Infibulazione e clitoridectomia: testimonianze



Nota Bene: sia in ambito religioso, sia psichiatrico, si è a lungo praticata la castrazione e l'escissione della clitoride. Solitamente era volontaria nell'ambito religioso (come nella setta degli Skopzi ortodossi) e serviva ad "assicurare la verginità e la castità" (perché nel vangelo si legge "Ci sono eunuchi che si sono resi eunuchi per il beneficio del regno dei cieli"), mentre in ambito psichiatrico non era volontaria, ma veniva eseguita come "cura per l'isteria e la masturbazione". Ho già parlato dei crimini della psichiatria: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-della-psichiatria-raccolta-di.html

Inoltre si tenga presente che non è vero che tutte le pensatrici africane condannino la mutilazione genitale femminile; alcune la ritengono necessaria e segno di distinzione etnica-culturale e i tentativi occidentali di sradicarla vengono visti come "colonialismo bianco". Per questo motivo inserisco anche materiale preso dal web che riportano proprio questi aspetti.

Link consigliati:

"La pratica della mutilazione genitale femminile" http://www.medmedia.it/review/numero3/it/art2.htm

http://silvanademari.iobloggo.com/13/mutilazioni-sessuali

http://www.simonaoberhammer.com/197-infibulazione-cucite-da-bambine/

A questo link
http://free-prd2.cdn.mediaset.net/mp4/2015/01/14aef2ac230965-07_0.mp4
era caricato un video molto interessante di una donna africana infibulata, ma purtroppo è stato cancellato. 



In sintesi, comunque, diceva che era stata lei a volerlo, da ragazzina, per non sentirsi esclusa e presa in giro dalle persone; inoltre diceva che non era sicura di sapere cosa fosse un orgasmo, ma che se era molto innamorata dell'uomo con cui aveva un rapporto sessuale "era felice di stare con lui nella sua mente".

