spaparanzati sul divano a mangiare popcorn e patatine, senza aspettarsi niente di più e con tanto cazzeggio dietro.

Tutto sommato io l'ho trovato anche più piacevole rispetto a film molto più strombazzati in giro come "Jennyfer's Body", "Sinister" o "The Visit". 

A quanto so però la notevole canzone dall'accattivante stile Nu Metal intitolata "Smiley"
non è stata inserita nel film, neanche nei titoli di coda (peccato!), ma consiglio di cercarsela vedendo il trailer di "Smiley 2" (notare bene che il video riporta solo il trailer del primo "Smiley", non un sequel!)



Il mito degli eroi nel ciclo carolingio (con sottofondo di UnBlack Metal)

Un post che solo Lunaria può pensare di fare!



Ecco qui un commento, con i passaggi più belli, della "Chanson de Roland", un poema che fa molto UnBlack Metal! 



Per cui gustatevelo con sottofondo di Christageddon https://www.youtube.com/watch?v=VPVAaBzQnb8



e non dite che sono cristianofoba!



c'è più cristianesimo negli scaffali della mia biblioteca casalinga che non nel vaticano



Info tratte da


La Chanson de Roland è uno dei maggiori poemi epici della letteratura europea: appartiene al genere delle chansons de gest, opere poetiche di carattere schiettamente popolare che narrano, in chiave leggendaria, le impese, ovvero le gesta, dei più famosi cavalieri medioevali.
Fa parte del cosiddetto "Ciclo Carolingio", cioè del complesso di chansons dedicate alle imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini.
Roland, da cui prende il nome, e che in Italia si trasformò in Orlando, era il più valoroso di essi.

Non sappiamo quando sia stata creata, se non approssimativamente, tra la fine del X secolo e l'inizio del XII e il nome dell'autore è incerto, anche se nell'ultimo verso del poema vi è nominato un certo Turoldus, ma che potrebbe essere il trascrittore, non l'autore.

La Chanson de Roland è il primo esempio finora conosciuto di un'opera letteraria in lingua d'oil, una delle lingue neolatine da cui deriva il francese moderno.
Oggi è considerata un'opera poetica, ma quando fu scritta la Chanson veniva cantata, o meglio, recitata cantando dai giullari che si spostavano di città in città.
Il pubblico al quale si rivolgeva l'autore della Chanson non chiedeva raffinate elaborazioni poetiche, né introspezione psicologica ma chiedeva qualcosa che tenesse desta l'attenzione, e voleva essere trasportato in un'atmosfera eroica, che però sembrasse vera.

I 4000 versi della Chanson non sono legati da rima, ma solo da assonanza, per evitare che l'autore sia costretto a complicazioni verbali per stare in rima e possa usare parole semplici.
Il linguaggio è spesso "parlato", spesso ignora le regole della sintassi, dando immediatezza e vivacità:

"L'imperatore se ne stette a capo chino.
Nel suo parlare non era affatto precipitoso;
suo costume è di parlare con calma.
Quando si raddrizza, fierissimo aveva il viso."

Passato remoto, imperfetto, presente, ancora presente, di nuovo imperfetto.
Ma proprio per questo che queste frasi sono così incisive.

I personaggi della Chanson sono personificazione di vizi e virtù.
In Sicilia, dove è ancora viva la passione per l'epopea cristiana, questi personaggi sono rappresentati dai famosi pupi.

LA TRAMA

Carlo Magno, il re cristiano, ha strappato al dominio degli infedeli quasi tutta la Spagna; resta solo Saragozza, sulla quale regna il perfido re saraceno Marsilio.
Sapendo di non poter resistere alle armi cristiane, induce Carlo a tornare in Francia, proponendogli un ingannevole patto di pace: e trova alleato in messer Gano, un nobile francese animato da fiera inimicizia verso il paladino Rolando. (1)
Gano, infatti, riesce a convincere Carlo della buona fede del suo nemico e lo induce a partire, lasciando come retroguardia solamente 20000 uomini comandati da Rolando.
Marsilio, allora, con tutto il suo esercito, attacca con grande violenza la retroguardia guidata da Rolando.
Malgrado lo straordinario valore di quei prodi, la battaglia si conclude col loro annientamento.
Anche Rolando muore: non per i colpi ricevuti, ma per lo sforzo disumano con cui ha soffiato nel suo corno per richiamare indietro il grosso dell'esercito cristiano.
Il suo disperato appello di aiuto viene raccolto quando la strage, purtroppo, è ormai compiuta; e il buon re Carlo non può fare altro che piangere la sorte del suo vassallo più valoroso.
La morte di Rolando, però, non resta invendicata.
Ripresa la guerra, Carlo infligge una terribile disfatta agli infedeli; poi, accertato il tradimento del fellone Gano, lo mette a morte.

