Tavola cronologica
3200-2200 a.C = inizio della civiltà Egea o Minoica I. Età Neolitica e del Rame e che comprende il Neolitico e l'Eneolitico.
2100-1600 a.C = Epoca Minoica II. Prima età del Bronzo. Gli Achei scendono dai Balcani e passano nel Peloponneso.
1600-1200 a.C = Epoca Minoica III o Micenea. Seconda età del Bronzo. Gli Achei penetrano a Creta.
1200 = Inizio del "Medioevo Ellenico". Prima età del Ferro. I Dori occupano la Grecia soffocando gli Achei. Distruzione della civiltà micenea e sua diffusione in Cipro, Palestina, Sicilia.
L'Epoca Egea
Le notizie che possediamo intorno alla religione del periodo Egeo sono dovute esclusivamente all'archeologia.
A) Età Minoica: Gli scavi regolari di Creta sono di data recente (1885-1900); agli inizi i santuari erano "ricavati" dalle grotte (Halbherr, Orsi e Fabricius scoprirono sulle pendici settentrionali del monte Ida una grotta sacra ricordata come uno dei principali santuari di Zeus) come dimostrano alcune iscrizioni su terracotta ivi trovate. Gli altari erano costituiti da roccia naturale squadrata e sul fondo sono stati ritrovati avanzi di ceneri, crani e oggetti votivi; nell'antro noto come Antro di Psychro (che prevede un'entrata, con corridoio) sono state trovate persino tavole per libazioni.
Nota di Lunaria: che le grotte siano state i primi santuari lo ha dimostrato anche Marija Gimbutas;
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/introduzione-allarte-della-preistoria.html
probabilmente la grotta umida, oscura, scavata nelle profondità della roccia e della terra, che offriva riparo e rifugio ai nostri antenati, venne vista da essi come l'Utero della Dea, che generava la vita e la proteggeva (il bambino è protetto nella pancia della mamma per 9 mesi). Per quanto riguarda i primi altari ricavati da blocchi di pietra squadata ne abbiamo traccia anche in Valtellina e sulle Alpi, come del resto abbiamo traccia anche di grotte sacre, vedi Campo Rotondo.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/la-discesa-agli-inferi-la-grotta-e-il.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/la-notte-nella-mitologia-nella.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/campo-rotondo-e-la-litolatria.html
Tra gli oggetti di culto più notevoli rinvenuti negli scavi vanno annoverati:
1) L'Ascia Bipenne
2) Le Corna del Toro
3) Gli Alberi Sacri
4) Gli Idoli Femminili (https://intervistemetal.blogspot.com/2021/02/arte-egea-e-cretese.html)
La Bipenne è la figura più in onore nel palazzo di Cnosso: la si trova su altari, colonne e pilastri.
Nota di Lunaria: dal mio punto di vista la Bipenne potrebbe derivare non solo dalle ali di farfalla ma anche dalle fasi lunari: infatti le due estremità dell'ascia, che sono opposte l'una all'altra, hanno forma di falce di Luna.
Inoltre non dimentichiamo che Dee cornute come Iside o Hathor portavano corna di toro, in associazione al disco solare (ma volendo potremmo vederci anche una Luna Piena). Hathor, poi, ha direttamente aspetto di mucca (ovvero di femmina del toro).
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/gli-animali-e-le-dee-nella-mitologia.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/le-dee-con-la-corna-e-la-falce-di-luna.html
Senza contare che l'utero, con le ovaie, rimanda proprio ad una testa di toro stilizzata, dove le ovaie corrispondono all'estremità delle corna taurine. Che le corna del toro fossero sacre è presente anche in altre testimonianze storiche: una stele lapidea rinvenuta a Teima (Arabia Settentrionale) e un sarcofago di Haghia Triada. Abbiamo poi la testimonianza biblica (la vicenda del "Torello d'oro" che scatena le ire del dio jahvè...) e la già citata Hathor.
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/05/israele-esoterico-7-amuleti-e-toro-nel.html
Anche gli alberi e le colonne erano sacre. Secondo Evans, la colonna sarebbe una rappresentazione simbolica della divinità.