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Info tratte da


"Fu solo verso gli undici anni che finalmente scoprii il significato del sangue sul lenzuolo nuziale di Kunyant.
Un giorno mia madre mi annunciò che stavo per essere infibulata. Nella nostra tradizione, questa cerimonia segna un passaggio dall'infanzia all'età adulta: per i maschi ha luogo intono ai dieci anni, per le femmine un po' prima.
Pregai la mamma di spiegarmi di che cosa si trattasse; lei mi condusse dentro la capanna, chiuse la porta, mi fece sedere sul letto e aprire le gambe, poi mi mostrò dove mi avrebbero tagliato la vagina e in che modo l'avrebbero ricucita, lasciando solo un piccolissimo foro. Ero terrorizzata: sembrava davvero orribile e doloroso. Per un mese intero, ogni volta che lei tornava sull'argomento, io mi mettevo a piangere. Quando mio padre scoprì che ero sconvolta, mi prese sulle ginocchia e mi accarezzò dolcemente i capelli.
"Non piangere, Mende. Succederà a tutte le ragazze della tua età, qui al villaggio, perciò non sarai sola", cercò di consolarmi.
Mia madre si sedette accanto a noi e mi prese la mano.
"Ba ha ragione, Mende. Vedrai che ti farà bene; inoltre, se rifiutassi non potresti sposarti."
Alla fine mi convinsero che era la cosa migliore da fare.
Dato che mi fidavo dei miei genitori, decisi di concludere la faccenda il più presto possibile. La mamma andò dalla donna delle infibulazioni e mi fissò un appuntamento per tre giorni dopo. Alcune amiche più grandi di me, che erano già state infibulate, mi dissero però che era terribile e che non avrei dovuto permettere che me lo facessero. Tornai a casa in lacrime e raccontai tutto a mia madre.
"Ho cambiato idea", singhiozzai, "le altre ragazze mi hanno spiegato tutto. Ti prego non costringermi."
"Non devi crederci", rispose lei. "Non preoccuparti, mi assicurerò che quella donna sia particolarmente delicata con te."
Il giorno stabilito, poco prima dell'alba, la donna delle infibulazioni arrivò a casa nostra. C'erano anche Kunyant e Shokan, avvertite di ciò che stava per accadere. Papà, invece, era andato alla casa degli uomini. La signora mi fece sedere su un basso sgabello di legno e mi divaricò le gambe il più possibile, poi scavò un buco nel terreno sotto di me. Vedendola estrarre il rasoio e lavarlo, rimasi paralizzata dal terrore. Poi, senza dire una parola, si accovacciò tra le mie gambe.
La sentii afferrarmi le labbra della vagina e cacciai un urlo da gelare il sangue. Con un rapido movimento della lama verso il basso, mi tagliò la carne. Io gridavo e scalciavo, cercando di divincolarmi: era il dolore più intenso che avessi mai provato.
"No! No! Umi! Falla smettere!", strillai, mentre mia madre e le mie sorelle mi tenevano ferma.
Con le lacrime agli occhi, la mamma formulò silenziosamente con le labbra una parola: "Scusa, scusa, scusa"
Probabilmente mio padre mi sentì gridare, perché, infrangendo le regole della tribù, entrò di corsa nella capanna. Si sedette accanto a me e mi abbracciò stretta, ripetendomi all'orecchio: "Ti prego, non piangere,  Mende. So che ti fa male ma, per favore, cerca di essere coraggiosa e smetti di piangere."
Il peggio, però, doveva ancora venire. La donna aveva finito di tagliarmi la carne della vagina, ma poi si chinò di nuovo e la sentii afferrare qualcosa, che cominciò a incidere con il rasoio. Il dolore era anche più forte di prima, se possibile. Urlavo, cercando di scrollarmi di dosso la mia aguzzina, ma mi tenevano così saldamente che non potevo fuggire. Alla fine, con le braccia ricoperte di sangue, la donna asportò qualcos'altro dal mio corpo e lo gettò nella buca; ricordo che aveva un'espressione soddisfatta, come se tutto stesse andando a meraviglia.
"Metti l'acqua sul fuoco", disse la donna a mia madre, senza traccia di emozione nella voce.
Mentre stavo lì, ansimante e scossa dai singulti, la vidi infilare un grosso filo di cotone in un ago, che immerse nella pentola d'acqua bollente, per poi recuperarlo dopo qualche secondo e chinarsi di nuovo tra le mie gambe.
"No!", gridai, tentando di divincolarmi, "No! No! No!"
Ma ero immobilizzata, e intanto lei cuciva i resti della mia vagina. Mi è impossibile descrivere la sofferenza a parole.
So solo che, ottenebrata dalla paura e dal dolore, pensai "La mamma mi aveva promesso che non sarei stata male. Mi ha mentito, mi ha mentito."
Quando tutto finì, io ero quasi fuori di me. La donna riempì la buca di terra, che poi pestò con il piede. Al posto della mia vagina c'era soltanto un foro grande all'incirca quanto la punta del mignolo; tutto il resto era scomparso. Quell'orribile intervento era durato più di un'ora.
I miei genitori pagarono la donna delle infibulazioni con mezzo sacco di sorgo.
Subito dopo che se ne fu andata, vennero le mie zie a cantare l'illil per me. "Ehi ehi ehi ehi" intonavano, ballando in cerchio intorno a me. Poi arrivarono tutti i nostri parenti e si tenne una gran festa per celebrare l'evento.
Mia madre fece cantare e ballare gli altri bambini per cercare di distrarmi, ma io mi rendevo a malapena conto della loro presenza.
Per tre giorni giacqui in una specie di coma; non dormivo per il dolore e non riuscivo nemmeno a comportarmi normalmente.
Le mie grida di sofferenza tenevano svegli anche i miei genitori. Credo che cercassero di consolarmi e, in qualche modo, di scusarsi per aver permesso a quella donna di trattarmi come carne da macello, ma non ricordo granchè.
Il secondo giorno le fitte diventarono anche più acute, ogni movimento era un'agonia: probabilmente avevo contratto un'infezione.
"Perché mi avete fatto questo?" domandai a mio padre e a mia madre in un raro momento di lucidità. "Mi avete mentito. Avete detto che sarebbe andato tutto bene, che non avrei sofferto. Mi avete ingannata."
"Ti renderà più sana, più pura. E ti manterrà vergine", continuava a ripetermi la mamma, per quanto io fossi certa che non ne era davvero convinta.
La prima cosa che ricordo chiaramente è che il terzo giorno sentii il bisogno di fare pipì. Non riuscivo ad accovacciarmi mentre cercavo di stare in piedi, ma appena cominciarono a uscire le prime gocce provai un bruciore insopportabile fra le mie gambe. Piangendo e tremando, mi appoggiai alla mamma.
"Non ci riesco, mi fa troppo male."
Le mi aiutò a rientrare nella capanna e mi fece un impacco con il thè tiepido; sentendo il liquido colarmi addosso, provai di nuovo lo stimolo di urinare, e riuscii a fare qualche altra goccia. Poi, stesa sul letto, ebbi tempo in abbondanza per ripensare all'accaduto. Da quanto avevo visto, c'era poca differenza tra l'infibulazione e il matrimonio; in entrambi i casi la donna perdeva sangue, in preda ad atroci dolori, e non ce la faceva a stare in piedi. Perciò decisi lì per lì che non volevo sposarmi. Mi avevano ingannata sull'infibulazione, ma io non ci sarei ricascata sposandomi. 
Ero furiosa con i miei genitori e le mie sorelle, ma soprattutto ce l'avevo con la donna delle infibulazioni, che mi aveva massacrata senza nemmeno tentare di essere delicata e senza dirmi una parola gentile. Dopo una settimana tornò a casa per togliermi i punti, ma io non volli nemmeno che mi si avvicinasse.
"Non azzardarti a toccarmi!", urlai. "Vattene subito!"
Le parve sconcertata dalla mia reazione e tentò di tranquillizzarmi, assicurandomi che non mi avrebbe fatto male. "Sì, come l'altra volta!", ribattei. "No, tu non mi toccherai. Sarà la mamma a togliermi i punti, non tu."
Mia madre era imbarazzata, ma non me ne importava niente.
Alla fine si scusò per il mio comportamento, aggiungendo "Non preoccuparti, ci penso io."
Per tutta la settimana mi bagnò i punti con tè caldo e olio per cercare di ammorbidirli, ma ogni volta che cominciava a toglierli io la pregavo di smettere. Era molto delicata e premurosa: se mi faceva troppo male, bagnava di nuovo i punti e aspettava almeno un'ora prima di ricominciare. Impiegò tre settimane a togliere tutti i punti, e per tutto quel periodo lei e papà ebbero un'aria triste e colpevole.
Dopo l'infibulazione alcune ragazze della nostra tribù morivano a causa dell'infezione. Altre morivano più avanti, di parto, perché la loro vagina era troppo stretta. Per lo stesso motivo, spesso il primo figlio moriva alla nascita: probabilmente era successo così anche al primo bambino di Kunyant.
Soltanto due mesi dopo riuscii a perdonare i miei per avermi lasciato infibulare. Ora so che lo fecero perché temevano che altrimenti non mi sarei mai sposata; nessun uomo nuba sposa una ragazza che non sia "stretta" perché ciò dimostra che è vergine. Mamma e papà erano convinti di agire per il mio bene."