(1) "Quando Rolando vede che la battaglia ci sarà, più si fa fiero di leone e leopardo"


La "Chanson de Roland" narra la "gloriosa sconfitta" dei paladini cristiani.
Potremo così comprendere come Turoldus (o comunque si sia chiamato l'autore) abbia saputo esprimere i motivi fondamentali della sua ispirazione e quale sia il valore poetico della sua opera.
Nella "Chanson de Roland" quasi tutti i pagani vengono definiti "di male arti, felloni, traditori frodolenti" in piena coerenza con la concezione dei poemi epici popolari (il Bene è tutto dalla parte dei cristiani, il Male "dalla parte degli altri")
Alcuni guerrieri infedeli, tuttavia, vengono presentati in luce lusinghiera:

"Grandonio era e prode e bravo
e gagliardo e guerriero pugnace"

"Margarito è assai valoroso cavaliere
e bello e forte e veloce e leggero...
Per sua beltà le dame gli sono amiche;
nessuna lo vede che verso di lui
non si illumini: quando ella lo vede
non può trattenersi dal sorridere.
Non c'è pagano di altrettale bravura cavalleresca"

Ma l'Autore, pur non escludendo che un guerriero pagano possa essere dotato delle stesse qualità umane del cavaliere cristano, ma non hanno alcun valore se non sono illuminate dalla Fede:

"Un emiro c'è, di Balaguez,
corpo ha ben fatto e il viso fiero e chiaro.
Dopo ch'egli è sul suo cavallo montato,
assai si mostra fiero con le sue armature indosso;
per valore egli è ben lodato;
fosse cristiano, sarebbe un perfetto barone."

Per l'autore della Chanson i cristiani sono "nel giusto" e non potrebbe essere diversamente, visto che la Chanson de Roland è stata scritta nell'atmosfera di grande esaltazione cavalleresca e religiosa delle prime crociate.
Per i concetti e gli ideali che esprime, la Chanson è un poema interprete del suo tempo:

Disse Olivieri "Via, avanzate con quanta forza voi potete!
Signori baroni, in campo tenetevi saldi!
In nome di Dio vi prego, ben siate attenti
a picchiar colpi, a riceverne e a darne!
Il grido di guerra di Carlo qui non dobbiamo obliare!"

"A queste parole hanno i Francesi levato il grido.
Chi allora avesse udito: Mongioia! urlare
di spirito guerriero potrebbe avere un ricordo.
E poi avanzano: Dio! con che fierezza!
Spronan con impeto per andare al più presto
e vanno a menar colpi; che potrebbero far essi d'altro?"

In questi versi c'è tutta la solennità di un'ora fatale e gloriosa.
La lotta sarà terribile: i prodi vanno alla morte, ma l'affrontano per la loro Fede ("In nome di Dio") e ci appaiono in tutto lo splendore e l'orgoglio dei vittoriosi.

La morte di Rolando, rimasto solo dopo che tutti i suoi compagni sono caduti sul campo, costituisce il culmine della narrazione.
I versi più belli sono quelli che descrivono i dolorosi tentativi di Rolando per spezzare la sua indistruttibile spada Durindarda:

