Ann Radcliffe!

Serie di scritti di approfondimento e di analisi per conoscere la regina del romanzo Gotico e la pioniera delle atmosfere orrorifiche!

p.s io devo pure "darmi una regolata" perché passerei davvero tutto il tempo a leggere e ri-leggere Ann Radcliffe… e invece "mi tocca" sorbirmi anche letture sgradevoli (turandomi il naso...) per fare informazione su certi argomenti che certi signorini ignorano… :P

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ANN RADCLIFFE E IL ROMANZO NERO

Il romanzo gotico ha vita breve: nasce con Horace Walpole e muore con Clara Reeve.



Ma il seme gettato non fa tempo a inaridire. Ann Radcliffe, Gregory Lewis e Maturin lo trapiantano in un terreno ben più fertile: il romanzo nero.

Scompaiono le artificiosità  e le forzature, resta il gotico dell'ambientazione medioevale: castelli semidistrutti in lande desolate; torri abitate da fantasmi, feroci briganti, malvagi monaci scatenati contro inermi fanciulle o poveri orfani. (Nota di Lunaria: qui in Italia poi abbiamo castelli, chiese,  rocche e rovine da brividi…  https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/breve-introduzione-allarte-gotica.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/architettura-i-grandi-capolavori.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/case-in-rovina.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/castelli-evitati-due-storie-di-fantasmi.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/05/i-castelli-italiani-e-le-copertine.html)

Il programma artistico di Walpole, "conciliare insieme i due generi di romanzo, l'antico e il moderno... perché il primo è troppo di fantasia e manca di verosomiglianza, il secondo si tiene troppo aderente alla natura e l'immaginazione viene frenata"  diventa  "terrorizzare per commuovere" come insegna la "santissima trinità del Nero": Lewis, Radcliffe e Maturin.

Ann Ward Radcliffe (1764-1823) utilizzerà le lunghe serate solitarie alle quali la costringe la professione del marito giornalista per scrivere poderosi romanzi neri.

Ann è nata a Londra l'anno stesso della pubblicazione del "Castello di Otranto"; è un'accanita lettrice e scrive i suoi romanzi sotto l'influenza del gotico inglese e dello Sturm und Drang germanico. (*)
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/01/germania-romanticismo-nero-gothic-e.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/01/germania-romanticismo-nero-gothic-e_31.html

Pubblica la sua prima fatica nel 1789 "I castelli di Athlin e di Dunbayne", basato sulla feroce lotta tra due antiche famiglie scozzesi. L'anno seguente pubblica "Il Siciliano" ("Romanzo Siciliano"), nel quale racconta le peripezie dell'infelice marchesa Mazzini, incatenata in orribili sotterranei dal crudele marito, e delle due figlie vittime del padre dispotico.


Nel 1791 la Radcliffe conquista il suo primo successo col "Romanzo della foresta", benevolmente recensito anche dalla critica più seria. 
Il romanzo racconta di una povera orfanella, Adelina, costretta a vivere con il padre adottivo - un falsario perseguitato dalla giustizia - tra le rovine di un'antica abbazia gotica. In questo romanzo, Ann introduce elementi come trabochetti mortali, segrete piene di ossa umane, documenti rivelatori, apparizioni dello spettro sanguinante del padre (**). 

Nel 1794 pubblica il suo capolavoro "I misteri di Udolfo", enorme successo pubblicato persino in America.
(qui trovate gli stralci più belli: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/i-misteri-di-udolpho-le-pagine-piu-belle.html)


La trama è questa: una povera orfanella, Emily di Saint-Aubert, è sottoposta alle persecuzioni di una terribile zia e del marito di costei, il bieco conte italiano Montoni, "capo di briganti" - un'evidente citazione dei "Masnadieri" di Schiller che peraltro scrisse anche il proto-gotico "Il Visionario", nota di Lunaria -



Per impedire alla fanciulla di portare a coronamento il suo sogno d'amore con il giovane Valancourt, i due tristi individui la trasportano a Udolfo, in Italia, e nel tetro castello che il Montoni possiede sugli Appenini. La povera Emily dovrà vederne di tutti i colori prima di giungere al solito scioglimento felice.

Tre anni dopo, nel 1797 sotto l'influenza del "Monaco" di Lewis, la Radcliffe scrive il suo ultimo romanzo: "L'Italiano o il confessionale dei penitenti neri"; ancora una volta, l'azione si svolge in Italia, scenario favorito, con la Spagna, di quasi tutti i romanzi neri inglesi per l'orrore della Santa Inquisizione. Il protagonista è il monaco Schedoni, al quale i marchesi Vivaldi hanno affidato il compito di impedire le nozze del figlio Vincenzo con una povera orfana, Elena. Elena verrà rapita mentre Vincenzo verrà rinchiuso nelle carceri dell'Inquisizione. Dopo vari colpi di scena si arriva al lieto finale. Grandiosi i ritratti psicologici dei personaggi, in particolare di Schedoni, precursore dell'"eroe satanico" destinato ad avere tanta fortuna nella letteratura romantica, specialmente in Byron, dal "Giaurro" al "Corsaro".


Dopo la pubblicazione dell'"Italiano...", Ann Radcliffe non pubblicò più nulla. 
Qualcuno sparse la voce che gli orrori che aveva con tanto compiacimento esposto nei suoi libri l'avevano fatta diventare pazza. La storia ufficiale non conferma la diceria, ma questo tratto "nero", pur improbabile, ci sta benissimo nella vita della "Profetessa del Terrifico".

