La Luna: Simbolismo (3)

La differenza fondamentale e specifica della coscienza matriarcale da quella patriarcale comincia nell'atto del
« capire ». Nella prima capire non è, come per la coscienza patriarcale, un atto dell'intelletto quale organo di rapida registrazione, elaborazione ed ordinamento, ma significa invece 
« concepire ». Quando qualcosa deve esser compresa, deve
« penetrare » nella coscienza matriarcale, nel senso sessuale-simbolico di fecondazione e quindi di concepimento. Questa simbologia femminile della coscienza matriarcale porta ancora Oltre, poiché ciò che è penetrato deve poi « spuntare ». Nell'atto di « spuntare » è compreso, con genio linguistico, il doppio aspetto della coscienza matriarcale, per cui la luce della conoscenza « spunta » nello stesso modo del seme. Quando però qualcosa è penetrato e poi spuntato coinvolge tutta la psiche che ora viene pervasa dalla conoscenza e cerca, anzi deve, realizzarla con la sua totalità. Con il capire-concepire subentra così per la coscienza matriarcale un mutamento di personalità. L'individuo viene afferrato e mosso dal contenuto nella sua totalità, mentre nella coscienza patriarcale abbastanza spesso un contenuto « compreso » intellettualmente viene semplicemente sistemato in uno scomparto del sistema intellettivo. Come per una coscienza patriarcale è più difficile realizzare che non « capire in modo sublime » cosi per una coscienza matriarcale è difficile comprendere quando non si può realizzare. Qui però realizzare significa « portare sino alla fine » e riferirsi al contenuto nel modo dello scambio reciproco col quale madre ed embrione si mutano reciprocamente durante la gravidanza. Il tempo qualitativo matriarcale è, all'opposto del tempo quantitativo patriarcale, unico ed irripetibile come una gravidanza. Per la coscienza l'lo patriarcale ogni periodo di tempo è uguale, mentre la coscienza matriarcale sperimenta nel tempo lunare il tempo individuale del mondo, se non proprio dell'Io. L'unicità e l'irripetibilità del tempo si costellano proprio per un occhio aduso alla crescita vivente, il quale sperimenta e realizza la crescita dell'attimo, la sua maturità alla nascita. Nelle favole il tesoro emerge ogni cento anni dall'abisso, in un giorno preciso, in un’ora precisa, ed appartiene a colui che lo trova nel giusto momento della crescita. Solo una coscienza matriarcale sintonizzata con i processi dell'inconscio può riconoscere questo elemento temporale individuale, una coscienza patriarcale invece, per la quale questo attimo è uno dei tanti dello stesso genere, lo mancherà. In questo senso la coscienza lunare è più concreta e più vicina alla realtà vivente, e la coscienza patriarcale più astratta e lontana. La sede della coscienza matriarcale viene perciò localizzata simbolicamente non nella testa, ma per lo più nel cuore. « Capire » è qui un atto del sentimento che abbraccia, e abbastanza spesso questo atto — ad es. nel processo creativo — deve avvenire con la più forte partecipazione affettiva af finchè qualcosa possa irradiare e illuminare. Al contrario il processo di pensiero e di astrazione della coscienza patriarcale è « freddo », in quanto l'obiettività ad esso necessaria richiede una di- stanza che presuppone sangue freddo e testa cristallina. L'associazione della coscienza lunare con il cuore è generale per l'umanità per la quale la testa non è ancora divenuta il centro della coscienza patriarcale distaccata dall'inconscio. Come in Egitto il cuore è il centro originario del pensiero e dello spirito creatore, in India esso viene collegato cosmicamente alla luna ed è la sede del Mana, organo spirituale psichico, che appartiene anch'esso alla radice men ed è il luogo in cui la divinità suprema si palesa. Lo stesso vale per la Cina. « Do » (scritto in antico solo con l'ideogramma di « cuore », cioè capacità spirituale, e con
« ciò che sta in direzione dello sguardo ») indica originariamente la forza magica irradiante, poi la forza mistica del cuore, e soprattutto: forza, capacità e virtù. Questo accentramento nel cuore della coscienza matriarcale rapportato al tempo qualitativo della luna è l'orientamento valido per tutti i processi di crescita e di metamorfosi. È tipico però anche del processo creativo-spirituale nel quale dei contenuti si costellano con uno sviluppo lento, più o meno indipendente dalla coscienza, per fluire in una coscienza non sistematizzata e chiusa, ma al contrario aperta e suscettibile di essere ampliata. Che il cuore e non la testa sia la sede della coscienza matriarcale ci dice che, per accennare ad una sola delle conseguenze di questa simbologia, l'Io della coscienza patriarcale, l'Io-testa corrente, spesso non conosce nulla di ciò che avviene nel più profondo centro di coscienza (Bewusstsein- Zentrum) del cuore. Infatti anche i processi della coscienza matriarcale sono rapportati ad un lo e perciò non si devono definire inconsci. L'attività dell'Io nella coscienza matriarcale è differente da quella dell'Io della nostra attuale coscienza patriarcale, ma ciò nondimeno quest'ultima ed il suo agire partecipano ai processi della coscienza matriarcale. La sua presenza costituisce la differenza fra il funzionamento dell'uomo primitivo al livello matriarcale ed un esistere totalmente inconscio. L'identificazione corrente del nostro Io con la coscienza-testa  patriarcale e la corrispondente elevata indipendenza della coscienza matriarcale ci porta spesso ad ignorare ciò che ci accade realmente; che ad es., come si scopre dopo, facciano su di noi una profonda impressione delle cose, situazioni, persone delle quali il nostro Io-testa non ha preso affatto conoscenza. Al contrario una mancanza di reazione apparentemente atona può essere caratteristica di un essere — abbastanza spesso un essere femminile — la cui mente non è capace di una reazione immediata, mentre la sua coscienza-cuore ha recepito perfettamente. Che qualcosa abbia « colpito » e sia stata