Esoterismo (4) Il Ritorno dei Morti e la Necromanzia



La paura dei morti è un altro terrore antico e i cimiteri sono tuttora considerati luoghi poco piacevoli di notte. Sono state scoperte sepolture preistoriche nelle quali il cadavere era stato legato in una posizione contorta simile a quella fetale. Anche presso alcune popolazioni primitive del tempo d'oggi è in uso una simile pratica allo scopo di impedire che il morto ritorni al mondo per attaccare i viventi. (*)
Lo stesso motivo può aver suggerito le sepolture preistoriche in sarcofagi o sotto pesanti lastre di pietra: impedire che "qualcosa" potesse tornare alla luce. I Sumeri, i Babilonesi e gli Assiri credevano che se un cadavere non veniva sepolto come dovuto, sarebbe tornato ad insediare le strade, attaccando i vivi e succhiando loro il sangue (**)
I Greci pensavano che si dovessero fare delle offerte alle sepolture dei parenti morti, i cui fantasmi altrimenti si sarebbero vendicati di ogni dimenticanza. (idem dicasi per la mentalità cinese e africana, basata sul culto degli antenati. Nota di Lunaria.)

L'arte di controllare gli spiriti dei defunti è detta Necromanzia, ed è anch'essa estremamente pericolosa. Nell'occultismo moderno esiste la teoria del corpo astrale. Quando un uomo muore, il suo cadavere resta sulla terra, ma il suo "corpo luminoso" - una copia del corpo terrestre composto di materiale più nobile e sottile - si porta in un misterioso etereo piano dell'esistenza chiamato piano astrale. La sua anima in seguito può ascendere a piani più alti, lasciando il corpo luminoso nel suo piano come una specie di "cadavere astrale". Questo ha un intenso desiderio di tornare all'esistenza come i cadaveri-vampiri della Mesopotamia che succhiavano il sangue alle loro vittime per tornare in vita. Alcuni occultisti ritengono che durante le sedute spiritiche appaiano non fantasmi nel senso comune del termine ma cadaveri astrali.


(*) Sul ritorno dei morti e i banchetti funebri vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/symphonic-black-metal-e-vampirismo-le.html

L'idea ancestrale che post mortem sia possibile in determinati casi la prosecuzione di certe attività dell'esistenza dei vivi è all'origine della leggenda del Vampiro.
Due sono le attività dei vivi che si pensava potessero essere trasferite anche nel mondo dei trapassati: il sesso e l'alimentazione. L'attività sessuale dei defunti era considerata piuttosto intensa e, ad evitare che il morto la soddisfacesse al di fuori del sepolcro, lo si forniva di una compagna simbolica (o, in certi casi, reale). è questa l'origine delle cosiddette "concubine di pietra" ritrovate nei sepolcri dell'Antico Egitto, della Mesopotamia e di varie altre località: statuette femminili, tutte senza piedi perché non potessero fuggire, segnate da una tipica ipertrofia degli organi sessuali.

Il timore della riapparizione di un morto insoddisfatto nel mondo dei vivi - fa notare Frazer - è diffuso in tutti i tempi e in tutte le culture, fin dal Neolitico, quando i cadaveri erano arsi e chiusi in urne o sepolti strettamente legati in avelli serrati da pesanti lastre di pietra.
Ancora in tempi moderni, tra popolazioni appena entrate in contatto con l'uomo bianco, gli antropologi registrarono strane usanze.
Presso gli Shuswap della Colombia Britannica, vedovi e vedove restavano a lungo isolati dalla comunità, dormendo su giacigli di spine per scoraggiare visite indesiderate da parte del compagno defunto. I vedovi maschi della Nuova Guinea erano soliti tener presso di sé un'accetta da guerra con cui difendersi dalla moglie morta; gli Herero dell'Africa sud-occidentale troncavano la spina dorsale ai cadaveri prima del seppellimento, onde impedirne la deambulazione. I Mesopotami avevano specifici rituali e scongiuri per tenere lontani i familiari defunti. I Lucumoni etruschi chiudevano i corpi dei parenti scomparsi in un'apposita intercapedine tra le pareti della loro residenza e la facevano vigilare. I Romani accordavano un breve periodo di tempo (da uno a tre giorni all'anno) ai defunti, in cui era loro permesso circolare liberamente tra i vivi. In quei giorni i membri della famiglia si astenevano da qualsiasi occupazione pubblica e non trattavano alcun affare; al termine del tempo concesso, il pater familias gettava alle spalle una manciata di fave nere come tributo nonché segnale perché ritornassero alle proprie sedi.
Persiani, Medi, Parti, Iberni davano i morti in pasto alle belve, per impedire che tornassero in vita. Alcuni popoli nomadi (i Ciuvasci della Russia) inchiodavano i cadaveri nelle bare, con lunghi ferri appuntiti nella testa e nel cuore. Certe tribù del Camerun chiudevano il corpo in un sacco di cuoio, lo riducevano in poltiglia a bastonate e lo abbandonavano ai piedi di un albero.

