Negli anni, sono stata criticata dai cristiani che, per trovare una qualche giustificazione alla loro misoginia, mi hanno sempre detto che "ma i pagani erano più maschilisti dei cristiani! avevano anche la poligamia e le concubine!", il che è vero, ma non è che solo per il fatto che i pagani avevano una cosa misogina in più che i cristiani non ebbero, questo renderebbe il cristianesimo migliore del paganesimo antico... anche perché se i pagani ebbero la poligamia\concubine, i cristiani ebbero (e hanno) il concetto di ipostasi, che è anche più misogino della poligamia, essendo una divinizzazione del corpo maschile, a discapito del corpo femminile.
Comunque, visto che chi mi critica non ha visionato in lungo e in largo tutto il mio lavoro, e quindi non sa che io critico anche il contesto pagano (mai fatto sconti ad aristotele o chicchessia https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/e-io-bestemmio-il-dio-aristotele.html ) colgo occasione di parlare nuovamente di misoginia pagana.
Quella cristiana la trovate qui: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/misoginia-e-ginofobia-durante-la-caccia.html
commento alla genesi: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/la-misoginia-di-filone.html
Tutte le grandi religioni sono concordi nel riconoscere alla donna un ruolo secondario rispetto a quello dell'uomo.
Qui trovate il post su esiodo: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/12/grecia-7-la-misoginia-di-esiodo.html
Donne Avvocate, Sacerdotesse e Musiciste nella Roma del II secolo a.c. https://intervistemetal.blogspot.com/2021/04/avvocate-e-musiciste-nella-roma-del-ii.html https://intervistemetal.blogspot.com/2023/01/la-partecipazione-delle-donne-romane-ai.html
SARANNO PUBBLICATE ANCHE LE FOTO DELLE PAGINE SOTTOLINEATE IN ROSSO, PRIMA CHE QUALCUNO STARNAZZI DICENDO CHE "NON è VERO NIENTE, è UN TUO DELIRIO!", VISTO CHE OGNI VOLTA CHE SI PARLA DI "CONDIZIONE DELLA DONNA NEL PAGANESIMO E NEL CRISTIANESIMO" SI SCATENA LA PERSECUZIONE CONTRO CHI NE PARLA.
Infine concludo dicendo che per me ha davvero poco senso che una donna si professi "pagana tradizionalista", considerato che il paganesimo tradizionalista era misogino (e avallava cose come sacrifici e schiavismo). Penso che le donne dovrebbero lasciare paganesimi antichi e monoteismo e smetterla di vegetare all'interno di queste ideologie androcentriche di millenni fa. Ben diversa è la rielaborazione ginocentrica moderna che si può fare del concetto di Dea (concetto che tutti i paganesimi avevano) come si propone di fare la Wicca Dianica, che è l'unica religione fondata dalle donne per le donne e che non contiene tracce di misoginia. https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/wicca-le-frasi-piu-belle.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/che-cose-la-wicca.html
Per quanto riguarda la donna nell'antica Grecia:
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/grecia-2-la-condizione-delle-donne.html
Iniziamo subito dicendo che per lo Stato romano arcaico il re (rex) era la figura fondamentale. Il rex era mediatore tra gli uomini e gli Dei, e già questo basterebbe a dimostrare come le origini dell'ideologia e della cultura romana fossero androcentrici-patriarcali e gerarchici: a capo di tutto ci stava un maschio, giudicato superiore, che era "mediatore" tra il resto degli esseri umani (posti al di sotto di lui) e gli Dei. A questo aggiungiamo che, non a caso, il dio supremo del pantheon romano era Giove (in Grecia, Zeus), figura rappresentativa dell'androcentrismo in quanto dio maschile e potente, dio del giorno e della luce, del fulmine e del tuono.
Questo re era il comandante supremo dell'esercito e aveva poteri giuridici e legislativi. Che un re venisse eletto da un'elezione popolare o per successione di nomina regia (o con un colpo di Stato) non cambia in ugual modo il concetto: sempre androcentrismo è, perché in tutti questi casi c'è sempre la figura di un uomo maschio che prende il potere e lo esercita. Idem parlando di "re che si facevano aiutare da consiglieri" (ufficiali, collaboratori, consoli, Senato...), anche questo rientra nell'androcentrismo, visto che il suddetto re o tiranno si fa consigliare\aiutare da altri uomini.
(Qualcuno obietterà che sono esistite donne come Messalina, Agrippina e simili, che diventavano le amanti dell'imperatore o di un personaggio potente o erano madri di costui, e poi si facevano donare questo o quello, o consigliavano certe cose. Al che rispondo che queste non sono donne emancipate dalle logiche del potere maschilista, ma prostitute che fanno da zerbine agli uomini potenti in questione, vere e proprie parassite che hanno un'utilità unicamente sessuale, agli occhi degli uomini in questione - dovendo fare da pupattole reverenti- e che sono stimate dagli androcrati unicamente come concubine. Perciò no, il fatto che di tanto in tanto, specialmente sul finire della Storia Romana, ci fu qualche donna che si trovò invischiata in qualche congiura per la secessione dinastica o di potere non rende l'antica Roma una civiltà "progressista", considerato poi che erano tutte pessimi esempi di donne, persino avvelenatrici e doppiogiochiste. Anzi, sono tutte donne patriarcali, asservite a quelle logiche di potere e dipendenti dagli uomini androcratici, anche se riuscivano a manipolarli di tanto in tanto ricorrendo alle astuzie seduttive, avendo rapporti sessuali per mantenere un ruolo di "zerbina collaboratrice dell'imperatore". Peraltro facciamo notare che se non avessero avuto un bel faccino\un corpo sexy col cavolo che avrebbero sedotto sessualmente tizio e caio)
Ripeto, basterebbe già questo per rifiutare totalmente l'età antica della nostra storia umana. Ma proseguiamo, parlando della condizione della donna nella religione tradizionale romana e nella famiglia (visto che oggigiorno ai cristiani piace molto parlare di "famiglia tradizionale")
Per quanto riguarda la religione romana, diciamo subito che era utilitaristica, formalistica e "affare di Stato". Il rapporto tra uomini e Dei non era improntato all'idea di "amore, affetto" (come potrebbe essere l'idea cristiana), ma ad una mentalità di scambio: in cambio di offerte e preghiere, che venivano date agli Dei, ci si aspettava che il dio offrisse l'aiuto richiesto. Gli Dei erano invocati con riti e parole fisse, codificati e trasmessi per orale e iscritto. Molte erano incomprensibili, ma venivano ritenute "giuste" perché "funzionavano" e quindi non si lasciava niente all'inventiva e al gusto personale. Importante era anche sapere se una certa attività (esempio: iniziare una guerra) fosse gradita agli Dei. Per questo motivo i Romani, similmente ad altri popoli antichi, avevano sviluppato anche una sorta di divinazione o meglio aruspicina (osservazione del volo degli uccelli, ma anche interpretazione delle viscere degli animali sacrificati o la caduta dei fulmini). Importante era anche la suddivisione dei giorni in propizi e infausti (dies fasti o dies nefasti)
Comunque, è da sapere che in origine i Romani non avevano una concezione vera e propria di Dio e Dea antropomorfi, ma credevano all'esistenza di forze impersonali che poteva manifestarsi con un certo effetto ("la vegetazione che cresce") o in un animale o pietra.