realizzata diverrà evidente nella successiva fecondità di evoluzione della personalità. Per la coscienza matriarcale è valida la frase di Eraclito: « La natura ama nascondersi ». Il momento della coscienza è velato e misterioso, l'Io della coscienza matriarcale lo subisce, spesso senza che l'Io-testa noti nulla. Ma una introspezione più profonda, che tenga conto dei sogni, delle immagini e della fantasia dimostra che questo momento ed il verificarsi lascia traccia nella coscienza matriarcale, e cioè non scorre affatto senza partecipazione conscia. Questo velarsi dell'attimo del concepimento, spesso decisivo per la vita, è colmo di significato, infatti la crescita ha bisogno di silenzio e di raccoglimento e non rumore e chiarità. Non a caso la nostra coscienza patriarcale è simbolicamente una coscienza solare e diurna. Che questa legge valga sia per la crescita biologica che per quella spirituale lo conferma Nietzsche, il grande conoscitore dello spirito creativo, con la sua frase: « Durante la gravidanza noi ci nascondiamo ». Il processo creativo si svolge non sotto i raggi cocenti del sole, ma nella fredda luce riflessa della luna, quando grande è l'oscurità dell'inconscio: la notte e non il giorno è il tempo della procreazione. Ad essa appartengono l'oscurità e il silenzio, il segreto, il tacere e l'essere velati. Per questa ragione la luna è la signora della vita e della crescita in opposizione al carattere mortale del sole divorante. L'umidità notturna della notte lunare è il tempo del sonno, ma anche del risanamento e deila guarigione. Perciò il dio lunare Sin è medico, e la pianta salutare, come dice una iscrizione cuneiforme, viene: « circondata dopo il tramonto, a capo velato, con il cerchio magico di farina e tagliata prima dell'alba. ». Accanto alla simbologia del cerchio magico e della farina, c'è qui la simbologia del « velo » come simbolo misterico che appartiene sia alla luna che alla notte e al suo carattere misterioso. La guarigione e il guaritore, la pianta risanatrice e la crescita risanante si congiungono in questo contesto. È la forza rigenerante dell'inconscio che opera durante il sonno, nell'oscurità della notte o alla luce della luna, come Mistero e nel Mistero, per forza sua propria, per forza di natura, senza il concorso della coscienza e senza l'ausilio dell'Io-Testa. Perciò pillole e piante curative vengono ascritte alla luna e il loro segreto viene conservato dalle donne, o meglio dalla femminilità che appartiene alla luna. Bisogna quindi comprendere questa crescita vegetante nella vastità del simbolo, per la quale ogni simbolo è sintesi della realtà interiore e di quella esterna. Al regno notturno della luna risanatrice appartiene la forza rigenerante il corpo e le ferite, la guarigione che avviene la notte, e il processo spirituale che con procedimenti oscuri, percepiti solo dal cuore, fa « superare » all'uomo una crisi irrisolvibile. Il fatto che spesso la luna in Oriente sia verde non significa, come si è creduto, che il verde venga considerato come il colore lunare, ma è dovuto piuttosto al suo legame essenziale con la vegetazione, di cui è detto: « Quando la parola di Sin scende sulla terra nasce il verde ». Questo verde di Osiride, di Childer, del germe di Siva e della pietra verde dell'alchimia è il colore dello sviluppo fisico, e dello sviluppo spirituale. La luna come Signore della coscienza matriarcale è legata ad un sapere specifico e ad un tipo particolare di conoscenza: è coscienza generata, spirito generato, luce come nascita delia notte. La conoscenza come frutto appartiene alla natura della coscienza matriarcale per la quale è valida la frase di Nietzsche: « Tutto nella donna è enigma e tutto nella donna ha una soluzione. Questa soluzione si chiama gravidanza ». Di nuovo l'albero della vita è un albero lunare e il suo frutto è il frutto prezioso della luna piena. La bevanda e la pillola dell'immortalità, il sapere supremo, l'illuminazione e l'estasi sono i frutti rilucenti dell'albero lunare, del mutamento nella crescita. Infatti la luna è anche il re Soma dell'India, è il succo della bevanda dell'estasi, la quintessenza del nutrimento di cui vien detto: « Come re Soma, come Sé del nutrimento io lo onoro ». La luna è il Signore della fecondità e della magia della fecondità. Questa magia appartenente alla coscienza matriarcale è prima di tutto magia di una crescita intensa o rassicurante, al contrario della magia volontaria con un fine preciso, dell'incantamento attivo, come ad es. l'incantamento di caccia, che appartengono alla coscienza patriarcale, attiva e maschile. I processi di trasformazione, che sono processi di crescita, sono subordinati al Sé e si riflettono nella coscienza matriarcale, la quale li accompagna e sostiene nel suo modo peculiare. I processi di formazione invece, nei quali anche l'iniziativa e l'attività si trovano nell'Io, appartengono al dominio dello spirito maschile patriarcale. Portare a maturazione una conoscenza, tipico della coscienza matriarcale, significa anche un atto del « ricevere » che sta alla base del concetto di
