La Disperazione e L'Io


"L'inferno non è stato creato da nessuno. Il fuoco di uno spirito che si abbandona alla collera produce il fuoco dell'inferno e consuma chi ne è preso. Quando un uomo fa il male, accende il fuoco dell'inferno e si brucia al suo proprio fuoco"

Le filosofie dell'esistenza hanno variamente sviluppato il tema di quella che Kierkegaard chiama la disperazione silenziosa, ed è il fondo opaco, il peso o la colpa di colui che, rifiutando la partecipazione con i suoi simili in quella comunità della vita che è insieme la natura e la storia, non sa accettare, anzi rifiuta e reprime se stesso. è una "malattia mortale", un eterno morire senza tuttavia morire, un'autodistruzione impotente.


Nota di Lunaria: questo concetto è tratto da qui



un libro che mi fu molto utile, decenni fa, per rielaborare certe problematiche, esattamente come questo autore: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/cioran-i-miei-stralci-preferiti.html



Questa dialettica dell'"anima feroce", come potremmo chiamarla con Dante, è una specie di suicidio differito, i cui segni sono fin troppo palesi in alcune vaste aree delle nuove generazioni. Di questo IO, preso e imprigionato nella vertigine della sua possibilità di essere quello che non è e di non essere quello che è, dice Wahl, commentando Kierkegaard: "Talvolta vuole essere così pienamente se stesso, che fa di sé un orribile Dio. (*) In un furore demoniaco, l'uomo vuole, in odio all'esistenza, in odio a sé medesimo, essere se stesso in tutto il proprio orrore e protestare con questo tormento contro l'essere. Talvolta egli esce da sé medesimo e va verso l'estrema distrazione e non vuol più riconoscersi. In entrambi i casi, sia che si cerchi, sia che si fugga, egli non si possiede: le due forme della disperazione spesso non possono essere distinte l'una dall'altra, o più esattamente, esse non sono se non due aspetti dello stesso malinteso dell'io con se stesso. La debolezza e la sfida, il rifiuto di sé e la dilettazione volontaria in sé stesso si mescolano a vicenda. E attraverso la disperazione l'individuo si perde nel sistema o nella fantasia, nella solitudine di tutti i giorni o nella massa. Ogni uomo è disperato, anche - e forse  nel più alto grado -  colui che non sente di esserlo." Non sono notazioni d'analisi dello spleen romantico, sono il quadro nosografico di chi è o si sente emarginato dal sistema, da una società che si chiude a lui e lo esclude da sé o che comunque egli si rifiuta di accettare, senza avere la forza o la voglia di cambiarla. In questo mondo dell'emarginazione di senso, che può coincidere oppure no con quello dell'emarginazione reale - del disoccupato cronico, del senza patria, del represso etnico o razziale, del "diverso" - l'alternativa al terrorismo è l'evasione narcisistica nell'immaginario, in un rifiuto perpetuamente alienante, o in maniera più vistosamente tragica, l'auto-disfacimento nei paradisi artificiali della droga, la violenza disarmata che uccide.
Ciò che le utopie, quelle della liberazione dal bisogno e quelle della liberazione dal desiderio, non tengono conto è che l'essenza indigenziale ed edonica dell'uomo è tale - così da distinguerla da ogni altro essere vivente sulla terra - perché l'uomo ha scelto e sceglie di essere piuttosto che di non essere, ha optato e opta per l'esistenza e dunque  per le leggi che la sostengono nell'ordine dell'essere. Nessuno desidera niente se non gli piace esistere, ma il piacere di esistere comporta in sé, coerentemente, la volontà di esistere, e il riconoscimento delle leggi e dell'essere in cui l'esistenza si realizza e si esprime.


(*) Nota di Lunaria: solo un autore che per un qualche motivo abbia in orrore l'individualismo e sia psicologicamente soggetto e dipendente "dal concetto di dio monoteista", può definire il dare importanza a se stessi come "che fa di sé un orribile Dio." Al contrario, dare importanza a se stessi, porre il proprio Sé come Dio, come base su cui edifichiamo noi stessi, significa incrementare la propria autostima. Fare di se stessi un Dio non significa "fare del male agli altri" o "perdere il senno in deliri di megalomania", ma significa dare importanza al proprio io, evitando tutte quei meccanismi nocivi e dannosi di dipendenza dall'altro ("L'inferno sono gli Altri", diceva Sartre, e in effetti "stare appresso e soddisfare" le esigenze e le aspettative altrui, anteponendole sempre e comunque ai propri bisogni e desideri, è controproducente e lesivo). Parlare di IO citando tutti quei pensatori in Filosofia che ne hanno parlato ci porterebbe via parecchio spazio, mi limito quindi a citare giusto tre nomi molto importanti che hanno scritto riflessioni molto interessanti sull'Io.

