La Spirale e il Labirinto

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LA SPIRALE: Simbolo estremamente complesso, usato fin dal Paleolitico. Appare nell'Egitto predinastico, a Creta, Micene, in Mesopotamia, India, Cina, Giappone, America preColombiana, Europa, Scandinavia, Bretagna. Appare anche in Oceania ma non sulle isole Hawaii.
Rappresenta poteri solari e lunari. L'aria, l'acqua, il tuono, il fulmine. Un vortice, la grande forza creativa. L'Emanazione.  Poichè si espande e contrae, raffigura l'intensificarsi e l'indebolirsi della luce del sole oppure la Luna crescente e calante, e per analogia, crescita ed espansione, morte e contrazione, l'avvolgere e lo svolgere. Può denotare continuità. Può raffigurare il ruotare della volta celeste. Il corso del sole. Le stagioni cicliche.




Come turbine dell'aria durante le tempeste e movimento delle acque, denota fertilità e l'aspetto dinamico delle cose. Come spira o vortice, è la tromba d'aria e le grandi forze generative. Come turbine è associata al drago ascendente cinese; la spirale e il turbine condividono lo stesso simbolismo soprattutto come manifestazione dell'energia in Natura. Spirali o vortici sono associati alla tessitura del filo della vita e al velo della Grande Madre che controlla il destino e tesse il velo dell'illusione.
La Spirale condivide il simbolismo del labirinto. A livello metafisico simboleggia le sfere dell'esistenza, le modalità di un essere, il vagare dell'anima nella manifestazione e il suo ritorno finale al Centro. La Doppia Spirale raffigura l'aumento o la diminuzione dei poteri solari e lunari oltre che i ritmi alterni di evoluzione e involuzione, vita e morte. Può rappresentare i due poli: giorno e notte, yin e yang, shakta e shakti; il manifesto e il non manifesto. Simboleggia l'androgino ed è correlata al simbolo del Caduceo, vale a dire l'azione nei due sensi, il Solve et Coagula dell'Alchimia.
Nel simbolismo celtico, rappresenta il fuoco e le fiamme. Nella tradizione maori denota il principio fallico ed è maschile, anche se generalmente è associata alla vulva femminile in quanto spirale della conchiglia marina (nota di Lunaria: alcune conchiglie ricordano una vagina).
A Creta e a Micene i tentacoli attorcigliati a spirale del polipo sono in relazione alla spirale, al tuono, alla pioggia, e all'acqua. In Cina, il Taoismo e il Buddhismo talvolta raffigurano la "perla preziosa" o la "sfera del drago" a forma di spirale; la doppia spirale assume il simbolismo yin-yang.
La Spirale è rappresentata da tutto ciò che ha forma elicoidale: i gusci delle lumache, le conchiglie marine, l'orecchio; i tentacoli del polipo, le corna degli animali; gli animali che si raggomitolano come il serpente, il serpente Kundalini, i rettili, il cane e il gatto; le piante che crescono a forma di spirale come l'edera, (nota di Lunaria: anche il convolvolo) le pigne delle conifere, le fronde allargate delle felci.
Gli Dei dei turbini e degli elementi o del movimento, come Rudra e Pushan, hanno capelli intrecciati in una spirale o a forma di conchiglia. La Spirale è anche in relazione come centro di vita e di potere.
Inoltre quando si hanno le mestruazioni, o anche quando si vuole meditare, si può massaggiarsi la pancia con un dito, disegnando una spirale tutto intorno all'ombelico. Si può anche ripetere o salmodiare qualche mantra inventato da se stesse.


IL LABIRINTO: Il Labirinto, che, graficamente, è stato più volte assunto come simbolo dell'Atlantide, spesso come simbolo solare, ma ancora come figurazione dell'utero della Grande Dea Madre, è la più significativa rappresentazione dell'ideale femminile: è il percorso verso il (e dal) centro del Grande Utero dove Morte e Vita si fondono in una sola cosa, superata la quale si può riconquistare l'uscita - il mondo esterno rigenerati, cioè trasformati in "altro". Il Minotauro, il cui nome era Asterio, cioè Toro del Cielo o Toro del Sole, lo potremmo considerare il prodotto del fanciullo-toro sacrificato (in questo caso Dioniso), sepolto nel Grande Utero, rappresentato come a mezzo del suo processo di trasformazione (perciò mostro, in quanto ibrido non finito, il che non vuol dire che egli resterà eternamente mostro = la Morte si trasforma in Vita, come la Vita si trasforma in Morte). Solo l'eroe del Patriarcato, Teseo, incapace di intendere il profondo significato dell'alchimia femminile, lo giudica mostruoso e come tale lo distrugge. Teseo, al pari di Gilgamesh o di Peleo, che salva Achille dal fuoco sacro, ha una mentalità lineare ed assoluta: non può cogliere il processo circolare e la perenne mutazione del Femminile. L'ideale Maschile concepisce la Perfezione come punto immutabile, fermo; la sua forza è nutrita dall'assoluta stabilità del suo modello superiore: la sua concezione del sovrumano. Al contrario l'ideale Femminile è mobile, cosciente che nulla è assoluto, che il Perfetto non esiste in quanto non vi può essere alcuna certezza, ma una continua azione trasformatrice. (Nota: forse perché il Sole è "sempre quello", mentre la Luna attraversa delle fasi visibili di trasformazione: da sottilissima falce appuntita a tondeggiante cerchio bianco) Da documenti archeologici, e dall' "Iliade", sappiamo che era praticata una forma di danza sacra, nota come "Danza del Labirinto": fanciulli e fanciulle danzavano afferrandosi per i polsi; doveva trattarsi di un lungo corteo perché accadeva che essi "danzassero fila contro fila, l'una di fronte all'altra". La Danza-Labirinto fu portata da Teseo in Grecia dove fu per prima eseguita a Delo, l'isola natante, per le feste di Afrodite, ma con essa si onoreranno le Dee sotterranee Kore e Demetra anche in ambiente latino e celtico.  In Omero non è descritta la fune (il filo di Arianna) che le danzatrici (sembra che in questo contesto fosse una danza esclusivamente femminile) tenevano tra le mani come una specie di cordone ombelicale.
Per quanto concerne l'area culturale della Mesopotamia, il Labirinto (o meglio la Spirale, ma il significato è lo stesso), rappresenta le viscere delle vittime sacrificate, in particolar modo il fegato (nota: vedi gli Etruschi), che si riteneva un microcosmo, specchio del movimento celeste e vista in quest'ottica la Spirale potrebbe essere vista come simbolo solare, ma sono state scoperte delle figurine femminili neolitiche con incise delle spirali sul ventre.
(Nota: lo si può intendere anche come "La Dea che fa nascere il Sole"; tra l'altro, l'idea che il Sole muoia, una volta "sceso sotto l'orizzonte", e che in qualche modo, lo si debba far rinascere, è presente in tante culture anche extra-europee. In Sud America il sangue era versato proprio come nutrimento per il Sole: gli Aztechi erano convinti che niente fosse più necessario che assicurare al Sole il nutrimento: il sangue umano, che nutriva il Sole e permetteva il suo ritorno. Il Sole esigeva sangue, gli stessi Dei lo avevano donato). La Spirale non è soltanto un segno grafico primordiale: è, in quanto movimento, un avvenimento primordiale al quale si partecipa. è singolare che nell'ovulo e nello sperma ci siano forme spiraliformi: forse gli Antichi già lo sospettavano!