« assimilazione » di un contenuto; esso è la forma tipica femminile di attività, che però non deve essere in alcun modo scambiata con un abbandonarsi o farsi trascinare passivo. Il fatto che l'Io della coscienza matriarcale sia più passivo a confronto delia coscienza patriarcale, non dipende dalla sua incapacità all'azione, ma piuttosto dal suo sapersi affidato ad un processo in cui non può « fare », ma deve invece « lasciar fare ». La femminilità è affidata, o meglio « abbandonata », in tutte le situazioni decisive del suo esistere, in grado assai più ampio del solo-maschile, al numinoso della natura ed al suo influsso. Perciò il suo rapporto con la natura e con la divinità è più fiducioso ed intimo, il suo legame con il transpersonale anonimo si presenta prima ed è più profondamente attivo di quello con l'uomo individuale. Sebbene la coscienza matriarcale sia comune a tutta l'umanità ed abbia un ruolo significativo anche nell'uomo, specialmente però nell'uomo creativo, la sua rappresentante più propria è la donna, anche se oggi essa dispone di una coscienza patriarcale e se il conflitto fra i due atteggiamenti consci è uno dei conflitti di base della donna moderna. Fin dai primordi alla donna è proprio, per natura, l'atteggiamento fondamentale ricettivo-inglobante della coscienza matriarcale. Non è solo nella periodicità della mestruazione che la femminilità, se vive questo processo significativamente, deve anteporre il suo accordo con la luna al volere e progettare della sua coscienza-lo maschile. Gravidanza e nascita portano con sé mutamenti psicobiologici totali che richiedono e presuppongono un atteggiamento ed una trasformazione di anni. La natura sconosciuta del bambino, il suo modo d'essere, il suo sesso — di importanza decisiva in molte culture matriarcali e patriarcali — la sua salute, il suo destino, in tutte queste cose la femminilità dipende dalla grazia e dal potere della divinità ed è condannata, come lo, alla non-attività e al non poter intervenire. Allo stesso modo, in una fase più tarda, essa dipende in modo assai differente dalla maschilità dallo strapotere del rapporto amoroso. Per la femminilità la fede-lo e la fede-coscienza maschile (ichglaubigkeit bewusstseins-glaubigkeit) patriarcale sono estranee, le sembrano addirittura un poco ridicole ed infantili; da qui deriva il profondo scetticismo e quel certo disinteresse che la femminilità prova per la coscienza patriarcale e per il mondo spirituale maschile ad essa proprio, specialmente quando scambia, come accade spesso, spirito e mondo cosciente. La maschilità è legata all'lo e alla coscienza e si è liberata volontariamente dalla dipendenza dalla natura e dal fato, nella cui profondità ha le sue radici la coscienza matriarcale. Ma l'accento patriarcale sull'io, la volontà e la libertà, è in contrasto con l'esperienza femminile del dominio delle Potenze, dell'inconscio, del destino e del legame dell'essere con il non-lo e con il Tu. A quest'attività oscurata dell'Io al livello matriarcale corrisponde anche il suo atteggiamento di coscienza che, al contrario dell'attività dell'Io-testa, preferisce osservare. Si tratta più di una percezione accompagnata da attenzione che di un agire intenzionalmente pensante o giudicante della coscienza. La coscienza matriarcale che osserva non deve essere confusa con la funzione di sensazione della coscienza l'lo maschile, ma neanche con il distanziarsi della coscienza maschile che porta alla scienza ed all'obiettività; essa viene diretta da sentimenti e intuizioni concomitanti fondati su processi semi-consci, con il cui aiuto l'Io si orienta con una forte partecipazione di tendenze emotive. La coscienza matriarcale riflette i processi inconsci, li riassume e si regola a seconda di essi, cioè si mantiene più o meno in attesa, senza intenzioni volontarie dell'Io. Si tratta di un tipo di percezione totale cui prende parte tutta la psiche, nella quale l'Io ha il compito di condurre la libido verso l'evento vitale osservato e di rafforzarlo, più che astrarre da esso e giungere cosi ad un ampliamento della coscienza. Tipico di questa coscienza in osservazione è l'atto della contemplazione nel quale delle energie vengono dirette verso un contenuto, un processo o un punto centrale, mentre l'Io attua una partecipazione a questo contenuto caratterizzato emotivamente e se ne fa penetrare e riempire, al contrario della coscienza patriarcale che se ne allontana ed astrae. Questa natura contemplativa, più vicina al sentimento, dello spirito lunare, viene indicata in lingua tedesca con la parola-base Sinn (senso-sentimento, ma anche comprensione) a cui appartengono sin-nieren (essere immerso nella meditazione), im Sinn haben (aver intenzione), nachsinnen (meditare), sich besinnen ( riflettere), besinniich (contemplativo), Be-sinnung (coscienza di sé-conoscenza), Sinnesart (carattere-modo di pensare), Gesinnung (modo di sentire-sentimentiopinioni), Sinne (senso), sinniich (sensuale) e non ultima Eigen-Sinn (cocciutaggine) così generalmente ascritta alla femminilità da parte dell'uomo. L'attività spirituale circolare e covante della coscienza matriarcale non va diritta allo scopo come l'atto di pensiero, la deduzione e il giudizio. Sue caratteristiche sono il girare attorno ad un centro e l'osservare, che Jung una volta defini « render pregno », e non come per la coscienza maschile il colpire il bersaglio e l'acutezza di analisi. La coscienza matriarcale è più interessata al significato delle cose che ai fatti o ai dati e rispetto alla crescita organica è orientata più teleologicamente che secondo la meccanica causale o la logica causale. Poiché il processo della conoscenza è una gravidanza ed il suo prodotto è una nascita, cioè un processo al quale partecipa tutta la personalità nella sua interezza, per la coscienza lunare la « conoscenza » è aldilà dell'affermazione, del resoconto e della testimonianza. È come un possesso inferiore, realizzato dalla personalità e con esso cresciuto, di una evidenza che si sottrae facilmente alla discussione poiché il processo conoscitivo in-teriore, entro il quale si trova questa conoscenza, non è esprimibile adeguatamente e può essere trasmesso molto male a qualcuno che non lo abbia sperimentato. Ad una coscienza maschile normale il conoscere della coscienza matriarcale sembra perciò incontrollabile, arbitrario e soprattutto mistico: ed in effetti colpisce in senso positivo il centro della questione. Infatti le rivelazioni dei veri misteri e della mistica sono proprio di questo tipo e cioè non verità comunicate ma trasformazioni vissute, che valgono perciò necessariamente solo per coloro che possiedono un'esperienza adeguata. Per questo è valido l'avvertimento di Goethe: « Non ditelo a nessuno, solo al saggio, poiché subito irride la folla ». E cioè le conoscenze