Il primo nome da fare è Max Stirner, che avevo già trattato più di una volta. Stirner è l'autore di "L'Unico e la sua proprietà" (1844)


un libro che ebbe un'enorme influenza anche su Nietzsche (sebbene Nietzsche non lo abbia mai ammesso esplicitamente...); riporto un passo fondamentale preso dall'"Unico", che sintetizza tutto il pensiero di Stirner:


"Io sono Il Proprietario della  Mia Potenza; e tale divento appunto nel momento stesso in cui acquisto la coscienza di sentirmi Unico. Nell'Unico il Possessore ritorna nel Nulla creatore dal quale è uscito. Qualsiasi essere superiore a Me, sia esso Dio o Uomo, deve inchinarsi davanti al sentimento della Mia Unicità, e impallidire al sole di questa Mia Coscienza. Se Io ripongo La Mia Causa in Me Stesso, L'Unico, essa riposa sul suo Creatore effimero e perituro che da se stesso si consuma; sicché, potrò veramente dire: IO HO FONDATO LA MIA CAUSA SU NULLA. " 


Riporto anche un breve commento su Stirner, tratto da


"La sua opera capitale,"L'Unico e La Sua Proprietà" (1844), è l'espressione più rabbiosa e corrosiva del radicalismo di sinistra nato come reazione allo Hegelismo. Sostenendo le ragioni di una rivolta anarchico-libertaria spinta all'estremo, Stirner si scaglia contro ogni tentativo di assegnare alla vita dell'individuo un senso che la trascende e che pretende di rappresentarne le esigenze, i bisogni, i diritti e perfino l'immagine. E chiama l'indefinibile entità che io stesso sono "L'Unico", così come in quei medesimi anni Kierkegaard - anch'egli contro Hegel - lo chiama il "Singolo". Principe degli iconoclasti moderni, Stirner intende smontare ogni sistema filosofico, ogni astrazione, ogni idea, - Dio, ma anche lo Spirito di Hegel o l'Uomo di Feuerbach - che arroghi a sé l'impossibile compito di esprimere "l'indicibilità" dell'Unico: "Dio e l'umanità hanno fondato la loro causa su nulla, su null'altro che se stessi. Allo stesso modo IO fondo allora la Mia Causa su Me Stesso, Io che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il Mio Tutto, Io che sono l'Unico. Io non sono nulla nel senso della vuotezza, bensì il nulla creatore, il nulla dal quale Io Stesso, in quanto creatore, creo tutto."
Il tenore blasfemo del rifiuto stirneriano di ogni fondamento risulta chiaro se si considera che l'espressione "Io ho fondato la mia causa su nulla" fu introdotto da Goethe nella poesia "Vanitas! Vanitatum Vanitas!", rovesciando il titolo di un canto ecclesiastico di Johannes Pappus (1549-1610) che recita: "Io ho affidato la mia causa a Dio".


Nel Novecento, citiamo Anton Lavey, il fondatore della Chiesa di Satana.


Trattare a fondo il Satanismo ci porterebbe via molto spazio, per cui anche qui, lo riporto in sintesi. Secondo Lavey, ciascun uomo (e donna) è il Dio di se stesso; Satana è solo un archetipo, una metafora del Sé che si ribella al tiranno (il dio monoteista) e fa di se stesso l'unico vero Dio, adorando se stesso, gratificando se stesso, compiacendosi. Abbiamo solo questa vita: perché viverla in maniera triste, rinnegando noi stessi e i nostri desideri? Perché non vivere questa vita al massimo (che riusciamo ad ottenere, impegnandoci per ottenerlo)?
Lavey ha il merito di aver pensato questa idolatria dell'Ego anche per le donne (contrariamente ai misogini monoteisti, che idolatrano la virilità come il sesso di Dio, ma non idolatrano la femminilità come "il sesso della Dea") e quindi il Satanismo Razionalista è una forma di emancipazione anche per le donne, sebbene una purista del Ginocentrismo come me potrebbe far notare che il Satana laveyano è comunque un simbolo maschile non inclusivo del femminile e quindi sarebbe meglio che una donna si rifacesse all'archetipo di una qualche Dea (Kali, Astarte, Afrodite ecc.) piuttosto che non a simboli e linguaggi androcentrici.
Di Lavey suggerisco di leggersi tutto il suo libro "La Bibbia Satanica", qui riporto una sua riflessione sul compleanno:
"La più importante di tutte le festività, nella religione Satanica, è la data del proprio compleanno. Questo è in diretta contraddizione con il più sacro dei sacri giorni delle altre religioni, che divinizzano un particolare dio che è stato creato in forma antropomorfa a loro stessa immagine, mostrando in tal modo che l’ego non è realmente sepolto. Il Satanista prova: “Perché non essere realmente onesti, e se stai creando un dio a immagine umana, perché non crearlo come te stesso”. Ogni uomo è un dio, se sceglie di riconoscersi come tale. Così, il Satanista celebra il proprio compleanno come la più importante festività dell’anno. Dopotutto, non sei più felice per il fatto che sei nato tu, anziché esserlo per la nascita di qualcuno che non hai mai incontrato o conosciuto? O a questo proposito, tralasciando le festività religiose, perché celebrare di più il compleanno di un presidente o una data storica, piuttosto che il giorno in cui sei stato portato in questo grande mondo? Nonostante il fatto che alcuni di noi possono non essere stati desiderati, o perlomeno non erano stati pianificati, noi siamo felici, anche se nessun altro lo è, perché siamo qui! Dovresti darti una pacca sulla spalla, comprarti qualsiasi cosa vuoi, considerarti come un re (o un dio) quale tu sei, e celebrare di conseguenza il tuo compleanno con il miglior fasto e cerimoniale possibile"
Come si vede, il Satanismo Razionalista è un ottimo punto di partenza per migliorare la propria autostima nonché il proprio atteggiamento esistenziale.