"Sente Rolando che la vista ha perduto;
si drizza in piedi; quant'egli può si sforza;
nel suo viso il suo colore ha perduto.
Dinanzi a lui c'è una pietra bigia:
dieci colpi vi dà con dolore e amarezza;
stride l'acciaio; non si rompe né intacca.
Oh, disse il conte, Santa Maria aiuto!
Oh, Durindarda, brava, così sventurata foste!
Or ch'io finisco, di voi non posso più curarmi.
Tante battaglie in campo con voi ho vinto
e tante terre vaste sottomesso,
che Carlo regge, che la barba ha canuta!
Non v'abbia uomo che per altro fugga!
Assai buon guerriero vi ha lungo tempo tenuta;
mai ci sarà l'uguale in Francia, la santa.
Rolando batté sul pietrone di sarda;
stride l'acciaio; non si rompe né intacca.
Quand'egli vide che non ne poteva
spezzar briciola,
dentro di sé la comincia a compiangere:
oh, Durindarda, come sei e chiara e tersa!
sotto il sole così riluci e fiammeggi!
Carlo si trovava nelle valli di Moriana
quando Dio dal cielo l'avvisò col suo angelo
ch'egli ti desse a un conte capitano;
allor me la cine il nobile re, il magno.
Per questa spada ho dolore e pena:
piuttosto voglio morir che essa tra
pagani resti.
Dio padre, non lasciate vituperar la Francia!
Rolando batté su una pietra bigia;
più ne distacca che io non vi so dire;
la spada stride, non si frantuma né si rompe;
verso il cielo in alto è rimbalzata"

Tra il paladino e la sua arma il poeta stabilisce un rapporto quasi tra persone:  Durindarda è una presenza viva, in cui Rolando vede rappresentato tutto ciò che lo ha sostenuto nella vita: la fede incrollabile, il legame di fedeltà verso l'imperatore, la coscienza profonda del suo destino e della sua forza.

ALTRO APPROFONDIMENTO tratto da



La grande diffusione dei miti cavallereschi dell'Europa cristiana coincide con l'epoca delle Crociate. La più antica chanson de geste di cui ci è giunta redazione letteraria sui codici manoscritti risale al secolo XI, mentre le figure che vi sono cantate risalgono al secolo VIII.
Questi testi potrebbero essere la coagulazione di una precedente tradizione orale, di canzoni cantate e non scritte, affidate all'estro dei giullari. Un'altra ipotesi sostiene che La Chanson de Roland costituì un punto di partenza di un genere letterario di grande successo. La cultura romantica che rivalutò i testi, però, era convinta che l'epopea dei paladini di Carlo derivasse da un tessuto di canti popolari solo successivamente unificati da un poeta colto, in età più tarda.
è evidente però che questo tipo di poesia rifletteva un gusto dell'epoca, che vedeva la chiesa cattolica e la cavalleria francese impegnate nel grande duello tra la fede del vero Dio e la falsa religione di maometto.

Il ciclo carolingio si compone di un certo numero di componimenti (80) che esaltano il Sacro Romano Impero di Carlo nella sua funzione precipua di custode della fede cattolica e di garante della pace cristiana.
Tutto il mito eroico di Carlo e dei suoi conti paladini fa perno sul conflitto con gli arabi, uno scontro tra la Croce e la Mezzaluna. L'idea della prima crociata nacque intorno al 1080 in Francia e si sviluppò successivamente nei due secoli in cui si susseguirono le spedizioni cavalleresche.

La canzone del paladino Orlando canta una vicenda che si svolge in pochissimo tempo, al culmine di una grande e storica impresa. Nella Canzone di Orlando, l'agguato saraceno, il combattimento, la morte dell'eroe e la vendetta di Carlo si collocano al settimo ed ultimo anno della guerra di Spagna.
Già nella prima lassa (così sono chiamate le strofe della Canzone, per un totale di 4002 versi) il poeta narra che per sette anni l'imperatore Carlo Magno, difensore della vera fede cristiana, era rimasto lontano dalla "dolce Francia", al di là dei Pirenei, a combattere contro gli arabi.

"Non v'è castel che contro lui rimanga
città né muro che non giaccia infranto,
fuor Saragozza ch'è su una montagna"

Solo nella città di Saragozza, che si eleva su montagne pressoché inaccessibili, continua la resistenza degli Arabi. Li guida re Marsilio, un personaggio leggendario, non storico, che colpisce la fantasia del poeta per la sua ferocia tirannica.

è così che il poeta descrive Carlo:

"Sotto un pino, di rose accanto a un cespo
tutto d'oro massiccio un trono v'era:
là siede il re che dolce Francia tiene.
Bianca ha la barba e fiorita la testa,
nobile il corpo e il portamento fiero,
non occorre insegnarlo a chi ne chiede"

Vale la pena descrivere qualche evento.

