I Benandanti


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Questo studio è la storia di una serie di rapporti. In primo luogo i rapporti tra protagonisti di questa storia, inquisitori e inquisiti. Gli inquisitori erano frati minori conventuali delegati all'ufficio di giudici nei tribunali del Sant'Ufficio in Friuli, gli inquisiti erano uomini e donne che si professavano "benandanti", coloro cioè che venivano alla luce ancora avvolti nella membrana amniotica e che, all'intero di una cornice simbolica e di ampiamente condivise aspettative magico-religiose, erano considerati predestinati a compiti essenziali quali la difesa dei raccolti, della fede, della salute dei singoli membri della collettività contro stregonerie e altri accidenti, nonché a dialogare con l'infinita schiera dei trapassati dispensatori di consigli e reprimende morali ai vivi. I rapporti tra inquisitori e benandanti durarono circa un secolo e mezzo, dalla fine del Cinquecento fino ai primi del Settecento. Durante questo periodo, nel corso di numerosi processi, una sessantina, i primi ascoltarono e interrogarono i secondi come semplici testimoni o imputati: dodici benandanti furono condannati, a seconda dei casi, a pene più o meno severe. Agli occhi degli inquisitori, infatti, i benandanti non erano figure benefiche per le comunità urbane e rurali, ma individui indiziabili di eresia, magia, stregoneria o abuso sacramentale, insomma di vari reati ascrivibili all'eterodossia.

«Io sonno benandante perché vo con li altri a combattere quattro volte l'anno, cioè le quattro tempora, di notte, invisibilmente con lo spirito et resta il corpo; et noi andiamo in favor di Christo et li strigoni del diavolo, combattendo l'un con l'altro, noi con le mazze di finocchio et loro con le canne di sorgo»
Ho notato che le opinioni correnti che stimolano tali domande sono di frequente condizionate da idee preconcette, in genere scarsamente dinamiche, che tendono a sciogliere nella stereotipia ogni nuova informazione: così i benandanti sono e restano sciamani dediti all'uso di piante e unguenti stupefacenti che assicurano viaggi cosmici col corpo astrale, sono e restano prosecutori di ancestrali riti fallicodionisiaci o di culti organizzati di fertilità, oppure cupi adepti dell'anti-mondo sabbatico (in negativo), o vessilliferi dell'identità friulana (in positivo). Gli inquisitori, a loro volta, hanno connotati individuali poco precisi, e sono volentieri identificati con l'intera Inquisizione, un'Inquisizione brutale che tortura e brucia in un'immane rogo perennemente acceso, come il fuoco olimpico, eretici ed eresie. Questi stereotipi sono difficili da scalfire, forse perché, analogamente alla moderna Trivialiteratur, offrono evasione a buon prezzo al mercato delle mode culturali, alla fiera globale del neo-occultismo e del sempreverde filone pseudo-storico incline al "nero".


