Erano due sorelle, due giovani principesse, e vivevano in un castello nei pressi del mare. Un fiume si gettava nel mare, e seguendo il suo corso si giungeva a una gora nascosta dal verde delle rive, che alimentava un mulino. Un dirupo nei pressi del castello scendeva al fiume in un intreccio di alberi, felci e cespugli, e dall'alto del dirupo si scorgeva il mare e il porto in cui entravano le navi.
Giunto, per la maggiore delle sorelle, il tempo di pensare alle nozze, il padre scelse per lei il primogenito di un ricco gentiluomo del vicinato. La ragazza accettò perché tale era la volontà del padre, ma quando vide il giovane guerriero che veniva al castello a offrirle il suo amore, perse per lui la ragione e il cuore.
Lui le offrì anelli d'oro e rubini e spille di perle; e le offrì il suo guanto come pegno di fedeltà. La bella Ellen custodiva quel guanto come il più prezioso dei doni.
Il padre offrì un gran banchetto per annunciare le nozze della figlia, e la sorella più giovane, in visita dalla madrina, tornò al castello per prendervi parte.
Cinghiali allo spiedo, pasticci di lepre, cervi arrostiti, pavoni, pernici, accompagnati dalle bevande più squisite: nulla era stato trascurato perché il banchetto fosse grasso e festoso come richiedeva la lieta occasione; la tavola era ornata di verdi ghirlande di fronde e i migliori cantori del paese rallegravano gli ospiti cantando le lodi dei due giovani e inneggiando al cibo e all'amore.
La sorella maggiore sedeva accanto al padre e la sorella più giovane accanto alla madre; il giovane guerriero sedeva innanzi alla sua promessa.
La sorella maggiore era alta e bella, e vi era grazia e nobiltà nel suo portamento, ma la sorella più giovane non aveva rivali e i più abili cantori non avrebbero saputo rendere giustizia alla sua bellezza. Il cavaliere levava alta la coppa per brindare alla bellezza della sua promessa, ma il suo sguardo andava alla sorella più giovane.
Quando le due principesse e le loro donne uscirono nei giardini per giocare alla palla, il cavaliere si unì a loro, e, mentre la sorella maggiore correva lontano per inseguire la palla, lui sorprese la sorella più giovane sotto un albero e le rubò un bacio.
La sorella maggiore, correndo verso il centro del giardino con la palla in mano e nell'altra il bastone per colpirla, vide che la più giovane aveva il viso singolarmente acceso e gli occhi luminosi e si disse che doveva essere l'animazione del gioco a darle quella luce allo sguardo.
Quando, alla sera, la sorella più giovane usciva nei giardini, la bella Ellen si diceva che voleva ammirare i fiori al crepuscolo; se la sentiva sospirare, pensava fosse nostalgia per la madrina.
Ma quando nello scrigno della sorella trovò un guanto tagliato a metà, un guanto simile a quello che le aveva donato sir William come pegno di fedeltà e di amore, seppe di non potersi più ingannare e la collera e la gelosia le si gonfiarono nel petto fino a farle scoppiare il cuore.
Sir William non la guardava, non aveva occhi che per la sorella, e la gelosia crebbe in lei di giorno in giorno e la gelosia le apprese l'odio, e l'odio, la dissimulazione.
Era un mattino chiaro e luminoso quello in cui corse lietamente dalla sorella e le disse: "Ricordi come andavamo un tempo al dirupo di Binnorie per guardare le navi di nostro padre entrare nel porto? Vieni, il mattino è chiaro, e io mi sento giovane e felice. Andiamo come andavamo un tempo alla rupe di Binnorie a guardare le navi di nostro padre entrare nel porto".
Uscirono insieme tenendosi per mano. Il mattino era chiaro e luminoso, il mare calmo, e dall'orizzonte le belle vele bianche tagliavano la linea del cielo. La sorella più giovane salì su una rupe per guardare le navi che dall'orizzonte si avvicinavano al porto, e la sorella maggiore le si fece alle spalle, l'afferrò per la vita e la precipitò dalla rupe.
Cadde nel fiume che correva verso la gora di Binnorie, e la sorella maggiore scese correndo dal dirupo alle rive del fiume.
"Dammi la tua mano, sorella", cominciò allora a pregarla la più giovane mentre la corrente del fiume la trascinava. "Darò a te tutte le terre che dovevano essere mie".
"Le tue terre saranno mie quando sarai morta nella gora di Binnorie."
"Afferrami per la vita, sorella; darò a te il mio oro e la mia bella cintura."
"Avrò il tuo oro e la tua bella cintura quando sarai morta nella gora di Binnorie."
"Salva la mia vita sorella; rinuncerò per sempre all'amore."