Infine, parlando di IO al Femminile e Ginocentrismo, citiamo Mary Daly, autrice fondamentale.



Anche qui, riportare tutti i suoi concetti più utili ci porterebbe via molto spazio, per cui in sintesi diciamo solo che per Mary Daly: "Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo."
Per cui, l'Individualista Ginocentrica non solo rifiuta le ideologie misogine che fomentano un discorso di supremazia maschile e di inferiorità femminile (cristianesimo, islam, confucianesimo ecc.) ma rifiuta anche di farsi definire (colonizzare) da concetti, metafore, simbolismi, allegorie, linguaggi maschili, CHE HANNO LA PRETESA DI DEFINIRE LE DONNE, rifiuta di farsi rappresentare da "mediatori maschili" (gesù cristo, confucio, maometto, san paolo, dio, allah, budda...) che "rappresentino le donne" e\o "dicano alle donne cosa le donne sono o devono fare da sole e\o in rapporto all'uomo." In effetti, il Ginocentrismo, per come lo intendo io, è molto simile al Satanismo Laveyano; l'unica cosa che cambia è che io per definire me stessa non uso "Satana" ma archetipi femminili divini che vado a prendere dal politeismo.
Si badi bene che con Ginocentrismo non intendiamo "dire agli uomini cosa gli uomini dovrebbero dire o fare o essere" rispetto alle donne o definire gli uomini: il Ginocentrismo non è di certo "un cristianesimo al contrario" con "sante paole" che dicano agli uomini cosa gli uomini "devono fare" perché "la spiritessa santa" ha rivelato così! (*), ma piuttosto si sostiene che ciascuno di noi (maschio, femmina, omosessuale, eterosessuale ecc.) con la sua propria SPECIFICITà ED UNICITà (la propria virilità, la propria femminilità, la propria sessualità) debba andare ORGOGLIOSO di se stesso, dei suoi pregi e, per quanto possibile e fattibile, accettare i suoi difetti o migliorarsi.
Peraltro, lo stesso concetto si può rivedere anche parlando di orientamenti sessuali: un gay dovrebbe essere orgoglioso di essere gay rifiutando tutte quelle ideologie che lo denigrano e lo stigmatizzano (cristianesimo, islam ecc.) e piuttosto dovrebbe crearsi un'ideologia e un simbolismo nuovi che magnifichino il suo essere omosessuale (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/omosessualita-ed-omofobia-riflessioni.html); ma idem dicasi se qualcuno volesse magnificare il proprio aspetto fisico: una persona che non corrisponde "all'ideale estetico più diffuso" dai mass media, dovrebbe cercare di superare le sue paure (paura di non piacere agli altri, paura di essere preso in giro ecc.) e iniziare a stimarsi, accettarsi, essere fiero della propria unicità in tutto e per tutto e renderla il suo punto di forza (se effettivamente è fattibile farlo) o piuttosto potenziare altri lati di sé senza snaturarsi; vedi per esempio donne orgogliose delle proprie rotondità (BBW, modelle Curvy) che prendendo atto che "non vogliono dimagrire per piacere agli altri" (o non è possibile farlo del tutto) accettano se stesse e magnificano se stesse senza snaturarsi o pretendere l'impossibile; ma potremmo citare persino persone mutilate o con caratteristiche fisiche particolari che riescono ad accettarsi e a piacere agli appassionati di fetish (perché le fantasie sessuali a tema fetish sono decisamente infinite!)


(*) Anche perché pretendere che gli altri siano "come vorremmo noi" è una spaventosa violazione della libertà personale e del libero arbitrio, ed è proprio un pensiero di matrice monoteista. In quanto Ginocentrica, io non ho la pretesa e la spocchia di definire gli altri, voglio solo essere io a definire la mia Unicità e Specificità Femminile mia personale, e solo mia (visto che la mia prossima ha un altro tipo di femminilità). Peraltro, definire se stessi da se stessi e rifiutare ingerenze e colonialismi altrui è un atteggiamento anche anti-psichiatrico, visto che è la psichiatria a pretendere di definire ed etichettare tutti, esattamente come la religione androcentrica.

Per una riflessione sul Caos, vedi:
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/i-teologi-dellanti-dio-e-il-caos.html