Anticamente, la fame dei trapassati veniva placata con periodiche offerte alimentari (latte, miele, farina), ovvero rinchiudendo nelle tombe varie provviste di cibo reali o simboliche, queste ultime sotto forma di affreschi e figurine di terracotta. Nel "De Masticatione Mortuorum in Tumulis" di Michel M. Raufft (1734) sono riportati vari esempi, risalenti a diverse epoche, sull'attività manducatoria nei sepolcri: morti - o presunti tali - che divorano ciò che era stato loro posto nel cenotafio e rodono i sudari, giungendo a divorare le proprie membra. E in effetti, quando le provviste finivano, il morto provvedeva da solo.
Le leggende nelle quali si scopre l'inopinata presenza di un defunto fra i convitati a un banchetto sono numerose. Presso certe comunità si faceva sedere a capotavola un cadavere mummificato: si pensava che in tal modo un eventuale risurgente, vedendo il posto già occupato, desistesse dal tentativo di sedersi alla mensa.
Peraltro, il cibo preferito dai trapassati è proprio la carne umana.
Nei miti più antichi, era considerata "il cibo degli Dei", in grado di saldare la frattura tra la vita e la morte.
Per esempio, l'amplesso che precedeva il divoramento, per la Lamia (1), aveva una funzione vivificante al pari della carne e del sangue, sulla base del principio intuitivo secondo cui l'attività sessuale è fonte di vita.

Per i Babilonesi, era la Lamashtu che attirava gli uomini per berne il sangue e strappava il feto dal grembo delle donne incinte.

In uno scongiuro si legge: "Colei che mi ha preso, notte e giorno mi travaglia, prosciuga le mie carni, tutto il giorno mi stringe, tutta la notte non mi lascia".
Aluqa, ovvero "succhiasangue" la chiamavano gli Ebrei: una sorta di larva che assaliva i viandanti persi nel deserto per suggerne il sangue e lo sperma. Un essere simile era l'Empusa: in apparenza, una bella fanciulla, che col suo aspetto seduceva gli incauti, mentre in realtà era un orrido mostro con un piede di bronzo e l'altro di sterco d'asina.

D'altronde, bere il sangue, oltre che per acquisire una speciale forza di vita, poteva essere visto anche come piacere: si legge nei "Nibelunghi" che i guerrieri di Hagen, intrappolati in una sala in cui era stato appiccato il fuoco, per spegnere l'arsura bevvero il sangue che stillava dai corpi dei caduti:

Disse Hagen di Tronje: "Nobili cavalieri, chi soffre per la sete beva di questo sangue. Non c'è vino migliore per questa arsura"


Per un approfondimento letterario su Siegfried e Crimilde, vedi: 
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/01/germania-romanticismo-nero-gothic-e_31.html


Anche nella Bibbia troviamo traccia di vampirismo, o meglio, di precetti che lo proibiscono...

"Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue"\"La vita della carne è nel sangue... il sangue è la vita di ogni carne"\"Non ti nutrirai di sangue perché il sangue è la vita: e tu non devi mangiare la vita insieme con la carne"


Sul cannibalismo vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/il-cannibalismo.html


(1) Nella tradizione classica, le Lamie erano mostri femminili che si nutrivano del sangue degli infanti e dei giovani vergini, nonché delle carni dei cadaveri. Erano seguaci di Ecate, la Dea della Morte negli arcaici culti lunari mediterranei.
Nella Roma antica, esisteva un collegio di sacerdoti con le speciale ufficio di combatterle e lo Jus Pontificum proibiva di "lasciare i morti esposti alle Strygae e alle Lamie". Gli studiosi delle religioni tracciano connessioni tra le Lamie e Lilith che secondo la tradizione rabbinica sarebbe stata la prima moglie di Adamo, genitrice di una stirpe di vampiri; si pensava che  la Tessaglia, la Siria e la Libia fossero territori particolarmente infestati dalle Lamie.


(**) Nota di Lunaria: anche il bel racconto di vampiri "I Vurdalak" di Tolstoj è basato su questa idea: "Ragazzi miei", aveva detto ai due figli Giorgio e Pietro, "vado sui monti per unirmi ai valorosi che danno la caccia a quel cane di Alibek" - era un brigante turco che da qualche tempo devastava il paese - "Aspettatemi di ritorno, tra dieci giorni. Se però al decimo non sarò tornato, fatemi dire una messa perché vorrà dire che mi avranno ucciso. Ma", aveva aggiunto il vecchio con l'aria più grave possibile, "se, Dio non voglia, trascorsi i dieci giorni, dovessi ugualmente tornare a casa, allora, per il vostro bene, non lasciatemi entrare. In questo caso, vi ordino di dimenticare che sono vostro padre e di infilzarmi con un palo, qualsiasi cosa io dica o faccia, perché vorrebbe dire che sono diventato un maledetto Vurdalak, tornato qui per succhiarvi il sangue."
Bisogna  adesso che vi spieghi, signore mie, che i Vurdalak o vampiri dei popoli slavi, sono, secondo le convinzioni locali, nulla di meno che i cadaveri usciti dai loro sepolcri per succhiare il sangue dei vivi. Fin qui, le loro abitudini non differiscono da quelle degli altri vampiri, noti a tutti. Ma questi hanno una caratteristica specifica che li rende ancor più orribili: i Vurdalak succhiano, di preferenza, il sangue dei familiari più prossimi e degli amici più intimi; i quali, una volta uccisi in tal modo, diventano anche loro vampiri."

Sugli Slavi vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/gli-slavi-4-licantropi-vampiri-draghi.html