"Non ti darò la mano e non salverò la tua vita, perché la tua bellezza mi ha privato per sempre dell'amore."
Certa che nulla potesse ormai salvare la sorella, la bella Ellen tornò al castello del padre.
La corrente trascinava la sorella più giovane verso la gora di Binnorie; a volte ondeggiava alla superficie, a volte precipitava sotto le fredde acque del fiume che la trascinavano verso la gora del mulino di Binnorie.
Il figlio del mugnaio uscì sulle rive della gora e gridò al padre: "Ferma, ferma la ruota del mulino: una sirena o un candido cigno corre sulle acque di Binnorie."
Il mugnaio fermò la ruota, ma quando la corrente del fiume portò il suo corpo sulle rive, la giovane principessa era annegata.
Camminava lungo le rive del fiume un suonatore d'arpa, il migliore di tutto il paese, che avrebbe suonato alle nozze della bella Ellen; camminava lungo le ripide rive del fiume che scorreva al fondo del dirupo di Binnorie.
Le rive scendevano al fiume cupe di umida erba e di muschio all'ombra degli alberi e dei cespugli, ma il fiume scorreva tra i sassi candido per i raggi del sole che filtravano obliqui attraverso i rami e le foglie degli alberi più leggeri; questi sfioravano l'acqua con le radici, e potevano congiungere all'orizzonte le due rive in una luminosa arcata.
Il suonatore d'arpa camminava lungo le rive del fiume dimentico della realtà che lo circondava, assorto in un lontano ricordo che si ridestava dolorosamente in lui, ignaro dei riflessi dei rami sulla candida superficie delle acque, dei sassi infissi nella umida terra rossa.
Soltanto un tronco esile che dal fianco ombroso della gora si piegava sul fiume, giungendo a sfiorarne la riva opposta, fermò il suo cammino e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Sull'erba cupa delle rive, oltre l'albero piegato sulle acque del fiume, il suonatore d'arpa vide la splendida, pallida creatura che giaceva come una sirena addormentata: oro e perle si intrecciavano tra i suoi capelli, un'alta cintura d'oro le cingeva la vita, e le dita erano nascoste dall'oro degli anelli, ma la bella creatura era annegata, e nulla avrebbe potuto salvarla.
Il suonatore d'arpa si inginocchiò accanto a lei, sollevò la bionda capigliatura, sparsa sulla cupa erba della gora, che scintillò al sole viva e lucente più che l'oro e le perle che la ornavano; piangendo per la fanciulla annegata, liberò i capelli di lei impigliati tra i rami dell'albero, spezzò un ramo sottile e con il ramo e i capelli della principessa annegata costruì un'arpa dalle corde lucenti.
Proseguì per la sua strada e giunse al castello dove tutti sedevano a banchetto senza attendere il ritorno della giovane principessa, poiché questa, aveva mentito la bella Ellen, era partita per tornare dalla madrina. Il suonatore depose accanto a sé l'arpa dalle corde lucenti e prese a cantare accompagnandosi con il suo vecchio strumento.
Ora la musica era lieta, ora triste; cantava del crepuscolo di primavera e delle calde sere d'estate, del tempo in cui il mondo e la vita si fermano nel denso silenzio del mezzogiorno e in un istante si sente vibrare l'eternità, e delle notti in cui l'ansia di vita sembra divorare ogni istante futuro; cantava dell'amore che nasce e dell'amore che muore, della vita e della morte e della vita che non cessa di battere nel cuore di chi ha amato.
La bella Ellen sedeva accanto a sir William, l'uomo incostante che le aveva rubato la ragione e il cuore, e sir William sedeva in silenzio, e il suo cuore era triste perché ricordava la bionda principessa a cui aveva rubato un bacio.
Il suo cuore era triste e la sua pena divenne tale da fargli scoppiare il petto quando il suonatore d'arpa prese a cantare di un suo amore perduto, una creatura luminosa come il mattino che egli aveva amato e perduto da molti, molti anni.
"Ma ho creduto di rivederla", disse con un sospiro "mentre camminavo lungo le rive del fiume, ai piedi del dirupo di Binnorie", e riprese a toccare le corde dello strumento in una melodia nuova che nasceva in quell'istante sotto le sue dita:
Nella gora di Binnorie, ai piedi della rupe
le bianche acque del fiume scorrono forti e cupe.
Sulle rive, tra i sassi, la fanciulla riposa
chiara più del mattino, fresca più della rosa;
ma il lume della vita fugge ormai dal suo viso
e sulle labbra pallide è spento ogni sorriso,
nella gora di Binnorie, sulle rive del fiume,
della fanciulla morta non arde il dolce lume.
Taccia ormai la mia arpa, né più le corde io tocchi
che la pena del cuore nel silenzio trabocchi.
