https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/sacrifici-e-autolesionismo-presso-i.html
Estratti presi da Mircea Eliade "Trattato di storia delle religioni"
Sahagun ci ha lasciato una descrizione precisa dei riti del granturco presso gli Aztechi del Messico. Appena la pianta spuntava, andavano nei campi ‘a cercare il Dio del granturco’, cioè un germoglio che portavano a casa e a cui presentavano offerte alimentari, precisamente come se fosse stato una divinità. A sera, la pianta era portata nel tempio della Dea degli alimenti, Chicomé-coatl, dove si riunivano ragazze, portando ciascuna un fascio di sette pannocchie, tolte dal raccolto precedente, avvolte in carta rossa e spruzzate di caucciù. Il nome dato a quel fascio, "chicomolotl" (‘la settemplice pannocchia’), designava anche la Dea del granturco.
Le ragazze erano di tre età diverse: piccole, adolescenti e grandi, certamente allo scopo di personificare simbolicamente i periodi di crescenza del granturco.
Nota di Lunaria: parallelo che si può fare anche nella mitologia greca:
Kore, la Vergine, il Grano Verde
Persefone, la Ninfa, la Spiga Matura
Ecate, la Vecchia, il Grano Raccolto
Demetra, il nome onnicomprensivo della Trinita Femminile della Semina.
Avevano braccia e gambe coperte di piume rosse, colore della divinità del granturco. Questa cerimonia, semplice omaggio alla Dea e benedizione magica del raccolto appena spuntato, non comportava sacrifici. Soltanto tre mesi più tardi, quando il raccolto era maturo, una ragazza, che rappresentava la Dea del granturco maturo, Xilonen, era decapitata; questo sacrificio inaugurava l'uso alimentare, profano, del granturco nuovo; ciò fa supporre che la sua funzione fosse piuttosto un sacrificio di primizie.
Sessanta giorni dopo, quando finiva il raccolto, si faceva un secondo sacrificio; una donna, rappresentante la Dea Toci, ‘Nostra Madre’ (Dea del granturco raccolto e utilizzato), veniva decapitata e immediatamente dopo scuoiata.
Nota: anticamente gli Aztechi adoravano la Grande Madre chiamandola Toci Tonà, una Dea bellicosa, legata ai guerrieri, anche assimilabile a Tonacacihuatl, "Colei che ci nutre", personificava anche la Luna. Anche Teteianan era una divinità della Terra.
Un sacerdote si avvolgeva nella pelle; un pezzo tolto dalla coscia era portato al Tempio di Cinteotl, dio del granturco, ove un altro figurante se ne faceva una maschera. Per una settimana quest'ultimo era trattato come una puerpera; probabilmente il senso del rito era che Toci, una volta uccisa, rinasceva nel figlio, il granturco secco, nei chicchi che si sarebbero mangiati tutto l'inverno. Seguiva tutta una serie di cerimonie: i guerrieri sfilavano (Toci, come varie divinità orientali della fecondità, era anche Dea della guerra e della morte). Erano eseguite danze, e alla fine il re, seguìto dal popolo intero, gettava addosso al figurante di Toci tutto quel che gli capitava sottomano, e subito si ritirava. Parrebbe che Toci, alla fine, diventasse un capro espiatorio e prendesse su di sé, quando era espulsa, tutti i peccati della comunità, perché il figurante portava la pelle fino a un castello della frontiera, dove la appendeva con le braccia aperte. Nello stesso luogo era portata la maschera di Cinteotl. Presso altri popoli americani, ad esempio i Pawni, il corpo della ragazza sacrificata era smembrato, e i diversi pezzi sepolti nei campi. La stessa usanza di fare a pezzi il cadavere e spargerlo sui solchi si trova presso certe tribù dell'Africa.
Approfondimento tratto da "Antiche Civiltà Precolombiane"
La triade nutritiva mesoamericana, mais, fagioli, zucche (affiancate da piante come la patata, il fico d'India, il pomodoro) sopperivano alla mancanza dei mammiferi. Il mais venne a rappresentare per gli Aztechi la base fondamentale dell'alimentazione tanto che le divinità legate a questa pianta acquisirono un ruolo centrale. Le fonti scritte sottolineano che gli Aztechi consumavano due soli pasti e che la preparazione del cibo era un compito femminile. Ai nobili erano riservate due bevande: l'octli, ottenuto dalla fermentazione del succo dell'agave e il cioccolato. (Nota: Ixcacao era la Dea Maya del Cioccolato, mentre Mayahuel era la Dea dell'agave e del pulque, una bevanda alcolica estratta dall'agave; originariamente era stata una Dea agricola della fertilità)
Come si possono spiegare "le logiche dei sacrifici umani"?