Altro approfondimento su Ann Radcliffe

Ann Radcliffe (il cui vero nome era Ann Ward) è una delle scrittrici più importanti del Settecento (§)
Ann seppe raccogliere e amplificare l'eredità del primo romanzo gotico "Il Castello di Otranto" divenendo la pioniera del proto-horror sentimentale-storico (§§)
Tutti gli ingredienti di Walpole - vicenda medioevale ambientata in Italia o Francia, castelli pieni di mistero, abbazie diroccate, luoghi funestati da eventi luttuosi e sovrannaturali - vengono esaltati da Ann Radcliffe che a differenza di Walpole pone l'accento sull'eroina femminile vittima di terrori psicologici e tormenti d'amore. C'è da dire che però Ann Radcliffe tendeva, a fine romanzo, a dare spiegazioni razionali agli elementi sovrannaturali che terrorizzavano i personaggi in tutta la prima parte del libro. (Nota di Lunaria: in tal senso la Radcliffe anticipa anche il romanzo giallo... comunque si può pensare che l'Autrice spiegasse sempre il sovrannaturale delle sue vicende con spiegazioni razionali perché influenzata dall'Illuminismo) 

Le opere più note di Ann Radcliffe sono "Romanzo Siciliano" ("A Sicilian Romance", 1790, incentrato sugli intrighi dell'aristocrazia siciliana e della famiglia Mazzini), "La foresta perigliosa", conosciuto anche come "Il romanzo della foresta", ("The Romance of the Forest", 1791, ambientato in Francia), "I Misteri di Udolpho" ("The Mysteries of Udolpho", 1794, con protagonista una giovane fanciulla insediata da un nobile italiano) e "L'Italiano o il Confessionale dei Penitenti Neri" ("The Italian or the Confessional of the Black Penitents", 1797), il suo capolavoro più celebre.

Nonostante oggigiorno questi personaggi ci appaiano un po' stereotipati e melodrammatici, la Radcliffe eccelse nelle descrizioni di orrori incombenti, di un sovrannaturale immaginifico e la "spiegazione dei fatti" a fine romanzo, che "depura" la storia da tutti gli elementi sovrannaturali.
Ann Radcliffe servì da modello e da ispirazione a Jane Austen, Walter Scott,  Keats, Coleridge e Byron, e venne persino messa in parodia.

Nota di Lunaria: personalmente, io la ritengo anche superiore, e di gran lunga, a Walpole, che comunque pubblica "The Castle of Otranto" nel 1764; ma Ann rimodella quegli stilemi in maniera molto più suggestiva, mentre Walpole si concentrava di più sui dialoghi dei personaggi, quasi da recita teatrale, piuttosto che non sulle ambientazioni o atmosfere e difatti, leggendo Walpole, oggigiorno la vicenda "ci appare un po' impaludata" nel ritmo. Del resto oggigiorno l'idea di un "elmo gigantesco", che compariva nel libro di Walpole sembra quasi un elemento da commedia. 


La Radcliffe invece, a leggerla anche oggi, non ha perso un grammo di suggestione e suspense! Per me è Ann Radcliffe la vera madre della letteratura orrorifica!

Il massimo del piacere intellettuale: leggere Ann Radcliffe mentre si ascoltano i Cradle of Filth di "Dusk and Her Embrace"...




(§) Nota di Lunaria: come nome femminile del Settecento, cito anche Diodata Saluzzo Roero che scrisse una poesia proto-gotica che anticipa di molto le atmosfere gotiche del 1800 sui castelli in rovina!

"Rovine"

Ombre degli avi
per la notte tacita al raggio estivo
di cadente luna,
v'odo fra' sassi diroccati fremere,
che il tempo aduna incerte l'ombre nella vasta
ed arida strada segnata dall'età funesta,
tremante, affretto che dei prischi secoli
l'orror sol resta.
Oh come brune l'alte cime
incurvansi de' larghi muri,
ove penetra appena di Luna
un raggio,
che la dubbia e pallida luce
qui mena perché ferrate le finestre
altissime, ed è merlata la superba torre?
[...]
Pensiero funesto,
in me chi mai ridestasti?
Fuggiam dalle fatali alte rovine.
Raggio di notte,
tu la via rischiarami
fra sassi e spine.

Ah, già, ma per "i colti sapientoni" da social network, "le donne non hanno mai scritto niente nella storia"...
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/cime-tempestose-un-breve-riassunto.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/le-donne-non-hanno-mai-fatto-niente.html
il bello è che sono pure "temerari" e vengono a sostenere una simile deficientata proprio con una Bibliomane integralista e maniaca del mio calibro!



(§§) Anche se non raggiunge il talento di Ann Radcliffe, segnalo la brava Teresa Medeiros con la sua mini saga "Dopo Mezzanotte" e "Il Vampiro che mi amava", connubio tra romanzo rosa storico e soft-gotico. (purtroppo il seguito mi manca...)


(*) Nota di Lunaria: aggiungo qui un approfondimento anche per altre scrittrici che sono, a tutti gli effetti, le "Madri" della letteratura horror. Tra l'altro spero di far uscire anche il commento introduttivo per George Eliot e il suo celebre racconto "Il Velo dissolto" 



e "Un lungo fatale inseguimento d'amore"di Louisa May Alcott, autrice conosciuta solo per "Piccole Donne" e che in questo romanzo rievoca le atmosfere gotiche e drammatiche.




Le Scrittrici della Narrativa Horror: la scrittura gotica e horror al femminile tra '800 e primi del '900