Il tradimento di Gano

Il re Marsilio cerca di corrompere Gano, mandato come ambasciatore designato da Orlando, per tradire Carlo. Gano non tradirà l'imperatore, del quale tesse un elogio appassionato. Tuttavia, è disposto e desideroso di tradire Orlando, suo figliastro, per il quale nutre un sentimento di rancore e di astio in seguito ad un alterco, durante il quale Orlando l'ha designato come messo e lo ha fatto sfigurare come vile al suo tentennamento nell'accettare la missione. E caduto Orlando mancherà all'imperatore il più forte dei suoi campioni.
"Spetta a voi", dice Gano al re saraceno, "mandare nelle gole delle montagne un forte esercito che aggredisca Orlando e distrugga la retroguardia di Carlo." Una volta morti Orlando ed Oliviero l'imperatore non penserà più assolutamente a far guerra. Marsilio vuole ed ottiene da Gano un giuramento esplicito che questi pronuncia con sacrileghe parole: "Giuro sulle reliquie racchiuse nel pomo della mia spada Murgleis". Siglato il patto, Marsilio consegna a Gano ricchi doni e lo autorizza a rientrare nel campo cristiano.

Tornato a corte, Gano riferisce i risultati della missione. Quando Carlo pone la domanda "Sceglietevi voi chi sarà nella retroguarda", Gano subito risponde "Orlando". L'imperatore reagisce rispondendo "Voi siete un demonio vivo, nel corpo vi è entrata una furia mortale" ma non sospetta un tradimento. Orlando, comunque, accetta l'impresa senza esitazione alcuna. Una volta assunto il comando della retroguardia, Orlando sembra non volere rendersi conto del pericolo: la sua fierezza è tale che rifiuta ogni consiglio di cautela, ogni offerta di aiuto.
è così che inizia la celebra narrazione della rotta di Roncisvalle.
L'esercito di Carlo è in marcia tra gli alti poggi pirenaici, le valli tenebrose, le rocce bigie, le terribili strettoie. Ignorano che 400mila guerrieri saraceni si vanno raccogliendo sulle montagne nascosti nel folto di una foresta in pieno assetto di guerra, per uccidere Orlando.
Oliviero vede dall'alto di una collina l'armata degli infedeli che avanzano: il sospetto di tradimento diventa realtà, ma Orlando ancora non crede ai fatti. Oliviero gli consiglia di suonare subito il corno Olifante in modo che l'allarme possa essere tempestivamente avvertito da Carlo, che sarebbe ancora in tempo a salvare la retroguardia. Ma Orlando rifiuta nettamente. Tre volte Oliviero ripete il consiglio, tre volte Orlando lo respinge: tanta è la forza nell'ideale cavalleresco che Orlando rifiuta di prendere in considerazione un partito dettato da saggia prudenza e non certo dallo scarso coraggio.
E cavalcando su Vegliantino, Orlando avanza superbo come un leone: il poeta lo descrive bellissimo e fiero, col volto sorridente per rincorare i compagni.
Il primo scontro è tra Orlando e il nipote di re Marsilio. Costui schernisce i cristiani informandoli del tradimento di Gano e minacciandoli di sterminio totale: "Vi tradì chi vi doveva custodire ed è folle il sovrano che vi lasciò alle gole. Oggi Carlo perderà il suo braccio destro"
Ma è il saraceno a perdere la vita per un colpo irresistibile infertogli da Orlando.
Intanto, giunge il grosso dell'armata maggiore dei Saraceni guidati da Marsilio. Solo davanti all'incommensurabile marea di nemici lanciati all'attacco, Orlando ammette che c'è stato tradimento, ma l'unica sua preoccupazione e l'unica esortazione che rivolge ai compagni è che sappiano morire in modo degno di un cavaliere: la battaglia diventa "prodigiosa e orrenda"; i cavalieri cadono l'uno dopo l'altro: "Moriamo combattendo. Pensare che fra breve il Paradiso vi accoglierà"
Ma come Orlando vede ammucchiarsi i corpi di tanti fedeli valorosi, è preso da rimorso e rimpianto: ora vorrebbe che Carlo sapesse, che accorresse in loro aiuto, ma ormai è troppo tardi: sono rimasti solo sessanta paladini che ancora combattono contro gli infedeli con la forza di leoni.
Ora che Orlando vorrebbe suonare il corno, l'amico Oliviero pare risentito per reazione al primo rifiuto di Orlando e gli risponde: "D'altraparte preferisco la morte che il rimprovero di non aver saputo combattere fino in fondo"
Ma Orlando non può più attendere: troppo gli pesa l'errore commesso. Il suo orgoglio di guerriero invitto gli fece rifiutare la proposta di Oliviero quando sarebbe stata tempestiva ed ora la morte incombe su di lui ed è già piombata sui suoi compagni.
"Io suonerò il corno", dice, "ma nella migliore delle ipotesi, i Franchi torneranno, ahimè, a seppellire i morti, non certo a porgere aiuto."
Ma Oliviero lo contesta, rinfacciandogli che:

