Culture orali, clan, vendetta

Info tratte da


La cultura balcanica è orale, tipica di un popolo di pastori nomadi.
Questo tipo di culture, a differenza di quelle che prediligono la forma scritta, sono basate sulla ripetizione e la fissità: la mente è impegnata a ricordare esattamente quello che va tramandato.
è per questo motivo che i popoli orali sono poco inclini al cambiamento.
L'oralità è tipica del clan, dove ci sono legami, appartenenze, protezione, difesa.
In questo tipo di società il passato rappresenta l'identità stessa del gruppo e dimenticare ciò che è stato vuol dire annullare l'identità del gruppo: nel clan ogni individuo è inserito e ha un ruolo.
L'onore è tutto e la vendetta è legge (Nota di Lunaria: in questo tipo di società "l'onore delle donne" è la verginità e la sua perdita si riverbera, come offesa, sui membri maschili: il padre, il fratello, lo zio

https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/verginita-e-patriarcato.html)
Nelle società basate sul clan, quando ci sono delle guerre si tende ad eliminare il clan nemico perché nessuno resti in vita a ricordare:
la pulizia etnica è una forma di prevenzione per evitare qualsiasi vendetta.

L'identità personale e collettiva è fortemente influenzata dalle tradizioni del passato, della storia come ricettacolo di valori sacri, che, per esempio, per gli albanesi e kosovari (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/kosovo.html) sono l'onore ("ndera"), il giuramento ("besa"), l'ospitalità ("mikpritja"), la condotta giusta ("sjellja") e l'identificazione con il proprio clan ("fisi").
La famiglia è quella patriarcale, con genitori, figli, le loro mogli, i figli di questi e le figlie non ancora sposate.
Le tipiche famiglie rurali erano composte anche da 15-30 persone.
I matrimoni erano concordati e le donne isolate (pratica dell'"havale", il semi-isolamento delle donne, simboleggiato dal muro del giardino che limita la loro vita alla sfera domestica).
Un altro valore patriarcale è la "marre", la vergogna, che regola i comportamenti in maniera rigorosa.
Un altro valore tipico della società albanese-kosovara è la "pajtim", la convinzione di essere destinati a soffrire e a dover resistere: "Duhe m'u patju", "devi accettarlo", che si ripete continuamente alle ragazze, i cui matrimoni saranno scelti da altri e che passeranno una vita sotto il controllo della suocera.
Un altro valore è il "vuajtje", l'accettazione dell'inevitabile, della sofferenza.
Il controllo sociale è esercitato dall'opinione pubblica ("rreth", "cerchio"): il "cerchio sociale", cioè l'influenza della comunità, influenza sociale esacerbata dalla religione islamica, anche se c'è da dire che l'islam praticato dagli albanesi non è l'islam che si ritrova nei paesi medio-orientali.

La difesa dell'identità collettiva avviene sulla base della purezza etnica.
Infine, negli ultimi decenni è da segnalare il movimento delle donne che si batte contro le disparità nella vita familiare.
La guerra ha mutato la vita delle donne kosovare e la loro consapevolezza, politicizzandole. Durante una campagna di alfabetizzazione, le organizzatrici hanno denunciato le diseguaglianze e l'estremismo patriarcale presenti nelle famiglie albanesi.


Nota di Lunaria: onde evitare i soliti commenti cretini di gente che "sostiene che è stato il monoteismo a portare tutti i diritti per le donne! Non è vero niente delle cose che hai scritto qui!", meglio mettere una prova, inquadrando il concetto in rosso, tanto per dimostrare che "non sono io che racconto frottole" e "io i libri li leggo"