è interessante il fatto che una grande quantità di coloro che alimentavano la vita di queste riviste con i racconti di spettri, fossero donne, sia scrittrici che redattrici delle riviste stesse. A quest'ultimo riguardo, ad esempio, Mary Elizabeth Braddon, che scrisse una notevole quantità di belle storie di spettri ("Eveline's Visitant", "The cold embrace"...), fu la curatrice di "Belgravia" per la bellezza di 27 anni; Henry Wood (non fatevi ingannare dal nome maschile) fu la proprietaria e la direttrice di "Argosy", per ben 22 anni e anche lei scrisse un buon numero di storie di argomento spettrale; infine, Charlotte Riddell curò per un certo tempo il "St. James Magazine" e, come le due precedenti scrittrici, si cimentò con successo nel campo delle storie di spettri, alcune delle quali sono veramente eccellenti.
Le ragioni per le quali le donne si dedicarono con tale successo alle storie di spettri è una delle domande più interessanti che i critici si siano mai posti. Forse le donne, essendo durante il XIX secoli ai margini della società - politicamente parlando - furono spinte in modo particolare  a scrivere ai confini della realtà, dato che con le storie di spettri potevano occuparsi del potere e quindi dare una motivazione a chi sentiva l'assenza di autodeterminazione nella propria vita. Da un punto di vista più tecnico, è stato suggerito che il gusto per il romanticismo, la sensibilità e l'umore, rendevano le donne molto adatte a questa particolare forma di narrativa.
Si potrebbe pure supporre che ciò, più che a un'intrinseca sensibilità per il soprannaturale, fosse dovuto a un certo bisogno di ordine pratico di guadagnarsi la vita. La cadenza mensile delle riviste richiedeva una fornitura continua di racconti sia brevi che lunghi, e scrivere era spesso l'unico mezzo che alcune donne del ceto medio avevano per far fronte alle difficoltà finanziarie.
Le storie di spettri erano richieste in gran numero e quindi era naturale che le donne - le quali fornivano così tanti racconti per le riviste - fornissero anche queste.
Charlotte Riddell è un esempio che viene spesso citato di una situazione non insolita: quella di una donna che doveva scrivere continuamente per far fronte ai problemi finanziari del marito.
Un'altra che la seguì su questa stessa strada fu Margaret Oliphant, l'autrice di alcuni bellissimi racconti compresi in "Stories of the Seen and Unseen". Quello che scrisse sul suo diario la notte di Natale del 1887 testimonia l'instancabile lavoro che si accompagnava alla fornitura regolare della rivista: "Tutte le cose che desidero sembrano assolutamente materiali. Voglio il denaro. Voglio lavorare: un lavoro che paghi abbastanza per consentirmi di fare andare avanti questa casa alla quale non c'è nessuno che provveda tranne me."
Tali ipotesi, naturalmente, sollevano più domande che risposte, ma quali che fossero le ragioni, le donne giocarono un ruolo importante nella storia della narrativa di spettri inglese, e furono anche importanti in un fenomeno che ha una qualche relazione con la popolarità che conobbero le storie di spettri durante il XIX secolo.
Nel 1848, anno di rivoluzioni politiche in Europa, lo spiritismo arrivato nel Vecchio Continente proveniente dagli Stati Uniti, e lo scambio di banalità con i morti divenne qualcosa di simile a un'ossessione razionale, stimolando un interesse generale per tutte le questioni che riguardavano l'Aldilà. Ma un malessere più profondo, quello del dubbio teologico, era anch'esso comune e continuò quando lo spiritismo passò di moda.
Può essere che le storie di spettri, con la loro necessaria insistenza sulla realtà della vita dopo la morte (per quanto diversa e insondabile) fornissero un sostegno di qualche tipo contro il materialismo. Una storia come "The Open Door" della Oliphant può essere certamente letta in questa ottica. "Ti ho detto che era qualcosa di umano", disse. "Tieni presente come io e lui stessimo lì senza vedere niente, mentre lo spazio tra noi veniva chiaramente attraversato da qualcosa che era in grado di parlare, singhiozzare e soffrire."
Amelia B. Edwards, Mary Elizabeth Braddon, Rhoda Broughton, Rosa Mulholland, Charlotte Riddell, Edith Nesbit, la Oliphant e Violet Page in Inghilterra,
e Mary Wilkins Freeman e Edith Wharton negli Stati Uniti furono le più importanti scrittrici di storie di spettri dei decenni Sessanta e Settanta dell'Ottocento,
ma ce ne furono molte altre (tra cui Ann Radcliffe e Mary Shelley. Ann Radcliffe è tra i primi nomi femminili a scrivere romanzi gotici: vedi i sublimi "L'Italiano o il Confessionale dei Penitenti Neri" o "I misteri del castello di Udolpho", nota di Lunaria).
Prima di arrivare alla fine del secolo dobbiamo aggiungere Bithia Mary Croker, Louisa Baldwin e Violet Hunt, ma va detto che anche nel XX secolo le donne hanno dato ottima prova di sé in questo genere specifico.

Nota di Lunaria: cito qualche altra autrice contemporanea:

V.C. Andrews, autrice di "Dolce, cara Audrina" e di molti altri romanzi. è ascrivibile al genere horror/thriller atmosferico/psicologico
Nancy Holder, autrice del racconto "Gotico di sangue", a tema vampirico-erotico, Tanith Lee, autrice di moltissimi romanzi e racconti, spesso ospitati sulle antologie.
Angela Carter, autrice di diversi romanzi; da un suo racconto è stato tratto "In compagnia dei lupi".
Lisa Tuttle, autrice del racconto "I Signori dei Cavalli", apparso anche su altre antologie col titolo "Il Signore Cavallo"... Spiriti (di cavalli) vendicativi...
Infine, Laurell K. Hamilton.

Altro approfondimento

Il Lewis si compiace d'evocare i più schifosi orrori cimiteriali, con la figura di Agnes (1), incinta, condannata a una lenta e spaventosa morte insieme alla sua creatura:
"Talvolta io sentivo il gonfio rospo, orrido e pingue dei velenosi vapori della segreta, trarre il suo schifoso corpo lungo il mio seno: talvolta il freddo ramarro guizzante mi risvegliava, lasciando la sua viscosa traccia sul mio volto e impigliandosi nelle ciocche dei miei arruffati capelli. Spesso al mio risveglio mi son trovata le dita inanellate dei lunghi vermi che si generavano nelle carni corrotte del mio bambino...."
Particolari che il Romanticismo frenetico ricorderà e svilupperà con insistenza. Hoffmann si ispirò al "Monaco" di Lewis nel suo "Gli Elisir del Diavolo".
Anche Victor Hugo e Walter Scott si ispirarono a Lewis.
Ann Radcliffe che con Lewis e Maturin divide l'onore dell'invenzione di quel genere letterario che fu il "romanzo nero", fa della fanciulla perseguita (ispirata alla Clarissa di Richardson, prototipo - anche se non a sfondo horror - della fanciulla perseguitata, sedotta e infine morta) un tipo fisso dei suoi romanzi: ora è la marchesa di Mazzini protagonista del "Sicilian Romance", imprigionata dal crudele marito in un orribile sotterraneo; ora è Emily de Saint-Aubert, giovane orfana bella e virtuosa incarcerata dal crudele Montoni nel sinistro castello di Udolfo (1794); ora è Adeline, nel "Romance of the Forest" (1791) perseguitata in un altro lugubre castello; ora è Elena, la protagonista del capolavoro "L'Italiano o il Confessionale dei Penitenti Neri"  (1797), dove è vittima delle macchinazioni del turpe Schedoni.