della coscienza matriarcale non sono indipendenti dalla personalità che le sperimenta, non sono astratte e prive di emozionalità, poiché questa coscienza conserva il legame con quelle zone dell'inconscio da cui esse derivano. Quindi possono essere spesso in contrasto con il conoscere della coscienza maschile, fatto di contenuti consci idealmente isolati ed astratti, privi di ogni emozionalità, dotati di generale indipendenza dalla personalità. All'interno dello sviluppo occidentale è basilare la tendenza ad ampliare il dominio della coscienza patriarcale e riportare ad essa tutto ciò che è possibile. Ma nonostante ciò la coscienza matriarcale non è affatto una funzione superata della coscienza oppure una zona di contenuti che solo per inerzia non sono stati sviluppati fino alla coscienza patriarcale. Il conoscere del lato lunare è, almeno per la nostra psiche attuale, in gran parte inafferrabile dalla nostra coscienza scientifica. È un conoscere vitale di tipo generale che un tempo era oggetto dei misteri e della religione e che appartiene al campo della saggezza e non della scienza. Lo spirito della luna è portatore di cultura, ma il suo significato non sta nell'aver portato storicamente all'osservazione del cielo e all'astrologia, alla matematica e all'astronomia. È portatore di cultura in quanto modello celeste, come « frutto generato da sé stesso », come vincitore sulla morte e portatore di rinascita; è lui che come Signore degli spiriti e dei morti invita le forze naturali e spirituali dell'inconscio a salire verso l'altro quando il tempo è venuto, dalle acque degli abissi sulle quali domina, e cosi da al mondo degli uomini non solo crescita e pane, ma anche predizione, poesia, saggezza ed immortalità. La coscienza matriarcale sperimenta il processo del divenire della conoscenza, misterioso e sconosciuto, svolgentesi nell'oscurità, come un accadere nel quale il Sé è attivo come totalità. Questo Sé è dominante come luna, ma sopra di esso domina la coscienza matriarcale come Grande Madre, come unità del notturno. Proprio questo legame che la coscienza matriarcale ha con la crescita impone di non interrompere mai il rapporto con il fondo che la genera, e cioè la Madre notturna, al contrario di ciò che fa per principio e con eroica decisione l'Io maschile. Perciò per l'Io matriarcale l'influsso della luna maschile si interseca spesso, nel simbolo lunare, con quello della Grande Madre. La comunione dell'Io matriarcale con la luna arriva, come quella della Grande Madre stessa, fino ad esserne l'amante e fino all'identità con esso. Questa natura ermafrodita della Grande Madre diviene evidente nel fatto che essa non accoglie dal di fuori lo spirito lunare, suo Signore ed amante, come crede a torto o ragione, ma lo porta in sé come sua propria parte maschile, come divinità, figlioamante, padre e figlio contemporaneamente. L'Io della coscienza matriarcale sperimenta la forza fecondante della luna come lato fecondante dell'inconscio, come cioè parte della Grande Madre uroborica. Perciò si riconosce nella sua dipendenza dalla totalità, che gli si presenta nell'immagine della Grande Madre, e nella sua stessa immagine. Come questa, l'Io circonda ciò che ha ricevuto e come lei riconosce il procreato come un nato da sé, come figlio e frutto della propria crescita. Cosi la luna assume aspetto maschile come centro del mondo spirituale della coscienza matriarcale, ed anche femminile come forma suprema del Sé spirituale femminile, come Sophia, come saggezza. Ma questa saggezza è legata a ciò che vive, nella sua inscindibile e paradossale unità di vita e di morte, di natura e di spirito, di ordine temporale e di destino, di crescita, di morte e superamento della morte. Questa forma femminile di saggezza non corrisponde ad alcuna legge astratta, in cui corpi astrali morti o atomi girano nello spazio vuoto, è piuttosto una saggezza legata alla terra, al crescere su di essa della vita organica ed all'esperienza degli avi in noi. È saggezza dell'inconscio e degli istinti, della vita e dell'essere in rapporto. Perciò alla coscienza matriarcale corrisponde la saggezza della terra, del contadino, e naturalmente quella della donna. L'insegnamento della Cina, specialmente quello dell'I-King e di Lao-Tze, è espressione di questa coscienza matriarcale che ama il nascosto e l'oscuro, e che abbisogna di molto tempo. Ad esso corrisponde la rinuncia alla rapidità del successo, alla prontezza di reazione ed alla visibilità dell'effetto — la coscienza matriarcale rivolta più alla notte che al giorno è perciò più sognante e spettatrice che non sveglia e agente. Essa ama la luce, la chiarezza e l'acutezza della luce diurna assai meno di quanto desideri la coscienza patriarcale, la quale nel suo ritrarsi dal lato lunare cancella fin troppo il rapporto del suo essere con il lato oscuro dell'inconscio. La sua saggezza è quella del paradosso che non separa e mette a confronto gli opposti con la chiarezza della coscienza patriarcale, ma piuttosto li riunisce con un « cosi » - anche. In questo senso — che non deve essere assolutamente frainteso — la coscienza matriarcale è relativistica, poiché è in rapporto non tanto con l'unicità della verità quanto con una saggezza che rimane immersa nel sistema cosmicopsichico delle forze in evoluzione. Questa relativizzazione sembra addirittura ostilità della coscienza matriarcale verso l'« assoluto », se si può chiamare ostilità ciò che in realtà è diversità e tendenza al rapporto. Il dipendere della coscienza matriarcale dal partner spirito luna, il suo concordare con esso e con le sue fasi rappresenta un momento dell'Eros, del rapporto con l'Io del partner amante lunare, per cui la coscienza matriarcale, in quanto coscienza di rapporto, si differenzia essenzialmente da quella patriarcale. Mentre la coscienza patriarcale, libera e indipendente, può fare e pensare quando, come e cosa vuole, e nel suo modo distaccato, cioè astratto, è auto- o