Nota di Lunaria: il che, ancora una volta, ci rimanda al culto ebraico/semita dei sassi e degli alberi; lo stesso jahvè, in realtà, manifestatosi nel "roveto ardente" si va a inscrivere nella tradizione semita politeista: gli alberi erano abitati dal Dio o dalla Dea e davanti all'albero i fedeli pregavano la divinità. Vedi anche il caso delle tre Dee pre-islamiche Allat, Al Uzza e Manat, adorate nelle acacie. La Dea ebraica Asherah era adorato sotto forma di palo di legno o colonna eretta.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/alberi-sacri-femminili-nellantico.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/gerico-e-il-culto-della-dea.html
La Menorah è l'albero in miniatura, e agli inizi era un simbolo della Dea Asherah, che veniva rappresentata sotto forma di palo (tronco)
Importantissime sono anche le statuette di Divinità Femminili nude o in piedi, sedute, steatopigiche, talora con un bambino, interpretate come Dee della fecondità, con i seni pronunciati e le braccia lungo i fianchi o in alto, in segno di benedizione. La Dea è sovente vestita e ha 3 serpenti che le si avvolgono intorno alla persona; talvolta sono simboleggiate da colombe.
B) Età Micenea: L'Età cosiddetta Micenea non è altro che uno stadio ulteriore della minoica e cronologicamente corrisponde al Minoico III. Gli scavi iniziarono nel 1871 fino al 1884 e portarono alla luce: Santuari nei palazzi di Micene e Tirinto; Oggetti sacri: Idoli Femminili, colombe (in numero di 3 intorno a una figura femminile) (1) Sigilli e tavolette, Animali sacri effigiati in monumenti: la capra (vedi anche il mito di Zeus e la capra Amaltea che lo avrebbe allattato); l'ape (2) (che avrebbe nutrito Zeus infante); la scrofa (3), il toro (animale poi connesso allo stesso Zeus quando, per esempio, si trasforma in toro per rapire Europa o il toro amante di Pasife che genera il minotauro - collegato poi al labirinto) (4)
(1) La colomba era il simbolo anche della Dea Kupaba (Kubaba), Dea Hurrita (X-IX sec. a.C) anche Lei porta una sorta di tiara cilindrica in testa!
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/il-melograno-simbolismo.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/gli-animali-e-le-dee-nella-mitologia.html
Molte Dee erano accompagnate da uccelli o erano esse stesse Dee-uccello: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/uccelli-ditalia-e-il-simbolismo-antico.html
(2) Anche l'ape è l'animale della Dea: tanto per iniziare, nella tradizione greca, era legato a Melissa e veniva celebrata nelle feste note come Tesmoforie:
"Le Tesmoforie erano speciali sotto vari aspetti. Vi erano ammesse solo le donne sposate, e non le vergini. Era l'unica festa che richiedeva alle donne sposate di osservare la castità sia nel periodo di preparazione sia durante le cerimonie. Gli uomini erano accuratamente tenuti alla larga dalle donne, che citavano un mito orrorifico in cui le celebranti delle Tesmoforie, grondanti di sangue, castravano a colpi di spada il re Batto, sorpreso a spiarle durante un'antica edizione della festa. Una volta era successo davvero che un uomo, Aristomene di Messenia, si infiltrò arrivando troppo vicino, e le donne lo catturarono usando come armi coltelli sacrificali, spiedi da arrosto e torce. Un'altra particolarità delle Tesmoforie era che tutte le donne che vi partecipavano erano chiamate Melissai, le api - in ricordo di un episodio del mito di Demetra, che mentre vagava alla ricerca di Core fu ospitata da Melissos, re di Paro o, in un'altra versione, re delle api. I Greci avevano una grande ammirazione per la casta alacrità delle api e per il modo in cui nell'alveare si aborre l'adulterio, punito con l'uccisione dell'adultero, o con la migrazione dell'intero sciame. Durante le Tesmoforie le matrone diventavano Melissai, caste api asessuate e astinenti. Data la condizione di inferiorità e subordinazione delle donne in Grecia, le Tesmoforie erano tre giorni di licenza straordinaria, in cui le donne sposate erano libere di abbandonare il focolare e i lavori di casa per stare assieme tra loro, rendendosi volontariamente non attraenti [...] Le Melissai non erano sorvegliate e non erano rinchiuse, eppure, attraversa l'insolita castità e in comunione con le altre donne, provvedevano a svolgere i riti di fertilità così importanti che gli uomini non avrebbero osato farne a meno [...] Le matrone usavano questa temporanea castità per evadere dalla noia dei lavori domestici, dall'autorità dei mariti; [...] riaffermavano la propria importanza sociale in quanto donne." (stralci tratti da "Storia della castità")
Inoltre anche i Lettoni veneravano la Dea delle api, Bisu Mate, e la troviamo anche a Rodi e associata alla Dea Slava Makosh (Mokosh), una Dea Tessitrice della Fertilità i cui animali sacri erano api, serpenti, agnelli. I Romani avevano Mellona, gli indù hanno Bhramari.