Come la Radcliffe, altre narratrici adottarono la figura della perseguitata;  (2) in "The Priory of St. Clair" di Miss Wilkinson (1881), Julietta è chiusa in convento contro sua voglia, addormentata con un narcotico e trasportata nel castello del conte di Valvé; riprende i sensi, viene uccisa all'altare e si vendica da morta perseguitando il conte.
Anche in "Frankenstein" e "Valperga", Justine e Beatrice vengono incarcerate.

(1) Da ricordare che Lewis stesso fu influenzato dalla lettura di romanzi come "Intrigues monastiques ou l'Amour encapuchonné", 1739, ove un confessore assassina la giovinetta che ha disonorato e "Les victimes cloitrées", dramma di Monvel (1791) dove un malvagio prete fa chiudere in convento una fanciulla di cui vuole abusare.
Connessa con la storia di Agnes è quella della Monaca Insanguinata, che doveva aver tanta fortuna presso i Romantici. La Monaca Insanguinata è lo spettro di una che, forzata a diventar monaca dei genitori, non resistendo agli stimoli  del proprio temperamento "caldo e voluttuoso", si abbandona ad ogni sorta di eccessi, uccide ed è uccisa. è un tipo che si ritroverà nella Monaca di Monza del Manzoni. C'è da far notare che in gioventù Manzoni era stato assiduo lettore dei romanzi neri da progettare di scrivere un romanzo fantastico, idea che poi venne abbandonata. Altri autori italiani in parte influenzati da Ann Radcliffe e dai romanzi neri sono Guerrazzi, Giulio Carcano e Antonio Ranieri. 


Per inciso: il libro che vedete lì nel "selfie lunariale" cioè "Racconti Neri e Fantastici dell'Ottocento Italiano" è un libro su cui io sbavo da decenni  e che la prima versione (con copertina nera decisamente più "ottocentesca" e titolo "Da uno spiraglio") uscì nei primi anni Novanta (il '92, mi pare); venne recensito su uno degli almanacchi di Dylan Dog. 



Risulta introvabile. 
Quello che ho noleggiato io è l'edizione "più moderna", che PURTROPPO non ho mai visto in giro. 

Devo ammettere che ormai i libri sui quali, da bibliomane integralista fanatica, sbavavo, 
all'alba dei 33 anni li ho quasi reperiti tutti; alcuni sono stati doni graditi di amici e amiche che trovandoli in giro "hanno pensato a me". Del resto, che vuoi regalare a Lunaria?! L'anello di diamanti?! la borsetta Chanel?! ma certo che no, devi regalarle un libro! 

Gli unici libri che restano esclusi e che non ho mai visto sono questo "Racconti Neri..." e le poesie di uno dei miei amori, cioè Vincenzo Monti


e quindi mi tocca noleggiarli in biblioteca quando mi viene il capriccio di leggerli… Poi devo dire che pur avendo trovato GiambattistaMarino e Metastasio in formato "mini"



Preferirei averli "belli mastodontici"... come il libro che ho qui su Foscolo




Eh lo so, sarò l'unica, ma che devo fare, quel libro di Vincenzo Monti io lo VOGLIO, con tutto che ho trascritto le poesie più belle e le ho comunque sul mio pc… ma la bibliomane in me DEVE avere la copia cartacea di Vincenzo Monti… nel mio harem di poeti…



E invece ogni volta lo devo pure restituire alla biblioteca, a malincuore… :P 
Tra lui e il libro di racconti degli Scapigliati, me li terrei più che volentieri… 

(2) Anche in Goethe c'è il tema della fanciulla perseguitata: il dramma di Margherita segna il più alto vertice artistico toccato da un motivo caro agli Stürmer und Dränger, il motivo della fanciulla sedotta resa madre e abbandonata al suo tragico destino. Potremmo citare anche Jakob Lenz nel racconto "Zerbin": la vittima, l'infanticida Marie, "stava eretta sul patibolo simile a una di quelle prime martiri del cristianesimo che per amor della fede guardavano serenamente la vergogna e la morte". Il motivo della donna perseguitata persiste per tutto l'Ottocento: da Hawthorne della "Lettera Scarlatta" a Wilkie Collins e ad Hardy. Un'analisi a parte merita de Sade, che "gode" nel sottoporre a torture di ogni tipo l'innocente Justine - o altre vittime sacrificali - e che è caratterizzato da un ferocissimo umorismo nero; nei suoi romanzi abbondano intenti parodistici e anticlericali.


https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/giannone-meslier-de-sade-de-la-barre-e.html

Ancor prima, certi elementi macabri sono riscontrabili anche in Shakespeare ("Oh! piuttosto che sposare il conte Paride... dimmi ch'io m'appiatti dove han nido le serpi; incatenami insieme con orsi che ruggiscano o chiudimi di notte in un ossario pieno zeppo di scricchiolanti ossi di morti, di putridi stinchi e di gialli crani scarniti; dimmi di entrare in una fossa recente, e di nascondermi insieme col morto nel suo stesso lenzuolo...", Romeo e Giulietta, Atto IV, sc. I ) 

Ma vedi anche il Macbeth: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/04/il-simbolismo-esoterico-del-macbeth.html

Tali spunti shakespeariani erano già stati sviluppati dall'Otway, nell'"Orphan", atto IV: "Quando tu mi vedrai giacere forsennata in qualche cella, queste chiome neglette arruffate come trecce di Furie, le mie povere membra incatenate al suolo"