Approfondimento tratto da "Il Linguaggio della Dea" di Marija Gimbutas

Il tema centrale del simbolismo della Dea si dispiega nel mistero della nascita e della morte, e nel rinnovamento della vita, non solo umana, ma di tutta la terra, e dell'intero cosmo. Simboli e immagini si raggruppano attorno alla Dea partenogenetica (autogenerantesi) e alle sue fondamentali funzioni di Dispensatrice di Vita, Reggitrice di Morte e Rigeneratrice, e intorno alla Madre Terra, la giovane e vecchia Dea della Fertilità, che nasce e muore con la vita vegetale. Era l'unica fonte di vita che traeva l'energia dalle sorgenti, dal sole, dalla luna e dall'umida terra. In questo sistema di simboli si configura il tempo mitico, ciclico, non lineare. Nell'arte si manifesta con segni dinamici: spirali a vortici e ritorte, serpenti attorcigliati e sinuosi, cerchi, crescenti lunari, corna, semi germinati e germogli. Il serpente era un simbolo di energia vitale e rigenerazione, un'entità benevola, non malefica. Persino i colori avevano un significato diverso: il nero non significa la morte o il mondo degli inferi; era il colore della fertilità, delle grotte umide e del suolo fertile, del Grembo della Dea dove aveva origine la vita. Il bianco, invece era il colore della morte, delle ossa. La più antica rappresentazione delle parti del corpo femminile - seni, glutei, ventre, vulva - risale al tempo in cui i popoli, non avendo ancora capito il processo biologico della riproduzione (l'accoppiamento come causa della gravidanza) dovettero darsi una divinità che fosse l'estensione macrocosmica del corpo femminile. Si tratta di una Creatrice Cosmica, Dispensatrice della Vita e della Nascita. A queste parti essenziali del corpo femminile fu attribuito il potere miracoloso della procreazione. La misteriosa umidità del sesso e i labirintici organi uterini della Dea diventerebbero la magica fonte della Vita.
Allo stesso tempo, la scoperta della ceramica aprì altre strade per la creazione di nuove forme scultoree, nonché di nuovi modi di raffigurare i simboli mediante la pittura su ceramica. Apparvero askoi (vasi a forma di uccello) e vasi antropomorfi o a forma di donna-uccello. Corsi d'acqua, chevron, triangoli, bande decorate a rete, spirali, serpenti e spire serpentine ne divennero i motivi decorativi predominanti. Vasi di ceramica con le sembianze della Dea Dispensatrice di Vita, e ornati di M, zig zag, (correnti d'acqua o liquido amniotico) reti, onde a spirale, e altri segni acquatici, fecero la loro comparsa nel VI millennio a.C


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/veneri-senza-volto.html

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Il Labirinto è spesso situato sotto terra, al buio. I labirinti sono di due tipi:

a) a un solo percorso, in cui una singola strada porta direttamente al centro e poi di nuovo lontano da esso, senza alternative, serpeggiamenti e confusione.
b) a due percorsi: il labirinto è progettato con l'intenzione di confondere e disorientare: contiene vicoli ciechi.


Il simbolismo del labirinto è variamente interpretato come il ritorno al Centro, la riconquista del Paradiso, iniziazione, morte, rinascita, i riti di passaggio dal profano al sacro, i misteri della vita e della morte, il viaggio della vita attraverso le difficoltà fino al centro (illuminazione). è anche interpretato come il percorso del Sole, il suo sorgere e tramontare, o della sua liberazione, ad opera della Primavera, dopo ad essere stato a lungo prigioniero dell'inverno. Il labirinto è dominato da una donna (Arianna e il suo filo-guida) e percorso da un uomo (Teseo); è un simbolo di esclusione, perché rende difficile il cammino, e di ritenzione, poiché rende difficile l'uscita. Può essere associato alla foresta incantata. Si ritiene che il labirinto sia anche in relazione al simbolismo del Serpente o della Ragnatela.
Tracciati a forma di labirinto davanti alle case sono apotropaici, una forma di magia per confondere i poteri ostili e gli spiriti maligni e impedirne l'accesso. Secondo la simbologia minoica, il toro è la forza maschile fecondatrice situata al centro del labirinto che è l'aspetto femminile-uterino-lunare. Celti, Egizi, Greci, Minoici, Romani, Sumeri e persino in Oceania, sono tutti caratterizzati dall'aver tracciato simboli labirintoformi.

I cristiani potevano tollerare un simbolo che rimanda all'Utero della Dea Madre? Ma certo che no! E così, hanno trasformato il simbolismo del labirinto in metafora per il peccato e nell'antica arte cristiana delle catacombe, il labirinto rappresentava l'inferno con il Minotauro visto come diavolo.