meglio io-sufficiente, e domina sul campo dei suoi contenuti consci, la coscienza matriarcale non è indipendente perché è legata alla luna e all'inconscio, dai quali sa di dipendere e secondo cui si regola. Perciò la Sophia lunare non ha quel carattere spirituale astratto, uni-individuale ed assoluto che la maschilità patriarcale definisce supremo, onora come Cielo diurno dello spirito e del sole ed a cui subordina il mondo lunare. Lo spirito lunare della coscienza matriarcale è « solo » spirito lunare, solo anima ed eterno femminino. Però proprio perché gli manca il carattere di divinità « lontana » conserva la luce più blanda e meno abbagliante di uno spirito umano. La saggezza femminile non è speculativa perché vicina alla vita ed alla natura. legata al destino ed alla realtà vivente, il suo sguardo senza illusioni verso la realtà può scuotere una mentalità maschile idealista, ma proprio perciò essa nutre ed aiuta la realtà, la consola ed aiuta e la conduce oltre la morte verso sempre nuove trasformazioni e nascite. La saggezza lunare dell'attendere, del ricevere e del maturare accoglie tutto nella sua totalità e trasforma ciò che ha accolto e se stessa con esso. Si tratta sempre di interezza, modellamento e realizzazione, e cioè di creatività, e non bisogna mai dimenticare che proprio la creatività è legata per sua natura alla coscienza matriarcale; infatti l'inconscio, e non la coscienza, è creativo ed ogni prestazione creativa presuppone tutti quegli atteggiamenti di gravidanza e di rapporto che abbiamo riconosciuto caratteri-stici della coscienza matriarcale. Mentre però la realizzazione culturale dell'uomo creativo —almeno nella sua forma più alta — è sempre una sintesi di coscienza ricettivo-gravida matriarcale e modellatrice patriarcale il rapporto preponderante del femminile con la coscienza matriarcale e la sua saggezza comporta, accanto ai fattori positivi, anche notevoli pericoli. È significativo dello spirito lunare e della crescita che il tacere e realizzare siano più importanti che formulare e portare alla coscienza, ma la tendenza alla realizzazione della coscienza matriarcale, uno dei suoi elementi creativi, riesce per il femminile solo nel puro naturale. Nella fase dell'autoconservazione, nello stadio in cui la natura femminile per sua natura può rimanere legata senza danno alla Grande Madre, l'Io matriarcale non è affatto conscio di essere dominato dall'inconscio. Ma anche quando perviene ad una coscienza emergente di sé, persevera nella condizione basilare della sua esistenza e cioè l'unitarietà. Anche quando il femminile, come è stato dimostrato in altro luogo, deve passare dall'autoconservazione alla rinuncia di sé, pretende di esser preso totalmente. Non si accontenta, come il maschile, della realizzazione di una struttura parziale della psiche, ma vuole esser preso nella sua totalità. Al livello spirituale dell'anima questo significa realizzare. Qui però subentra spesso una
« insidia » della natura femminile, che, invece di realizzare, concretizza e traspone sul piano esterno il processo creativo della gravidanza per mezzo della proiezione naturale. Il femminile cioè attua concretamente la fase della coscienza matriarcale e la sua simbologia ed ama, diviene gravida, partorisce, nutre, cura, ecc. ed è femminile verso l'esterno e non dentro di sé. È possibile che la minore attività spirituale visibile della donna, la mancanza di opere creative in confronto con l'uomo dipenda da questa tendenza. Essere il luogo d'origine della vita nella gravidanza e nella nascita e dar forma alla realtà limitata a questa vita sembra al femminile — a torto? — creativo abbastanza. Per il femminile la coscienza matriarcale è
« connaturata » e tutto ciò che per l'uomo deve diventare avvenimento spirituale per essere realizzato, partecipa alla realtà esterna entro la sua stessa carne. Da questo punto di vista il maschile con il suo sviluppo verso la coscienza patriarcale è di un gradino avanti al femminile in quanto per sua natura può vivere la coscienza matriarcale solo come stadio spirituale e non come coscienza corporea. Quando perciò, per ragioni che abbiamo esposto altrove, l'umanità deve pervenire alla coscienza patriarcale ed al suo distacco dall'inconscio, la coscienza matriarcale, il matriarcato e con esso la luna, assumono per essa un significato negativo e sopraffacente. Per qualsiasi sviluppo, o stadio di esso, che tenda alla coscienza patriarcale e cioè al sole, lo spirito lunare diviene spirito di regressione, spirito della madre terrificante e strega. Sia che questa luna negativa venga percepita come maschile o come femminile, essa rappresenta comunque il simbolo dell'inconscio ingoiante. Specialmente come luna nera essa diviene succhiasangue, assassina di bambini e divoratrice di uomini e simbolizza il pericolo dell'inondazione dell'inconscio come lunaticità, sonnambulismo e pazzia. Il verbo inglese « to moon », « non aver voglia » e « sprecare il proprio tempo », indica che
« essere distratto » può anche significare essere attirato verso l'inconscio dalla luna e dalla sua azione pericolosa. Qui come ovunque tutto dipende dall'importanza che una fase psichica ha all'interno di un processo di sviluppo. La coscienza lunare o matriarcale è creativa e produttiva come principio e come fine. La luce lunare è la prima luce che rischiara il mondo oscuro dell'inconscio da cui nasce e con cui è legata, e tutto ciò che è fanciullesco, in crescita, creativo e femminile rimane fedele a questo legame con lo spirito lunare. Però ciò che era avanzamento e distacco dall'inconscio diviene, con il progredire dello sviluppo, attaccamento ad esso. Il mondo solare, nuovo e a livello superiore, entra in contrasto con il mondo lunare, allo stesso modo del patriarcato con il matriarcato, ambedue intesi come stadi psichici. Solo in periodi più avanzati di sviluppo, quando il patriarcato si è completamente realizzato o portato all'estremo ed ha perduto