Se è pur vero che la documentazione in nostro possesso è di parte (probabilmente gli spagnoli esagerarono molti eventi per avere una giustificazione morale ai massacri che loro stessi andavano compiendo) è anche vero che alcune testimonianze artistiche non lasciano dubbi: la statua del dio Xipe Totec che indossa una pelle dalla quale pendono mani umane; la Dea Coatlicue, che indossa una collana di cuori, mani mozzate e teschi; le tzompantli, "rastrelliere di teschi", decorati da file di teschi umani, non lasciano dubbi sul fatto che gli Aztechi sacrificassero stagionalmente prigionieri e giovani. La "logica del sacrificio" va inquadrata all'interno della loro visione cosmologica: l'uccisione rituale si configura come la forma più alta di offerta votiva, destinata a un gruppo di divinità di carattere astronomico (Sole, Luna, astri) affinché esse possano, attraverso il nutrimento più prezioso che gli uomini siano in grado di offrire (il loro corpo, loro stessi) proseguire il loro corso.
L'antropologo M. Harris ha formulato una teoria nutrizionista secondo cui il sacrificio umano rendeva disponibili grandi quantità di carne umana ed era dunque una strategia alimentare obbligata in un'economia priva di mammiferi.
"Dal punto di vista teologico, gli Aztechi credevano che il nostro mondo fosse stato preceduto da altri quattro universi, i Quattro Soli, poi distrutti dagli Dei, insieme agli abitanti. L'umanità era stata poi ricreata dal Dio Quetzalcòatl, sotto le sembianze di Xolotl, il Dio dalla testa di cane, che scese agli inferi, rapì le ossa disseccate dei morti e le bagnò col proprio sangue per ridare loro la vita.
Per quanto riguarda i sacrifici, gli Aztechi erano convinti che niente fosse più necessario che assicurare al Sole il nutrimento: il sangue umano, che nutriva il Sole e permetteva il suo ritorno. Il Sole esigeva sangue, gli stessi Dei lo avevano donato. Comunque c'è da ricordare che all'epoca si riteneva un grande onore sacrificarsi per gli Dei. Il rituale del sacrifico consisteva nel distendere la vittima su un altare di pietra: il sacerdote gli apriva il petto, estraeva il cuore e lo offriva al Sole. Poi il cadavere veniva decapitato; le vittime sacrificate a Xipe Totec e alle Dee della vegetazione venivano scorticate, mentre alcuni sacerdoti si rivestivano della loro pelle. Altre vittime impersonavano il Dio: vestite come la divinità, ornate come il Dio che rappresentavano, divenivano l'immagine della divinità e il rito sacrificale simboleggiava la morte del Dio e il cannibalismo simboleggiava la comunione." (Tratto da "Gli Aztechi" di Jacques Soustelle)
Del resto, anche il cristianesimo si basa sugli stessi presupposti, solo che "non ci fa lo stesso effetto" perché dal nostro punto di vista "è nomale". Eppure, l'ideologia cristiana del sacrificio, dell'eucarestia, del sacrificio del dio macellato che si offre al Padre nei cieli, non è diversa dall'ideologia azteca (e possiamo immaginare che i giovani aztechi ben volentieri, esattamente come i martiri cristiani, anelassero ad essere sacrificati!)
LA DEA COATLICUE |
Altro approfondimento tratto da
La tessitura era un lavoro eseguito sia per le esigenze domestiche sia a scopo di commercio. Le donne tessevano "huipiles" per sé e per i loro uomini. Sfortunatamente non abbiamo esempi di questi indumenti oltre le raffigurazioni nelle pitture murali, sul vasellame e nelle sculture.
Per quanto ne possiamo sapere, il lavoro di tessitura era eseguito da persone allo stato laico e non come presso gli Inca dove era eseguito da "donne scelte" che dovevano vivere e tessere nei recinti sacri.
La tessitura è stata invariabilmente sempre donna. I suoi strumenti sono simbolici: una donna nubile è una "Spinster".
Secondo alcuni studiosi, Ix Azal Uoh, moglie del dio del Sole, era la Dea della tessitura e Ix Zacal Nok sarebbe stata la "Signora Tessitrice di vestiti" e che la figura che appare sul codice Tro-Cortesianus (102 b,c,d) possa rappresentare la Dea della Luna che fila. (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/il-coniglio-della-luna-e-la-dea-ixchel.html)
La religione permeava tutto il mondo dei Maya. L'intera vita maya era orientata religiosamente: la nascita, la morte, l'agricoltura, il calcolo del tempo, l'astronomia e l'architettura. La stessa vita in sé era legata alla religione e ai suoi rituali.
Il cosmo dei Maya era molto simile a quello dei Messicani degli altipiani. Avevano 13 cieli e 9 inferni, nei quali abitavano gli Dei. Quattro Dei stavano ai punti cardinali e reggevano i cieli e il mondo. Ognuno di questi Dei aveva un colore simbolico.