Qui trovate altri approfondimenti: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/pantheon-romano-giove-giunone-giano.html
Più tardi gli Dei ebbero forme antropomorfe (specialmente sotto l'influsso della cultura greca) e il rapporto con loro era un contratto, da compiersi nel rispetto delle formalità. La religione era quindi affare di Stato e siccome abbiamo detto poco prima che tutto il potere era in mano al rex e\o ai suoi collaboratori, anche la religione romana era androcentrica. Il re infatti era considerato sommo sacerdote, in età monarchica, mentre in età repubblicana i sacerdoti erano eletti dai comizi. è vero che la moglie del sommo sacerdote (o le altre mogli dei sacerdoti) potevano rappresentare la controparte femminile (dopotutto, Giunone\Iuno era la Dea per eccellenza dei Romani) ma questo non basta per "salvare" la civiltà romana, visto che anche una donna-sacerdotessa che pure poteva, di tanto in tanto, officiare un rito in onore di Giunone, restava sottomessa all'autorità maschile che deteneva nelle proprie mani tutte le leggi.
Nei culti familiari il celebrante era il pater familias: si adoravano il genio del padre, la Iuno della madre e divinità come Lari, Mani e Penati, divinità protettrici della case e\o del quartiere, oppure le anime dei morti (Mani). Ogni famiglia aveva i propri e li onorava con offerte di vino, miele, latte, fiori.
In una fossa (Mundus) scavata al centro della città e chiusa da una lastra di pietra, veniva versato ogni tanto del sangue di animali, per far acquistare alle anime dei morti un po' di consistenza; per tre giorni all'anno la fossa restava aperta per consentire ai morti di partecipare di nuovo alla vita sulla Terra. Una delle grandi paure dei Romani, similmente ad altri popoli, era il ritorno dei morti, incattiviti per la negligenza dei vivi nei loro confronti. Il mundus, comunque, andò perduta, come usanza, già a partire dalla tarda Repubblica.
I Romani, similmente agli Etruschi, non avevano concezioni molto sviluppate o definite di aldilà; lo si immaginava come un mondo indistinto, piuttosto lugubre e spento, e questa sorte era sia per le anime cattive sia per quelle virtuose. Per gli Etruschi le anime erano sottoposte a tormenti; i Campi Elisi, dove soggiornavano le anime pie erano derivati dall'idea greca di oltretomba.
Altri approfondimenti su questo tema: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/gli-inferi-nelle-religioni-pagane.html
I Romani non ebbero mai problemi ad aggiungere nuovi Dei al loro pantheon e a dimenticarsi dei loro Dei più antichi. Un nuovo Dio significava templi nuovi, nuove feste, più carne da mangiare dopo i sacrifici, nuovi mercati e giochi. Più in generale, i Romani avevano riguardo anche per gli Dei dei popoli da loro sconfitti e volevano onorare tutte le divinità senza far torto a nessuna di esse. Per questo motivo NON è VERO che i Romani perseguitarono i cristiani "perché odiavano il loro dio". Come vedremo prossimamente, la causa della persecuzione contro i cristiani non è questa qui;
i cristiani vennero perseguitati perché rifiutavano gli Dei pagani e si ostinavano a non onorare l'imperatore; in più commettevano vandalismo. Era quindi una repressione contro un gruppo di vandali che disprezzavano lo Stato, gli Dei e gli altri pagani, e non fu causata da odio religioso;
i Romani, del resto, non avrebbero avuto nessun problema ad accettare il dio cristiano, tra gli altri Dei stranieri che avevano accettato. Per i Romani, ogni luogo (casa, crocicchio, bosco, fiume ecc.) era abitato da forze (Dei, geni, spiriti, ninfe) che andavano ingraziate e placate. Se non erano adeguatamente onorate, queste forze e gli Dei si sarebbero arrabbiati e avrebbero mandato calamità.
Come si è visto, anche la religione romana era in mano agli uomini; le vestali, sorta di "sacerdotesse di Vesta" erano sì onorate, ma solamente "se erano vergini"; se perdevano la verginità erano sepolte vive. Anche le vestali non sono "emancipazione femminile dal patriarcato", al contrario, sono proprio la reificazione della donna a "merce valida" solo se mantiene la verginità.
Qui abbiamo parlato di Vesta: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/hestiavesta-e-la-betulla.html
Per quanto riguarda la famiglia, nell'età arcaica il pater familias era sovrano assoluto (oltre che sacerdote) e aveva diritti di proprietà sugli individui. Successivamente, il suo potere viene limitato in parte (per esempio, se in un certo periodo il pater poteva vendere il figlio come schiavo, ma se lo faceva per tre volte - dopo averlo ricomprato per tre volte - allora il figlio si liberava per sempre dalla potestà del padre), ma è ovvio che il potere del pater è ancora pieno: diritti politici e civili, diritto di possedere beni e disporne. Gli altri membri della famiglia erano "alieni iuris" cioè proprietà del pater, sottoposti alla sua autorità: moglie, figli maschi e femmine, le mogli dei figli non erano soggetti di diritto, non possedevano beni, potevano essere venduti come schiavi, puniti, uccisi, diseredati. I figli maschi però avevano certi diritti politici e una volta usciti dalla famiglia diventavano emancipati. Nei tempi più antichi la moglie diventava "parte della famiglia" quando si sposava "in manu" dello sposo, e se lui era ancora "alieni iuris", era soggetta al padre di lui; successivamente la donna non entrava a far parte della famiglia del marito ma restava nella sua famiglia di origine. La "coemptio" era la compravendita della donna. Le ragazze erano vendute in spose all'età di 12 anni. La verginità delle donne era fondamentale, l'adulterio della moglie era punito anche con la morte; l'adulterio del marito era irrilevante, così come la verginità maschile prima delle nozze. Il divorzio era concesso a entrambi i sessi, e uomini come Silla, Cesare, Pompeo, Cicerone si sposarono quattro o cinque volte, licenziando la moglie precedente con una lettera di poche righe; per loro il matrimonio era uno strumento di alleanza politica, possibilità che l'uomo romano medio non aveva.
La condizione della donna e moglie romana era migliore di quella greca, ma improntata alla sottomissione. La donna romana, a differenza dell'uomo, non aveva tre nomi, ma uno o due: il familiare e il gentilizio; mancava il nome il nome individuale perché la donna non era considerata individuo, ma una parte della famiglia. Più donne in una famiglia erano distinte le une dalle altre con nomi come "maior" o "minor", "prima", "secunda", "tertia". La donna era sottoposta all'autorità del padre, poi del marito o del padre del marito se il marito era ancora "alieni iuris". Se la donna restava vedova e non aveva parenti maschi, le veniva dato un tutore. In casa, la donna si occupava di lavori domestici o sovrintendeva gli schiavi. Una differenza con la donna greca, consiste nel fatto che le donne romane accompagnavano i mariti ai banchetti, cerimonie o alle feste mentre le donne greche restavano confinate nel gineceo (anche se poi gli uomini greci ai simposi invitavano prostitute ed etere https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/le-etere.html)
Nella tarda Repubblica le donne poterono possedere beni propri e disporne senza il consenso del tutore; poterono avere anche l'istruzione superiore, ma solo le donne delle classi elevate. Livio testimonia di una scuola, aperta anche alle bambine, esistita nel 450 a.c ma non è storicamente certo.