APPROFONDIMENTO tratto da


La forza dell'ordine maschile si misura dal fatto che non deve giustificarsi: la visione androcentrica si impone in quanto neutra e non ha bisogno di enunciarsi in discorsi miranti a legittimarla (1).
L'ordine sociale funziona come un'immensa macchina simbolica tendente a ratificare il dominio maschile sul quale esso si fonda:
è la divisione sessuale del lavoro, distribuzione rigida delle attività assegnate 

a ciascuno dei due sessi (2)
La virilità, persino nel suo aspetto etico, cioè in quanto quiddità del vir, virtus, punto d'onore, principio della conservazione e dell'aumento dell'onore, resta indissolubilmente dalla virilità fisica, soprattutto attraverso le attestazioni di potenza sessuale (deflorazione, abbondante progenie maschile) che tutti si attendono dall'uomo veramente uomo. (3)

Quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio o quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di conoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza, di sottomissione.
Le donne possono fondarsi sugli schemi di percezioni dominanti (alto\basso, attivo\passivo ecc.) che le portano a farsi una rappresentazione molto negativa del loro stesso sesso (4)

Anche lo stesso atto sessuale in questo tipo di società androcentriche è pensato in funzione del primato della mascolinità: l'opposizione tra i sessi si inscrive nella serie di opposizioni mitico-rituali: alto\basso, sopra\sotto, caldo\fretto, attivo\passivo.
Ne segue che la posizione considerata normale è logicamente quella in cui "l'uomo sta sopra"
Se il rapporto sessuale appare come un rapporto sociale di dominio, ciò dipende dal fatto che è costruito attraverso il principio di divisione fondamentale tra il maschile attivo e il femminile passivo (5) e che questo principio crea, organizza, esprime e dirige il desiderio; quello maschile come desiderio di possesso, come dominazione erotizzata, quello femminile come desiderio della dominazione maschile come subordinazione erotizzata e riconoscimento erotizzato del dominio. (6)

Il privilegio maschile è anche una trappola (7) e ha la sua contropartita nella tensione e nello scontro permanenti, che ogni uomo si vede imporre dal dovere di affermare in qualsiasi circostanza la sua virilità, intesa come capacità riproduttiva, sessuale e sociale, ma anche come attitudine alla lotta, alla violenza, alla vendetta.
L'onore della donna, invece, può essere solo difeso o perduto, in quanto legato unicamente alla verginità e alla fedeltà al marito.


Nota di Lunaria: In questo tipo di società un uomo che per esempio di rifiutasse di compiere una vendetta sarebbe stigmatizzato da tutti gli altri uomini e giudicato "debole, omiciattolo, femminuccia, finocchio".
Per la donna, invece, "dimostrare di essere una vera donna" passa per la sua capacità riproduttiva di partorire figli maschi.
Il dominio maschile, che costituisce le donne in quanto oggetti simbolici il cui essere è un essere percepito, finisce col porre le donne in uno stato permanente di insicurezza corporea, di alienazione: le donne esistono innanzitutto per e attraverso lo sguardo degli altri, cioè in quanto oggetti accoglienti (8), attraenti, disponibili. La "femminilità" sarebbe quindi sottomissione e compiacenza nei confronti delle attese maschili.
Di conseguenza, il rapporto di dipendenza nei confronti degli altri tende a divenire costitutivo del loro essere. (9)
Il dominante ha il potere di imporre la propria visione di sé come oggettiva e collettiva (e inconfutabile. Vedi i dogmi religiosi);
in tal modo si costituisce come soggetto assoluto, pienamente giustificato (10)

Quanto alla chiesa, pervasa dell'antifemminismo profondo di un clero pronto a condannare tutte le infrazioni femminili, e riproduttore autorizzato di una visione pessimista della donna e della femminilità, inculca esplicitamente una morale familiarista, interamente dominata dai valori patriarcali (Dio Padre), in particolare il dogma dell'inferiorità innata delle donne.
Anche i regimi politici autoritari con le grandi parate (in onore del leader) e le esibizioni ginniche esprimono la filosofia ultramascolina fondata sul culto del maschio-soldato.


Note di Lunaria:


(1) Anche perché a sostegno della loro autorità pongono l'autorità per eccellenza: Dio.