(**) In Italia le atmosfere gotiche non hanno mai avuto molto spazio nella nostra letteratura, ancorata ai classici greci o all'influenza di Dante-Petrarca-Tasso-Ariosto e a quegli stilemi. 
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/i-capelli-femminili-nellestetica.html
Senza contare che volevano la donna bionda! Non la donna dai capelli corvini come la sottoscritta, celebrata solo dal (mio adorato) Tarchetti! Che, ovviamente, se fosse vivo ora, sarebbe innamoratissimo di me, senza alcun dubbio. 
Però, dato l'andazzo, anche i cantori rinascimentali di "donzelle bionde", se fossero vivi oggi, rivaluterebbero molto la cosa e dedicherebbero i sonetti a ME!
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/gli-uomini-del-rinascimento.html

E tuttavia è possibile trovare qualche riferimento macabro nella Scapigliatura e nel Sublime Tarchetti
e ancor prima, in certa poesia barocca del Seicento e in un insospettabile Vincenzo Monti, almeno nell'"Aristodemo", dove il nostro Autore si concede una disgressione quasi horror parlando del fantasma di Dirce…

Aristodemo: "Ebben: sia questo adunque l'ultimo orror che dal mio labbro intendi. Come or vedi tu me, così vegg'io l'ombra sovente della figlia uccisa; ed, ahi, quanto tremenda!
Allor che tutte dormon le cose, ed io sol veglio e siedo al chiaror fioco di notturno lume; ecco il lume repente impallidirsi;
e nell'alzar degli occhi ecco lo spettro starmi d'incontro,
ed occupar la porta minaccioso e gigante.
Egli è ravvolto in manto sepolcral, quel manto stesso onde
Dirce (1) coperta era quel giorno che passò nella tomba.
I suoi capelli, aggruppati nel sangue e nella polve, a rovescio gli cadono sul volto, e più lo fanno, col celarlo, orrendo.
Spaventato io m'arretro, e con un grido volgo altrove la fronte;
e me'l riveggo seduto al fianco.
Mi riguarda fiso, ed imobil stassi, e non fa motto.
Poi, dal volto togliendosi le chiome e piovendone sangue, apre la veste, e squarciato m'addita, ahi vista! Il seno di nera
tabe (2) ancor stillante e brutto.
Io lo respingo; ed ei più fiero incalza, e col petto mi preme e colle braccia.
Parmi allor sentir sotto la mano tepide e rotte palpitar le viscere:
e quel tocco d'orror mi drizza i crini.
Tento fuggir, ma pigliami lo spettro traverso i fianchi e mi trascina a' piedi di quella tomba,
e "Qui t'aspetto" grida, e ciò detto, sparisce."

(1) è il nome della figlia uccisa da Aristodemo, nota di Lunaria
(2) sangue

COMMENTO A "ROMANZO SICILIANO" DI ANN RADCLIFFE

Ann Radcliffe pubblicò "Romanzo Siciliano" ("A Sicilian Romance") nel 1790. Era il suo secondo romanzo. Dopo trentacinque anni nella prefazione del suo capolavoro "I Misteri di Udolpho", Walter Scott, il celebre padre del romanzo storico inglese, la definiva "la prima scrittrice inglese di un genere che assommava in sé tradizioni e retaggi della poesia inglese, da Shakespeare a Milton, ed elementi letterari nuovi come l'horror e il romanzo sentimentale." (Nota di Lunaria: appena possibile farò uscire un commento anche a Walter Scott, sto leggendo i suoi "Racconti del Soprannaturale")

"I Misteri di Udolpho" (1794) e "L'Italiano o il Confessionale dei Penitenti Neri" (1797) furono i romanzi più letti dal pubblico inglese, almeno per 50 anni, e seguiti da moltissime edizioni e ristampe.

Citatissima e amata da poeti come Coleridge, Keats, Byron, Ann Radcliffe era una lettura obbligatoria per chiunque volesse essere alla moda dal punto di vista culturale: le caratteristiche innovative del "gothic novel" rispetto ai romanzi precedenti, con la sua trama complessa, densa di suspense e di horror, ambientata in epoche medioevali o rinascimentali, in paesi mediterranei con una vena predominante di Soprannaturale e di Sublime (che sfocia nell'orrido) 
(mentre un difetto ormai anacronistico è la ripetizione di personaggi stereotipati come la fanciulla debole e sentimentale in pericolo). 
Tutti questi elementi anticipano l'epoca d'oro del Romanticismo Inglese.
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/alle-origini-dei-cradle-of-filth-la.html
e, per chi vuole esagerare:
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/storia-della-letteratura-inglese-1-con.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/storia-della-letteratura-inglese-2.html

Sono gli ultimi anni del Settecento, secolo della ragione, in cui gli inglesi (ma anche francesi e tedeschi: de Sade e Goethe) amano fare il loro viaggio di istruzione in Italia, tornando in patria con resoconti, diari di viaggi e notazioni, accompagnati da schizzi di paesaggi e delle bellezze artistiche italiane.
Per chi può permetterselo, viaggiare in Italia è un obbligo, ma anche chi non ha mezzi economici deve poter "visionare" le stesse meraviglie, idealizzate ed elaborate dalla fantasia degli scrittori, dei poeti, degli artisti. Ed ecco spiegato perché i primi romanzi gotici sono ambientati in paesi esotici (ad occhi inglesi di fine settecento) come l'Italia, la Spagna, la Francia del sud; con questo espediente, lo sfondo della vicenda diventa più eccitante ed avventuroso.

Ann Radcliffe non visitò mai l'Italia che con maestria, dovizia di particolari e di descrizioni fa da scenario a tutti i suoi romanzi; a quell'epoca, poi, raggiungere la Sicilia che fa sfondo al suo celebre romanzo, era molto difficile per i viaggiatori inglesi, che solitamente terminavano il loro "Grand Tour" a Napoli.
La vita di Ann Radcliffe, per lo più, fu quieta e tranquilla. Lei stessa viaggiò una sola volta, tra i Paesi Bassi e in Germania.