METTIAMO LE PROVE:




APPROFONDIMENTO, tratto da


Per molto tempo esitai fra i chiari ideali dell'Illuminismo che apprendevo all'università e la sottomissione ai dettami ugualmente chiari di allah a cui temevo di disobbedire [...] Non colsi mai il nesso, anzi evitavo di coglierlo, tra la loro fede nell'islam e la povertà; tra la loro religione e l'oppressione delle donne e la mancanza di scelte individuali.
Per ironia fu Osama bin Laden a togliermi i paraocchi. Dopo l'11 settembre trovai impossibile ignorare le sue affermazioni secondo cui lo sterminio di vite innocenti (se infedeli) è coerente con il corano. Cercai conferma in questo libro e scoprii che era così. Per me ciò significò che non potevo più essere musulmana e anzi mi resi conto che non lo ero più da tempo [...] Si devono superare tre principali ostacoli. Il primo è la condizione femminile nel mondo islamico. L'islam soffoca la volontà delle bambine: dalle prime mestruazioni non hanno più voce, sono allevate per diventare automi sottomessi che servono in casa come domestiche e cuoche; sono costrette ad accettare la scelta del marito fatta dal padre, e dopo la cerimonia nuziale la loro vita è dedicata al piacere sessuale dell'uomo e alle numerose gravidanze. La loro istruzione è spesso interrotta quando sono ancora piccole e quindi da adulte sono del tutto incapaci di preparare i loro figli a diventare cittadini compiuti delle moderne società occidentali, e le loro figlie riproducono lo stesso schema. [...] Tutti i musulmani sono educati a credere che maometto fosse un esempio di virtù e le restrizioni morali che ha lasciato non vadano mai messe in discussione; il corano così come è stato rivelato da maometto è considerato infallibile, è la vera parola di allah e bisogna ciecamente obbedire a tutti i suoi precetti. Ciò rende i musulmani più soggetti all'indottrinamento rispetto ai seguaci di altre fedi.
Alla fine compresi: era la regola in base a cui un uomo deve imporre obbedienza alle sue donne, alle mogli e alle figlie e loro gli devono totale sottomissione.
Se non la rispettano, danneggiano il loro uomo: il suo buon nome, la sua autorità, il suo senso di lealtà, di forza, di fedeltà alla parola data [...] Questo senso di onore e di diritto maschile restringe drasticamente le scelte delle donne. Su ogni musulmano grava un intero sistema di cultura e religione, ma il peso maggiore ricade in modo sproporzionato sulle spalle delle donne.
Siamo costrette ad obbedire e tenute alla castità e al pudore da allah e dal profeta e dai padri e mariti che sono i nostri guardiani. Le musulmane [...] portano il fardello di tutti gli obblighi e le regole religiose che nell'islam si concentrano in modo ossessivo sulle donne.

Il velo musulmano, i diversi tipi di maschere, bavagli e burqa, sono tutte gradazioni di schiavitù mentale. Se si deve chiedere il permesso di uscire di casa e se, quando lo si fa, ci si deve sempre nascondere dietro spesse cortine, vergognandosi del proprio corpo, soffocando i propri desideri, quant'è piccolo lo spazio della vita che si può definire proprio?
Il velo marchia deliberatamente le donne come proprietà privata e riservata, come non persone. Il velo separa gli uomini dalle donne e dal mondo; le limita, le confina, le educa alla docilità.
Una mente può essere confinata, proprio come un corpo, e un velo musulmano impedisce sia la visuale, sia la libera scelta; è il marchio di una specie di apartheid: non il dominio di una razza, ma di un sesso.

Una religione, l'islam, basata su un libro, il corano, che nega alle donne i fondamentali diritti umani, è arretrata e sostenerlo non è un insulto [o islamofobia, accusa che ora va di moda rivolgere] ma un'opinione.
Come mia nonna, le altre donne musulmane della mia vita, madri delle mie compagne di classe e di altre bambine somale del vicinato, pensavano che la migliore strategia era tenere a casa le femmine, coprirle, infibularle e, se erano troppo ribelli, incaricare fratelli, padri e cugini di punirle.
L'onore di un uomo in una società organizzata in clan - e queste società gravitavano perlopiù attorno agli uomini - risiede nella sua autorità. Gli uomini devono essere guerrieri, e per loro la vergogna consiste nell'essere considerati deboli. Le donne sono quelle che mettono al mondo e crescono gli uomini, e l'onore risiede nella loro purezza, nella loro sottomissione e nella loro obbedienza, mentre la loro vergogna è essere sessualmente impure, e questo è il peccato peggiore, perché la disobbedienza sessuale di una donna macchia lei, le sorelle e la madre nonché i parenti maschi che hanno il dovere di controllarla.
Controllare la sessualità delle donne e limitare la possibilità degli uomini di avvicinarle sessualmente è il punto principale del codice d'onore.