(2) O, in certe società, anche dal punto di vista del ceto o della professione; vedi il sistema castale indù. https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/india-il-sistema-castale_10.html

(3) Vedi l'approfondimento dei "codici d'onore e di leggi" tipiche dell'antica società albanese (regolata dal Kanun https://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/albania-2-donne-patriore-antichi-dei-e.html
 https://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/albania-1-illiri-regine-skanderbeg.html) o di quella pashtun (afghana https://intervistemetal.blogspot.com/2019/04/pakistan-le-tante-etnie-i-kalash-e-la.html), basate su vendette e faide interfamiliari: ci si aspetta che "un uomo veramente uomo" lavi nel sangue questa o quell'"offesa", fatta a lui o contro "la verginità" di una donna appartenente al suo clan familiare.

(4) Un esempio lampante è il simbolismo cristiano della coppia "gesù-maria", fatta passare come "modelli eminenti di genere maschile e femminile": lui dio e salvatore, lei ancella a lui sottoposta.
Difatti la coppia simbolica "gesù-maria" rappresentando la diade sessuale maschio-femmina convalida appieno, in maniera evidente, la disuguaglianza sessuale.





(5) Uno dei rappresentanti più celebri di questo "pensiero" è aristotele.



(6) Si pensi alla perversione femminile più grave: l'ibristrofilia, che consiste nell'eccitazione sessuale e sentimentale che una donna prova nei confronti dei serial killer e degli stupratori; vedi per esempio i casi di Richard Ramirez ed Henry Lee Lucas, celebri serial killer considerati dei veri e propri "sex symbols" dalle donne ibristrofile.

(7) Infatti "patriarcato" non significa "dominio di tutti gli uomini" ma "dominio di una certa categoria di uomini che domina tutte le donne e altri uomini". Vedi per esempio le gerarchie ideate da confucio, aristotele, tommaso d'aquino: per confucio, gli uomini anziani avevano più potere degli uomini giovani (gerontocrazia), per aristotele, gli uomini greci dovevano dominare sugli uomini non greci (schiavitù razzista), per tommaso d'aquino il dominio spettava ai nobili (conti, feudatari...) sui contadini (discriminazione basata sul ceto).

(8) Vedi il già citato simbolismo cristiano, che reifica la donna-maria ad ancella "per partorire". In un libro di mariologia ho trovato la sgradevole definizione di "recipiente": maria sarebbe stata il recipiente di gesù. Il grottesco della cosa era che quel libro era stato scritto da due donne.



 
 
(9) Come faceva notare Mary Daly in "Al di là di dio padre":


"Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo."

In sintesi: l'ego maschile è "esplosivo", si proietta all'esterno, contando sul fatto che l'apparato culturale-simbolico celebra il suo io, lo lusinga e lo potenzia (Dio è maschio, Dio è salvatore, Dio è al centro del cosmo, il maschio è immagine di Dio ecc.)
La donna, al contrario, non ha un Io altrettanto forte, ma il valore del suo Io passa per quello che l'uomo dice di lei e su di lei ("sei magra, sei grassa, sei bella, sei brutta, sei interessante" ecc.): manca l'apparato simbolico che convalida e potenzia l'ego femminile (i simboli monoteisti propongono solo una visione maschile di potenza, senza offrire altrettanto per le donne)
Per la donna è incredibilmente difficile "darsi valore da se stessa", cioè porre il proprio IO. Anche le donne che capiscono il concetto e che sono motivate ad affrancarsi, ci impiegano anni a costruire una propria autostima che non passi per "quanto dice l'altro".


(10) Non è raro che gli integralisti misogini per giustificare il loro dominio sulle donne, rispondendo a donne "contestatrici", letteralmente affermino: "Sei tu che devi cambiare idea, ravvederti e convertirti". Non tentano neanche di trovare giustificazioni al dominio dell'uomo sulla donna, sancito dai loro testi sacri: è così perché lo ha detto Dio, e quindi per definizione, va accettato senza fiatare.