Astrologia, Sole e Luna

Il mito celeste è complicato perché il mito solare è intrecciato con i miti lunare, stellare e terrestre. In aggiunta, alcuni dei vari attori celesti furono introdotti più tardi di altri, e molti di loro presero nuove funzioni quando l’attenzione si spostò dalle stelle alla luna, al sole, ad altri pianeti, e ancora indietro. Per esempio, Horus non è solo il sole ma anche la stella del Polo Nord, e il suo fratello gemello coavversario, Set, rappresenta non solo l’oscurità ma anche la stella del Polo Sud. In aggiunta, con l’avanzare del tempo ed i cieli cambiano, come per la precessione degli equinozi ed i movimenti del sole annualmente  attraverso lo zodiaco e giornalmente attraverso le sue “case”, come  anche con i cataclismi, cambiano anche gli attributi dei corpi  celesti nel mito. Inoltre, l’incorporazione delle fasi della luna nel mito aggiunge alla sua complessità: la Luna, come il Sole, cambiava continuamente il tracciato nel quale attraversava i Cieli, muovendosi sempre avanti e indietro tra i limiti superiori e inferiori dello Zodiaco; e i suoi diversi luoghi, fasi, ed aspetti ivi, e le sue relazioni con il Sole e le Costellazioni, sono stati una sorgente fruttuosa di favole mitologiche.
Un esempio della complessità del mito è fornita dalla storia della “Regina del Cielo”, la Dea Iside, madre di Horus, che non solo è la  luna che riflette il sole, ma essa è anche la creatrice originale,  come anche la costellazione della Vergine. Come la luna, essa è la  “donna vestita col sole”, e come la Vergine, essa è la madre del sole. Essa è anche la Stella Maris, la “Stella del Mare”, poiché  essa regola le maree, un fatto della luna noto fin da eoni fa, come  lo erano i fatti della rotondità della terra e della centralità del  sole del sistema solare – di nuovo, conoscenza mai veramente “persa” e “riscoperta”, come popolarmente presentato.  (Nota di Lunaria: Ovviamente, maria non è una Dea. Questa idea della "vergine madre del sole" è PAGANA, OVVIAMENTE)

Il sole e la luna erano  destinati ad essere un essere in alcune  culture o gemelli in altre. Quando avvenivano le eclissi, si diceva che la luna e il sole si univano per creare un dio minore. Così il pantheon continuava a crescere. Anche se ora è  generalmente considerato essere  “maschile”, il sole era anche visto come femminile in molti luoghi,  inclusa l’Alaska, l’Anatolia (la Dea Arinna), l’Arabia, l’Australia (la Dea Wuriupranili), Inghilterra, Germania, India (la Dea Tapati), Giappone (la Dea Amaterasu), Nord America e Siberia.

Il lato femminile del sole, naturalmente, fu soppresso dal patriarcato. Come dice Walker: "La tradizione popolare Europea di solito rendeva il sole maschile e  la  luna  femminile, principalmente per affermare che la “sua” luce era più forte, e che “essa” splendeva solo per gloria riflessa,  simbolo della posizione delle donne nella società patriarcale."


Sistemi Orientali e pre-Cristiani frequentemente consideravano il sole una Dea. Quando si include in questa complessità l’aspetto della fertilità degli Dei e delle Dee della vite e del grano, insieme con le descrizioni immaginarie trovate in tutte le mitologie e religioni, si può capire perché è stato tanto difficile determinare tutti gli aspetti.

(Nota di Lunaria: Neumann analizza alcuni miti legati alla "Luna maschio", connesso con la perdita del sangue delle mestruazioni. In pratica, si credeva che Il Signore della Luna deflorasse le fanciulle; vedi qui: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/11/la-luna-simbolismo-2.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/11/la-luna-simbolismo-3.html)

Lo Zodiaco

Quando il mito si sviluppò, prese forma di una rappresentazione,  con un complesso di personaggi, incluse le 12 divisioni del cielo chiamate segni o costellazioni dello zodiaco. I simboli che  caratterizzavano queste 12 sezioni celesti di 30° ciascuna non  erano basati su come le costellazioni sembrano realmente ma  rappresentano aspetti della vita terrestre.  Così, i popoli antichi furono capaci di incorporare questi aspetti  terrestri nel mito e proiettarli nell’importantissimo schermo celestiale. Queste designazioni zodiacali hanno variato da luogo a luogo e da era ad era nelle decine di migliaia di anni durante i quali i cieli sono stati osservati, per varie ragioni, inclusi i cambiamenti nei cieli causati dalla precessione. Per esempio, lo Scorpione non è solo l’aquila ma anche lo scorpione.  È difficile determinare in modo assoluto tutte le loro  origini,  ma i simboli zodiacali correnti o totem sono o potrebbero essere stati divisi come segue, basati sulla composizione fatta dagli abitanti dell’emisfero nord: Ariete è rappresentato come l’Ariete/Agnello perché Marzo/Aprile è  il periodo dell’anno quando nascono gli agnelli. Il Toro è il Toro perché Aprile/Maggio è il periodo per arare e dissodare. Il segno dei Gemelli è i Gemelli, così chiamati per Castore e Polluce, le stelle gemelle nella propria costellazione, come anche  perché Maggio/Giugno è il periodo della “crescita” o “raddoppio” del sole, quando raggiunge la sua più grande forza.
Dopo che il sole ha raggiunto la sua forza al solstizio estivo  e  comincia a diminuire  nel Cancro (Giugno/Luglio), le stelle sono chiamate il Granchio, che “scivola indietro”. Il segno del Leone è il Leone perché, durante la calura di Luglio/Agosto, i leoni in Egitto sarebbero usciti dal deserto infuocato. La Vergine, originariamente la Grande Madre Terra, è la “Vergine Spigolatrice, che tiene un manipolo di grano”, simbolizzando Agosto/Settembre, il periodo del raccolto. La Lira (Settembre/Ottobre) è la Bilancia, che riflette l’equinozio e le notti sono nuovamente di uguale lunghezza.

"Ogni manifestazione naturale suggerisce l'unione sessuale: in Australia si crede che il sole sia la moglie omicida della luna, ogni volta che la luna va via dal cielo è perché la moglie lo ha ucciso. I Narrinyeri australiani pensano che la luna si assottigli per consumazione dopo un'eccessiva attività amatoria. Presso gli Yamana della Terra del Fuoco si considera il crescere e decrescere della luna come una gravidanza che genera una piccola luna nuova, la quale a sua volta partorirà la successiva. Secondo i Groenlandesi, gli Jivaro, i Canelo e altre tribù, la luna è fratello e innamorato del sole; lo sfortunato fratello cerca di raggiungere l'amata senza riuscirvi e si consuma per la passione. Per gli Aranda i raggi della luna sono i peli del pube di una magica donna. I Marind-anim melanesiani quando strofinano due pietre focaie pensano che il fuoco sia figlio di quell'unione sessuale."