Un forte elemento di potere come la verginità di una musulmana ha anche un grande valore come merce, il che significa che la verginità è soprattutto un affare da uomini: le figlie sono esche per stringere alleanze. La notte delle nozze deve esserci il sangue dell'imene rotto, altrimenti la sposa sarà condannata come sgualdrina.
Perfino oggi la verginità è il perno dell'educazione di una donna musulmana. Crescendo mi venne insegnato che è più importante restare vergine che restare viva: meglio morire che essere violentata. Il sesso prima del matrimonio è un crimine impensabile; ogni ragazza musulmana sa che il suo valore si basa quasi esclusivamente sull'imene, la parte del corpo più importante anche del cervello o degli arti. Una volta che l'imene è rotto, una ragazza è un oggetto usato, sciupato, sudicio. Per resistere alla soggezione e alla negazione dei diritti, non è sufficiente esprimere risentimento e rabbia: bisogna parlare la lingua dell'oppressore e avere abbastanza lucidità mentale per individuare i principi che giustificano l'oppressione, per poi smantellarli col ragionamento. Per poter convincere il padrone dell'ingiustizia della schiavitù, lo schiavo o la schiava deve essere consapevole della propria condizione, e poi riuscire a superare la rabbia e il dolore. Se non si è in grado di vincere con la forza, alla lunga si può spuntarla grazie a un appello alla ragione.
L'islam non è solo una fede, ma uno stile di vita; ed è uno stile di vita che implica la violenza. L'islam viene instillato con la violenza e la incoraggia.
Quando mi dicono di fare attenzione a non imporre ideali occidentali a persone che non li vogliono, devo dissentire: non sono nata né cresciuta in Occidente, ma una volta che vi sono giunta ho conosciuto il piacere di lasciar correre la mia immaginazione, il piacere di scegliere con chi volevo legarmi, la gioia di leggere ciò che volevo e l'eccitazione di avere il controllo sulla mia vita - in breve, la mia libertà - mentre mi sforzo di sciogliermi da tutte le catene e gli ostacoli che i miei legami di sangue e la mia religione mi hanno imposto.

APPROFONDIMENTO: Stralci tratti da "Il libro nero della donna" a cura di Christine Ockrent


Le bambine africane vengono escisse e talvolta infibulate: di queste pratiche soffrono e muoiono. Ma anche la loro futura sessualità viene annientata [...] usate come merci di scambio, maltrattate, private di istruzione e cure.

"L'escissione in Francia" di Linda Weil-Curiel

Le mutilazioni sessuali non risparmiano le bambine delle comunità africane in Francia. Troppo a lungo tollerate in nome del rispetto delle differenze culturali, queste mutilazioni sono ormai considerate alla stregua di crimini. Ecco la testimonianza di un'avvocata che da 25 anni è impegnata nella lotto contro l'escissione.
Per molto tempo la Francia ha ignorato tutto della pratica dell'escissione. La questione si è posta solo verso la fine degli anni '70 [...] fino a quel momento la pratica dell'escissione era totalmente sconosciuta a tutti, tranne che ad alcuni specialisti o  a chi aveva vissuto in Africa.
Per la maggior parte dei francesi un'usanza tanto crudele come l'ablazione del clitoride e delle piccole labbra dei genitali femminili esterni con una lametta da barba o un coltello (senza citare varianti più gravi) era molto semplicemente inconcepibile. In quanto avvocata femminista, mi sono interessata al problema a seguito della morte di una bimba di soli tre mesi e quando sono stata chiamata a patrocinare in corte d'assise oltre trenta causa per escissione. In Francia i processi detti "per escissione" hanno suscitato aspre polemiche e dibattiti a proposito del relativismo culturale, tornato del resto alla ribalta in tempi recenti con la questione del velo per le donne islamiche. Agli occhi dei numerosi detrattori di questi processi, francesi e africani, tali azioni giudiziarie stigmatizzavano l'operato di una popolazione rispettosa dei propri costumi e ignara dell'illegalità di questa pratica. Di frequente si sentiva dire che era scandaloso giudicare madri che a loro volta erano state vittime di escissione e di una pressione da parte delle comunità che toglieva loro ogni libertà d'azione. Si sottolineava l'assenza di volontà di nuocere alla propria figlia.
Pochissimi hanno posto l'accento sulla difesa delle bambine, future cittadine francesi ed europee, che la pratica dell'escissione avrebbe escluso in un modo intimo, segreto, marchiato di vergogna, dalla società delle donne libere del loro corpo


L'esperienza dimostra che:

1) La connotazione rituale e iniziatica che le si attribuisce viene a mancare quando l'escissione è praticata su neonate e bambine in tenerissima età, che crescendo ignorano quasi sempre di aver subito una mutilazione, giacché i genitori non spiegano nulla.
2) L'escissione deriva da una volontà di marchiare le bambine per tenerle ancorate alla società parentale, e ciò malgrado sia ormai ampliamente noto che si tratta di una pratica illegale.


FAR PRENDERE COSCIENZA DELL'ATROCITà DELL'ESCISSIONE       

Le famiglie africane coinvolte nelle cause legali in Francia appartengono ai gruppi etnici soninké, bambara, malinké e peul, e provengono soprattutto dal Mali, Senegal, Mauritania, Gambia e Guinea. [...] In maggioranza musulmane, a giustificazione dell'escissione adducono le usanze e o la religione [...] gli uomini interrogati non fanno mistero del fatto che "l'escissione calma le donne e assicura all'uomo la loro fedeltà". Quanto alle donne, sostengono che l'escissione permetterà alla loro figlia di sposarsi. è questo infatti che intendono quando affermano di aver sottoposto la bambina all'escissione per il suo bene, benché il futuro matrimonio sia quasi sempre deciso senza il consenso della promessa sposa, nell'ambito della famiglia allargata.