L'ideale di "perfetta donna romana" era la donna modesta, pudica, obbediente, su modello di Lucrezia (che si uccise dopo essere stata stuprata) o Arria (che si uccise per non sopravvivere al marito condannato a morte) o madri come Cornelia, che esibì i figli al posto dei gioielli. I Romani detestavano le donne emancipate, disinibite, loquaci come Afrania, che esercitò la professione di Avvocato. Moglie di Licinio Buccio, un senatore, Gaia Afrania non delegava i suoi interessi ad avvocati ma li presentava personalmente, avendo buone conoscenze in diritto. Valerio Massimo la definì "mostro" e la accomunò a Amasia Sentia e ad Ortensia. Proprio per scongiurare un pericolo di "donne avvocate", fu emanato un editto che vietava alle donne di esercitare questa professione. Afrania morì nel 48 a.c
Comunque, segnaliamo che quando Roma entrò in contatto con le civiltà dell'Oriente, con l'arrivo di oro, sete, cosmetici e profumi, le prostitute divennero più numerose (insieme agli efebi greci e orientali, visto che l'omosessualità era consentita) e questo portò ad un calo dei matrimoni e anche del tasso di natalità. Gli uomini romani più ricchi non sentivano più il bisogno di sposarsi, visto che si potevano avere rapporti sessuali con le moltissime prostitute che affollavano l'impero. è proprio in questo periodo che le donne iniziarono a imparare il greco, a studiare la filosofia, a scrivere versi, a suonare strumenti e ad animare i salotti; alcune divennero affariste, dottoresse o avvocate. Infatti, questa ondata di emancipazione dalle consuetudini arcaiche sollevò la reprensione di Catone (234-149 a.c) e molti filosofi greci vennero espulsi da Roma (161 a.c).
Per quanto riguarda la misoginia nella letteratura romana, sono celebri Marziale che nei suoi epigrammi se la prende contro le donne (ma anche contro poeti rivali, truffatori e mariti traditi) e Giovenale con le sue invettive contro le donne (ma anche contro gli uomini effeminati e la nobiltà).
I Padri della chiesa, ex pagani, si ispireranno molto a Marziale e Giovenale per la loro misoginia, peggiorando il tutto con la misoginia biblica (o derivante da concetti teologici cristiani come l'ipostasi di gesù cristo: vero uomo e vero dio, concetto che giustifica l'inferiorità femminile e la supremazia maschile)
ADESSO METTIAMO LE FOTO DELLE PAGINE, A MO' DI PROVA, PER EVITARE DI ESSERE INSULTATA E AGGREDITA DA CHI STA RISCRIVENDO O NEGANDO LA STORIA:
Infine, segnalo quei rari spiragli di "dignità femminile" che mi è stato possibile trovare menzionati. Potrebbe esserci qualche altra figura di donna dignitosa, tuttavia queste sono quelle che ho trovato io. Ho un' idiosincrasia a leggere roba greco-romana e faccio davvero fatica a dedicarmi a questi studi. Quindi per il momento mi faccio bastare quanto ho trovato, ben felice di essere nata nel 1986 e non all'epoca degli antichi Romani.
ORTENSIA:
Nel 42 a. C. i senatori cercarono di tassare le matrone ricche per finanziare una guerra. Le donne vennero difese da Ortensia, la figlia di un famoso oratore, e ottennero il ritiro della tassa sul principio "no tassazione senza rappresentanza", poi cancellato dagli stessi uomini. Dopo la vittoria legale di Ortensia, il Senato romano, preoccupato dalle conseguenze che sarebbero potute seguire alla presa di parola da parte delle donne, sancì il divieto, per le donne, di intervenire in giudizio (in difesa di se stesse e di altri), tornando al "diritto maschile all'ultima parola" in qualsiasi circostanza.
ACONIA FABIA PAOLINA
tratto da
Moglie di un funzionario romano, Vettio Agorio Pretestato, prefetto del pretorio per l'Italia e console designato per l'anno 385. Rappresentante di quell'ultimo Paganesimo che si pose in deciso conflitto con il trionfante mondo cristiano, Aconia Fabia Paolina ci ha lasciato un commovente elogio funebre del marito in senari giambici (*) , testimonianza di un'intesa perfetta, di natura anche religiosa ed iniziatica. Al centro della composizione è infatti il destino trascendente ed escatologico di Pretestato, al quale la sposa si sente legata sul piano spirituale per l'eternità.
(*) Segno che A.F.Paolina era una donna coltissima: per poter scrivere in senari giambici (metrica latina) devi avere avuto un'istruzione letteraria d'alto livello!
Il prestigio della mia famiglia non mi ha dato fortuna maggiore di quella di essere degna d'avere un marito come te. Infatti la mia gloria e il mio onore stanno completamente nel tuo nome, Agorio, che, nato da alta progenie, patria, Senato e sposa onori con l'onestà dei tuoi costumi e anche con gli studi con i quali hai raggiunto l'apice supremo della rettitudine. Infatti tutto quanto è stato tramandato in greco e latino dalla cura dei sapienti, ai quali è consentita la via del cielo, o quelle opere che valenti poeti cantarono in versi o che sono state composte in prosa, tu rendi migliori di quando leggendo le avevi considerate. Ma è ancora poco. Tu, devoto, iniziato ai Misteri, nascondi in cuore le scoperte delle sacre iniziazioni. Dotto, veneri la molteplice potenza degli Dei, condividendo, benevolo in questi riti la tua sposa, esperta del genere umano e degli Dei e a te fedele. Ma ora che senso ha parlare di onori e privilegi, soddisfazioni che gli uomini si augurano ardentemente di avere, gratificazioni che tu sempre hai disprezzato come caduche e misere, adesso che tu, Sacerdote degli Dei, con le tue sacre bende hai raggiunto suprema gloria? Tu, sposo caro, con la tua sapienza, strappandomi al destino di una cieca morte, pura e pudica mi conduci ai templi degli Dei e al loro servizio. Al tuo cospetto penetro tutti i Misteri. Tu, pio consorte, onori me, con l'iniziazione mitriaca (1) come Sacerdotessa di Dindimo (2) e di Atti (3) . A me, di Ecate ministra, i Triplici Segreti (4) insegni e degna mi rendi dei sacri riti della greca Cerere. Grazie a te, tutti mi dicono beata, mi lodano pia dal momento che tu stesso diffondi per tutto il mondo la fama di me buona. Da tutti sono conosciuta io, ignota. Infatti, avendo te come marito, perché non dovrei piacere? Le madri mi prendono a modello e ritengono ideali i figli, se sono uguali ai tuoi. Tutti desiderano e lodano le insegne che tu, maestro, mi hai date. Ora che sei perduto, mi macero, sposa infelice, nel dolore, io, che sarei stata felice se a me gli Dei avessero concesso di morire prima di te, ma lo stesso felice, perché tua sono e, dopo la morte, tra poco, ancora tua sarò.
Note:
(1) La Poetessa era iniziata ai Misteri di Cibele, di Atti, di Mitra, di Ecate, di Cerere.
(2) Montagna della Propontide dove era situato un tempio della Dea Cibele
(3) Pastore frigio amato da Cibele e da Lei consacrato suo Sacerdote.