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Il libro ("I Benandanti" di Carlo Ginzburg) presenta, in sintesi, la ricostruzione di un processo di conversione culturale, avvenuto secondo l'autore tra la fine del XI e i primi decenni del XII secolo. La conversione, drammatica, coinvolse individui con marcate caratteristiche sciamaniche: uomini e donne predestinati, ovvero avviluppati nell'amnio alla nascita, e avviati in età puberale ad attività alquanto misteriose, connesse ai viaggi nell'oltretomba e alla fertilità agraria; a riunioni reali, settarie o immaginarie, avvolte nel mistero delle estasi oniriche delle notti delle quattro tempora; alla conoscenza di tecniche e saperi terapeutici; alla missione, socialmente riconosciuta, di individuare streghe e stregoni ammaliatori ed ostili alle comunità. Convinti assertori della necessità e ortodossia delle proprie pratiche, legate al "pianeto", il destino individuale, e ispirate da Dio, i benandanti e le benandanti finirono nelle maglie della giustizia inquisitoriale: il primo processo ebbe inizio nel 1575, a una ventina d'anni dalla costituzione a Udine del tribunale del Sant'Ufficio.
Massacrati psicologicamente nel corso di interrogatori estenuanti e suggestivi negli anni '30 e '40 del Seicento, dopo che per decenni gli inquisitori li avevano ignorati, i benandanti rinunciarono al loro elitario sapere, ai loro improponibili distinguo etici, finendo per descrivere ciò che i giudici desideravano udire: resoconti truculenti di sabba contesti di omicidi rituali e profanazioni. Ciò che i giudici cercavano, infatti, erano confessioni concordanti con la versione ufficiale della stregoneria e con l'opinione tradizionale d canonisti e teologi: era quella l'unica versione della stregoneria per loro possibile. Così, eliminando progressivamente le incongruenze contenute nei costituti dei benandanti e manipolando le coscienze di questi ultimi, i giudici strangolarono in un breve volgere di anni una pericolosa forma di conoscenza, ispiratrice di pratiche e professioni di fede alterative a quelle prescritte dalla Chiesa. Questo avvenne in una quindicina d'anni, dal 1636 al 1650, con un'isolata anticipazione nel 1619, il processo contro Maria Panzona di Latisana. I benandanti assunsero dunque i connotati degli stregoni, i loro antichi, tradizionali nemici, trovandosi a metà Seicento nelle condizioni ideali per essere perseguiti con la solerzia che l'Inquisizione teoricamente riservava a tutti gli eretici. Ma proprio in quegli anni, condizionati dal nuovo razionalismo seicentesco, i giudici iniziarono a manifestare un certo scetticismo circa la realtà della magia diabolica e dei convegni sabbatici confessati dai benandanti. Questo nuovo atteggiamento, stando all'interpretazione di Ginzburg, causò la fne dei processi. Tuttavia l'originale culto agrario cinquecentesco, contaminato dal sabba, prima assente in Friuli, poteva ritenersi estinto già alla metà del Seicento, all'epoca delle ultime persecuzioni sistematiche della stregoneria in Italia e in Europa secondo le conoscenze degli anni '60. Uomini e donne benandanti avevano in comune la prerogativa di curare le vittime dei malefici stregoneschi, oltre che di individuarne i responsabili e di palesarli alla comunità. L'attenzione privilegiata rivolta da Ginzburg ai racconti delle estasi e delle battaglie notturne, dei miti legati all'oltretomba, una prospettiva volta quasi soltanto alla comprensione del pensiero, della mentalità e dei valori di un numero limitato di benandanti, ha finito fatalmente per eclissare il gruppo dei benandanti terapeuti attivi nella società dell'epoca, in un momento storico significativo. Infatti, tra fine Cinquecento e Seicento assunse particolare rilievo il conflitto tra autorità e abusivismo in campo sanitario. La classe medica cercò di screditare in via definitiva i mediconi e coloro che, come i benandanti, prestavano cure a chiunque senza permesso. Sul fronte religioso, inoltre, si costituì un'imponente controffensiva contro negromanti ed esorcisti popolari, controffensiva che come la precedente interessava status, posizioni raggiunte e credito dei terapeuti piuttosto che i contenuti delle pratiche in sé, non costituendo queste ultime motivo d'interesse specifico. I benandanti, com'è noto , si proclamavano pubblicamente difensori della fede cristiana, dei raccolti e della salute delle persone minacciate dagli