Ann Ward nacque a Londra nel 1764 da una famiglia di commercianti, ma trascorse l'infanzia e l'adolescenza presso facoltosi parenti. A 23 anni sposò William Radcliffe (uno studente di legge) e cominciò la sua carriera di scrittrice dopo il matrimonio. Trascorse una vita tranquilla e morì nel 1823.
Ann Radcliffe seppe scrivere romanzi popolarissimi che appassionarono il pubblico: le sue storie erano un incrocio tra sentimentale ed horror, dosati con poesie che l'Autrice disseminava nel testo per creare intervalli tra le scene di suspense e l'intreccio della vicenda. La sua prosa è carica e pomposa, a volte ridondante, ma caratteristica del suo stile che la rese famosa presso la borghesia e la nobiltà sul finire del Settecento. 

Con le descrizioni della natura e dei paesaggi alquanto particolareggiate, rispecchianti il Pittoresco, teoria estetica che ebbe nel Settecento grande fortuna, insieme al Sublime, Ann Radcliffe fa della natura lo scenario dentro il quale si muovono i suoi personaggi, lo specchio delle passioni, anticipando uno dei temi cardine del Romanticismo: la corrispondenza tra il paesaggio e lo stato d'animo.
Per l'eroina radcliffiana la natura e la bellezza del paesaggio rappresenta l'unico luogo dove poter dare libero sfogo alla fantasia (e questo anticipa anche certe rivendicazioni del movimento d'emancipazione della donna).
Tra l'incalzarsi dei colpi di scena, dei climax e anticlimax dell'intreccio fitto della trama, le eroine dei romanzi della Radcliffe trovano tregua ai loro patimenti contemplando il paesaggio, sui quali l'Autrice si sofferma parecchio.

In Ann Radcliffe i paesaggi sono di due tipi: il primo è quello "pittoresco", assolato, pianeggiante, spesso un giardino curato nei minimi dettagli (anche perché è proprio in Inghilterra che nasce l'arte del giardinaggio, intesa come imitazione della natura secondo esempi architettonici\artistici canonizzati da architetti come William Kent e Lancelot Brown); l'altro modello è il paesaggio "romantico", cioè quello selvaggio, con la natura che non si fa dominare dall'uomo, con profonde gole in cui scorrono torrenti impetuosi e cieli tempestosi che destano meraviglia e terrore. (*)
Il trovarsi a contatto con un paesaggio grandioso e terrificante costituiva uno stereotipo per chi avesse letto Edmund Burke sul "sublime and beautiful" che attribuiva alla categoria estetica del Bello una valenza terrificante. Dopo il 1750 furono soprattutto i paesaggi alpini ad essere definiti sublimi, cioè tanto belli nella loro maestosità da suscitare meraviglia e terrore.

A mo' di esempio, si legga questo passaggio di "Romanzo Siciliano":

"Si vedevano da ciascun lato delle amene colline, il cui dolce pendio terminava in un superbo bacino d'acqua che formava una specie di lago. La sua superficie liscia rifletteva gli oggetti che abbellivano le sue sponde: a sinistra alte montagne si perdevano in lontananza, mentre a destra una feconda e ridente pianura contrapponeva bellezze di un genere diverso a quelle pittoresche del lato opposto, e formava un piacevole contrasto. La veduta terminava da lontano col mare d'un colore azzurro"

e questi passaggi tratti da "I Misteri di Udolpho":

"Nel 1584, sulle ridenti sponde della Garonna, nella provincia della Guascogna, sorgeva il castello di Monsieur St. Aubert. Dalla finestra si scorgeva il paesaggio pastorale della Guienna e della Guascogna che si allargava lungo il fiume, allietato da boschi lussureggianti e da piantagioni di olivi. Verso sud la vista era limitata dai maestosi Pirenei, le cui cime, avvolte dalle nubi, rivelando a tratti le loro forme imponenti intraviste per un momento e nuovamente nascoste dalle masse di vapori, si mostravano a volte brulle e scintillanti nel delicato azzurro dell'aria, a volte minacciose con le loro foreste di oscuri pini che giungevano sino al fondo della valle. Ed era vivo il contrasto fra quei tremendi precipizi e il verde tenero dei pascoli che si estendevano ai loro confini dove l'occhio si posava con piacere sulle greggi, sulle mandrie e sui modesti casolari, dopo essersi inerpicato sui sovrastanti dirupi.
A nord e a est le pianure della Guienna e della Linguadoca si perdevano nelle brume della distanza; a ovest la Guascogna aveva a limite le acque del Golfo di Biscaglia.
St. Aubert amava aggirarsi, insieme con la moglie e la figlia, lungo le rive della Garonna, ascoltando la musica che si levava dalle sue onde. Aveva conosciuto la vita in forme diverse dalla semplicità pastorale, avendo partecipato alle gaie e movimentate scene del mondo; ma il lusinghiero ritratto dell'umanità delineato dal suo cuore nella prima gioventù era stato troppo penosamente corretto dall'esperienza. [...] I verdi pascoli, tanto spesso teatro delle sue folli corse quando era nel pieno delle forze e godeva della libertà della gioventù, la fresca ombra dei boschi nei quali si era per la prima volta abbandonato a quella pensosa malinconia che avrebbe poi costituito tratto del suo carattere, gli impervi sentieri della montagna, il fiume dove era andato in barca e le lontane pianure che si sarebbero dette senza limiti proprio come le sue prime speranze, tutto ciò fu ricordato in seguito da St. Aubert con entusiasmo e rimpianto.
E alla fine si liberò del mondo e si ritirò in quei luoghi per realizzare i desideri accarezzati per tanti anni.
[...] Qui, sotto la vasta ombra di un platano che allargava il suo maestoso baldacchino in direzione del fiume, St. Aubert amava attardarsi nelle belle serate d'estate in compagnia della moglie e dei figli, osservando, protetto dal suo fogliame, il tramonto del sole e il mite splendore della sua luce che scompariva dal lontano paesaggio, finché le ombre del crepuscolo ne fondevano i vari aspetti in un'unica tinta di un sobrio grigio."