(3) La scrofa (meglio se bianca) era un animale associato alle prime Dee, le statuette del Neolitico, come dimostra Marija Gimbutas; ed è associato anche a Cerridwen, la Dea del pentolone magico; anche in Italia c'è un riferimento simile: l'animale simbolo di Milano era la scrofa "semilanuta", scelta da un principe celtico, Belloveso, principe celtico, che al momento di fondare la città, consultando alcuni druidi, scelse proprio la scrofa, simbolo della Dea. Gli indù adorano Varahi, la Dea cinghialessa
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/cerridwen-henwen-baubo-e-il-maiale.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/tacito-la-madre-degli-dei-il-cinghiale.html
(4) Scopiazzamento cattolico del labirinto cretese, vedi la cattedrale di Chartres. Tra l'altro questo simbolo era ancora più antico della civiltà cretese! Lo si trova sulle incisioni rupestri, che rappresentavano anche la doppia spirale, da cui poi derivò "L'Omega" che fu simbolo della Dea Sumera Ninhursag, prima che i cristiano lo usassero per il loro gesù cristo.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/04/la-spirale-e-il-labirinto.html
Interpretazioni varie sulla religione dei Pre-elleni:
Qualunque sintesi sulla religione dei Pre-elleni è prematura perché il materiale archeologico non può fornire alcuna ricostruzione integrale. Nondimeno parecchi studiosi hanno tentato di tracciarne un profilo: Tsountas afferma la prevalenza di una Divinità Femminile, identificabile con la Terra Madre e di fronte ad essa quella del Cielo, Zeus, raffigurato dalla bipenne. Evans vuole che due siano le forme nelle quali la divinità è adorata: colonna e albero; la colomba vi ha pure una parte importante e d'altra parte può essere collegata anche con il culto dei morti perché l'anima spesso prende quella forma per visitare la tomba.
Nota di Lunaria: l'associazione "ali di colomba" = "aldilà" è rimasta anche nel substrato cristiano: gli angeli sono immaginati con candide ali di colomba, con penne bianche; ma la colomba era animale sacro anche ad Afrodite/Ishtar, Dee dalla natura sensuale e sessuale, per cui le ali bianche possono essere anche sexy, seducenti, dallo spiccato carattere erotico.
J. Harrison si spinge più oltre nell'identificazione degli oggetti di culto cretesi e trova che l'albero e la colonna sacra rappresentano la divinità della terra, e l'uccello la divinità del cielo poiché quando i due simboli sono uniti (es: sarcofago di Haghia Triada) sogliono esprimere il matrimonio tra il Dio del cielo e la Dea della terra, tra Urano e Gaia. Dussaud osserva che nel pantheon cretese vi sono due tipi mitologici fondamentali, uno maschile (Zeus e Dioniso Zagreo, di tipo agrario, che muoiono e risorgono, entrambi raffigurati nel toro) e uno femminile, Rhea, Dea della terra accanto a cui sta Britomartis, la vergine dolce e buona, ravvicinata ad Artemide; al tipo femminile sono parallele Europa e Pasife, mitologicamente in relazione col toro.
Comparando i vari elementi (Cibele in Frigia; Hipta in Lidia; Ma in Cappadocia; Anahita in Armenia; Artemide in Efeso https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/lartemide-di-efeso-e-la-palma.html) è possibile fare congetture anche per quanto riguarda la Grande Dea Cretese.
Associata alla Divinità Femminile se ne trova anche una maschile, ma in due momenti diversi: uno infantile e uno adulto e in posizione secondaria, sia come figlio che come amante: egli è il frutto fecondo e fecondatore della Madre da cui in ultima analisi deriva tutto ciò che vive sulla terra.
Questo Dio figlio e sposo (simile all'Attis frigio e all'Adone siriaco) assume a Creta il nome di Zeus appicatogli dai Greci ma con l'epiteto di Kretagenés del tutto diverse da quelle dello Zeus Ellenico.