il contatto con il suolo materno, l'individuazione porta ad un ritomo indietro. Allora ha luogo la riunificazione della coscienza solare patriarcale con quella anteriore, e la coscienza matriarcale più prossima al fondo originario con il suo simbolo centrale, la luna, emergono dall'abisso, cariche della forza rigenerante dell'acqua primigenia, per celebrare l'antico Hieros Gamos di luna e sole ad un livello nuovo, superiore, nella psiche umana. Riprendiamo, riassumendo, ancora una volta le fasi dello sviluppo femminile: nella fase dell'autoconservazione predomina completamente il rapporto originario, il maschile viene subordinato come strumento oppure come fanciullo. Quando l'Io femminile sperimenta, lo fa come femminilità materna, Kore è Demetra, cioè l'Io sperimenta la sua identità con la totalità della psiche come completa unitarietà. Il principio degli opposti non è sviluppato e perciò la coscienza è molto limitata. Nella fase uroborica patriarcale si fa strada un nuovo sviluppo, li maschile viene sperimentato come un Altro, soggiogante, ed il femminile sperimenta sé stesso, proprio nel suo perdersi nel maschile transpersonale e nella rinuncia di sé, come femminile ad un nuovo livello. Innanzitutto esso deve sacrificare il rapporto primario con il materno, da cui viene liberato per mezzo dell'uroboro patriarcale, e quindi conosce il maschile non come fa la madre, come qualcosa di nato da sé, ma come donna e figlia. Con ciò si costella la nuova fase della coscienza che abbiamo descritto come matriarcale. Il lato spirituale maschile si presenta ora come Signore delle donne, della luna; la coscienza lo riceve sopraffatta e ne viene resa gravida. In ambedue queste costellazioni la conoscenza non è qualcosa di operato dalla coscienza, ma piuttosto qualcosa che le accade; l'attività appartiene a quel lato spirituale lunare dell'inconscio che in seguito diviene mondo dell'Animus. La espressione di questa attività è un mondo di conoscenze emergenti di fronte a cui l'Io si pone come in attesa, ricettivo, osservatore ed in certo senso solo come « ostetrico ». Quando il lato spirituale lunare appare alla coscienza matriarcale in forma femminile, come Sophia, ciò significa che il Sé femminile è diventato visibile all'lo femminile. Questo manifestarsi della Sophia-dea lunare corrisponde ad un processo di trasformazione della femminilità stessa, in cui il suo carattere spirituale viene spezzato. L'archetipo transpersonale celeste dello spirito femminile è all'opposto dell'incoscienza terrena della Demetra archetipica che non vuole cedere la figlia-Kore. Anche se questo stadio-Sophia dello sviluppo femminile si manifesta definitivamente solo nel processo di individuazione, come proiezione mitologica si presenta già nella prima fase dell'uroboro patriarcale. Lo spirito lunare maschile viene in essa percepito come centro del mondo dell'Animus, come parto-figlio-spirito di una totalità spirituale femminile. Cosi, come per il maschile l'Anima è figlia della figura spirituale maschile che rappresenta la totalità, delia divinità maschile, nella femminilità l'Animus è figlio della figura spirituale che rappresenta la totalità, la Sophia, la divinità femminile. Nella fase finale dell'individuazione il femminile, dopo aver vissuto gli stadi dei patriarcato e dell'incontro, arriva ad un superamelo del patriarcato e della coscienza patriarcale. Arriva a riallacciare il rapporto con la Grande Madre ad un nuovo livello, ed a ravvivare così la coscienza matriarcale, la cui influenza rimane attiva nel femminile anche quando (purché non cada in un patologico estraniamento da sé) viene irradiata dalla chiarità diurna dell'acquisita coscienza solare patriarcale. Ma anche per il maschile, il cui differente sviluppo spinge ad un distanziarsi molto più netto dall'inconscio e dalla Grande Madre, la coscienza femminile matriarcale non è affatto un residuo arcaico da superare. La differenziazione, che culmina nella coscienza patriarcale moderna, ha portato anche alla nevrotizzazione dell'uomo moderno, al suo estraniamento da sé ed alla perdita pericolosa della vitalità creativa della sua psiche. Perciò ristabilire il contatto con l'inconscio è anche per il maschile della più grande importanza. Questo contatto si può stabilire attraverso l'Anima, suo lato femminile, e attraverso la realizzazione della coscienza matriarcale ad essa congiunta. Solo il ricongiungimento del maschile con il mondo spirituale dell'Anima e quello femminile con il mondo spirituale dell'Animus portano alla sintesi, alla nuova conoscenza, che, paragonata al sapere cosciente unilaterale, viene chiamata illuminazione. È caratteristico che nella scrittura cinese il segno « Ming », illuminazione, è un'unione delle immagini di sole e luna. Sia per il maschile che per il femminile la totalità è raggiungibile solo quando, con una unificazione di giorno e notte, di superiore ed inferiore, la coscienza patriarcale e quella matriarcale giungono alla produttività loro propria e si completano e fecondano vicendevolmente. L'ebreo Midrash racconta che all'inizio della creazione luna e sole erano della stessa grandezza, ma che poi per un'azione colpevole la luna rimpicciolì e il sole divenne la stella dominante del mondo. La promessa di Dio alla luna parla però del ritorno futuro alla situazione originaria: « Un giorno tu sarai nuovamente grande come il sole; e la luce della luna sarà come la luce del sole. »  


Note

- L'uroboro è il serpente circolare, simbolo di una situazione psichica inconscia, in sé conclusa, unità originaria.  «Maschile» e «femminile» sono termini simbolici e non vanno identificati concretamente con «uomo» e «donna» come portatori di caratteristiche sessuali precise. -L'uomo e la donna, da un punto di vista psicologico, sono bisessuali, in quanto nel loro inconscio ci sono anche istanze del sesso opposto. «Anima» per l'uomo, e «Animus» per la donna. Si consulti: C. C. Jung, L'Io e l'inconscio.