Stralcio tratto da "Trattato di storia delle religioni" di Mircea Eliade

La luna può anche avere una personificazione maschile e ofidica, ma queste personificazioni (che spesso si sono staccate dal complesso iniziale per seguire una carriera autonoma nel mito e nella leggenda) sorgono, in ultima analisi, dal concetto della luna come fonte delle realtà viventi e fondamento della fecondità e della rigenerazione periodica. Si ritiene che il serpente faccia venire i figli; per esempio nel Guatemala, nella tribù Urabunna dell'Australia centrale (gli antenati sono due serpenti che percorrono la terra, e a ogni sosta lasciano dei "mai-aurli", ‘spiriti dei bambini’), presso i Togo dell'Africa (un serpente gigantesco, che si trova in uno stagno vicino alla città di Klewe, riceve i bambini dalle mani del dio supremo Namu e li porta in città prima della nascita). In India, i serpenti furono considerati fin dall'epoca buddhistica (confronta i Jataka) come distributori della fertilità universale. Un certo numero di pitture di Nagpur rappresenta accoppiamenti di donne e di cobra. Nell'India moderna, una quantità di credenze pongono in luce il carattere benefico e fecondatore dei serpenti, che impediscono la sterilità delle donne e garantiscono loro numerosi discendenti. Le relazioni fra donna e serpente sono multiformi, ma non possono in nessun caso spiegarsi globalmente con un simbolismo erotico semplicista. La ‘forma’ del serpente ha valenze multiple, e fra le più importanti si deve considerare la sua ‘rigenerazione’. Il serpente è un animale che ‘si trasforma’. Gressman volle riconoscere in Eva una dea fenicia arcaica, del mondo sotterraneo, personificata dal serpente. Sono note le divinità mediterranee rappresentate con un serpente in mano (Artemide arcade, Ecate, Persefone, eccetera) o con chioma di serpenti (Gorgona, Erinni, eccetera). Secondo certe superstizioni dell'Europa centrale, i capelli strappati a una donna che si trova sotto l'influenza della luna (cioè nel periodo dei mestrui), sotterrati, si trasformano in serpenti. Una leggenda bretone assicura che la chioma delle streghe si trasforma in serpenti; dunque non tutte le donne hanno questo potere, ma soltanto quelle che si trovano sotto l'influenza della luna, partecipando così alla magìa della ‘trasformazione’. Che la stregoneria sia spesso un'investitura lunare (diretta o trasmessa a mezzo dei serpenti) è confermato da numerosi documenti etnografici. Ad esempio, per i Cinesi il serpente sta all'origine di tutti i poteri magici, mentre le parole ebraiche e arabe relative alla magìa derivano da quelle relative ai serpenti. Il serpente, in quanto è lunare, cioè ‘eterno’, e vive sottoterra, incarnando (insieme a tanti altri!) le anime dei morti, conosce tutti i segreti, è fonte della sapienza, intravede l'avvenire. Parimenti, chiunque mangia un serpente impara la lingua degli animali, e in particolare quella degli uccelli (simbolo che può avere anche un significato metafisico: accesso alle realtà trascendenti). Questa credenza si ritrova presso moltissimi popoli e si è conservata nella tradizione erudita. Lo stesso simbolismo centrale di fecondità e di rigenerazione, soggette alla luna e distribuite dalla luna stessa o da forme consubstanziali (Magna Mater, Terra Mater), spiega la presenza del serpente nell'iconografia o nei riti delle Grandi Dee della fecondità universale. In quanto attributo della Grande Dea, il serpente conserva il suo carattere lunare (di rigenerazione ciclica) unito al carattere tellurico. In un dato momento la luna si identifica con la Terra, considerata essa stessa come la matrice di tutte le forme viventi. Certe razze credono perfino che terra e luna siano formate della stessa sostanza. Le Grandi Dee partecipano tanto al carattere sacro della luna che a quello del suolo. E, in quanto queste Dee sono anche divinità funebri (i morti vanno sotto terra o nella luna per rigenerarsi e ricomparire sotto forma nuova), il serpente diviene l'animale funebre per eccellenza, quello che incarna le anime dei morti, l'antenato, eccetera. Sempre con questo simbolo di rigenerazione si spiega la presenza del serpente nelle cerimonie di iniziazione. Qui possiamo ricordare soltanto alcuni dei miti e simboli relativi al serpente, e soltanto quelli che illustrano il suo carattere di animale lunare. In primo luogo le sue relazioni con le donne e con la fecondità: la luna è fonte di ogni fertilità, e domina contemporaneamente il ciclo mestruale. Personificata, diventa ‘il padrone delle donne’. Molti popoli credevano  - qualcuno lo crede ancora  -  che la luna, in aspetto d'uomo o in forma di serpente, si congiunge con le loro donne. Per questo le ragazze eschimesi non guardano la luna, temendo di restare gravide. Gli Australiani credono che la luna, scesa in terra in veste di dongiovanni, abbandoni le donne dopo averle ingravidate. Questo medesimo mito è ancora popolare in India. Il serpente, essendo epifania della luna, adempie alla stessa funzione. Negli Abruzzi si racconta ancor oggi che il serpente si accoppia a tutte le donne. I Greci e i Romani avevano la stessa credenza. Olimpia, madre di Alessandro Magno, giocava con i serpenti. Il famoso Arato di Sicione era figlio di Esculapio perché, secondo Pausania, sua madre lo aveva concepito con un serpente. Svetonio e Dione Cassio, raccontano che la madre concepì Augusto dall'amplesso di un serpente nel tempio di Apollo. Una leggenda analoga circolava su Scipione Africano Maggiore. In Germania, in Francia, in Portogallo e altrove, le donne temono che un serpente entri loro in bocca nel sonno e le ingravidi, specialmente nel periodo dei mestrui. In India, le donne che desiderano un figlio adorano un cobra. Si crede in tutto l'Oriente che le donne abbiano il loro primo contatto sessuale con un serpente, nella pubertà o nel periodo mestruale. La tribù indiana dei Komati (nel Mysore) impetra la fecondità delle donne per mezzo di serpenti di pietra. Eliano assicura che, secondo la credenza degli Ebrei, i serpenti si congiungevano con le fanciulle; ritroviamo questa credenza in Giappone. La tradizione persiana dice che la prima donna ebbe i mestrui appena fu sedotta dal