"Vergogna sarìa grande,
e rimprovero ai vostri tutti quanti,
per sempre durerebbe un'onta tale.
Quand'io vel dissi, non voleste farlo.
S'ora lo fate, non voglio approvarlo.
Se voi suonate, il suono sarà fiacco:
già i bracci avete entrambi insanguinati"

e mostra tutto il risentimento:

"è colpa vostra, amico,
ché senno in guerra aver non è follia
e più misura val che stolto ardire.
Sono per vostro capriccio i Franchi uccisi,
mai più re Carlo avrà da noi servizio.
Ma se ascoltato aveste il mio consiglio,
tornato a noi sarebbe ora il mio sire.
Questa battaglia l'avremmo noi vinta
e preso o morto sarebbe Marsilio.
Il valor vostro mal da noi fu visto [...]
Voi morrete e sarà Francia avvilita,
si sfascia oggi la fida compagnia,
pria del vespro avverrà la dipartita."

Orlando suona il corno, con tutta la forza che gli resta: lo suona con tale fatica e tale affanno che dalla bocca gli schizza vivo sangue e le tempie gli si spezzano. Il suono si ode a trenta miglia e Carlo, che se ne andava angustiato tra tristi sogni e presagi, lo ascolta.
Al fianco di Carlo cavalca Gano, che dissuade l'imperatore dall'idea di tornare indietro.

Ma il vecchio Namo si persuade che il suono è una richiesta di aiuto e formula un'accusa contro Gano:

"Battaglia i nostri hanno colà in mia fede
e tradito ha costui che or finge cerca.
[...] Ben sentite che Orlando si dispera"

L'imperatore si decide. Ordina l'inversione di marcia e ordina che Gano sia catturato.
L'armata franca sprona al galoppo, ma ormai giunge invano perché a Roncisvalle si consuma l'ultimo atto della tragedia.
Orlando ancora combatte: riesce a mozzare la mano destra a Marsilio e lo costringe alla fuga. Intanto, l'armata musulmana sente le trombe dell'esercito di Carlo che galoppa al soccorso. Hanno ormai davanti solo quattro paladini, e tuttavia serpeggia tra di loro la paura dell'imminente vendetta di Carlo. Intanto, Oliviero è colpito a tradimento dal califfo Marganice; tuttavia riesce ancora a combattere, facendo strage di saraceni. E tuttavia, ormai cieco, colpisce anche Orlando, che gli si è avvicinato per soccorrerlo e consolarlo.
La scena che descrive questo incontro, tra il paladino morente e l'amico colpito, esprimono nell'epica medioevale una coppia del genere Achille e Patroclo, ed è indimenticabile: Orlando infatti non sembra meravigliarsi che Oliviero l'abbia colpito, ma che lo abbia fatto senza preavviso, senza sfida, in modo non cavalleresco.

"Signor compagno, fate voi sul serio? Qui è Orlando che tanto vi suole amare. In nessuna guisa m'avete voi sfidato!"

e Oliviero risponde:

"Ora vi odo io parlare. Io non vi vedo, vi veda nostro Signore. Colpito vi ho e me lo perdonate!"

Orlando risponde:

"Non ho affatto male. Io ve lo perdono qui e davanti a Dio"

Sconfinato è il dolore che prova Orlando dinanzi al cadavere di Oliviero.

I nemici intanto scagliano lance e giavellotti, ma Orlando ancora resiste: soltanto il suo cavallo viene colpito, crivellato da trenta colpi. Solo dopo aver percorso il campo alla ricerca dei cadaveri dei suoi compagni e averli disposti in schiera di modo che l'arcivescovo li benedica, Orlando piange lacrime fraterne e sviene per il dolore.