Nota di Lunaria: il concetto della Dea da cui deriva il figlio-sposo in realtà è stato mantenuto in forma inconscia anche nel cattolicesimo: maria è fecondata dallo spirito santo che fa parte della trinità; ma la trinità cattolica identifica un unico dio in "tre aspetti diversi", ma sempre unici, nella "sostanza": padre, figlio, spirito santo: maria è quindi fecondata dallo spirito santo (suo sposo) che contemporanemente le è figlio nella figura di gesù e padre nella figura di dio.
Anche nell'Induismo si trovano a volte rimandi a Kali che è Madre Amorevole di Shiva, pur essendogli contemporaneamente amante (soprattutto nella figura della dolce Parvati)
Nella vita di questa coppia divina che rappresenta la Natura nella sua eterna vicenda di morte e rinascita, due sono i momenti principali:
1) La nascita di Zeus
2) La morte di Zeus, di fronte alla quale i mitografi greci non sapevano più cosa pensare: Callimaco rimprovera ai Cretesi la loro assurda pretesa di avere la tomba di Zeus; Diodoro e Cicerone ammettono l'esistenza di due Zeus. Anche "l'Inno dei Cureti" ritrovato nel 1904 presso Palaikastro, inneggiando all'annuale venuta del Dio che si festeggia con danze e canti ce lo presenta come una divinità della vegetazione che periodicamente muore e rinasce. Sicché Rhea (*) e Zeus sono la grande coppia che rappresenta la Natura feconda e fecondatrice; Rhea vive sulle montagne e le fan corteggio le bestie feroci, Zeus, mediante i fenomeni atmosferici, è il gran fecondatore della Natura; perciò ha per distintivo la bipenne, che è il fulmine attraverso il quale nella violenza dell'uragano si manifesta il Dio.
Nota di Lunaria: si capisce bene l'imbarazzo dei patriarcali Greci/Romani di fronte allo Zeus cretese, che muore (e viene resuscitato dalla Dea!) Ammettere che Zeus morisse significava lasciar passare che fosse solo la Dea ad essere eterna, e quindi, più potente; tra l'altro anche gli stessi cristiani ammettono sì un dio che muore e risorge (come Osiride: morto e resuscitato pure lui!) ma la sua resurrezione è opera... del dio padre! e non più della Dea (nel mito di Osiride è Iside che lo fa risorgere).
In sintesi, sia i greci che i cristiani negano il potere della Dea: i primi la mantengono (Era) sottomettendola a Zeus (suo marito), i secondi la soffocano del tutto mantenendo il solo dio padre: la Dea viene prima detronizzata (nell'epoca greca) e poi eliminata del tutto (nell'epoca cristiana).
Tra l'altro i cristiani, pur negando totalmente la Dea, mantengono comunque in sordina l'elemento femminile legato alla morte nel post-crocifissione: le pie donne al sepolcro che vedono l'angelo, maria maddalena che vede il cristo risorto... il che, poi, è davvero poca cosa... anzi semmai qui a prevalere è un discorso di umiltà femminile (le figure femminili sono prostrate e in ginocchio!) e glorificazione del solo maschio giudicato dio.
A Creta il sacerdozio era esercitato principalmente dalle donne (gli uomini esercitavano funzione secondaria: offerenti e suonatori e raramente sono rappresentati nell'arte in riferimento a scene religiose)
Molte statuette cretesi di Sacerdotesse\Dee oranti dall'espressione estatica con gli occhi chiusi, venivano rappresentate con delle capsule di papavero in testa; fiore che tra l'altro ha una valenza mestruale: è rosso, come il sangue, e il suo bocciolo sembra una vagina, con la clitoride rossa al centro.
Il papavero poi è connesso al sonno, al sogno, alla visione misterica, all'apertura del terzo occhio (vedi il papavero da oppio e la droga)...
che le Sacerdotesse di Creta usassero qualche filtro magico a base di papavero, prima di profetizzare o entrare in contatto con la Dea?
(*) APPROFONDIMENTO SU RHEA
Primordiale Dea greca della terra, moglie di Crono e Madre degli Dei. Crono temeva di essere deposto dai figli e così ingoiava tutti i bambini che Rea gli aveva partorito. Quando fu incinta del piccolo Zeus, Rea andò a consultare Gaia e Urano per chiedere come poter salvare il bambino.