serpente. Si dice negli ambienti rabbinici che le mestruazioni dipendono dalle relazioni di Eva col serpente nel Paradiso Terrestre. Si crede in Abissinia che le fanciulle, prima del matrimonio, rischino di venir deflorate dai serpenti. In un racconto algerino si narra che un serpente, eludendo la vigilanza, sverginò tutte le fanciulle di una casa. Tradizioni simili si trovano fra gli Ottentotti Mandi dell'Africa Orientale, nella Sierra Leone, eccetera. Il ciclo mestruale ha indubbiamente contribuito a popolarizzare la credenza che la luna, sia il primo marito delle donne. I Papuasi ritengono che la mestruazione dimostri i rapporti delle fanciulle e delle donne con la luna e rappresentano, nella loro iconografia, rettili che escono dai genitali femminili; questo conferma la consubstanzialità luna-serpente. Presso i Chiriguanos, dopo le fumigazioni e purificazioni che seguono la prima mestruazione, le donne della capanna dànno dappertutto la caccia ai serpenti, che credono responsabili del guaio. Presso moltissime popolazioni il serpente è considerato causa del ciclo mestruale. Il suo carattere fallico  -  che Crawley fu uno dei primi etnografi a mettere in chiaro  -   non esclude la consubstanziazione luna-serpente, anzi la conferma. Gran numero di documenti iconografici, appartenenti sia alla civiltà neolitica asiatica (per esempio l'idolo della civiltà Panchan, nel Kansu, e anche l'oggetto d'oro scolpito di Nganyang), sia alle civiltà degli Indiani d'America (per esempio i dischi di bronzo di Calchaqui) presentano il doppio simbolismo del serpente ornato di ‘losanghe’ (emblema della vulva). Questo complesso ha indubbia mente un senso erotico; tuttavia, la coesistenza del serpente (fallo) e delle losanghe formula contemporaneamente un'idea di dualismo e di reintegrazione che è lunare per eccellenza, poiché ritroviamo lo stesso motivo nell'iconografia lunare della ‘pioggia’, della ‘luce e ombra’, eccetera.
In altre regioni, una divinità lunare si è sovrapposta all'Essere supremo uranico; questo, per esempio, è avvenuto nelle isole Banks e nelle Nuove Ebridi. In rarissime circostanze - e indubbiamente per influenza del matriarcato  la suprema divinità celeste è femminile; tale è Hiutubuhet della Nuova Irlanda, che conserva tutti gli attributi della divinità suprema uranica (passività, eccetera), ma è di sesso femminile; o le forme femminili (e animali) di Puluga, note col nome di Biliku e di Oluga; o la divinità Qamaits degli Indiani Bellachula (Bilchula) sulla costa nordovest del Pacifico, ‘unico esempio di veri Esseri supremi di forma femminile nel Nord America’. In altri casi una grande Dea femmina si è sostituita all'Essere supremo celeste primitivo, come avvenne fra i Toda, i Kavi dell'Assam, eccetera. Nell'India meridionale la divinità uranica suprema non conta quasi affatto, e la vita religiosa è interamente accaparrata dal culto delle divinità locali femminili, le "grama devata". Uno dei complessi più frequenti e persistenti è questo: Grande Deavegetazione-animali araldici-servi. L'economia di questo libro ci obbliga a passare in rassegna soltanto una parte dei molti esempi di cui disporremmo. La presenza della Dea accanto a un simbolo vegetale conferma il significato dell'albero nell'iconografia e nella mitologia arcaiche: FONTE INESAURIBILE DELLA FERTILITA' COSMICA. Nella civiltà pre-ariana della valle dell'Indo, che gli scavi di Harrappa e di Mohenjo-Daro han posto in piena luce, la consubstanzialità della Grande Dea e della vegetazione è rappresentata sia per associazione: Dee nude - di tipo Yaksim  - accanto a un "Ficus religiosa", sia per mezzo di una pianta uscente dai genitali della Dea. Le effigi rappresentanti il "Ficus religiosa" sono piuttosto numerose, e così quelle che rappresentano la Grande Dea nuda, tipo iconografico comune alla civiltà calcolitica afrasiatica intera, fino all'Egitto. L'albero sacro è circondato da un recinto, e talvolta una Dea nuda vi sta fra due rami di "Ficus religiosa" che crescono in mezzo a un circolo. Lo spazio iconografico indica con precisione il valore sacro del luogo santo e del ‘centro’. In tutta l'Africa e in India, gli alberi che stillano lattice sono simboli della maternità divina, e perciò venerati dalle donne e insieme ricercati dagli spiriti dei morti che desiderano tornare in vita. Il motivo Dea-albero, completato o non dalla presenza di animali araldici, è stato conservato nell'iconografia indiana, donde, non senza contaminazioni di idee cosmogoniche acquatiche, è stato trasmesso all'arte popolare, e vi si osserva ancor oggi. I legami fra i due simboli- le Acque e le Piante
sono del resto facilmente comprensibili. Le acque sono portatrici di germi, di tutti i germi. La pianta - rizoma, arbusto, fiore di loto  -  esprime la MANIFESTAZIONE del Cosmo, la comparsa delle FORME. E' notevole che le immagini cosmiche siano rappresentate in India emergenti da un fiore di loto. Il rizoma fiorito significa l'attualizzazione della creazione, ‘il fatto di collocarsi saldamente al disopra delle acque’. La coesistenza dei motivi floreali-acquatici e dei motivi vegetali-femminili si spiega con l'idea centrale della creazione inesauribile, simboleggiata dall'Albero cosmico e identificata con la Grande Dea. L'associazione Grande Dea-Albero della Vita era nota anche in Egitto. Un bassorilievo rappresenta Hathor entro un albero celeste (indubbiamente l'albero dell'immortalità) che dà da bere e da mangiare all'anima del morto, cioè gli assicura la continuità della vita, la sopravvivenza. Questa rappresentazione deve esser collegata alla serie iconografica rappresentante le mani della Dea cariche di doni, o il suo busto che, uscendo da un albero, abbevera l'anima del morto. Serie parallela è quella della dea del destino, seduta sui rami bassi di un albero enorme, simboleggiante il cielo; sui rami secondari di questi rami sono scritti i nomi dei Faraoni e il loro destino, Lo stesso motivo si trova nelle credenze popolari altaiche (dei Jakuti, eccetera) ai piedi dell'Albero della Vita, che ha sette rami, si trova ‘la Dea delle Età’. Stessa associazione mitica e cultuale in Mesopotamia. Gilgamesh incontra in un giardino un albero miracoloso