(4) Ecate nei suoi tre aspetti: Ecate/Proserpina negli inferi, Diana in terra, Selene in cielo.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/ecate.html
Testo originale
Splendor parentum nil mihi maius dedit quam quod marito digna iam tum visa sum, sed lumen omne vel decus nomen viri, Agori, superbo qui creatus germine patriam, senatum coniugemque inluminas probitate mentis, moribus, studiis simul, virtutis apicem quis supremum nanctus es. Tu namque quidquid lingua utraque est proditum cura soforum, porta quis caeli patet, vel quae periti condidere carmina, vel quae solutis vocibus sunt edita, meliora reddis quam legendo sumpseras. Sed ista parva: tu pius mystes sacris teletis reperta mentis arcano premis, divumque numen multiplex doctus colis, sociam benigne coniugem nectens sacris, hominum deumque consciam ac fidam tibi. Quid nunc honores aut potestates loquar hominumque votis adpetita gaudia, quae tu caduca ac parva semper autumans divum sacerdos infulis celsus clues? Tu me, marite, disciplinarum bono puram ac pudicam sorte mortis eximens, in templa ducis ac famulam divis dicas; te teste cunctis imbuor mysteriis; tu Dindymenes Atteosque antistitem teletis honoras taureis consors pius; Hecates ministram trina secreta edoces Cererisque Graiae tu sacris dignam paras. Te propter omnis me beatam, me piam celebrant, quod ipse me bonam disseminas totum per orbem ignota noscor omnibus. Nam te marito cur placere non queam? Exemplum de me Romulae matres petunt subolemque pulchram, si tuae similis, putant. Optant probantque nunc viri, nunc feminae, quae tu magister indidisti insignia. His nunc ademptis maesta coniunx maceror, felix, maritum si superstitem mihi divi dedissent, sed tamen felix, tua quia sum fuique postque mortem mox ero.
Infine, parlando di greci, oltre a Saffo, che è anche l'unico nome che si può tirare fuori, sono riuscita a trovare menzionata una certa Corinna, citata qui:
risalente all'epoca ellenistica
Comunque, sono state tramandati anche nomi di filosofe:
Nel Seicento, Gilles Ménage scoprì l'esistenza di sessantacinque filosofe; nel secolo seguente Wolf pubblicò di esse un catalogo, con i frammenti delle opere antiche che le riguardavano. Platoniche o neoplatoniche come Arria e Gemina, ciniche come Ipparchia, epicuree come Teofila, stoiche come Porzia, pitagoriche come Temistoclea, Teano, Mia, Arignote, Damo, Sara, Timica, Lastenia, Abrotelia, Echecrazia, e ancora dialettiche, cirenaiche, megariche, aristoteliche, «di setta incerta» e nobilissime come Aconia Paolina e Giulia Domna, o come le bizantine Cassia e Anna Comnena: l'elenco delle Philosophae Mulieres può proseguire per secoli, fino alla «sapiente Eudocia» consorte di Costantino Paleologo, celebrata da Niceforo Gregora o alla Irene panipersebasta, figlia di Teodoro Metochita, filosofa nel Trecento sotto l'ultima dinastia del medioevo greco orientale. Da notare come alcune avessero anche ruolo sacerdotale.
Suggerisco di scaricarsi il pdf che le menzionava: https://www.academia.edu/37328867/Donne_intellettuali_nellantichità_greco-romana.odt
Vedere anche questo post:
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/grecia-2-la-condizione-delle-donne.html
SARANNO PUBBLICATE ANCHE LE FOTO DELLE PAGINE SOTTOLINEATE IN ROSSO, PRIMA CHE QUALCUNO STARNAZZI DICENDO CHE "NON è VERO NIENTE, è UN TUO DELIRIO!", VISTO CHE OGNI VOLTA CHE SI PARLA DI "CONDIZIONE DELLA DONNA NEL PAGANESIMO E NEL CRISTIANESIMO" SI SCATENA LA PERSECUZIONE CONTRO CHI NE PARLA.
Infine concludo dicendo che per me ha davvero poco senso che una donna si professi "pagana tradizionalista", considerato che il paganesimo tradizionalista era misogino (e avallava cose come sacrifici e schiavismo). Penso che le donne dovrebbero lasciare paganesimi antichi e monoteismo e smetterla di vegetare all'interno di queste ideologie androcentriche di millenni fa. Ben diversa è la rielaborazione ginocentrica moderna che si può fare del concetto di Dea (concetto che tutti i paganesimi avevano) come si propone di fare la Wicca Dianica, che è l'unica religione fondata dalle donne per le donne e che non contiene tracce di misoginia. https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/wicca-le-frasi-piu-belle.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/che-cose-la-wicca.html
Per quanto riguarda la donna nell'antica Grecia:
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/grecia-2-la-condizione-delle-donne.html
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Info tratte da
Iniziamo subito dicendo che per lo Stato romano arcaico il re (rex) era la figura fondamentale. Il rex era mediatore tra gli uomini e gli Dei, e già questo basterebbe a dimostrare come le origini dell'ideologia e della cultura romana fossero androcentrici-patriarcali e gerarchici: a capo di tutto ci stava un maschio, giudicato superiore, che era "mediatore" tra il resto degli esseri umani (posti al di sotto di lui) e gli Dei. A questo aggiungiamo che, non a caso, il dio supremo del pantheon romano era Giove (in Grecia, Zeus), figura rappresentativa dell'androcentrismo in quanto dio maschile e potente, dio del giorno e della luce, del fulmine e del tuono.
Questo re era il comandante supremo dell'esercito e aveva poteri giuridici e legislativi. Che un re venisse eletto da un'elezione popolare o per successione di nomina regia (o con un colpo di Stato) non cambia in ugual modo il concetto: sempre androcentrismo è, perché in tutti questi casi c'è sempre la figura di un uomo maschio che prende il potere e lo esercita. Idem parlando di "re che si facevano aiutare da consiglieri" (ufficiali, collaboratori, consoli, Senato...), anche questo rientra nell'androcentrismo, visto che il suddetto re o tiranno si fa consigliare\aiutare da altri uomini.
(Qualcuno obietterà che sono esistite donne come Messalina, Agrippina e simili, che diventavano le amanti dell'imperatore o di un personaggio potente o erano madri di costui, e poi si facevano donare questo o quello, o consigliavano certe cose. Al che rispondo che queste non sono donne emancipate dalle logiche del potere maschilista, ma prostitute che fanno da zerbine agli uomini potenti in questione, vere e proprie parassite che hanno un'utilità unicamente sessuale, agli occhi degli uomini in questione - dovendo fare da pupattole reverenti- e che sono stimate dagli androcrati unicamente come concubine. Perciò no, il fatto che di tanto in tanto, specialmente sul finire della Storia Romana, ci fu qualche donna che si trovò invischiata in qualche congiura per la secessione dinastica o di potere non rende l'antica Roma una civiltà "progressista", considerato poi che erano tutte pessimi esempi di donne, persino avvelenatrici e doppiogiochiste. Anzi, sono tutte donne patriarcali, asservite a quelle logiche di potere e dipendenti dagli uomini androcratici, anche se riuscivano a manipolarli di tanto in tanto ricorrendo alle astuzie seduttive, avendo rapporti sessuali per mantenere un ruolo di "zerbina collaboratrice dell'imperatore". Peraltro facciamo notare che se non avessero avuto un bel faccino\un corpo sexy col cavolo che avrebbero sedotto sessualmente tizio e caio)
Ripeto, basterebbe già questo per rifiutare totalmente l'età antica della nostra storia umana. Ma proseguiamo, parlando della condizione della donna nella religione tradizionale romana e nella famiglia (visto che oggigiorno ai cristiani piace molto parlare di "famiglia tradizionale")
Per quanto riguarda la religione romana, diciamo subito che era utilitaristica, formalistica e "affare di Stato". Il rapporto tra uomini e Dei non era improntato all'idea di "amore, affetto" (come potrebbe essere l'idea cristiana), ma ad una mentalità di scambio: in cambio di offerte e preghiere, che venivano date agli Dei, ci si aspettava che il dio offrisse l'aiuto richiesto. Gli Dei erano invocati con riti e parole fisse, codificati e trasmessi per orale e iscritto. Molte erano incomprensibili, ma venivano ritenute "giuste" perché "funzionavano" e quindi non si lasciava niente all'inventiva e al gusto personale. Importante era anche sapere se una certa attività (esempio: iniziare una guerra) fosse gradita agli Dei. Per questo motivo i Romani, similmente ad altri popoli antichi, avevano sviluppato anche una sorta di divinazione o meglio aruspicina (osservazione del volo degli uccelli, ma anche interpretazione delle viscere degli animali sacrificati o la caduta dei fulmini). Importante era anche la suddivisione dei giorni in propizi e infausti (dies fasti o dies nefasti)
Comunque, è da sapere che in origine i Romani non avevano una concezione vera e propria di Dio e Dea antropomorfi, ma credevano all'esistenza di forze impersonali che poteva manifestarsi con un certo effetto ("la vegetazione che cresce") o in un animale o pietra.