"(...) L'aspetto del paesaggio cominciò a cambiare e i viaggiatori si ritrovarono in mezzo a montagne coperte dalla base fin quasi alla vetta da tetri pini, tranne dove una roccia di granito sporgeva dalla valle mandando la sua nevosa cima a perdersi fra le nuvole.
Il rivoletto che li aveva accompagnati fino ad allora assumeva ora le dimensioni di un fiume e, scorrendo profondo e silenzioso, prese a riflettere come in uno specchio il nero dell'ombra sovrastante. A volte si vedeva un dirupo che levava la sua testa audace al di sopra dei boschi e dei vapori che galleggiavano nell'aria a mezza altezza lungo la costa delle montagne; a volte una facciata di marmo perpendicolare sorgeva dall'orlo dell'acqua sovrastata da un larice che allargava le sue braccia gigantesche, offese qua e là dal fulmine e ondeggianti altrove nel lussureggiare delle foglie. Continuarono a viaggiare (...) udendo solo lo scrosciare dei torrenti che i boschi nascondevano allo sguardo, il lungo e cupo mormorio della brezza che passava sui pini, o le note dell'aquila e dell'avvoltoio che potevano vedersi troneggiare attorno a uno scosceso dirupo (...) Emily, presa da grande entusiasmo, si allontanava, aggirandosi nell'ombra e progendo ascolto in silenzio al solitario mormorio dei boschi."

"(...) un luogo alto e inaccessibile ai muli e da dove il panorama si apriva con maggior magnificenza, e spesso aggirandosi sulle colline coperte di lavanda, di timo, ginepro e tamarisco; e all'ombra dei boschi, fra quei tronchi d'albero, essi scorgevano in tutta la sua considerevole estensione lo spettacolo offerto dalle montagne, sublime al di là di qualsiasi cosa Emily avesse immaginato. (...) A partire da Beaujeu la strada era stata costantemente in ascesa, introducendo i viaggiatori nelle regioni dell'aria più alta, dove immensi ghiacciai facevano mostra dei loro gelidi orrori e la neve eterna imbiancava la sommità delle montagne. Si fermarono spesso a contemplare quelle stupende scene e, seduti su qualche rupe selvaggia dove potevano prosperare solo il leccio e il larice, contemplavano le oscure foreste di abeti e precipizi mai raggiunti dal piede umano, addentrando l'occhio nella stretta valle, così profonda che a stento giungeva come un mormorio il rimbombo del torrente che poteva vedersi spumeggiare in fondo a essa. Sopra quei dirupi ne sorgevano altri di incredibile altezza e di forme fantastiche; alcuni assottigliandosi a guisa di cono; altri sporgendo di molto sulla loro base in enormi masse di granito, lungo i cui orli frastagliati era spesso sistemato un carico di neve che, tremando perfino a causa delle vibrazioni del suono, minacciava di portare con sé la distruzione nella valle. Tutt'intorno, da ogni parte, fin dove poteva arrivare lo sguardo, si vedevano solo forme grandiose, la lunga prospettiva della cima delle montagne leggermente colorata di un azzurro etereo o resa bianca dalla neve, vallate di ghiaccio e foreste di tetri abeti. (...) Il profondo silenzio di quelle solitudini era rotto solo a intervalli dall'urlo degli avvoltoi, che potevano vedersi poggiati tutt'intorno a qualche dirupo sottostante, o dal grido dell'aquila che veleggiava in alto nell'aria, se non quando i viaggiatori porgevano ascolto al cupo rumore del tuono che brontolava a volte ai loro piedi."

Più che da descrizioni naturalistiche "all'aria aperta", Ann Radcliffe traeva ispirazione dai quadri di paesaggio; nella seconda metà del Settecento sono soprattutto Claude Lorrain e Salvator Rosa i pittori più celebri che riscossero un successo enorme anche in Inghilterra durante il Settecento.
Nota di Lunaria: oltre a questi pittori, ne cito tre che amo molto: Vernet, Rosa Mezzera, John Martin











Per gli inglesi la pittura di paesaggio, specialmente del paesaggio italiano, era il genere pittorico che celebrava l'essenza di una civiltà superiore artisticamente. Più che non i pittori fiamminghi o olandesi, gli italiani e i francesi potevano dipingere rovine antiche, che gli inglesi di quel periodo adoravano.

Un critico del suo tempo, descrivendo lo stile di Ann Radcliffe sostenne che "al selvaggio paesaggio di un Salvator Rosa ella aggiungeva la quieta grazia di un Claude". 
Indubbiamente, Ann Radcliffe si ispirò ai dipinti di questi artisti: tramonti, orizzonti lontani, castelli e rovine, scene pastorali, rupi, gole e torrenti, precipitazioni e vegetazione selvaggia sono tutti elementi dei romanzi di Ann Radcliffe e che compaiono anche nella pittura preromantica.
(sulla quale ovviamente io ho fatto uscire un mucchio di roba, ma non ho ancora impaginato qui...)

E così, la Sicilia immaginata da Ann Radcliffe non è la Sicilia vera (anche perché l'Autrice confonde gli Appennini con le Alpi!) ma una Sicilia tutta castelli e alture fra i boschi e "scene silvestri e pittoresche di cui è sparsa la Sicilia."

Si può pensare che l'Autrice sapesse perfettamente che le sue descrizioni non corrispondessero al vero ("Il monte Etna, coronato di perpetuo fumo e che perde il suo capo fra le nubi, fungeva da sublime sfondo in quel magnifico quadro") ma desiderasse rendere più interessante la trama delle sue storie.

Tuttavia, per quanto tutti i romanzi di questa Autrice siano pervasi da inquietudine e suspense, da riferimenti a spettri e congiure (a tutti gli effetti, i suoi romanzi sono i precursori del genere horror), a fine storia Ann Radcliffe fornisce sempre una spiegazione logica e razionale (talvolta anche un po' forzata) in linea con l'esaltazione della Ragione tipica dell'Illuminismo Settecentesco ma che guasta tutta l'aura soprannaturale sapientamente narrata.