Ormai è vicina la morte anche per Orlando:

"Ché il cervello gli usciva per gli orecchi e nel capo aveva un atroce dolore.
Pregò l'angelo Gabriele per i Pari, pregò, poi, per sé. Indi cadde supino su una vetta, a pie' di un albero, vicino al quale sono quattro pietre di marmo."

Ormai quasi non ci vede più, mo lo turba l'idea che la sua spada Durlindana cadda preda del nemico; tuttavia non riesce a spezzarla. La spada bella e santa, contenente le reliquie nel pomo, non deve diventare preda degli infedeli. L'eroe si rimette in piedi, pallido, coperto di sangue, e cerca di spezzarne la lama, percuotendola sui macigni, ma invano: il brando stride ma non si spezza né si intacca.

Dopo dieci inutili colpi Orlando si convince che non può farcela e allora tesse l'elogio della sua spada:

"Ah, Durendala, come sei bella e chiara e bianca, incontro al Sole come luccichi e fiammeggi. Carlo era nelle valli di Moriana quando Dio gli mandò dal Cielo a dire con un suo angelo che ti desse a un conte capitano: e allora me la cinse, il gentile re, il grande."

Dopo aver elencato tutte le sue conquiste, dalla Bretagna alla Sassonia, Orlando esclama:

"Per questa spada ho dolore e affanno. Meglio morire che lasciarla fra i pagani. Dio padre, non lasciate disonorare la Francia."

Orlando si distende bocconi, nascondendo sotto il corpo la spada e il corno, per sottrarli alla vista.

Dopo aver chiesto perdono a Dio per i suoi peccati, Orlando muore dissanguato.
 
Grande fu il pianto di Carlo, quando ebbe dinanzi agli occhi i suoi prodi caduti: il campo di battaglia è coperto di morti saraceni e cristiani.
Dà ordine di conservare i cuori di Orlando e di Oliviero avvolti in bende di seta, come reliquie.

La battaglia prosegue tra Carlo e i saraceni. Inginocchiatosi, chiede a Dio di rinnovare il miracolo di cui parla la Bibbia: i Franchi hanno bisogno che la luce del Sole rimanga più a lungo sull'orizzonte perché solo così potranno sterminare i nemici.
E Dio rinnova il miracolo.

Fatta prigioniera la regina Braminonda, moglie di Marsilio, Carlo la conduce in Francia affinché si converta al cristianesimo. Nella basilica di S. Severino a Bordeaux, Carlo depone l'Olifante di Orlando e nel santuario di S. Romano di Blaia fa deporre in bianchi sarcofaghi Orlando, Oliviero e l'arcivescovo Turpino.

Appena rientrato nella sua corte ad Aquisgrana, riceve la visita di Alda, sorella di Oliviero, fidanzata di Orlando, ignara di quel che è successo.
Chiede la bella dama: "Ov'è Orlando il capitano, che mi giurò di prendermi in moglie?"
Carlo risponde: "Sorella, cara amica, tu mi chiedi di un uomo morto" e si offre di darla in sposa al figlio Lodovico. Ma Alda risponde "Non piaccia a Dio, né ai suoi santi né ai suoi angeli, che io rimanga viva dopo Orlando" e pronunciate queste parole, cade ai piedi di Carlo, morendo in silenzio. 

Il traditore, Gano, viene condannato a morte, squartato dai cavalli a cui viene legato per le membra:

"Gano a un'orrenda fine è condannato!
Atrocemente tendonsi i suoi nervi
e dilaniate vengon le sue membra;
scorre su l'erba il chiaro sangue.
è morto Gano come un vil fellone;
giusto non è che il traditor si vanti."

Qui finisce anche il poema, malgrado si accenni ad altre imprese che Carlo è chiamato da Dio ad affrontare, ma che non vengono raccontate. La narrazione si conclude con un ultimo verso, che contiene il nome del narratore:

"Finisce qui la gesta che Turoldo narra"

Chi era questo Turoldo che si presenta come autore della Canzone?
Non lo sappiamo, benché siano state fatte varie ipotesi, per esempio che fosse un vescovo di Bayeux.
Comunque, quello che è certo, è che la Chanson de Roland ebbe immensa fortuna e fu presto rielaborata e tradotta in altre lingue, dal tedesco al norvegese, in franco-veneto e in latino.