EFFETTI DELL'ESCISSIONE

Occorre davvero ricordare che la sofferenza causata dall'escissione è intollerabile e che lo choc subito può essere fatale? Che anche quando la ferita si è cicatrizzata le vittime devono subirne le conseguenze invalidanti? Le più frequenti sono continue infezioni alle vie urinarie, dolori persistenti dovuti alla dissezione di una zona riccamente innervata e alla formazione di cicatrici fibrose (talvolta al punto da rendere insopportabile il semplice sfregamento degli indumenti intimi o da non permettere di incrociare le gambe), difficoltà al momento del parto, con un tasso di mortalità importante in assenza di un ambiente sanitario adeguato. Senza parlare poi delle difficoltà se non dell'impossibilità di avere una vita sessuale appagante. L'esperienza ci ha insegnato che occorre non stancarsi mai di ripetere che cosa la mutilazione sessuale rappresenta nella realtà, per convincere dell'assoluta necessità di sradicare una pratica abietta che riduce le donne alle semplice funzione riproduttiva, beffando la loro dignità di esseri umani.
La questione delle mutilazioni sessuali ha incominciato a suscitare un vivace dibattito dopo la morte della piccola Bobo Traore, nel luglio del 1982. A tre mesi di vita la bimba era stata uccisa da un'emorragia conseguente alla sua escissione, emorragia che i suoi genitori, una coppia originaria del Mali, avevano tentato invano di arrestare in casa senza portare la figlia in ospedale. [...] L'autopsia rivelò che la piccola Bobo era morta completamente dissanguata. Il caso scatenò l'immediata reazione di Yvette Roudy, ministro per i diritti delle donne, che decise di avviare un'efficace politica di prevenzione [...] Furono messe a disposizione dei centri di Protezione della madre e dell'infanzia, interpreti africane e anche femmes relais (donne di collegamento) il cui compito consisteva nel facilitare il dialogo con le famiglie. L'obiettivo era fare in modo che consentissero ai medici di esaminare i genitali esterni delle bambine nel corso di una normale visita pediatrica e di far comprendere alle madri la necessità di preservarli integri.
La morte di Bobo Traore [...] portò il tribunale dei minori di Parigi a riaprire un caso analogo, segnalato alla fine del 1980. Bintou Doucara, anche lei di tre mesi, vittima di emorragia dopo essere stata escissa, era stata trasportata d'urgenza in ospedale dal padre. La bimba era stata salvata solo grazie alle cure intensive dell'équipe del professor Arthuis dell'ospedale parigino Saint-Vincent-de Paul.
Il professore Arthuis ritenne fosse suo personale dovere segnalare i fatti al giudice, che a sua volta interessò il tribunale dei minori. Il dossier su Bintou si fermò, però sepolto sotto una pila di altri, e riemerse solo due anni dopo, a seguito dello scandalo per la morte di Bobo. [...] tuttavia, per il procuratore non c'era "mutilazione", ma "ferita", che risultava ormai guarita, perché la bambina non era stata infibulata. Il tribunale decise di ordinare una perizia medica [...] gli esperti allora stilarono un rapporto che era un capolavoro di ipocrisia. Pur spiegando che la bambina aveva subito una clitoridectomia estesa, si rifiutarono di scrivere che era stata mutilata, limitandosi a constatare che c'era "scomparsa di una zona erogena in grado di compromettere la sessualità della futura donna secondo la nostra concezione occidentale"... [...] Minimizzare a questo modo [...] faceva sì che il caso Doucara fosse giudicato dal tribunale correzionale [...] se il termine "mutilazione" fosse comparso nel rapporto degli esperti, l'escissione della bambina sarebbe stato ipso facto classificato come crimine, diventando quindi reato di competenza della corte d'assise e passibile di pene molto più severe.


La mutilazione del clitoride (clitoridectomia) è stato anche vezzo cristiano, sul finire del '800 - inizio '900: Il medico viennese Gustav Braun la sosteneva nel suo "Compendio delle malattie delle donne". Anche Isaac Baker- Brown la raccomandava come rimedio "per debellare la masturbazione", uno dei sommi peccati nella rigida morale cattolica (per una volta, par condicio: sia per gli uomini, che per le donne). Brown era così convinto dell'utilità di questa pratica, che fonda addirittura un istituto, il London Surgical Home. 1882: il medico Demetrius Zambaco scrive nel suo trattato "Onanismo e disturbi psichici di due giovani ragazze": "è ragionevole ammettere che la cauterizzazione con un ferro incandescente elimina la sensibilità del clitoride e con bruciature ripetute si è anzi in grado di rimuoverlo completamente... si comprende facilmente che le ragazze, dopo che hanno perso con la cauterizzazione la sensibilità, sono meno eccitabili e meno inclini a toccarsi." Padre Debreyne si pronuncia favorevole a questo modo nei confronti della mutilazione al clitoride "Non necessario alla procreazione e utile solo per il piacere femminile".
(Vedi: "Eunuchi per il regno del cielo" di Uta Ranke Heinemann, per leggere il capitolo intero)


Ora riporto qualche stralcio tratto dalle dichiarazioni di un medico che si batte contro questo orrore e fa il possibile per curare le donne vittime di tale pratica.