- Per ciascuna di queste situazioni mitologiche e per molte altre ancora esiste una grande documentazione che potrebbe essere citata ma non in questa sede, in quanto  il nostro interesse consiste nell'illustrare il fenomeno e non nell'accumulare materiale amplificativo. Comunque, si confronti: Hans Kelsen, Società e natura. Einaudi, Torino 1953, pag. 211; Robert Briffault, The Mothers. London and New York 1927, Vol. 3; Riihie, Sonne und Mond im primitiven Mythos, eco.
- Non è possibile esaminare completamente la compensazione del principio di coscienza per mezzo della luna, nel quale ad una coscienza femminile matriarcale corrisponde un animus lunare maschile e ad una coscienza maschile patriarcale corrisponde un'anima lunare femminile. Ad es., come abbiamo visto, a livello matriarcale la natura periodica delle fasi lunari può essere concepita come femminile. Al contrario, nella psicologia patriarcale dell'ebraismo, il maschile può sperimentare sé stesso come luna femminile di fronte ad un principio divino solare superiore, se la coscienza religiosa maschile si identifica con l'anima lunare femminile. Caratteristica di ciò è la identificazione luna-Giacobbe nell'ebreo Midrasch. - Rapporti simbolici analoghi valgono collettivamente nell'identificazione della Chiesa con la luna (Rahner, v. sopra) e individualmente dove, come ad es. nella mistica, l'anima individuale assume un carattere lunare passivo di fronte alla divinità.
- La bisessualità della luna si esprime nel mito platonico anche nella teoria che gli uomini derivano dal sole, le donne da Venere e gli ermafroditi dalla luna. La bisessualità è una caratteristica dell'uroboro il quale contiene in sé il femminile ed il maschile.
- Non a caso il regno delle muse, e cioè delle forze femminili, che patrocinano tutto ciò che è «musico», «musicale», «ritmico», «danzante», «predicente» e soprattutto «creativo artisticamente», è sottoposto alla luna con la sua numerazione per 9 e per 3 (C. Keré-nyi, Die orphische Kosmo-gonie und der Ursprung der Orphik. Eranos- Jahr-bùcher XVII, 1949). Lo stesso vale per le figure di Museo, di suo figlio Rumolpo e di Orfeo (J. J. Bachofen, Das Mutter-recht 3' ed., Voi. Il, pag. 849, 856 e segg.). Tali figure sono importanti per tramandare la coscienza matriarcale nei misteri orfici ed eleusini. Un ulteriore esempio che vogliamo citare è che in Cina l'origine del teatro è tratta dalla luna. Un imperatore che visitò la luna fu, secondo la leggenda, cosi incantato dalle canzoni e le danze delle fate di lassù che, al suo ritorno sulla terra, insegnò a dei giovani quei canti e quelle danze, dando in tal modo inizio al teatro cinese. (J Bredon, Das Mondjahr, 1937, S. 420). Con ciò la musica non è soltanto un'arte specificamente temporale, ma l'intera simbologia lunare, il concetto del tempo qualitativo, del ritmo, delle fasi, ecc., è decisiva per la sua struttura di base, e non solo nella musica primitiva.
- Accenniamo solamente in questa sede agli aspetti psicologici dell'astrologia dal cui insegnamento deriva l'intera tipologia umana, così come anche il destino in dipendenza cosmica dal momento della nascita e della gravidanza.
- Qui, come in seguito prendiamo il pensiero solo come l'esempio più chiaro dì una funzione-differenziata, il cui dominio è caratteristico della coscienza patriarcale. Si confronti di C. G. Jung Tipi psicologici (ed. Bo-ringhieri) e di Erich Neu-mann, Ursprungsgeschi-chte des ... cit.
- Non del tutto senza ragione, e comunque non senza humor, la teoria psicoanalitica di una donna afferma perciò — come una specie di risposta all'invidia del pene attribuita dall'uomo alla donna - che l'intera produzione creativa culturale dell'uomo non è altro che una compensazione alla sua incapacità di un parto reale, e derivi quindi in certa misura dalla sua 

« invidia dell'utero ».

Da Mircea Eliade, una riflessione sulla Luna

Il ‘divenire’ è la norma lunare. Che venga osservato nei suoi momenti drammatici  -  nascita, pienezza e scomparsa dell'astro valorizzato come ‘frazionamento’, ‘numerazione’, o percepito per intuizione come la ‘canapa’ di cui sono orditi i fili del destino, questo indubbiamente dipende dalle capacità mitiche e raziocinanti delle diverse popolazioni, e dal loro livello culturale. Ma l'eterogeneità delle formule che esprimono il ‘divenire’ è soltanto apparenza. La Luna ‘ripartisce’, ‘fila’, ‘misura’; oppure alimenta, feconda, benedice; o riceve le anime dei morti, inizia e purifica, essendo vivente, e di conseguenza in eterno divenire ritmico. Tale ritmo è sempre presente nei rituali lunari. Talvolta il cerimoniale ripete integralmente le fasi della Luna, come ad esempio la "puja" indiana introdotta nel Tantrismo. La Dea Tripurasundari deve essere meditata, secondo un testo tantrico, come abitante nella luna stessa.