e, accanto a esso, la divinità Siduri (cioè la ‘fanciulla’) qualificata "sabitu", vale a dire ‘la donna del vino’. In realtà, secondo Autran, Gilgamesh l'ha incontrata accanto a una vite; la vite veniva identificata dai paleoorientali con ‘l'erba della vita’, e il segno sumerico per la ‘vita’ era in origine un pampino. Questa pianta meravigliosa era consacrata alla Grande Dea. La Dea Madre era chiamata in principio ‘Madre vite’ o ‘Dea vite’. Albright ha dimostrato che, nelle recensioni arcaiche della leggenda di Gilgamesh, Siduri aveva una parte molto importante. Gilgamesh domandò direttamente a lei l'immortalità. Jensen l'ha identificata con la ninfa Kalypso dell'"Odissea". Come Kalypso, Siduri aveva aspetto di giovinetta, portava il velo, era carica di grappoli e abitava in un luogo dal quale partivano le quattro sorgenti; la sua isola si trovava nell'‘ombelico del mare’ ("omphalos thalasses"), e la ninfa poteva accordare l'immortalità agli eroi, l'ambrosia celeste con cui tentò anche Ulisse. Kalypso era una delle innumerevoli teofanie della Grande Dea, che si rivelava al ‘centro del mondo’, accanto all'"omphalos", all'Albero della Vita e alle quattro fonti. Ora la vite era l'espressione vegetale dell'immortalità, appunto come il vino è restato, nelle tradizioni arcaiche, il simbolo della gioventù e della vita eterna. La "Mishna" afferma che l'albero della scienza del bene e del male era una vite. Il libro di Enoch (24, 2) localizza questa vite-albero della scienza del bene e del male in mezzo a sette montagne, come fa, del resto, anche l'epopea di Gilgamesh. La Dea-serpente Hannat poteva mangiare i frutti dell'albero, e questo era permesso anche alle Dee Siduri e Kalypso. L'uva e il vino hanno continuato a simboleggiare la sapienza fino a epoca tarda. Ma la concezione primitiva della vite-Albero cosmico-Albero della Conoscenza e della Redenzione, si è conservata nel mandeismo con sorprendente coerenza. Il vino ("gufna") è per questa gnosi l'incorporazione della luce, della sapienza e della purezza. L'archetipo del vino ("qadmaia") sta nel mondo superiore, celeste. La vite archetipo è fatta di acqua all'interno, le sue foglie sono formate da ‘spiriti della luce’ e i suoi nodi sono granelli di luce. Da lei nascono i ruscelli di acqua santa destinati ad abbeverare gli uomini; il Dio della luce e della sapienza, il Redentore ("Manda d'Haije) viene anche lui identificato con la Vite di Vita ("gufna d'haije"), la vite è considerata albero cosmico in quanto avvolge i cieli, e le stelle sono acini di uva. Anche il motivo donna nuda-vite si è trasmesso nelle leggende apocrife cristiane. Per esempio nelle "Domande e risposte", tarda compilazione tradotta dallo sloveno in romeno prima del diciassettesimo secolo, si racconta che Pilato trovò la moglie nuda in una vigna, accanto a una vite che era sorta dalle vesti insanguinate di Cristo e aveva dato frutti in modo miracoloso. Nel territorio egeo ed elleno, il complesso Dea-Albero-Montagna-Animali araldici è parimenti frequente. Ricordiamo il grande anello di Micene, che rappresenta una scena cultuale ove la Dea, con una mano sul petto nudo, è seduta sotto l'Albero della Vita, accanto a una serie di emblemi cosmologici: il "labrys", il sole, la luna, le acque (le quattro sorgenti). La scena somiglia molto al rilievo semitico riprodotto da Holmberg, che rappresenta la Dea seduta in trono accanto all'Albero sacro, con il divino infante in braccio. Una moneta di Myra (Licia) mostra la teofania della Dea in mezzo all'albero. Dal repertorio egeo segnaliamo ancora l'anello d'oro di Mochlos, che rappresenta la Dea in barca, con un altare e un albero, e la celebre scena della danza davanti all'albero sacro. Tutte queste associazioni mitiche e iconografiche non sono effetto del caso, né sono prive di valore religioso e metafisico. Che cosa significano questi complessi: DeaAlbero, Dea-Vite, con il loro contorno di emblemi cosmologici e animali araldici? Significano che quel luogo è un ‘centro del mondo’, ove si trova la fonte della Vita, della gioventù e dell'immortalità. Gli alberi rappresentano l'Universo in rigenerazione incessante; ma al centro dell'Universo si trova sempre un albero: quello della Vita eterna o della Scienza. La Grande Dea è la personificazione della sorgente inesauribile della creazione, di quest'ultimo fondamento della realtà; vale a dire l'espressione mitica dell'intuizione primordiale: che la sacralità, la vita e l'immortalità si trovano in ‘un centro’. Nella prospettiva dell'esperienza logica, tutti questi attributi ofidici NON DOVREBBERO adattarsi a una divinità uranica come Varuna. Ma il mito scopre una regione ontologica inaccessibile all'esperienza logica superficiale. Il mito di Varuna rivela la biunità divina, la coincidenza dei contrari, la totalizzazione degli attributi in seno alla divinità. Il mito esprime plasticamente e drammaticamente quel che la metafisica e la teologia definiscono dialetticamente. Eraclito sa che ‘Dio è il giorno e la notte, l'inverno e l'estate, la guerra e la pace, la sazietà e la fame; tutti gli opposti sono in lui’. Una formulazione analoga ci offre il testo indiano che insegna che la Dea ‘è Sri (‘Splendore’) nella casa di chi fa il bene, ma è Alaksmi (il contrario di Laksmi, dea della fortuna e della prosperità) nella casa dei cattivi’. Questo testo, a sua volta, dichiara soltanto, a modo suo, il fatto che le Grandi Dee indiane (Kali eccetera) come le Grandi Dee in generale, cumulano tanto gli attributi della mitezza che quelli del terrore. Sono insieme Dee della fecondità e della distruzione, della nascita e della morte (spesso sono anche Dee della guerra). Kali, ad esempio, è chiamata ‘ la soave e benevola’, nondimeno la sua mitologia e la sua iconografia sono terrificanti (Kali è coperta di sangue, porta una collana di crani umani, tiene un calice fatto con un cranio, eccetera) e il suo culto è il più cruento dell'Asia. In India, accanto a una ‘forma mite’, ogni divinità ha una ‘forma terribile’ ("krodha-murti"). Sotto questo punto di vista, Siva può considerarsi l'archetipo di una numerosa serie di Dèi e di Dee, in quanto crea e distrugge ritmicamente l'Universo intero.