Così, Rea decise di ingannare Crono; dopo aver partorito Zeus, prese una pietra, la avvolse in fasce e poi la consegnò al marito, dicendo che si trattava del nascituro. Zeus riuscì a salvarsi, e venne allevato dalle ninfe e come aveva preannunciato la profezia, scacciò Crono dal trono e divenne il re dell'Olimpo.
ALTRO APPROFONDIMENTO
"Lontano, sull'azzurro mare, giace una terra chiamata Creta, terra ricca e bella, bagnata da ogni parte dalle onde, densamente popolata, superba di novanta città. Ciascuna delle sue molte razze ha un proprio idioma... Una delle novanta città è una grande metropoli detta Cnosso e là, per nove anni, il re Minosse governò godendo l'amicizia di Zeus onnipotente..."
Così, nell'Odissea di Omero, Odisseo\Ulisse descrive alla consorte Penelope la maggiore fra le isole greche.
Creta è a sud-est della Grecia continentale; è montagnosa, ed è percorsa in tutta la sua lunghezza da un'elevata dorsale, che raggiunge al centro gli 8000 piedi con la sommità del Monte Ida.
Le regioni elevate non sono mai servite ad altro che a far pascolare pecore e capre, mentre le bassure sono sempre state fertili, producendo cereali, legumi, olive ed uva.
Di Creta sappiamo che aveva palazzi e grandi città; circa quattro o cinquemila anni fa Creta era il centro della più antica civiltà europea a noi nota, pari a quella di Babilonia e dell'Egitto.
Intorno al 1100 a.c Creta cessa di esistere, annientata da catastrofi la cui natura non è del tutto chiara. Già nel V secolo, in Grecia, il ricordo della civiltà di Creta si era fatto nebuloso; gli unici nomi che erano sopravvissuti erano quelli di re Minosse e della capitale Cnosso. Lo storico Tucidide così parlava di Minosse: "Minosse è il primo governante ad aver posseduto una flotta con cui controllava la massima parte di quelle che ora sono le acque greche. Dominava le Cicladi e fu il primo colonizzatore della maggior parte di queste, ponendo i propri figli come governatori. è molto probabile che sgombrasse, per quanto possibile, il mare dai pirati, per rendere sicuri i propri guadagni."
Su Minosse circolavano molte leggende; una di queste raccontava che Minosse fosse figlio dello stesso Zeus, il quale era nato in una caverna di Creta. La madre di Minosse era Europa, che Zeus, sotto l'aspetto di toro aveva portato a Creta; si raccontava che sotto il palazzo di Cnosso vi fosse un labirinto e che in esso vivesse il Minotauro, metà uomo e metà toro, nato dall'unione fra un toro e Pasifae, moglie di Minosse. Questo labirinto era stato costruito da Dedalo. Minosse con la sua flotte aveva conquistato Atene e quale tributo, esigeva che gli Ateniesi mandassero ogni anno a Creta 12 giovani fanciulli e fanciulle, perché fossero divorati dal Minotauro.
Fu l'eroe Teseo a proporsi di sconfiggere il Minotauro; imbarcatosi a Creta, sedusse la figlia di Minosse, Arianna, che con l'aiuto di Dedalo aveva escogitato un piano per farlo fuggire dal labirinto dopo aver ucciso il Minotauro: con un gomitolo, svolgendolo man mano che avanzava, riuscì a tornare indietro.
Arianna riuscì a sfuggire (onde poi essere abbandonata da Teseo https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/dioniso-arianna-e-il-culto-del-vino.html) ma Dedalo venne imprigionato col figlio Icaro. Dedalo aveva costruito un paio di ali con piume e cera, per poter volare al di fuori dell'isola. Dedalo ammonì il figlio di non volare troppo in alto, ma Icaro, inebriato dall'orgoglio e dall'ebbrezza del volo, era volato sempre più in alto, nel tentativo di raggiungere il sole: il calore sciolse la cera delle ali e Icaro precipitò in mare, morendo. Dedalo invece riuscì a raggiungere la Sicilia.
Su questo sottofondo di favole si imbastisce la vera storia dell'antica Creta.
I primi abitanti di Creta appartenevano al Neolitico e coltivavano cereali. Ci sono giunte le statuine femminili che questi primi abitanti dell'Isola producevano.
Furono i nuovi arrivati dall'Asia Minore a portare rame, bronzo, argento e oro. A Creta l'Età del Bronzo durò circa due millenni.
Non è certo se Minosse fosse propriamente un re; forse era un titolo regale con cui si appellavano i sovrani, analogo al titolo Faraone.