Qui trovate altri approfondimenti: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/pantheon-romano-giove-giunone-giano.html
Più tardi gli Dei ebbero forme antropomorfe (specialmente sotto l'influsso della cultura greca) e il rapporto con loro era un contratto, da compiersi nel rispetto delle formalità. La religione era quindi affare di Stato e siccome abbiamo detto poco prima che tutto il potere era in mano al rex e\o ai suoi collaboratori, anche la religione romana era androcentrica. Il re infatti era considerato sommo sacerdote, in età monarchica, mentre in età repubblicana i sacerdoti erano eletti dai comizi. è vero che la moglie del sommo sacerdote (o le altre mogli dei sacerdoti) potevano rappresentare la controparte femminile (dopotutto, Giunone\Iuno era la Dea per eccellenza dei Romani) ma questo non basta per "salvare" la civiltà romana, visto che anche una donna-sacerdotessa che pure poteva, di tanto in tanto, officiare un rito in onore di Giunone, restava sottomessa all'autorità maschile che deteneva nelle proprie mani tutte le leggi.
Nei culti familiari il celebrante era il pater familias: si adoravano il genio del padre, la Iuno della madre e divinità come Lari, Mani e Penati, divinità protettrici della case e\o del quartiere, oppure le anime dei morti (Mani). Ogni famiglia aveva i propri e li onorava con offerte di vino, miele, latte, fiori.
In una fossa (Mundus) scavata al centro della città e chiusa da una lastra di pietra, veniva versato ogni tanto del sangue di animali, per far acquistare alle anime dei morti un po' di consistenza; per tre giorni all'anno la fossa restava aperta per consentire ai morti di partecipare di nuovo alla vita sulla Terra. Una delle grandi paure dei Romani, similmente ad altri popoli, era il ritorno dei morti, incattiviti per la negligenza dei vivi nei loro confronti. Il mundus, comunque, andò perduta, come usanza, già a partire dalla tarda Repubblica.
I Romani, similmente agli Etruschi, non avevano concezioni molto sviluppate o definite di aldilà; lo si immaginava come un mondo indistinto, piuttosto lugubre e spento, e questa sorte era sia per le anime cattive sia per quelle virtuose. Per gli Etruschi le anime erano sottoposte a tormenti; i Campi Elisi, dove soggiornavano le anime pie erano derivati dall'idea greca di oltretomba.
Altri approfondimenti su questo tema: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/gli-inferi-nelle-religioni-pagane.html
I Romani non ebbero mai problemi ad aggiungere nuovi Dei al loro pantheon e a dimenticarsi dei loro Dei più antichi. Un nuovo Dio significava templi nuovi, nuove feste, più carne da mangiare dopo i sacrifici, nuovi mercati e giochi. Più in generale, i Romani avevano riguardo anche per gli Dei dei popoli da loro sconfitti e volevano onorare tutte le divinità senza far torto a nessuna di esse. Per questo motivo NON è VERO che i Romani perseguitarono i cristiani "perché odiavano il loro dio". Come vedremo prossimamente, la causa della persecuzione contro i cristiani non è questa qui;
i cristiani vennero perseguitati perché rifiutavano gli Dei pagani e si ostinavano a non onorare l'imperatore; in più commettevano vandalismo. Era quindi una repressione contro un gruppo di vandali che disprezzavano lo Stato, gli Dei e gli altri pagani, e non fu causata da odio religioso;
i Romani, del resto, non avrebbero avuto nessun problema ad accettare il dio cristiano, tra gli altri Dei stranieri che avevano accettato. Per i Romani, ogni luogo (casa, crocicchio, bosco, fiume ecc.) era abitato da forze (Dei, geni, spiriti, ninfe) che andavano ingraziate e placate. Se non erano adeguatamente onorate, queste forze e gli Dei si sarebbero arrabbiati e avrebbero mandato calamità.
Come si è visto, anche la religione romana era in mano agli uomini; le vestali, sorta di "sacerdotesse di Vesta" erano sì onorate, ma solamente "se erano vergini"; se perdevano la verginità erano sepolte vive. Anche le vestali non sono "emancipazione femminile dal patriarcato", al contrario, sono proprio la reificazione della donna a "merce valida" solo se mantiene la verginità.
Qui abbiamo parlato di Vesta: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/hestiavesta-e-la-betulla.html
Per quanto riguarda la famiglia, nell'età arcaica il pater familias era sovrano assoluto (oltre che sacerdote) e aveva diritti di proprietà sugli individui. Successivamente, il suo potere viene limitato in parte (per esempio, se in un certo periodo il pater poteva vendere il figlio come schiavo, ma se lo faceva per tre volte - dopo averlo ricomprato per tre volte - allora il figlio si liberava per sempre dalla potestà del padre), ma è ovvio che il potere del pater è ancora pieno: diritti politici e civili, diritto di possedere beni e disporne. Gli altri membri della famiglia erano "alieni iuris" cioè proprietà del pater, sottoposti alla sua autorità: moglie, figli maschi e femmine, le mogli dei figli non erano soggetti di diritto, non possedevano beni, potevano essere venduti come schiavi, puniti, uccisi, diseredati. I figli maschi però avevano certi diritti politici e una volta usciti dalla famiglia diventavano emancipati. Nei tempi più antichi la moglie diventava "parte della famiglia" quando si sposava "in manu" dello sposo, e se lui era ancora "alieni iuris", era soggetta al padre di lui; successivamente la donna non entrava a far parte della famiglia del marito ma restava nella sua famiglia di origine. La "coemptio" era la compravendita della donna. Le ragazze erano vendute in spose all'età di 12 anni. La verginità delle donne era fondamentale, l'adulterio della moglie era punito anche con la morte; l'adulterio del marito era irrilevante, così come la verginità maschile prima delle nozze. Il divorzio era concesso a entrambi i sessi, e uomini come Silla, Cesare, Pompeo, Cicerone si sposarono quattro o cinque volte, licenziando la moglie precedente con una lettera di poche righe; per loro il matrimonio era uno strumento di alleanza politica, possibilità che l'uomo romano medio non aveva.
La condizione della donna e moglie romana era migliore di quella greca, ma improntata alla sottomissione. La donna romana, a differenza dell'uomo, non aveva tre nomi, ma uno o due: il familiare e il gentilizio; mancava il nome il nome individuale perché la donna non era considerata individuo, ma una parte della famiglia. Più donne in una famiglia erano distinte le une dalle altre con nomi come "maior" o "minor", "prima", "secunda", "tertia". La donna era sottoposta all'autorità del padre, poi del marito o del padre del marito se il marito era ancora "alieni iuris". Se la donna restava vedova e non aveva parenti maschi, le veniva dato un tutore. In casa, la donna si occupava di lavori domestici o sovrintendeva gli schiavi. Una differenza con la donna greca, consiste nel fatto che le donne romane accompagnavano i mariti ai banchetti, cerimonie o alle feste mentre le donne greche restavano confinate nel gineceo (anche se poi gli uomini greci ai simposi invitavano prostitute ed etere https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/le-etere.html)
Nella tarda Repubblica le donne poterono possedere beni propri e disporne senza il consenso del tutore; poterono avere anche l'istruzione superiore, ma solo le donne delle classi elevate. Livio testimonia di una scuola, aperta anche alle bambine, esistita nel 450 a.c ma non è storicamente certo.
L'ideale di "perfetta donna romana" era la donna modesta, pudica, obbediente, su modello di Lucrezia (che si uccise dopo essere stata stuprata) o Arria (che si uccise per non sopravvivere al marito condannato a morte) o madri come Cornelia, che esibì i figli al posto dei gioielli. I Romani detestavano le donne emancipate, disinibite, loquaci come Afrania, che esercitò la professione di Avvocato. Moglie di Licinio Buccio, un senatore, Gaia Afrania non delegava i suoi interessi ad avvocati ma li presentava personalmente, avendo buone conoscenze in diritto. Valerio Massimo la definì "mostro" e la accomunò a Amasia Sentia e ad Ortensia. Proprio per scongiurare un pericolo di "donne avvocate", fu emanato un editto che vietava alle donne di esercitare questa professione. Afrania morì nel 48 a.c
Comunque, segnaliamo che quando Roma entrò in contatto con le civiltà dell'Oriente, con l'arrivo di oro, sete, cosmetici e profumi, le prostitute divennero più numerose (insieme agli efebi greci e orientali, visto che l'omosessualità era consentita) e questo portò ad un calo dei matrimoni e anche del tasso di natalità. Gli uomini romani più ricchi non sentivano più il bisogno di sposarsi, visto che si potevano avere rapporti sessuali con le moltissime prostitute che affollavano l'impero. è proprio in questo periodo che le donne iniziarono a imparare il greco, a studiare la filosofia, a scrivere versi, a suonare strumenti e ad animare i salotti; alcune divennero affariste, dottoresse o avvocate. Infatti, questa ondata di emancipazione dalle consuetudini arcaiche sollevò la reprensione di Catone (234-149 a.c) e molti filosofi greci vennero espulsi da Roma (161 a.c).
Per quanto riguarda la misoginia nella letteratura romana, sono celebri Marziale che nei suoi epigrammi se la prende contro le donne (ma anche contro poeti rivali, truffatori e mariti traditi) e Giovenale con le sue invettive contro le donne (ma anche contro gli uomini effeminati e la nobiltà).
I Padri della chiesa, ex pagani, si ispireranno molto a Marziale e Giovenale per la loro misoginia, peggiorando il tutto con la misoginia biblica (o derivante da concetti teologici cristiani come l'ipostasi di gesù cristo: vero uomo e vero dio, concetto che giustifica l'inferiorità femminile e la supremazia maschile)
ADESSO METTIAMO LE FOTO DELLE PAGINE, A MO' DI PROVA, PER EVITARE DI ESSERE INSULTATA E AGGREDITA DA CHI STA RISCRIVENDO O NEGANDO LA STORIA:
Infine, segnalo quei rari spiragli di "dignità femminile" che mi è stato possibile trovare menzionati. Potrebbe esserci qualche altra figura di donna dignitosa, tuttavia queste sono quelle che ho trovato io. Ho un' idiosincrasia a leggere roba greco-romana e faccio davvero fatica a dedicarmi a questi studi. Quindi per il momento mi faccio bastare quanto ho trovato, ben felice di essere nata nel 1986 e non all'epoca degli antichi Romani.
ORTENSIA:
Nel 42 a. C. i senatori cercarono di tassare le matrone ricche per finanziare una guerra. Le donne vennero difese da Ortensia, la figlia di un famoso oratore, e ottennero il ritiro della tassa sul principio "no tassazione senza rappresentanza", poi cancellato dagli stessi uomini. Dopo la vittoria legale di Ortensia, il Senato romano, preoccupato dalle conseguenze che sarebbero potute seguire alla presa di parola da parte delle donne, sancì il divieto, per le donne, di intervenire in giudizio (in difesa di se stesse e di altri), tornando al "diritto maschile all'ultima parola" in qualsiasi circostanza.
ACONIA FABIA PAOLINA
tratto da
Moglie di un funzionario romano, Vettio Agorio Pretestato, prefetto del pretorio per l'Italia e console designato per l'anno 385. Rappresentante di quell'ultimo Paganesimo che si pose in deciso conflitto con il trionfante mondo cristiano, Aconia Fabia Paolina ci ha lasciato un commovente elogio funebre del marito in senari giambici (*) , testimonianza di un'intesa perfetta, di natura anche religiosa ed iniziatica. Al centro della composizione è infatti il destino trascendente ed escatologico di Pretestato, al quale la sposa si sente legata sul piano spirituale per l'eternità.
(*) Segno che A.F.Paolina era una donna coltissima: per poter scrivere in senari giambici (metrica latina) devi avere avuto un'istruzione letteraria d'alto livello!
Il prestigio della mia famiglia non mi ha dato fortuna maggiore di quella di essere degna d'avere un marito come te. Infatti la mia gloria e il mio onore stanno completamente nel tuo nome, Agorio, che, nato da alta progenie, patria, Senato e sposa onori con l'onestà dei tuoi costumi e anche con gli studi con i quali hai raggiunto l'apice supremo della rettitudine. Infatti tutto quanto è stato tramandato in greco e latino dalla cura dei sapienti, ai quali è consentita la via del cielo, o quelle opere che valenti poeti cantarono in versi o che sono state composte in prosa, tu rendi migliori di quando leggendo le avevi considerate. Ma è ancora poco. Tu, devoto, iniziato ai Misteri, nascondi in cuore le scoperte delle sacre iniziazioni. Dotto, veneri la molteplice potenza degli Dei, condividendo, benevolo in questi riti la tua sposa, esperta del genere umano e degli Dei e a te fedele. Ma ora che senso ha parlare di onori e privilegi, soddisfazioni che gli uomini si augurano ardentemente di avere, gratificazioni che tu sempre hai disprezzato come caduche e misere, adesso che tu, Sacerdote degli Dei, con le tue sacre bende hai raggiunto suprema gloria? Tu, sposo caro, con la tua sapienza, strappandomi al destino di una cieca morte, pura e pudica mi conduci ai templi degli Dei e al loro servizio. Al tuo cospetto penetro tutti i Misteri. Tu, pio consorte, onori me, con l'iniziazione mitriaca (1) come Sacerdotessa di Dindimo (2) e di Atti (3) . A me, di Ecate ministra, i Triplici Segreti (4) insegni e degna mi rendi dei sacri riti della greca Cerere. Grazie a te, tutti mi dicono beata, mi lodano pia dal momento che tu stesso diffondi per tutto il mondo la fama di me buona. Da tutti sono conosciuta io, ignota. Infatti, avendo te come marito, perché non dovrei piacere? Le madri mi prendono a modello e ritengono ideali i figli, se sono uguali ai tuoi. Tutti desiderano e lodano le insegne che tu, maestro, mi hai date. Ora che sei perduto, mi macero, sposa infelice, nel dolore, io, che sarei stata felice se a me gli Dei avessero concesso di morire prima di te, ma lo stesso felice, perché tua sono e, dopo la morte, tra poco, ancora tua sarò.