Medico umanitario, Pierre Foldès ha scoperto in l'Africa l'orrore e le conseguenze disastrose delle mutilazioni sessuali (ricordiamo che vengono compiute su bambine, se non neonate di pochi mesi! E neppure su donne adulte che "potrebbero volerle"! Nota di Lunaria). Nella regione di Parigi propone alle donne escisse una chirurgia ricostruttiva. Un modo per ritrovare la loro integrità fisica e una sessualità appagante.
"Alla fine del mio internato sono partito in missione all'estero. Il mio impegno umanitario non si può dissociare dal mio impegno di medico, è una sola, unica scelta. Era questo lo spirito di Médecins du Monde"
Oggi a Saint-Germain-en-Laye, Pierre Foldès ripara le mutilazioni sessuali subite dalle sue pazienti, le donne africane.
Tutto inizia con numerose missioni effettuate per l'Organizzazione mondiale della sanità in Burkina-Faso. All'epoca si trattava di studiare le conseguenze disastrose dell'escissione sulla salute delle donne. Secondo i dati Oms, 65 milioni di donne soffrono di fistole vescicovaginali. Esse muoiono spesso durante il parto o sono messe al bando dalla loro comunità e vanno a morire lontano, scacciate dal loro villaggio. 
Pierre Foldès incomincia ad operarle, per tentare di salvarle da queste complicazioni terribilmente dolorose e invalidanti. Poi, un giorno, una donna gli mostra i segni dell'escissione di cui è stata vittima: "Mi fa male". E il chirurgo scopre questa primaria realtà delle mutilazioni sessuali: il dolore. Fanno male, molto male. Rendono la vita impossibile.
Di intervento in intervento, Pierre Foldès prende coscienza del fatto che una mutilazione sessuale può essere riparata. Interviene sulle donne che glielo chiedono, in un primo tempo nella clandestinità assoluta, poi con discrezione.  [...] Le minacce, che vengono dagli uomini o dalle comunità dei villaggi sono troppo serie. è in pericolo, ma lo sono di più ancora le donne che opera.
Rientra in Francia, lavora, disseziona, studia. [...] A distanza di tempo, Pierre Foldès può attestare la serietà della sua tecnica, insegnarla, trasmetterla, pubblicare gli elementi di tecnica operatoria e i risultati scientifici che convalidano la sua competenza.
L'operazione consiste nel ricostituire il clitoride sia dal punto di vista anatomico sia da quello funzionale. Il chirurgo asporta la cicatrice, localizza il clitoride che sussiste sempre al di sotto, qualunque sia stata la tecnica di escissione e la sua gravità. Va a cercare l'organo cicatriziale là dove si trova, nel suo posto inconsueto, poi ricostituisce un glande clitorideo il più vicino possibile al normale con le sue innervazioni e i suoi vasi sanguigni. Infine il glande clitorideo viene riposizionato nella sua sede naturale. L'intervento richiede 24 ore [...] Un mese e mezzo dopo, le pazienti tre volte su quattro hanno un clitoride dall'aspetto normale. Il pieno recupero dal punto di vista nervoso e quindi sensoriale richiede da tre a sei mesi.
Secondo le statistiche di Pierre Foldès, il risultato anatomico è soddisfacente nel'80% dei casi, e il risultato funzionale, definito da un forte miglioramento della sessualità o da una sessualità normale, è positivo tre volte su quattro.
Pierre Foldès non ricostruisce soltanto le escissioni, ma anche le infibulazioni. [...] Ne cura tutte le complicanze: sclerosi, malattie della pelle, complicazioni ostetriche, lacerazioni perineali, restituendo alle donne l'integrità fisica e allo stesso tempo, quella psichica. "Ciò che entra in gioco nelle mutilazioni sessuali, è il rapporto con il proprio corpo e l'immagine che si ha di sé"
"L'escissione è un crimine degli uomini, che sacrificano la sessualità della loro donna per controllarla meglio."
"La soluzione dipende dalle donne, che devono testimoniare ed essere sostenute al livello più alto. Come? Semplice. Bisogna che siano le donne a diventare ministro della Sanità, come è successo in Burkina Faso. Che facciano il loro ingresso in politica."


LA STORIA DI KHADY


Khady è nata in Senegal, nel 1959. Mutilata, finita poi in "sposa", appena 15enne a un marito violento che la obbliga a gravidanze continue, impedendole l'uso della pillola. è riuscita a ribellarsi e a formare un'associazione antimutilazioni: EURONET (Réseau Européen de lutte contre mutilations génitales féminines di Bruxelles).

Qualche stralcio, del suo libro.

"In lingua soninké la nonna ci annuncia che saremo salindé per poter pregare, ovvero purificate per accedere alla preghiera. In italiano: escisse, ma si dice anche tagliate."

"Oggi so che nessuna madre, anche se avesse un cuore di pietra, riuscirebbe a sopportare la vista di quello che faranno a sua figlia, soprattutto le sue urla. Lei sa di che cosa si tratta perché lo ha subito e quando tocca alla sua bambina è come se sanguinasse di nuovo. Eppure lo accetta, perché è così che deve essere e perché per riflettere la sua condizione non ha altro modo se non questo rituale barbaro che si vuole "purificatore" per poter pregare, arrivare vergine al matrimonio e rimanere fedele."

"Nei Paesi dell'Africa Nera l'escissione è praticata dagli animisti, dai cristiani, dai musulmani e dagli ebrei falasha". Gli uomini lo hanno voluto per molte ragioni: confermare il proprio potere, assicurarsi che le proprie spose non avrebbero cercato di accoppiarsi con altri uomini, o che gli uomini delle tribù vicine non le avrebbero violentate! Altre spiegazioni ancora più assurde vorrebbero il sesso delle donne impuro e diabolico com'è diabolico anche il clitoride, che toccando la testa del bambino alla nascita lo condannerebbe a non so quale sventura. Alcuni hanno anche pensato che questa sorta di minuscolo pene avrebbe potuto mettere in ombra la virilità maschile. 

"La signora incaricata all'operazione usa una lametta da barba nuova per ogni bambina, acquistata dalla madre per l'occasione. Mi tira fuori il più possibile con le dita questo minuscolo pezzetto di carne e taglia, come se affettasse un pezzo di carne di zebù. Sfortunatamente non riesce a farlo in un solo gesto: deve segare. Le mie urla mi risuonano ancora nelle orecchie. [...] La donna taglia, incide e intanto si burla di me [...] invoco in aiuto tutta la mia famiglia [...] il mio sangue le è schizzato sul viso. Sento un dolore inesplicabile. [...] Per cinque minuti buoni questa donna taglia, incide, tira e ricomincia, per essere sicura di aver tolto tutto [...] Quando smette di incidere, la donna assorbe il sangue che scorre in abbondanza [...] La violenza fatta al mio corpo di bambina non la capivo [...] Di che cosa mi si puniva? Questa cosa che mi avevano tagliato via a colpi di lametta, a che cosa serviva? E perché togliermela visto che ci ero nata? [...] Siamo rimaste distese sulla stuoia fino a quando anche l'ultima bambina vi si è adagiata piangendo. Quando la signora fabbro ha terminato il suo compito e ha finito di tagliare tutte, le donne hanno ripulito la stanza del sangue delle "purificate" prima di uscire"

Il dolore atroce dura per giorni. E ovviamente, non si riesce né a camminare, né ad urinare.