Uno dei più famosi studiosi di Creta, Sir Arthur Evans, studiando i vari stili delle ceramiche, suddivise la storia minoica in tre periodi principali: Antico, Medio e Tardo Minoico, anche se questo sistema cronologico non ha mai convinto tutti gli archeologi; si può usare anche il sistema alternativo ideato da Platon, desunto dall'evoluzione dell'architettura dei palazzi:
pre-palaziale (3000-2000)
primo-palaziale (2000-1700)
secondo-palaziale (1700-1400)
post-palaziale (1400-1100)
GALLERIA DI IMMAGINI
Nota Bene: i personaggi maschili hanno la pelle molto scura. Per questo motivo, alcuni studiosi (soprattutto "panafricanisti") hanno ipotizzato che Creta venne fondata da navigatori africani.
Avevo già parlato di questo sito: http://realhistoryww.com./world_history/ancient/Minoan_Greece_1.htm
In effetti, molte cose dell'arte africana sono presenti anche nell'arte cretese e nella primissima età arcaica greca.. penso che in effetti non sia così astruso pensare che Creta fosse stata fondata da navigatori africani (o anche, nordafricani)
ALTRI RIFERIMENTI AL SERPENTE:
AGGIUNGO L'APPROFONDIMENTO SU CRETA PRESO DA
Erodoto fa provenire da Creta la popolazione della Licia; la stessa cosa fa e nello stesso identico modo, Strabone.
Fino ad ora ho incontrato un unico aspetto in evidente relazione con il matriarcato. Creta è infatti la sola terra in cui non si diceva "terra patria" bensì "terra madre".
Quando il Licio, rispondendo alla domanda su chi egli fosse, nominava la madre e quindi risalendo all'indietro, si rifaceva sempre alle madri, egli doveva chiamare la terra di nascita della sua prima madre - vale a dire la sua propria patria - terra madre e non terra patria.
Il matriarcato conduce necessariamente a questa designazione, terra madre, ed è perciò importante che Creta l'abbia mantenuta dopo che essa era sparita altrove ed era stata sostituita dalla nuova terra patria.
La designazione "terra madre cretese" si incontra in Platone il quale aggiunge che i Cretesi dicono "amata terra madre", un'espressione d'affetto che viene messa particolarmente in risalto nella qualità materna del paese natale.
[...]
Le donne non sono in un semplice rapporto di discendenza con la terra, esse sono piuttosto la terra stessa, e il carattere materno di quest'ultima passa in loro.
Le donne recano in sé un grado di sacralità più elevato degli uomini.
La loro inviolabilità riposa sulla loro maternità terrena, quella degli uomini, invece, sulla loro discendenza dalla maternità come tale.
Da ciò consegue che la legge numaica sul paricidium acquistò significato soprattutto per la sua estensione al sesso maschile. Ciò che inizialmente, e anche senza legge, valeva per la madre e qualsiasi donna, venne ora applicato agli uomini, l'inviolabilità dei quali non era altrettanto ovvia.
Mentre infatti l'inviolabilità stessa della donna riposava sulla sua identità con la terra che tutto partorisce, quella dell'uomo veniva riconosciuta attraverso la legge.
La sacralità della donna l'abbiamo trovata anche nel puro stato di natura. Non così quella dell'uomo.
[...]
Non è un fatto molto raro che venga messa in risalto la parentela che si crea attraverso la discendenza materna. Può essere dovuta a ciò l'usanza delle donne romane di implorare la Dea Ino-Leucotea, che viene equiparata alla romana Mater Matuta, affinché protegga non i loro figli, ma quelli della sorella Ino-Matuta, che rappresenta il principio naturale femminile che è alla sommità di ogni cosa, la donna mortale è la sua immagine terrena e perciò, così come Ino è al vertice della natura, la donna è al vertice della famiglia.
(...) Tutte le donne terrene hanno il loro punto di unione nella grande Madre Primordiale Mater Matuta.
(...) Le Dee Madri vengono quindi concepite come la terra stessa e precisamente, nella sua qualità materna.
Dal loro grembo esse inviano alla superficie ogni frutto.
Il loro posto ed il loro compito sono rappresentati dalle donne terrene, madri mortali queste, così come le altre sono le immortali madri originarie di ogni frutto materiale.