ALTRO APPROFONDIMENTO: LA DOPPIA SPIRALE

Info tratte da



Culto della Dea Madre a Sion

Le più antiche tracce di occupazione neolitica del Vallese provengono dal sito della Planta a Sion e risalgono al periodo compreso tra il 4700 e 4300 a.C.
Le indagini condotte in quest'area, a partire dal 1980, hanno permesso di stabilire che si tratta  di un sito importante per l'inquadramento della storia della prima colonizzazione agricola delle Alpi.
Tra il 1967 e il 1972 e in seguito nel biennio 1987-1988 a Sion vennero scavati alcuni importanti documenti della cultura megalitica che con quelli di Aosta (Saint Martin de Corléans) costituiscono una traccia rilevante per conoscere uno degli aspetti più indicativi dell'Età del Rame alpina.





Il sito è quello di Petit Chasseur, che ha restituito una serie di tombe megalitiche contenenti sepolture molteplici.
L'affermarsi della cultura del Vaso Campaniforme (bicchieri in ceramica con una forma a campana rovesciata) determinò un cambiamento dell'apparato decorativo della stele. Le stele di Sion vengono suddivise in 4 tipologie.

I. Tipo A: di grandi dimensioni; la forma tende al trapezoidale; tra gli oggetti, un pugnale, una cintura e un pendaglio a doppia spirale.
II. Tipo B: stele di grandi dimensioni (da oltre 2 metri a 3 e mezzo); il volto è ottenuto con "l'impianto a T"; significativa è la presenza di una decorazione a scacchiera impostata con una geometrizzazione molto marcata, forse indicante l'abito.
III. Tipo C: non dissimile dal tipo B; dal punto di vista decorativo si constata la presenza dell'arco, con la freccia contenuta nel suo interno. In un caso, a Sion, è stata rinvenuta una stele antropomorfa lavorata su entrambe le facce: su un lato vi è la rappresentazione maschile, sull'altro, femminile.
IV. Tipo D: stele piccole, prive di raffigurazioni.


Un tema decorativo particolarmente interessante presente nelle stele di Sion, ma rinvenibile anche sulle incisioni su roccia,  è il pendaglio a doppia spirale.



Da questo simbolo, si sviluppò poi tutto il settore dell'orificeria e dei monili, i primi prodotti dell'Età del Rame.
Il pendaglio a doppia spirale identificherebbe la figura come una Dea Madre.
Il tema decorativo del "pendaglio ad occhiale" è presente in molte testimonianza di arte rupestre: sono due cerchi concentrici unite da una doppia linea ansata; nell'Età del Ferro tale simbolo viene anche concretizzato su fibule, collane, pettorali. Secondo Marija Gimbutas tale simbolo sarebbe la rappresentazione dell'Occhio della Grande Madre, di epoca neolitica. è associato anche a collari, pettini, orecchini a cerchio (Nota di Lunaria: ricorda molto i grandi occhi della civetta; la civetta era un animale associato alle Dee)





Inoltre il simbolo era già stato trovato su questa statuetta di Astarte, la celebre Dea dell'amore e della fertilità:



Per quanto riguarda il significato, alcuni come E. Anati hanno ipotizzato che questo simbolo sia collegabile ai due estremi della vita: nascita e morte.
Questo simbolo venne adottato anche nell'Età del Ferro e in seguito sarà adottato anche l'oro; i documenti più antichi provengono dall'Est europeo, dalla Romania fino alla Svizzera.
Sulla base delle indicazioni archeologiche fornite dallo studio dei corredi funebri il pendaglio a doppia spirale risulterebbe una prerogativa dei corredi femminili; nell'età del Bronzo accompagnavano i corredi delle donne di rango; venivano posizionati in corrispondenza del cranio, sopra o sotto le tempie o sulla spalla della defunta.
In una stele del Petit Chasseur di Sion questo pendaglio è stato rappresentato su un soggetto maschile.
La presenza della doppia spirale ha indotto gli studiosi a relazionare questo oggetto al culto della Dea Madre: Marija Gimbutas lo identifica come i due occhi della Dea.
Nota di Lunaria: di per sé, già connessa ai grandi occhi della civetta.
La Gimbutas indica la doppia spirale come simbolo degli occhi della Dea che avrebbe una sorta di modello archetipico nella figura del serpente: "L'associazione pittorica degli occhi con i serpenti e la raffigurazione degli occhi con spire serpentine costituirono un fenomeno molto diffuso sia nell'Europa sudorientale che in quella occidentale. Il dinamismo del serpente è stato un elemento di suggestione molto antico e ricorrente. Si riteneva che l'energia del serpente derivasse dall'acqua e dal sole: la metafora arcaica che accoppiava il potere magico del serpente con la forza creativa esistente nella natura dev'essere stata l'antichissima cristallizzazione di un'intuizione naturale. Immaginosa, si è completamente integrata nell'arte dell'Antica Europa: le spire del serpente come Occhi Divini compaiono isolate o unite (a spirale doppia) nella decorazione di ceramiche, templi, tombe."

Che il pendaglio a doppia spirale avesse un legame col divino sembrerebbe confermato dalla presenza di alcuni di questi monili all'interno di depositi in cui si trovavano anche altri oggetti offerti alla Divinità. Altri pendagli sono stati rinvenuti nei pressi dei corsi d'acqua: è emblematico il ritrovamento a Corte di Vivaro (VR) in un fosso d'acqua, di un blocco di terracotta di incerta datazione, sul quale furono impresse quattro doppie spirali.

Nota di Lunaria: comunque in realtà il simbolo sembra indicare anche la stilizzazione del seno.
Un altro simbolo femminile, che è stato purtroppo rovinato dal nazismo, è la svastica:




Nel simbolismo originario era un simbolo di rinnovamento, di tempo ciclico, di prosperità. Analoghi alla svastica sono il triskell, la Triscele siciliana, il Laubaru basco.


L'esasperazione delle parti del corpo è da relazionare al simbolismo della creazione:



è stato sottolineato che la superficie delle opere, prevalentemente scolpite in pietra o in avorio, spesso molto levigata, fa pensare ad un costante sfregamento delle Veneri, cioè a un loro continuo maneggiamento, forse per culto o evocazione magica.
In alcuni casi, sulla vulva è stata tracciata una lisca di pesce, il che fa capire che oltre alla civetta, alla Dea o donna si associasse anche il pesce, oltre che la scrofa bianca (simbolismo mantenuto poi per Cerridwen)


Approfondimento: Labirinto Camuno



Sulla Roccia 1 di Naquane, come su altre camune, troneggia un'incisione che ha fatto spendere tante parole: si tratta di una bella raffigurazione di labirinto realizzato dai Camuni quasi certamente con motivazioni dense di significato ma per noi avvolte nel mistero. In effetti è una prerogativa del labirinto connotarsi con toni simbolici colmi di ambiguità e ricchi di enigmatiche valenze.
L'Europa conserva molti esempi di questa strana struttura e la sua diffusione, in alcune aree del continente, rende credibile la possibilità che già dal passato più remoto vi fosse una sorta di cultura del labirinto, all'interno della quale quel simbolo svolgesse una funzione precisa.