Analoghi alla Chanson de Roland, per temi e impostazioni, anche opere minori come "La Chanson de Willame", che narra la morte dell'eroe Viviano a servizio della fede in difesa della Francia dall'assalto saraceno, oppure la "Canzone di Isembart" che narra di un cavaliere offeso ingiustamente dal suo re, che tradisce e porta le armi contro la patria e la sua stessa famiglia, morendo nello scontro, in tempo tuttavia per chiedere perdono alla madonna e per ottenere la salvezza eterna. Da citare anche "la Canzone di Raoul di Cambrai" che narra l'urto di interessi tra le grandi famiglie feudali, la lotta tra vassalli per ottenere l'investitura e la successione al feudo.

LA MORTE DI ADA, NELLA "CANZONE DI ROLANDO"

Info tratte da


Carlo Magno conquista Saragozza, ne distrugge gli idoli e battezza gli abitanti; lasciato un presidio alla città, riparte per la Francia e a Blaia, nella chiesa di San Romano, dà sepoltura agli eroi morti durante la battaglia.
A questo punto compare Alda, la donna innamorata di Rolando. Quando Carlo le rivela la sorte di Rolando, Alda cade a terra, morta.
La tragica figura di Alda sarà poi ripresa da poeti posteriori.

Trapassa il giorno, la notte è calata;
chiara è la luna, le stelle scintillano.
L'imperatore ha Saragozza preso;
da mille Francesi fan frugare la città,
le sinagoghe e le moschee;
con mazze di ferro ed asce ch'essi avevano
fracassano immagini e 
tutti quanti gli idoli: (1)
non vi rimarrà sortilegio e imbroglio. (2)
Il re crede in Dio, vuole servirlo,
e così vescovi le acque benedicono,
menan pagani fin dentro al battistero. (3)
Se ora c'è chi a Carlo resista,
egli lo fa prendere o bruciare o uccidere.
Grazie al battesimo divengono assai più di centomila veri cristiani, tranne solo la regina:
in Francia dolce sarà condotta prigione:
vuole il re che amorevolmente venga convertita.
Passa la notte, poi appare il chiaro giorno.
Di Saragozza Carlo guarnì le torri;
mille cavalieri vi lasciò, agguerriti:
presidiano la città per l'imperatore.
Montano in sella il re e i suoi uomini tutti
e Bramimonda ch'egli mena prigioniera
(ma non desidera farle altro che bene)
Ritornati sono con gioia e con baldanza.
[...] Carlo (...) in bianche tombe fa mettere quei signori (in San Romano, là giacciono quei bravi); i Franchi li raccomandano a Dio e ai suoi nomi.
Carlo cavalca e per valli e per monti;
insino ad Acqui non volle fare sosta;
tanto cavalcò finché smontò al pietrone. (4)
[...] Sale al palazzo; è entrato nella sala.
Ecco venirgli incontro Alda, una bella damigella;
così disse al re: "Dov'è Rolando, il capitano
che giurò di prendermi come sua compagna?"
Carlo ne ha dolore e ambascia,
versa lagrime, tira la sua barba bianca:
"Sorella, cara amica, d'uomo morto mi domandi.
Io te ne darò assai vantaggioso compenso:
è Ludovico; di meglio non so dire;
egli è mio figlio e così reggerà le mie marche." (5)
Alda risponde: "Questo discorso non mi tocca.
Non piaccia a Dio né ai suoi santi né ai suoi angeli, morto Rolando, che io viva rimanga!"
Perde il colore, cade ai piedi di Carlo Magno,
immediatamente è morta.
Dio abbia pietà dell'anima!
I francesi baroni ne piangono e fan per lei lamento.
Ada, la bella, è alla sua fine andata.
Pensa il re ch'ella si sia svenuta;
pietà ne ha e ne piange l'imperatore;
la prende per le mani, poi l'ha sollevata:
sopra le spalle ha la testa piegato. [...]
 
1) è messo ancora in luce il carattere di guerra santa delle imprese di Carlo.
2) riti magici, stregonerie.
3) perché divengano cristiani, battezzandosi
4) probabilmente un obelisco
5) Anche se Carlo Magno propone ad Ada di sposare Ludovico, nel cuore della fanciulla innamorata non si può sostituire con tanta facilità Rolando con Ludovico