In questa rappresentatività riposa il fondamento della dignità femminile. Le donne sono al vertice della loro stirpe così come le Dee lo sono nei confronti della vita della natura in generale.
Non solamente la prosperità fisica, quindi, ma anche il benessere dello Stato dipende dalle Madri. Come non riconoscere il nesso tra questo culto e l'istituzione dello Stato?
Che nella sovranità della donna e nella sua consacrazione religiosa fosse contenuto un potente e grandioso elemento educativo e di continuità, lo si deve ammettere in modo particolare per quei tempi primordiali in cui la forza bruta infuriava ancor più selvaggiamente, la passione non aveva ancora un contrappeso nelle usanze e nella istituzioni di vita, e l'uomo non si inchinava se non dinanzi al magico e per lui inspiegabile potere che la donna esercitava nei suoi confronti.
Alle selvagge, indomite manifestazioni di forza degli uomini, le donne si opponevano beneficamente, come rappresentanti dell'educazione e dell'ordine, come la personificazione della legge, come oracolo di una saggezza innata e presaga. (...)
La donna, anche fisicamente, è fatta per la stabilità.
Ella è prefigurata dalla natura stessa "a domiseda" (fondamenta) della casa, ed anche in ciò partecipa del carattere della terra: possiede la natura della zolla da cui trae origine. Riposando su se stessa con imperturbabile certezza, ella riconduce sempre a sé l'essenza errata ed inquieta dell'uomo. Nella coscienza della sovranità posta nelle sue mani, la donna di quei tempi antichi deve essere apparsa a epoche più tarde avvolta di una grandezza e di una solennità misteriose.
(...) La stessa idea presente nel culto materno torna in Demetra. La terra, nella sua maternità, forma il contenuto, pensato del tutto materialmente, di questa divinità.
Per questo il matriarcato cretese attribuisce grande importanza al fatto che nella feconda isola di Creta Demetra si concede all'amore di Iasio su di un maggese arato tre volte, la Dea immortale con l'uomo mortale.
Nell'immortalità della donna, contrapposta alla mortalità dell'uomo, il predominio del matriarcato ha conservato una manifestazione che appartiene alla più antica concezione religiosa. Al patriarcato corrisponde il rapporto opposto, molto più frequente nel mondo mitologico, in cui l'immortalità sta dalla parte del padre e la mortalità da parte della madre.
Cio è espressione del principio spirituale di Zeus che appartiene all'incorporea forza della luce celeste.
Il matriarcato proviene, per contro, dal basso, dalla materia, dalla terra, la quale poiché partorisce tutto dal suo grembo oscuro, viene concepita come la madre primordiale di ogni creazione visibile. Effimero è ciò che da essa proviene, ma ella resta in sé eterna e gode di quell'immortalità che non può comunicare ai suoi frutti, neanche al più bello di essi.
Così come l'albero è della terra e non può mai svincolarsene, allo stesso modo l'uomo appartiene completamente alla madre, non al padre. L'immortalità di Demetra si ripete nel matriarcato, anche per le donne terrene.
Come ne patriarcato il figlio succede al figlio, così nel matriarcato la figlia succede alla figlia.
Nell'ultima nipote continua a vivere la madre, attraverso la madre continua a vivere la prima madre originaria. Nel matriarcato il figlio non continua la famiglia; egli ha un'esistenza puramente individuale, limitata alla sua vita.
è la parte mortale, mentre la donna è quella immortale.
Il rapporto di Demetra con suo figlio Pluto è adatto a fornire ulteriori chiarimenti sul rapporto del principio naturale femminile con quello maschile.
La madre esiste prima del figlio.
(...) La femminilità è al vertice delle cose, la forma maschile dell'energia si manifesta solo dopo di essa, in un secondo momento. La donna è il già dato, l'uomo diviene.
All'inizio è la terra, la materia materna fondamentale.
Dal suo grembo di madre proviene quindi la creazione visibile e solo in essa si manifesta una sessualità duplice, separata al proprio interno; solo in essa viene alla luce la figura maschile.
Donna e uomo non compaiono dunque contemporaneamente, non sono uguali.
La donna guida, l'uomo segue; la donna esiste già precedentemente, l'uomo sta con lei in un rapporto filiale;
la donna è il già dato, l'uomo è ciò che è divenuto solo a partire dalla donna.
Egli appartiene alla creazione visibile ma sempre mutevole; giunge all'esistenza solo in forma mortale.