Nel calendario gli elementi erano connessi con gli Dei, l'orientamento ed il colore.
Il mondo dei Maya, secondo le loro credenze, aveva sofferto apocalittiche distruzioni per quattro volte; essi stavano vivendo nell'epoca susseguente alla quinta creazione del mondo; anche loro credevano ad un grande diluvio, il "Haiyococab", "Acqua-sulla-Terra".
Il dio Itzamna, "Lucertola", era simboleggiato da un vecchio strabico con un corpo da lucertola che capeggiava il pantheon maya. Era colui che procurava il cibo, il patrono della medicina, l'inventore della scrittura. Aveva sotto di lui divinità di tutti i tipi, per tutti i mestieri; ciascun lavoratore aveva il suo patrono.
Ixtab, "La Signora della Corda" era la Dea dei suicidi e Ix Chel era la protettrice della tessitura e dell'infanzia; il suo santuario sull'isola di Cozumel era visitato da donne che avevano le doglie o stavano per averle e almeno una volta nella vita le donne andavano a Cozumel.
Chac era il dio della pioggia, raffigurato come un vecchio col naso allungato e gli occhi a forma di T, che simboleggiavano le lacrime e quindi l'acqua; era un dio quadruplo, con quattro emanazioni.
Nel Messico, il dio della pioggia era nutrito con cuori umani. Anche nello Yucatan i sacrifici erano praticati.
Yum Kaax, il dio del frumento, era rappresentato come un giovane con in mano una pianta fiorita.
La Morte, Ah Puch, era rappresentata come uno scheletro.
Il dio della guerra era dipinto di rosso e di nero, come un guerriero.
Tutti gli Dei avevano i loro glifi simbolici.
I missionari testimoniavano, con disprezzo, che i Maya avevano una gran moltitudine di divinità; la cosa migliore, per loro, era quella di restare in buoni rapporti con gli Dei.
Ahkin era il titolo del gran sacerdote maya. All'epoca di Mayapàn ve ne erano 12, che avevano un potere sociale grande quasi quanto quello dei signori.
"Nel gran sacerdote", afferma Diego de Landa, "era la chiave del loro sapere ed era questo principalmente che si dedicavano."
Quello che insegnavano era il computo degli anni, dei mesi, dei giorni, festività e cerimonie, cura per le malattie, divinazione e sacramenti.
Una vittima destinata al sacrificio era dipinta di blu, il famoso blu maya che si trova su tante pitture murali ed incisioni di pietra.
Se doveva essere sacrificato con "la cerimonia dell'arco" egli veniva legato col sistema della crocefissione ad un telaio di legno sollevato dal terreno e poi "gli si eseguiva una solenne danza intorno". Il sacerdote feriva la vittima nel punto della vergogna (cioè l'organo genitale) ed il sangue che sgorgava dalla ferita veniva sparso su di un idolo lì vicino. Poi, ad un segnale, i danzatori, ad uno ad uno, gli sfilavano davanti e gli scaricavano addosso i loro archi: "in questo modo gli rendevano il petto simile al dorso di un porcospino".
Vi sono comunque quelli ai quali piacerebbe di più credere che questo sacrificio non sia maya (gli Indiani Pawnee lo facevano allo stesso modo) eppure sulle mura di un tempio di Tikal è stato trovato un graffito che riproduce la cerimonia.
Il sacrificio più spettacolare era l'asportazione del cuore: la vittima veniva dipinta di blu e poi distesa su un apposita pietra da sacrificio, che faceva arcuare il petto in avanti.
Le braccia e le gambe erano tenute da quattro chac sacerdotali e il nacom con un coltello di selce gli apriva il petto mettendone a nudo il cuore.
Questa cerimonia era molto comune tra i Maya ed è rappresentata sulle loro pitture murali. Gli Aztechi erano anche più sanguinari, visto che nel 1486 sacrificarono ventimila persone.
Un'altra forma di sacrificio era quella di gettare il prescelto nel pozzo: vennero sacrificati uomini, donne, bambini.
Per questi popoli, il sangue aveva un significato mistico, ma lo stesso simbolismo lo troviamo anche nella religione cristiana: "lavato col sangue di Gesù", per riferirsi al peccatore che è stato purificato.
I Maya offrivano sacrifici spargendo il proprio sangue: si foravano il petto, il labbro, la lingua.
Il sangue così ottenuto era sparso sull'immagine di un dio da propiziarsi.
Per i Maya il sangue stimolava la gratitudine degli Dei.
I Maya, come testimonia Diego de Landa, praticavano la circoncisione del pene e mutilavano anche i lobi delle orecchie.
Durante i sacrifici praticavano dei fori al pene, e attraverso quei fori facevano passare una corda; si legavano l'uno all'altro e poi danzavano e il sangue raccolto veniva sparso sull'idolo.