E così, anche "Romanzo Siciliano", che inizia come un racconto spettrale di mistero nell'ala meridionale del castello di Mazzini, alla fine trova la sua spiegazione razionale, come sarà anche per "L'Italiano o il confessionale dei penitenti neri".

(*) Nota di Lunaria: comunque, queste tematiche erano già state anticipate nella poesia italiana rinascimentale, vedi autori come Luigi Tansillo, Matteo Bandello o Ludovico Ariosto e dalla poetessa Diodata Saluzzo Roero

Luigi Tansillo

E freddo è il fonte, e chiare e crespe ha l'onde e molli erbe verdeggian d'ogn'intorno (1), e 'l platano coi rami e 'l salce, e l'orno scaccian Febo (2), che il crin talor v'asconde: e l'aura appena le più lievi fronde scuote; sì dolce spira al bel soggiorno [...]

(1) Dappertutto, lungo le rive
(2) Il Sole

Strane rupi, aspri monti, alte tremanti ruine, e sassi al ciel nudi e scoperti (1), ove a gran pena pòn (2) salir tant'erti nuvoli in questo fosco aere fumanti; superbo orror, tacite selve, e tanti negri antri erbosi in rotte pietre aperti (3); abbandonati a sterili deserti, ov'han paura andar le belve erranti;
a guisa d'uom, che per soverchia pena il cor triste ange (4) fuor di senno uscito, sen va piangendo, ove il furor lo mena (5), vo piangendo io tra voi; e se partito (6) non cangia il ciel, con voce assai più piena sarò di là tra le meste ombre udito (7)

(1) Senza vegetazione
(2) Possono
(3) Scavati
(4) Angoscia
(5) Lo porta
(6) E se non muta la sua decisione
(7) Defunti

"Che i campi il giorno d'ombra e d'orror cinga..."

Valli nemiche al Sol, superbe rupi che minacciate il ciel, profonde grotte, d'onde non parton mai silenzio e notte, sepolcri aperti, pozzi orrendi e cupi, precipitati sassi, alti dirupi, ossa insepolte, erbose mura e rotte d'uomini albrgo ed ora a tal condotte che temon d'ir fra voi serpenti e lupi erme campagne, abbandonati lidi, ove mai voce d'uom l'aria non freme, Ombra son io dannata a pianto eterno, ch'a piagner vengo la mia morte fede e spero al suon de' disperati stridi, se non si piega il ciel, muovere l'Inferno.

Matteo Bandello

Aspere rupi, incolti sassi e aperte dal terremoto e profondate grotte, d'orror, di fredda tema e d'atra notte (1) piene, e caverne inospiti (2) e deserte; strade mai sempre perigliose ed erte, d'alte roine (3) attraversate e rotte, acque schiumanti con furor condotte (4) per valli ognor di nuvole coperte; 21
di famelici lupi e crude fiere d'orsi, di serpi e di mill'altre belve, covi, spelonche, buconi, antri e tane, e voi sì spaventose e oscure selve, com'è che mi facciate qui vedere chi (5) m'arde e fa le mie speranza vane?

(1) oscura
(2) non ospitali
(3) precipizi, frane
(4) correnti
(5) la donna

Alpi nevose, (1) che le corna al cielo (2) e quinci e quindi (3) oltre misura alzate, e ne l'algente verno (4) e calda estate orride sète (5) di perpetuo gelo: tra voi pavento (6), e mi s'arriccia il pelo, ch'al rimbombo che d'acque e sassi fate, sì spaventose ognora vi mostrate, che di paura tutto tremo e gelo. S'al basso miro, l'occhio non penètra (7) l'atra profonda ne l'abisso valle, né a l'alto scerno le fumanti corna. (8) E pur mi veggio ancor, dopo le spalle, che mi persegue Amor con la faretra, ch'ad ogni passo a saettar mi torna.

(1) In viaggio verso la Francia
(2) cime
(3) in ogni direzione
(4) gelido inverno
(5) siete
(6) provo timore
(7) non riesce a vedere fino in fondo
(8) e non scorgo nemmeno, in alto, le cime nebbiose (fumanti)

Ludovico Ariosto (vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/lorlando-furioso-riassunto.html)

Chiuso era il sol da un tenebroso velo che si stendea fin all'estrema sponde de l'orizonte e murmurar le fronde
e tuoni andar s'udian scorrendo il cielo; di pioggia in dubbio o tempestoso gelo, (1) stav'io per ire oltre le torbid'onde del fiume altier che 'l gran sepolcro asconde del figlio audace del signor di Delo; (2) quando apparir su l'altra ripa il lume de' bei vostri occhi vidi, e udii parole che Leandro potean farmi quel giorno. (3) E tutto a un tempo i nuvoli d'intorno si dileguaro e si scoperse il sole; tacquero i venti e tranquillossi il fiume.

(1) La grandine
(2) Fetonte, figlio del Sole, il quale fu fulminato da Giove
(3) Leandro, mentre nuotava per l'Ellesponto, recandosi dalla donna amata

Diodata Saluzzo Roero "Rovine"

Ombre degli avi per la notte tacita al raggio estivo di cadente luna, v'odo fra' sassi diroccati fremere, che il tempo aduna incerte l'ombre nella vasta ed arida strada segnata dall'età funesta, tremante, affretto che dei prischi secoli l'orror sol resta. Oh come brune l'alte cime incurvansi de' larghi muri, ove penetra appena di Luna un raggio, che la dubbia e pallida luce qui mena perchè ferrate le finestre altissime, ed è merlata la superba torre?
[...] Pensiero funesto, in me chi mai ridestasti? Fuggiam dalle fatali alte rovine. Raggio di notte, tu la via rischiarami fra sassi e spine.

Nota di Lunaria: è soprattutto il Black Metal melodico e sinfonico ad essersi ispirato ai paesaggi romantici.
Vedi, per esempio, il sublime "Dusk and Her Embrace" dei Cradle of Filth che ha fondato un vero e proprio genere anche dal punto di vista estetico e paesaggistico: