Recensione a "Zio Vampiro" (Gaia Junior)

Nei primi anni '90 uscì una serie di romanzi, denominati "Gaia Junior" (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/gaia-junior.html), tutti accomunati dal fatto di avere, per protagoniste, ragazzine adolescenti che si trovavano ad affrontare le problematiche più varie: dall'amore alla violenza, dal razzismo alla discriminazione sessuale o passando per il rapporto conflittuale con il proprio corpo in crescita.



"Zio Vampiro" (1995) uscì proprio per questa collana.



Trama: Un segreto spaventoso rende insonni le notti di Carolyn: suo zio, confida al diario, è un vampiro e molte volte, col favore delle tenebre, è entrato nella sua stanza per succhiarle il sangue. Carolyn non può chiedere aiuto ai genitori, troppo indifferenti e presi dai loro problemi per darle ascolto, non può confidarsi con nessuno... con nessuno, tranne che con la sua gemella Gioia, anche lei vittima di Zio Vampiro. Ma tutti, compresa Carolyn, sanno che i vampiri non esistono, che sono soltanto un mito, e ai tanti timori che già tormentano la ragazza, si aggiunge quello di essere ormai impazzita. E se dietro l'idea fissa di Carolyn si nascondesse una realtà così terribile, così ripugnante, da non poter essere affrontata se non con le armi della fantasia?
Commento di Lunaria: sono tanti i libri (biografici o non) che parlano del tema dello stupro (spesso a tinte incestuose) e del senso di colpa, oltre che del trauma, della vittima; "Zio Vampiro" (1995) parla proprio di questo, e ha permesso all'Autrice di vincere un premio di narrativa. Avevo già recensito altri Gaia Junior, serie di libri dei primi anni Novanta che trattavano problemi al femminile pensati per le adolescenti: temi come lo stupro, l'autolesionismo, la solitudine, il razzismo, amori non corrisposti, violenze, incomunicabilità, problematiche familiari erano le tematiche trattate dai Gaia Junior. Rispetto ad altri libri su questo tema, "Zio Vampiro" ha la caratteristica di essere narrato in maniera molto netta e concisa, sempre dal punto di vista della protagonista (che a volte sfiora il monologo per l'intero capitolo con descrizioni degli incubi confusi e torbidi, dove la realtà si mescola al delirio allucinatorio) che "per sopportare il trauma" immagina di essere vittima di un vampiro e non di uno stupratore. C'è anche un colpo di scena finale, molto ben architettato, e per tutto il libro sullo sfondo aleggia la critica al vetriolo alla "tipica famiglia americana perfetta", perfetta solo di facciata, che nasconde il torbido oltre "le belle apparenze", sfoderando negazionismo ed ipocrisia, quel tipo di atteggiamento da "basta che non si sappia in giro\che diranno gli altri?!" e che l'Autrice mette alla berlina (1)
Peccato che l'Autrice non abbia minimamente approfondito la psiche dello zio di Carolyn (che compare di tanto in tanto, ma i dialoghi tra Carolyn e zio Toddy sono estremamente sintetici) mentre invece avrebbe giovato riportare qualche particolare in più... così come non ha approfondito gli altri personaggi che fanno da contorno, come comparse, alla storia e si muovono vicino a Carolyn, ma sono descritti in sintesi, come figure bidimensionali, ora apatiche, ora stizzite, senza nessun approfondimento di sorta che spieghi il loro tedio o la loro indifferenza al di là di termini generici come "depressione della mamma" o "troppo lavoro per papà".

Gli stralci più belli:

"I miei occhi sono vuoti, così non può guardarmi dentro. I miei occhi sono specchi, e riflettono il viso sorridente di zio Toddy"
"Avevo cominciato una lettera, ma non l'ho mai finita. Poi l'ho persa. Comunque, suonava troppo assurdo: zio Toddy è un vampiro. Lo sapevi, Maggie? Mi sta prosciugando. Succhia la vita da questa casa. Richie è strano, ha smesso di parlare. Era felice, un tempo. Ora non più. Non più da molto, moltissimo tempo. Mi sembra di attraversare la vita come una sonnambula. A tratti mi sveglio e mi guardo attorno, ma i miei occhi sono ansiosi di chiudersi; non amano quello che vedono."
"Mi resi conto di aver sentito quel sospiro per tutta la vita, costante e familiare come il mio stesso respiro. Come il vento fra i rami dell'albero fuori dalla mia finestra. Un vento che porta pioggia e tempesta."
"Quand'è iniziato? Che età avevo? Mi sforzo di ricordare quello che preferirei scordare. Le schegge devono venire via, ma farà male. Ricordo a pezzi e bocconi. Immagini che mi gocciolano nella mente. Galleggio sull'acqua, i miei capelli nell'acqua, lui mi tira i capelli. Ho paura, affogo, lui mi tira su, la luce sparisce. (...) Nessuno è venuto in mio aiuto. Mi sono salvata da sola. Ho cominciato a guarire. Questo libro è una cicatrice."



(1) Il tema della "famiglia americana perfetta in apparenza, che nasconde il marcio dietro belle apparenze" era stato trattato anche nel grande debutto dei Marilyn Manson, quel "Portrait of an American Family" (1994) che segnò il rock alternativo degli anni Novanta, insieme all'altrettanto fondamentale "Antichrist Superstar".














Per esempio, "Wrapped in plastic" recita:

"Guilt is a snake we beat with a rake to grow in our kitchen in the pies we bake\fear of the beast is calling it near, creating what we're hating, it's only fear that is here\I'm only as sick as the stick in the pig, thin and so white, thin and so white, daddy tells the daughter while mommy's sleeping at night"
"Il senso di colpa è un serpente che battiamo con un rastrello per crescere nella nostra cucina nelle torte che cuociamo\la paura della bestia lo chiama vicino, creando ciò che odiamo, è solo la paura che è qui\sono malato come il bastone nel maiale, sottile e così bianco, sottile e così bianco, papà lo dice alla figlia mentre la mamma dorme di notte"

Per approfondire il tema della misoginia e della violenza (commessa da "insospettabili che si ritengono perfetti, senza se e senza ma, Noi siamo la Verità, la Luce del Mondo!")