"La sera mi obbligano ad alzarmi per dormire nella camera con le altre una decina di mutilate allungate su una stuoia con le gambe ripiegate come granchi."
La legge che ha proibito l'escissione nel Senegal è del 1999. Prima di quella data, tutte le bambine africane venivano regolarmente escisse.

"L'organo genitale della donna è giudicato sporco e brutto, se non addirittura diabolico [...] Quest'organo, paragonabile, in miniatura, al sesso maschile, dev'essere soppresso. L'escissione del clitoride è simbolo della sottomissione femminile. Aumenterebbe addirittura la fecondità della donna."

In Niger, oltre alla mutilazione del clitoride, si cuce letteralmente la vagina della donna:

"Perché l'uomo si suppone debba essere in grado di deflorare la sua giovane sposa così "cucita" con la sola forza della sua virilità. Se non ci riesce, la sua potenza sessuale viene messa in dubbio. Mi è stato detto che qualche volta gli uomini si servono di un coltello per non essere colti in fallo su questo terreno. Quando è incinta, al momento del parto, una ragazza deve essere "scucita", poi "ricucita" in seguito. E ancora "ricucita" per ogni nuovo parto e così via..."

"La parola orgasmo non esiste nemmeno nella mia lingua"

Nel 1982, in Francia, si è verificata la prima morte per escissione: Bobo Traoré, una neonata morta dissanguata. Da lì in poi, l'escissione diventa nota, e si scoprono tanti altri casi, compiuti su bambine africane nate in Francia. 

LA STORIA DI WARIS


Waris Dirie è nata in Somalia. Dopo aver subito da bambina la mutilazione genitale, si è ribellata. è fuggita da casa, è riuscita ad arrivare a Londra ed è diventata modella. Ha sfruttato la popolarità per fare informazione sulle mutilazioni del clitoride, ed è portavoce di Face to Face, contro le mutilazioni genitali. Ha pubblicato: "Figlie del dolore", "Fiore del deserto" e "Alba nel deserto".

Qualche stralcio, tratto da "Figlie del dolore", 2006

"Secondo le stime delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità le vittime della circoncisione femminile nel mondo sarebbero 150 milioni. 150 milioni di donne e bambine! E con ogni probabilità il numero reale è più alto, perché in molti paesi non è ancora possibile raccogliere dati. [...] Tra le vittime ci sono neonate di una settimana, ragazze in pubertà e donne più grandi, sui trent'anni"

Waris, a differenza di Khady, è stata persino ricucita:

"Mia madre mi benda gli occhi [...] Sento il rumore prodotto dalla lama male affilata che mi taglia la pelle, e ancora, e ancora [...] La benda mi è scivolata dagli occhi. La vedo chiaramente, la vecchia macellaia, con accanto il mucchietto di spine di acacia. Quando comincia a infilarmele nella carne, il dolore è lancinante. La vecchia fa passare un filo di cotone bianco nei buchi e mi cuce. Ho le gambe come morte. Il dolore mi fa impazzire."

Come ho già avuto modo di scrivere, attualmente, un medico francese è riuscito a inventare una tecnica che permette la ricostruzione della clitoride mutilata. è Pierre Foldès, che ha scoperto in l'Africa l'orrore e le conseguenze disastrose delle mutilazioni sessuali e una volta tornato in Francia, è riuscito ad aiutare chirurgicamente le donne escisse.
è singolare che tutte le donne mutilate, il primo timore che provino di fronte a Pierre Foldès sia: "un uomo... che mi mette le mani lì e mi taglia nuovamente con una lama".
Durante le immagini illustrative dell'operazione, moltissime donne hanno persino un flashback che fa loro rivivere il trauma in modo violento.
Anche in Inghilterra un medico si occupa di donne mutilate. è Harry Gordon, che dirige la Clinica African Well Woman. 

Ci sono anche due dottoresse: Sarah Creighton e Maligaye Bikoo.

AGGIUNGO ANCHE LA TESTIMONIANZA DI UNA DONNA, LATIFA, VITTIMA DEI TALEBANI


Stralci tratti da "Viso negato. Avere vent'anni a Kabul: la mia vita rubata dai talebani" di Latifa

Teocrazia Talebana.


Niente più musica alla radio. Solo preghiere e ordini.
Tutto ciò che non è islamico (libri, vestiti, vhs, cassette, stereo, televisioni) è fatto a pezzi, distrutto, dato alle fiamme.

Il Paese verrà governato da un regime completamento islamico. I nuovi decreti sono i seguenti, secondo la sharia:
- Le ragazze e le donne non hanno il diritto di lavoro al di fuori delle mura domestiche.
- Gli uomini devono lasciarsi crescere la barba e tagliare i baffi secondo la sharia e devono portare in testa un turbante.
- Divieto di indossare completi e cravatte. Obbligo di portare il costume tradizionale afghano.
- Le donne e le ragazze porteranno il chadri.
- Si vieta alle donne e alle ragazze di indossare vestiti di colori vivaci sotto il chadri.
- Si vieta di portare lo smalto o il rossetto e di truccarsi.
- è vietato appendere foto di persone o animali.
- Le ragazze non hanno il diritto di tenere una conversazione con i ragazzi loro coetanei; i contravventori verranno fatti sposare immediatamente a seguito di questa trasgressione.
- Le famiglie musulmane non hanno il diritto di ascoltare musica, nemmeno durante una cerimonia nuziale.
- è vietato alle famiglie fare foto e riprese video, anche durante un matrimonio.
- è vietato alle fidanzate frequentare i saloni di bellezza anche per prepararsi al matrimonio.
- Tutti coloro che non sono musulmani, gli induisti e gli ebrei devono portare vestiti gialli o un tessuto giallo. Devono contrassegnare la loro casa con una bandiera gialla perché siano riconoscibili.
- è vietato fischiare.
- è vietato possedere cani e uccelli.
- è vietato parlare per strada perché le voci delle donne potrebbero provocare.
- è vietato ridere per strada.
- è vietato far giocare i bambini con gli aquiloni.
- nel momento in cui la polizia punisce un trasgressore, a nessuno è concesso fare polemiche o criticare.
- Tutti i contravventori ai decreti della sharia verranno puniti sulla pubblica piazza.