Il suonatore d'arpa abbandonò in grembo lo strumento, e lo sguardo di quanti l'ascoltavano si velava di commozione, ma il viso della bella Ellen era pallido come quello della sorella morta.
Nell'istante in cui le ultime vibrazioni si perdevano nell'aria, l'arpa dalle corde lucenti che il suonatore aveva deposto accanto a sé si sollevo come se una mano invisibile la reggesse, e le corde presero a vibrare, e quella mano invisibile ne traeva una musica aspra e dolente, e una voce lontana cantò nell'improvviso, silenzioso terrore che si distese sulla sala del banchetto.
Mia madre avrà per sempre una spina nel cuore,
l'animo di mio padre è chiuso nel dolore.
Ma accanto al cavaliere che la fede ha smarrita
siede la bella Ellen che mi ha tolto la vita.
Con un ultimo suono, aspro e prolungato come un lamento, l'arpa si spezzò e ricadde a terra muta.
APPROFONDIMENTO: IL SIMBOLISMO DELL'ARPA
Info tratte da
L'arpa rimanda ad un mondo nel quale il suo utilizzo era legato ai canti dedicati agli eroi e alle leggende; secondo alcune ipotesi, "Arpa" deriverebbe da un lemma scandinavo, legato ad un tema indo-ario, il cui significato potrebbe definire l'azione del pizzicare e del prendere con forza; se ci pensiamo, il gesto di tendere la corda dell'arco per la caccia non è diverso da quello del suonatore d'arpa, così come tra i due oggetti vi è anche una certa somiglianza.
In latino, nel VI secolo, "Arpa" era usato per designare l'erpice, una macchina agricola, così come "harvest", raccolto; "Ar-", radice arcaica che designa il fuoco oltre che l'acqua.
L'animale simbolico collegato all'arpa è il cigno (che ricorda un'arpa ed è legato all'ultimo canto, quello della morte: "il canto del cigno") ed entrambi ricordano la forma della barca; ed è per questo che l'arpa unisce il mondo terrestre e celeste; era anche posta nelle sepolture.
Nota di Lunaria: è interessante far notare che il cigno compare in diverse fiabe (forse la più famosa è "Il brutto anatroccolo" ma c'è anche "I cigni selvatici") e che era associato anche alle Dee:
che tra l'altro è una Dea legata anche alla musica
In veste di Dea delle Arti e della Musica tiene in mano la Vina come creatrice dell'alfabeto sanscrito e del Logos indiano, regge una pergamena simboleggiante la parola. Sotto questi aspetti ha culto come patrona degli studenti e delle università. In epoca tarda la Dea venne apparentata alle Acque Madri della creazione e introdotta nella cosmogonia vedica. Come tale viene associata alle divinità della creazione come Brahma, Vishnu ecc.
Tra gli altri nomi di Sarasvati sono: Bharati, Brahmi, Ida, Sarada, Vagisvari.
La Dea è rappresentata come una giovane donna dall'incarnato bianchissimo, col capo incoronato, a cavallo del cigno di Brahma.
Gayatri è la forma femminile di Gaayatra , un termine che significa "inno o canzone" in sanscrito. È la consorte di Brahma. Lui la sposò quando la sua prima consorte, Saraswati, era in ritardo per il yajna (sacrificio rituale del fuoco). Gayatri è la personificazione del Gayatri mantra, la Madre di tutti i Veda. Unisce tutti gli attributi di Brahman, tra cui passato, presente e futuro e i tre regni dell'esistenza. I cinque visi di Gayatri rappresentano la terra, l'acqua, l'aria, il fuoco e il cielo.
Brahmani è un aspetto benevolente della Dea, (Devi), associata a Brahma, come sua Shakti (Potere). è una delle 7 Madri chiamate Matrikas; anche Benten (Benzaiten) è una Dea giapponese acquatica legata alla musica; probabilmente Benten è la versione "giapponesizzata" di Sarasvati.
Nella mitologia greca, Leda era collegata al cigno, e l'animale assumeva una valenza erotica, fecondatrice (un'occasione che i pittori non si sono lasciati sfuggire...):
Mi risulta (anche se non sono sicura della veridicità della fonte) che anche in Moravia si venerava una Dea dei cigni, Krasopani, chiamata "La Bella Signora", rappresentata mentre guidava un cocchio trainato dai cigni o dalle colombe. Comunque, se anche non fosse accertato, sappiamo con certezza che Brigid era associata ai cigni (e altri animali, come il serpente)
Il cigno era anche l'emblema dei Liguri. La cicogna condivide certi aspetti che si possono relazionare al cigno.
Il cigno compare anche in racconti celtici e russi.