Note:
(1) La Poetessa era iniziata ai Misteri di Cibele, di Atti, di Mitra, di Ecate, di Cerere.
(2) Montagna della Propontide dove era situato un tempio della Dea Cibele
(3) Pastore frigio amato da Cibele e da Lei consacrato suo Sacerdote.
(4) Ecate nei suoi tre aspetti: Ecate/Proserpina negli inferi, Diana in terra, Selene in cielo.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/ecate.html
Testo originale
Splendor parentum nil mihi maius dedit quam quod marito digna iam tum visa sum, sed lumen omne vel decus nomen viri, Agori, superbo qui creatus germine patriam, senatum coniugemque inluminas probitate mentis, moribus, studiis simul, virtutis apicem quis supremum nanctus es. Tu namque quidquid lingua utraque est proditum cura soforum, porta quis caeli patet, vel quae periti condidere carmina, vel quae solutis vocibus sunt edita, meliora reddis quam legendo sumpseras. Sed ista parva: tu pius mystes sacris teletis reperta mentis arcano premis, divumque numen multiplex doctus colis, sociam benigne coniugem nectens sacris, hominum deumque consciam ac fidam tibi. Quid nunc honores aut potestates loquar hominumque votis adpetita gaudia, quae tu caduca ac parva semper autumans divum sacerdos infulis celsus clues? Tu me, marite, disciplinarum bono puram ac pudicam sorte mortis eximens, in templa ducis ac famulam divis dicas; te teste cunctis imbuor mysteriis; tu Dindymenes Atteosque antistitem teletis honoras taureis consors pius; Hecates ministram trina secreta edoces Cererisque Graiae tu sacris dignam paras. Te propter omnis me beatam, me piam celebrant, quod ipse me bonam disseminas totum per orbem ignota noscor omnibus. Nam te marito cur placere non queam? Exemplum de me Romulae matres petunt subolemque pulchram, si tuae similis, putant. Optant probantque nunc viri, nunc feminae, quae tu magister indidisti insignia. His nunc ademptis maesta coniunx maceror, felix, maritum si superstitem mihi divi dedissent, sed tamen felix, tua quia sum fuique postque mortem mox ero.
Infine, parlando di greci, oltre a Saffo, che è anche l'unico nome che si può tirare fuori, sono riuscita a trovare menzionata una certa Corinna, citata qui:
risalente all'epoca ellenistica
Comunque, sono state tramandati anche nomi di filosofe:
Nel Seicento, Gilles Ménage scoprì l'esistenza di sessantacinque filosofe; nel secolo seguente Wolf pubblicò di esse un catalogo, con i frammenti delle opere antiche che le riguardavano. Platoniche o neoplatoniche come Arria e Gemina, ciniche come Ipparchia, epicuree come Teofila, stoiche come Porzia, pitagoriche come Temistoclea, Teano, Mia, Arignote, Damo, Sara, Timica, Lastenia, Abrotelia, Echecrazia, e ancora dialettiche, cirenaiche, megariche, aristoteliche, «di setta incerta» e nobilissime come Aconia Paolina e Giulia Domna, o come le bizantine Cassia e Anna Comnena: l'elenco delle Philosophae Mulieres può proseguire per secoli, fino alla «sapiente Eudocia» consorte di Costantino Paleologo, celebrata da Niceforo Gregora o alla Irene panipersebasta, figlia di Teodoro Metochita, filosofa nel Trecento sotto l'ultima dinastia del medioevo greco orientale. Da notare come alcune avessero anche ruolo sacerdotale.
Suggerisco di scaricarsi il pdf che le menzionava: https://www.academia.edu/37328867/Donne_intellettuali_nellantichità_greco-romana.odt
Vedere anche questo post:
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/grecia-2-la-condizione-delle-donne.html
ALTRO APPROFONDIMENTO info tratte da
Nel VI secolo a.c Buddha metteva in guardia i suoi discepoli dalle influenze nefaste delle donne: "Si deve diffidare delle donne. Per una saggia ce ne sono più di mille folli e malvage. La donna è più segreta dal punto in cui nell'acqua passa il pesce. è feroce come il brigante e come lui scaltra. è raro che dica la verità: per lei la verità è come la menzogna e la menzogna come la verità. Ho spesso consigliato a un discepolo di evitare le donne".
Nota di Lunaria: e io ricambio, consigliando alle donne di stare alla larga da buddha e dalla sua paccottiglia nefasta, deprimente e ascetica. (https://intervistemetal.blogspot.com/2020/06/violenza-e-misoginia-nel-buddismo-e-non.html)
Buddha condivideva la credenza induista secondo la quale nascere donna era un prezzo da pagare per un'esistenza anteriore nefasta e se il Mahayana (il nuovo buddhismo sorto all'inizio dell'era cristiana) corresse numerosi aspetti troppo rigidi della dottrina buddhista, mantenne però una scarsa considerazione nei confronti delle donne.
Dal canto suo la Bibbia, pur riconoscendo nella donna, al pari dell'uomo, l'immagine di Dio (A) la considera colpevole di aver morso il frutto proibito.
Nel culto ebraico la donna non poteva accedere alla corte dei sacerdoti nel recinto del tempio, né poteva rivestire alcuna funzione sacerdotale. (Al contrario dei culti politeisti, nei quali le donne potevano officiare come sacerdotesse. Nota di Lunaria)
Nota di Lunaria: sai che perdita, non poter adorare un dio mediorientale della guerra e dello sterminio, dello stupro di guerra e del genocidio... quale è lo "javè" dell'antico testamento.
Sei secoli più tardi la donna non è tenuta in miglior considerazione nel Corano, che nella sura IV precisa: "Gli uomini sono superiori alle donne per volontà divina. Le donne virtuose sono ubbidienti e sottomesse; esse conservano accuratamente, durante l'assenza dei loro mariti, ciò che Dio ha ordinato di conservare intatto. Voi ammonirete quelle che saranno disubbidienti; le relegherete in letti separati, le picchierete, ma appena esse vi ubbidiranno tra voi, tra voi finirà la discordia". E la tradizione riporta che Maometto, sul suo letto di morte, disse "Io non lascio dietro di me problema più terribile per gli uomini che le donne..."
E pensare che nel pensiero religioso più antico la divinità era considerata femmina. Le società neolitiche avevano introdotto il culto delle Dee-Madri, fonti di ogni forma vitale, signore dei raccolti e dell'allevamento, simboli supremi di provvidenza e fertilità. (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/veneri-senza-volto.html)
L'abbandono del culto di queste Dee potrebbe corrispondere all'arrivo degli invasori indoeuropei che portarono i loro Dei, prevalentemente guerrieri e maschili; fu così per gli Achei in Grecia e per gli Ariani nella Valle dell'Indo, che imposero concezioni patriarcali, ma senza scalzare del tutto i culti arcaici che continuarono ad essere praticati in forme diverse.