Sullo sfondo di Kabul, i primi impiccati che ondeggiano al vento, appesi ai pali del telefono. Sullo sfondo, ordalie di talebani che fustigano chiunque non abbia una barba o abbia infranto una regola, che danno fuoco a libri, quadri, cassette.

"Un po' più in là incrociamo quattro donne. Improvvisamente un fuoristrada nero frena alla loro altezza con un rumore infernale. Dei talebani saltano giù dai sedili brandendo i loro cavi metallici a mo' di fruste e, senza dir parola, senza spiegazione, si mettono a frustare queste donne che pure sono nascoste dal chador. Loro gridano, ma nessuno le soccorre. Allora cercano di scappare, ma i talebani le inseguono picchiandole senza fermarsi. Vedo il sangue colare sulle loro scarpe. [...] Le hanno picchiate perché indossavano delle scarpe bianche. è il colore della bandiera talebana, le donne non hanno il diritto di portare cose bianche. Sarebbe come calpestare la bandiera."

Pagina 67 (e io vorrei, con tutta l'anima, che questa pagina fosse stata inventata di sana pianta, perché leggerla è qualcosa che segna dentro)
"Come tollerare che a una donna vengano mozzate le dita in mezzo alla strada dalla polizia religiosa perché porta lo smalto sulle unghie?"
"Dalla finestra riconosco la madre di Aimal, un ragazzo del palazzo vicino. Tre talebani si scagliano su di lui, colpendolo con il calcio del kalashnikov. [...] laggiù non rimane che la madre di Aimal, che singhiozza china sul corpo inanimato di suo figlio."
Gli hanno sfondato la cassa toracica. La colpa di Aimal?
Guardare un film su un videoregistratore con i suoi amici.


Stiamo parlando del 1997!

Pagina 78 (altra pagina, che vorrei fosse inventata): "Hanno circa la tua età, Latifa, 15 o 16 anni... Dei talebani le hanno catturate... una banda di una quindicina di uomini... Le hanno violentate... Hanno mutilato loro i genitali, glieli hanno lacerati."

Pagina 97: "Donna completamente nuda inchiodata su una porta, tagliata in due parti. Su ogni anta della porta c'era una metà del corpo inchiodato. E la porta si apriva e si chiudeva... c'erano mani e piedi tagliati."
Queste è il resoconto del massacro all'università. Luogo non scelto a caso, evidentemente, visto che si suppone che all'università la gente ci vada per studiare e quindi, aprire gli occhi sui molteplici aspetti della cultura.
E poi, le esecuzioni in pubblico. Nello stadio di calcio. La folla, obbligata a pregare mentre i talebani mutilano mani, impiccano persone, fucilano donne.
Organizzazioni umanitarie che fornivano medicine, sono state cacciate via. Per le donne a Kabul, non è permesso né farsi visitare da un medico maschio, né avere accesso alle medicine. E così muoiono di stenti e infezioni. 
Le maestre vengono picchiate, se scoperte a insegnare matematica, letteratura, storia, geografia, scienza. Ai bambini maschi viene imposto solo lo studio a memoria del Corano. Ogni sbaglio, è una bacchettata sulle mani.


Nel 2000 quando i ragazzi di Kabul si tagliano i capelli imitando il taglio di Leonardo di Caprio in "Titanic", i talebani fanno immediatamente arrestare e condannare i barbieri. La gente guarda la televisione (comprata al mercato nero, gestito dai pachistani) in cantina. Se venissero scoperti dai talebani, rischierebbero di essere pestati a morte. I talebani distruggono ogni opera d'arte nei musei di Kabul; distruggono gli affreschi di Behzad. I Buddha.
"L'Emirato Islamico dell'Afghanistan non può tollerare idoli. Queste statue non rappresentano un simbolo per l'Islam. Non facciamo altro che distruggere delle pietre."

Latifa reagisce nell'unico modo possibile: organizza una scuola clandestina. Per insegnare ai bambini la poesia, l'arte, le scienze e non solo il corano. Se scoperta dai talebani, sarebbe immediatamente giustiziata.

Ma in Europa, si comincia a sapere di questi orrori.
La rivista francese Elle avvia una campagna di informazione. Latifa viene scelta per andare a Parigi e parlare della situazione delle donne, in Afghanistan.
"Ascolta, Latifa. La vita è tanto difficile. Se questo potesse almeno portare un cambiamento!"


Cosa sono i talebani? Esseri umani?
Il glossario recita: "Talebani: studenti di teologia formatisi nelle scuole coraniche pachistane che si richiamano alla scuola di pensiero di Deoband"

Non a caso, Latifa e sua madre (dottoressa) organizzano proprio una scuola clandestina. Dove ai bambini insegnavano poesia, arte, storia, scienza.
I talebani, o meglio, le follie religiose, sono malattie. L'unico vaccino si chiama "LIBERO PENSIERO".