Un autore tantrico, Baskara Raja, precisa che la "puja" della Dea deve cominciare il primo giorno della Luna nuova, e durare per tutta la quindicina luminosa; occorrono per la cerimonia 17 brahmani, rappresentanti ciascuno un aspetto della divinità (cioè una fase della Luna, una "tithi"). Tucci osserva giustamente che la presenza dei brahmani altro non può essere che un'innovazione recente, e che nella "puja" arcaica altri personaggi rappresentavano il ‘divenire’ della Dea Lunare. E realmente, in un trattato di autorità incontestabile, "Rudrayamala", si trova la descrizione del cerimoniale tradizionale, "kumari-puja", cioè ‘adorazione della fanciulla’.
E questa "puja" comincia sempre alla Luna nuova e dura 15 sere.
Ma, invece di 17 brahmani, occorrono 16 "humari", che rappresentano i 16 "tithi" della Luna. L'adorazione avviene "vrddhibhedena", cioè per ordine di età, e occorrono 16 fanciulle da uno a sedici anni. Ogni sera la "puja" rappresenta la "tithi" corrispondente della Luna. Il cerimoniale tantrico, in generale, dà importanza capitale alla donna e alle divinità femminili; in questo caso la corrispondenza fra le due strutture, Lunare e Femminile, è perfetta.

La Luna ‘connette’, con le sue norme, una quantità immensa di realtà e di destini. Armonie, simmetrie, assimilazioni, partecipazioni eccetera, coordinate dai ritmi lunari, formano un ‘tessuto’ interminabile, una ‘rete’ di fili invisibili, che ‘lega’ fra loro uomini, piogge, vegetazione, fecondità, salute, animali, morte, rigenerazione, vita d'oltretomba, eccetera. Per questo, in molte tradizioni, la Luna, personificata da una divinità o presente per il tramite di un animale lunare, ‘tesse’ il velo cosmico o i destini degli uomini. Furono le Dee seleniche a inventare l'arte del tessitore (come la divinità egiziana Neith), o furono celebri tessitrici (Athena punì Aracne, che aveva osato gareggiare con lei, trasformandola in ragno), o tessono una veste di proporzioni cosmiche (come Proserpina e Harmonia) eccetera.

Nelle credenze europee medievali, Holda è la patrona dei tessitori, e dietro questa figura discerniamo la struttura seleno-ctonia delle divinità della fecondità e della morte.
 

Senonché la Luna, per il semplice fatto di essere padrona di tutte le cose viventi e guida sicura dei morti, ha ‘tessuto’ tutti i destini. Non per nulla è concepita nei miti come un enorme ragno, immagine che incontriamo presso moltissimi popoli.

Perché tessere non significa soltanto predestinare (sul piano antropologico) e riunire insieme realtà diverse (sul piano cosmologico), ma anche CREARE, far uscire dalla propria sostanza, come fa il ragno costruendo da sé la propria tela. Non è forse la Luna creatrice inesauribile di forme viventi? Ma, come tutto quel che è stato ‘tessuto’, le vite sono collocate entro un complesso: hanno un destino. Le "Moirai" che filano i destini sono divinità lunari. Omero le chiama ‘filatrici’, anzi una di loro si chiama appunto Klotho, cioè ‘Filatrice’.
Probabilmente furono, in origine, Dee della nascita, ma la speculazione ulteriore le sollevò a personificare il destino. Tuttavia la loro struttura lunare non si è mai perduta del tutto. Porfirio dice che le Moirai dipendono dalle forze lunari, e un testo orfico le considera parti ("tà mére") della Luna. Nelle antiche lingue germaniche, uno dei nomi del destino (antico alto-tedesco "wurt", antico norvegese "urdhr", anglo-sassone "wyrd") deriva da un verbo indo-europeo "uert", ‘girare’, donde le parole dell'antico alto-tedesco "wirt", "wirtl", ‘fuso’, ‘rocca’, olandese "worwelen", ‘girare’.

Ben inteso che, nelle civiltà ove le Grandi Dee hanno cumulato le virtù della Luna, della Terra e della Vegetazione, il fuso e la rocca con cui filano i destini degli uomini diventano, con tanti altri, loro attributi. Così la Dea col fuso trovata a Troia, dell'epoca compresa fra il 2000 e il 1500 avanti Cristo. Questo tipo iconografico è diffuso in Oriente: troviamo il fuso in mano a Ishtar, alla grande Dea hittita, alla Dea siriana "Atargatis", a una divinità cipriota primitiva, alla Dea di Efeso. Il destino, filo della vita, è un periodo più o meno lungo di TEMPO. Quindi le Grandi Dee diventano in seguito padrone del Tempo, dei destini che plasmano secondo la loro volontà. In sanscrito il tempo si chiama "kala", termine che somiglia molto al nome della Grande Dea, Kali (sì che avvicinamenti sono stati fatti fra le due parole). Kala significa anche ‘nero’, ‘oscurato’, ‘macchiato’.

Il tempo è nero perché duro, irrazionale, senza pietà. Chi vive sotto il dominio del tempo è soggetto a sofferenze di ogni specie e la sua liberazione consiste anzitutto nell'abolizione del tempo, nell'evadere dal mutamento universale. Secondo la tradizione indiana, l'umanità si trova in questo momento nel "Kaliyuga", cioè nell'‘epoca buia’, epoca di tutte le confusioni e di totale decadenza spirituale, ultima tappa di un ciclo cosmico che si chiude.