Riflessione sulla violenza (2) Hobbes, Stato, Anarcocapitalismo
Una riflessione sulla natura della violenza e sulle sue cause - nella considerazione che l'analisi alla violenza è una questione di fondo nella sociologia, nella psicologia e nella filosofia - esige alcune distinzioni semantiche precise: la violenza contro la natura, la violenza contro gli altri, la violenza contro se stesso.
Violenza contro gli altri
Ma l'uomo stesso è, certamente, e in maniera più continua e vistosa, l'oggetto diretto della violenza umana. Aldrey ha riproposto, qualche anno fa, il mito etologico dell'uomo erede della scimmia assassina. Secondo Hobbes "non si può negare che lo stato naturale degli uomini, prima che si costruisse la società, fosse uno stato di guerra, e non di guerra semplicemente, ma di guerra di ciascuno contro tutti gli altri altri". La violenza è per Hobbes una specie di trascendentale della prassi allo stato di natura: "La volontà di nuocere è insita in tutti" e nasce da un preteso "diritto di tutti a tutto, in virtù del quale uno ha il diritto di invadere la sfera altrui e l'altro ha un ugual diritto di opporsi."
è evidente il carattere paradossale, anzi contraddittorio, di questa "naturale tendenza degli uomini a nuocersi a vicenda." L'illimitatezza del preteso diritto che "la natura ha dato a ciascuno su ogni cosa" comporta infine la soppressione della vita stessa, cioè a dire della motivazione ultima di quella pretesa. Comunque avvenga il salto dello stato di natura alla "società civile" o "persona civile" che è lo Stato, di cui parla l'autore del "Leviathan", non c'è altra via per risolvere questa contraddizione. Lo Stato impone la forza delle sue leggi e delle sue istituzioni alla violenza dei singoli, anche se troppo spesso nella storia di quella forza si tramuta in violenza a sua volta e lo Stato si identifica via via nella infinita schiera dei "tiranni\che dier nel sangue e nell'aver di piglio" (Inferno, XII, 99/100)
Nota di Lunaria: per una critica radicale allo Stato, vedi il movimento Anarco-capitalista;
in sintesi gli Anarco Capitalisti si concentrano sulla Libertà Economica e rifiutano le ingerenze dello Stato nell'economia; sono a favore del Capitalismo, che, dal loro punto di vista offre più vantaggi rispetto allo Stato. Alcuni Anarco-Capitalisti moderati ("MiniArchici") ammettono che lo Stato possa gestire qualche funzione collettiva come la Difesa o la Sanità, altri negano qualunque tipo di influenza e interferenza statale. Per gli AnarcoCapitalisti lo tasse da pagare allo Stato sono una forma di abuso e di violazione della libertà individuale: lo Stato esercita coercizione (e quindi violenza) estorcendo le tasse; alcuni di loro sono a favore della tassazione volontaria; molto spesso sono anche federalisti o secessionisti, prediligendo piccoli staterelli piuttosto che grandi nazioni. In sintesi, l'AnarcoCapitalismo propone l'abolizione dello Stato, del dirigismo statale nella vita degli individui, l'abolizione delle tasse (sono considerate un furto legalizzato) ed è a favore della Sovranità individuale sotto il libero mercato. I padri fondatori di questa ideologia sono stati Murray Rothbard, Hans Hoppe, e altri, ma un posto importante ce l'ha anche la filosofa Ayn Rand (che purtroppo non ho letto per integrale)
Personalmente pur non avendo letto tutto lo scibile in campo economico, le critiche che l'AnarcoCapitalismo fa contro lo Stato o il monopolio sono condivisibili e sensate; inoltre si può persino fare un parallelo tra l'AnarcoCapitalismo (che vede lo Stato come un qualcosa che viola la libertà e il consenso degli individui) e il movimento Antipsichiatrico (che vede la psichiatria come un qualcosa che viola la libertà e il consenso degli individui https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-della-psichiatria-raccolta-di.html)