Nell'antichità egizia e greco-romana furono dedicati templi ad Iside, ad Atena e Demetra, a Giunone; un'iscrizione in Egitto in onore di Iside recita "Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà e nessun mortale ha mai sollevato il mio velo".
A Roma, il padre aveva alcuni giorni di tempo per prendere una decisione: otto giorni per una femmina, nove per un maschio; se egli rifiutava l'entrata del neonato in famiglia, il piccino veniva abbandonato e persino deposto su un mucchio di rifiuti. Ad Atene, i neonati rifiutati venivano chiusi dentro un vaso d'argilla o potevano essere raccolti e allevati come schiavi. Erano soprattutto le femmine ad essere abbandonate ed uccise. (Nota di Lunaria: esattamente come accade in Asia, in posti tipo la Cina o l'India, dove i feti femminili vengono abortiti)
(A) LA MISOGINIA CRISTIANA IN SINTESI
⦁ Dio è considerato padre, e mai madre (anche se negli ultimi anni di tanto in tanto qualche teologo e l'attuale papa hanno parlato di una "maternità di Dio" in forma molto striminzita, resta il fatto che il signorino gesù ha rivelato che dio è padre e quindi così lo si deve considerare...)
⦁ Dio si è incarnato esclusivamente in un maschio. Secondo l'Aquino era perché "il maschio è il sesso più nobile, quindi era conveniente che Dio si facesse maschio"
⦁ La femmina Eva è stata creata per seconda, e da una costola dell'uomo
⦁ Eva viene considerata la colpevole della caduta dell'uomo
⦁ Tutte le femmine sono tentatrici e colpevoli come Eva, l'unica che fa eccezione è maria, che viene considerata "degna e stimabile" perché Dio l'ha preservata dal peccato
⦁ Maria, che si è dichiarata "serva del Signore", è rimasta incinta, partorendo "il redentore maschile divino" Gesù Cristo. Dai cattolici, è venerata per la sua eterna verginità, che lascia intendere che "una donna non vergine non sia stimabile"
⦁ Aggiungiamo anche le frasucole misogine di san paolo e compagnia, nella bibbia, a corinzi ed efesini, dove viene ribadito che la donna deve stare sottomessa all'uomo e che l'uomo è il capo della donna e che lei si deve velare il capo quando prega e profetizza.
E RICORDO AI NEGAZIONISTI CRISTIANI CHE IO SO CITARE CON PRECISIONE LE PAGINE DI QUESTO VOSTRO PALADINO https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/la-questione-92-per-integrale.html
ALTRO APPROFONDIMENTO
"Un uomo ingegnoso ed esperto inventò per gli uomini il timore degli Dei onde ci fosse uno spauracchio per i malvagi anche per quello che di nascosto facessero, dicessero o pensassero" (Sesto Empirico, Adversus mathematicos)
Questa idea sull'"origine della religione" è affermata anche in de Sade specialmente nel mastodontico "Justine o le disavventure della virtù", libro intriso di umorismo nero oltre che di erotismo scellerato, feroce parodia e dissacrazione dell'ingenuità dei "credenti", con una Justine così tanto ebete ed ingenua che si imbatterà in disavventure e peripezie nelle quali "fa sempre una brutta fine" a causa della sua mancanza di razionalità e prudenza, che la porta a "voler soccorrere e amare tutti, anche i criminali" (che infatti abuseranno di lei senza pietà e di continuo).
Comunque, da un punto di vista gino-centrico, più che non il considerare la religione uno strumento di controllo della morale e degli impulsi per tenere a bada gli uomini obbligandoli a precetti assurdi come "il non masturbarsi" o "il non mangiare prosciutto", la religione può essere considerato uno stratagemma inventato dai maschi patriarcali per tener buone le donne obbligandole "con le buone" ad essere remissive e obbedienti.
IL GINECEO
Nella Grecia e nella Roma antica la donna non ricopriva cariche politiche e aveva un ruolo sociale secondario. Da ragazza dipendeva da suo padre, una volta donna, da suo marito. Diventata vedova, da suo figlio o da un tutore designato per testamento dal marito.
Nell'"Odissea" Telemaco così si rivolge a sua madre: "Ora tu risali nelle tue stanze, e dedicati ai lavori tuoi, spola e conocchia; e alle serve ordina, madre, di lavorare con lena. Parlare è compito degli uomini, (1) il mio soprattutto, poiché sono padrone di questo palazzo."
Nelle famiglie greche più ricche la donna passava la propria esistenza chiusa nelle stanze a lei riservate, che costituivano il gineceo. La consuetudine le impediva di uscirne, pena l'essere disonorata (2). Ella non si mostrava in pubblico se non accompagnata e in occasioni eccezionali, per le feste della città o nelle ricorrenze familiari.
Le donne non sceglievano il loro futuro marito: era il padre o il tutore a organizzare il matrimonio. Durante il fidanzamento venivano offerti sacrifici alle divinità protettrici del focolare nel corso di una cerimonia che a Roma e nell'impero romano era l'occasione in cui il fidanzato consegnava alla promessa sposa un anello di metallo prezioso, che lei portava all'anulare della mano sinistra.
ETERE E MATRONE
Etere e concubine facevano parte del ristretto numero di donne che venivano ammesse alle riunioni maschile, dove ascoltavano discussioni filosofiche e politiche. Alcune avevano una formazione letteraria e musicale. La più celebre fu Aspasia, la compagna di Pericle, donna di grande intelligenza e cultura. (3)
Sparta fu la sola città dell'antichità in cui le ragazze venivano allevate come i ragazzi, con esercizi sportivi: Sparta voleva per i suoi guerrieri donne coraggiose e senza debolezze, al fine di garantire allo Stato bambini vigorosi.
Nell'impero romano le donne erano un poco più importanti rispetto alle donne greche: il titolo matrona conferiva loro una grande autorità. Durante le riunioni e i pasti le spose stavano al fianco dei mariti, come si verificava presso gli Etruschi, e non si può sottovalutare l'influenza che ebbero donne come Livia (moglie di Augusto), Plotina, moglie di Traiano, Faustina, moglie di Antonio e la figlia, anche lei chiamata Faustina, la moglie di Marco Aurelio.
Ai tempi della repubblica romana le coppie erano molto unite, ma ai tempi dell'impero il divorzio diventò molto comune. Il diritto di divorziare spettò per lungo tempo soltanto all'uomo, ma poco a poco venne esteso anche alla donna. Seneca affermava che le donne non contavano più gli anni attraverso il nome dei consoli, com'era d'uso, ma attraverso quello dei loro diversi mariti.
Note:
(1) Nota di Lunaria: anche il cristiano san paolo impone il silenzio alle donne: "mulier taceat in ecclesia", "la donna taccia nell'assemblea" perché l'apostolo paolo non permetteva alla femmina di insegnare e parlare...
(2) Eh certo, la donna valeva solo se "intatta di imene".
3) Sì, si intende, dovendola sempre dare.
QUI DI SEGUITO, METTIAMO LE PROVE PRIMA CHE QUALCUNO STARNAZZI DICENDO CHE "SONO I MIEI DELIRI":