Per la nostra psiche i labirinti sono come dei magneti che ci attirano verso il loro centro coinvolgendoci in una sorta di abbraccio entro il quale non è facile sottrarsi alla forte aura sacra emanata dall'intero complesso.
Fin dall'antichità il labirinto è stato un potente strumento per rappresentare alcuni temi fondamentali: la nascita, la morte, il grembo materno, l'iniziazione; un simbolo di eternità, una metafora dell'universo e dell'uomo, considerati entità in continuo divenire.
In genere i labirinti sono basati su un disegno unico, tracciato in vari angoli del mondo in modo simile. I più antichi sono incisi sulle rocce e presentano una figura a sette spire che ritroviamo identica nelle monete di Cnosso conservate al British Museum di Londra e realizzate a partire dal IV secolo a.C fini al I d.C.
L'etimologia di labirinto è ancora oggetto di discussione: alcuni autori sostengono che questo nome potrebbe aver origine dalla lettura comparata del suffisso di origine preellenica inthos e dalla desinenza inda, collegando labyrinthos e labrinda ai riti connessi alla Dea Madre e celebrati nelle cavità della terra, seguendo percorsi naturalmente inticati in cui era facile perdersi.




Infine, il mio ciondolo a spirale ^_^


che ho comprato, decenni fa, in allegato a questo fumetto "Isa e Bea streghe tra noi"



Uno dei fumetti più odiati dai cristiani perché "istiga le bambine a diventare streghe, a darsi alla wicca!"



APPROFONDIMENTO tratto da 


La Luna rappresenta il centro degli antichi misteri femminili - il viaggio nel labirinto o, come afferma Nor Hall, "la dimora sotterranea della Dea". Il labirinto è il sentiero sacro che porta fino al centro e torna nuovamente indietro, "la ruota della luna" che, nelle parole di Monica Sjöö, gira in entrambe le direzioni, "portando conoscenza ed energia sia per la creazione sia per la distruzione". Labirinti molto simili tra loro sono stati ritrovati a grande distanza uno dall'altro in India, a Creta, in Arizona, e ovunque si possono trovare versioni semplificate del labirinto, la doppia spirale.  La spirale, come il serpente, è un simbolo della Dea; in particolar modo del potere femminino di rigenerazione, l'entrata e la nuova uscita. Arianna, la Dea cretese che come il ragno srotola un filo appena entrata nel labirinto, indica la strada.
La Luna rappresenta la chiamata sciamanica, in questo caso, la chiamata per entrare nell'oscurità.
Nella tradizione dei Tarocchi, la Luna rappresenta le paure e i desideri inconsci che accompagnano il senso della perdita di controllo o la caduta nel regno inconscio del sonno e dei sogni.
Se una persona teme di entrare nel proprio territorio astrale, non potrà mai conoscere veramente se stessa. Il piano astrale è pieno di fantasmi infelici e forme di pensiero negativi creati dalla mente umana e proiettati nello spazio intorno a noi. Il regno dell'inconscio è spesso denso di visioni minacciose e creazioni orrende: solo le persone forti possono entrare in questo regno ed essere al sicuro e protette durante tutto il viaggio; per gli altri, il pericolo è in agguato, la follia incombe.
"L'Abitante della Soglia" è la forza gigantesca del male o delle azioni sbagliate, la parte odiosa del sé che ogni persona preferirebbe non guardare o fingere che non esista, che emerge nei momenti di vera crescita psichica: non bisogna solo guardare questo "demone" ma è necessario integrarlo nel proprio essere.
Nei regni oscuri dell'immaginazione, è di cruciale importanza figurarsi nella mente la potente e buona Madre Luna e permetterle di farci da guida.
Bisogna viaggiare in questi regni con gli occhi chiusi e i sensi aperti, come un pipistrello dotato di sonar piuttosto che di vista, e lasciare che siano le sensazioni ad imporre la direzione a mano a mano che si entra nella profondità.
Nel 500 a.c. il primo culto dianico di stregoneria riguardante l'adorazione dell'antica Madre Luna fu stabilito in Grecia: Artemide (la romana Diana), con il suo arco e le sue frecce, rappresentava la metà crescente del ciclo della Luna, dalla nuova mezzaluna argentea alla luna piena.
La Dea della Luna Piena rappresentava l'abbondanza e il fuoco della sessualità, personificati da Astarte (le cui forme iconografiche assomigliano anche a Lilith, Selene, Iside)
La Luna Calante era rappresentata da Ecate e dalla sumera Levanah (Lebanah in ebraico), insieme al ciclo mestruale e alla perdita di sangue.
Occorre lasciarsi andare nell'oscurità per emergere pienamente alla luce della vita rappresentata dal Sole (anche carta dei Tarocchi, che segue la Luna)
Monica Sjöö spiega che "nella fusione della Doppia Spirale c'è un vortice, e venti di dissoluzione; oltre, vi è un Centro Immobile e la beatitudine dell'Unione".
Come si può raggiungere questo stato?
Trascendendo gli opposti, si può sperimentare lo spostamento da un polo all'altro e trattenere, nella coscienza, una comprensione attiva di questo processo.
In questo viaggio non c'è nulla da temere eccetto la paura stessa.
è la paura che crea i demoni e tutte le cose spiacevoli associate alla Luna nei Tarocchi.
La forza della notte, con i suoi fantasmi, malie, elementi, viene rappresentata da Lilith, la Dea semitica che diventò "il demone" che spesso contraddistingue "la donna come male".
Nelle sue espressioni più antiche, Lilith personificava i poteri benevoli della notte (e il vento), gli spiriti conosciuti come "lilim".
Il potere di Lilith https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/lilith.html
è il fascino, e a causa della paura degli uomini per questo potere, Lilith è associata ai "demoni" e così anche tutte le donne. (Nota di Lunaria: difatti il cristianesimo associava la donna a Satana, come sua concubina, e riteneva la donna "ianua diaboli", ovvero "porta che permetteva al diavolo di entrare nel mondo"). La Luna, come Lilith, è collegata alla sessualità e al regno istintuale del desiderio.