Presente, data e immutabile fin dall'inizio è soltanto la donna; divenuto, e perciò votato ad un incessante tramonto, è l'uomo. Nell'ambito della vita fisica il principio maschile è dunque secondo, e subordinato, a quello femminile. In ciò la ginecocrazia ha il proprio modello e la propria motivazione ultima, e in ciò si radica anche quella rappresentazione, che risale ad epoche remote, dell'unione di una madre immortale.
Il trasferimento della maternità materiale della terra alla Luna prepara, alla domanda sul rapporto che intercorre fra i due sessi, una soluzione cosmica. Il Sole si contrappone alla Luna come la donna all'uomo. Ciò che la sostanza terrestre unisce all'interno della sua materia e lascia apparire come diviso solo in occasione della nascita - il sesso maschile e quello femminile cioè - si separa, in Cielo, in due potenze cosmiche a sé stanti.
Se la Luna materiale è la donna, nel Sole - e nella sua incorporea natura ignea - le si fa incontro l'uomo.
Nel rapporto tra i due corpi celesti appare già preformato in ogni sua parte il rapporto tra uomo e donna. Accanto alla materialità della Luna compare l'incorporeità dell'energia solare maschile.
La Luna è, in sé e per sé, priva di luce, è identica alla sostanza femminile terrestre: una vera e propria Penia.
Essa viene destata alla vita grazie ai raggi del Sole, che le trasmettono la luce e il principio della fecondità.
La Luna illumina mediante una luce altrui, presa in prestito. Come Penia insegue Pluto, così anche Luna insegue Sole. Ardente e bisognosa del luminoso Elios, Luna segue eternamente, ad intervalli regolari, le tracce del corso solare.
Luna appare dunque come terra cosmica: materiale come la nostra, ricettiva come lei, simile a lei nel partorire, con il suo costante crescente e diminuire, essa rappresenta in un'immagine, l'eterno mutarsi della creazione proveniente dal grembo materno della materia.
In questo modo abbiamo tuttavia messo in risalto solo un aspetto della natura della Luna. In un secondo senso, essa appare non soltanto come potenza femminile, bensì come potenza maschile, e quindi, nel complesso, ermafrodita, come peraltro viene spesso rappresentata.
Rispetto al Sole, la Luna è la materia femminile, ricettiva, ma, rispetto alla nostra terra, essa è, a sua volta, l'entità fecondante che sparge il seme. Ciò che riceve dal Sole, essa lo riversa sulla terra negli umidi raggi del suo splendore notturno, per fecondare il terreno ed ogni altra creatura femminile.
La Luna diviene dunque madre dinanzi al Sole, ma, nel suo rapporto con la terra, essa è padre di ogni procreazione.
Fa la sua apparizione un'elevazione della sua natura che la porta ad assumere un significato maschile che oltrepassa la sua materialità femminile.
è avvenuto un progresso della materia all'energia che, nella materia, risveglia la vita. Se sulla terra il sesso maschile viene svelato soltanto attraverso la nascita e quindi si dà a conoscere negli effetti e non come causa, la Luna appare ora quale rappresentazione fisica dell'energia stessa; e così come la maternità aveva trovato inizialmente la propria incarnazione nella terra, la virilità la ottiene ora nella Luna. Fu così compiuto, in campo religioso, il primo passo verso la caduta della ginecocrazia. (...) Il matriarcato procede dal basso, è di natura e di origine ctonia; il patriarcato, per contro, procede dall'alto ed è di natura e di origine celeste; esso è il diritto delle potenze luminose, laddove il matriarcato è invece la legge dell'oscuro grembo della terra colmo di tenebra. Il patriarcato designa quindi un livello superiore della religione e dello sviluppo umano rispetto al matriarcato materiale.
(Nota di Lunaria: è per questo stralcio tratto dalla pagina 45 che Bachofen non può essere considerato "uno che odiava i maschi del patriarcato", che poi è la sciocchezza che si legge in giro, nei commenti di gente che NON ha letto per integrale l'opera di Bachofen... per Bachofen il "matriarcato" è basso e oscuro, mentre la civiltà "è opera del patriarcato"; quindi Bachofen rientra, di fatto, nell'idea del "la civiltà è patriarcale, la Storia l'hanno fatta solo i maschi", che è l'idea misogina che piace ai fans di aristotele, tommaso d'aquino e catone)
Mettiamo la prova, per dimostrare che io i libri li leggo...