intenti malefici delle streghe; alla stregua di sciamani-terapeuti essi esaltavano i meriti conseguiti singolarmente o collettivamente, nelle file dell'esercito estatico delle notti delle tempora; sostenevano di unirsi alle processioni dei trapassati, di recarsi a visitare come spiriti o "fumo", o trasformati in animali, o a cavallo di animali, il mondo ultraterreno; di udire i consigli e gli ammonimenti dei parenti defunti, i propri e gli altrui; di partecipare a giochi, divertimenti e banchetti, o di rendere omaggio a figure angeliche o, in un caso, femminili. Gli elementi per così dire "esoterici" della loro mitologia erano le pratiche e le credenze originali con finalità propiziatrici, legate al "pianeto" particolare dei nati con la camicia. In definitiva, secondo Ginzburg, il culto di fertilità dei benandanti nella sua fase vitale ed espansiva si diffuse in Friuli grossomodo tra l'ultimo quarto del Cinquecento e il primo del Seicento, per poi declinare e scomparire nei decenni successivi: attorno alla metà del Seicento, esso risulta già privo delle sue caratteristiche fondamentali, e praticamente in distinguibile dal sabba. Il cosmo originario dei benandanti friulani era bipartito o, per meglio dire, gli studiosi tendono a bipartire l'insieme di quelle credenze. I viaggi notturni dello spirito aprivano ai nati con la camicia due possibili generi di esperienze: entrare in contatto con i defunti, apprenderne la condizione, riceverne consigli, istruzioni, ammonimenti; prendere parte a infinite processioni e gaudenti banchetti, a feste ridenti nel cuore della notte e in posti lontanissimi. L'antagonismo che ispira i raduni rituali, le battaglie notturne di benandanti "agrari" e stregoni, risulta assente dai silenziosi cortei. Le testimonianze friulane ci permettono di rilevare un'altrimenti inedita coesistenza delle due distinte articolazioni culturali, compresenti in Friuli e separate altrove in Europa. I benandanti ritenevano che la propria membrana amniotica o "camisutta" consentisse loro di "vedere" ciò che in genere era precluso a chi non era "nato vestito": le battaglie notturne e le processioni dei morti. Non solo i benandanti, ma anche prientatrici e levatrici consideravano magica la trasparente pellicola: secondo una diffusa tradizione, esse pensavano che i suoi poteri potessero essere incrementati dalla celebrazione di messe. Marina Castaldone, moglie di un beccaio udinese, ne conserva appositamente una su consiglio della sua comare:
"Io ho diversi putti, o figlioli, tra i quali uno che è fuori. Nel partorirlo nacque con la camisia e la comare Bianca, che me lo levò, mi disse: "Madonna Marina, questa camisia vi conseglio salvarla, perché so che molti la stimano, essendo buona a portarsi adosso". Io gli risposi: "Fate voi", e così la goverò e la pose in un poco di bombace. L'ho riserata per molto tempo per essermi cossì detto dalla sudetta comare Bianca e tanto più che ho sentito dire, come disse, che queste camisie valevano assai assai alle persone che (?) vagliano nelle guerre, che portandole adosso dicono non ponno esser ferite, come ho sentito dire, come disse essa, haver sentito dire che alcuni gentilhuomini di questa città (?) ne havevano ancor essi nelle occorrenze, et nel travagliare nelle guerre portate adosso per tale effetto."


Le battaglie estatiche contro streghe e stregoni, la predestinazione e il contatto con le anime dei defunti non hanno significato, appaiono sogni irrelati e senza costrutto se non si rapportano alla realtà quotidiana: una realtà fatta di paure di malattie e paure di disgrazie, di malattie e disgrazie, di fortune momentanee e di sfortune permanenti, invidie, ovviamente, una realtà il cui ordine strutturale esprimeva precise regole nei rapporti tra i suoi membri: l'assoggettamento o l'emarginazione dei più deboli, o dei più esposti alle critiche, alle accuse di stregoneria, era una di queste. I benandanti non erano estranei a queste regole, anche se non ne avevano cognizione, o non ne avevano cognizione diretta: nella maggior parte dei casi contribuivano al loro mantenimento proclamandosi d predestinati, vantando un destino straordinario, una missione eccezionale da condurre solo quattro notti all'anno, o durante notti particolari, con successo o insuccesso, contro i nemici della comunità.

Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/05/saltner-mamuthones-benandanti-e-culto.html