Recensione a ''Un corpo di donna'' (Gaia Junior)
Trama: Una ragazza che si sente grassa, brutta, goffa e che vorrebbe nascondersi allo sguardo degli altri, cancellare il suo corpo, trasformarlo in qualcosa di così lieve da poter quasi volare. Ma come riuscirci, se una fame sconfinata le attanaglia lo stomaco e saccheggiare il frigorifero è diventato il suo vizio segreto? L'unica via d'uscita le sembra quella di "svuotarsi" per forza, di liberarsi, vomitando, per poi riempirsi di nuovo, all'infinito... Un gioco pericoloso che niente riesce a fermare, né i buoni propositi né l'amicizia né gli interventi dei genitori. Un gioco impossibile, perché non si può rifiutare di crescere né di ritrovarsi, prima o poi, dentro un corpo di donna. Un romanzo intenso e originale che racconta con straordinaria partecipazione e singolare ironia uno degli aspetti più inquietanti dell'adolescenza al femminile.
Commento di Lunaria: la storia di "Un corpo di donna" tocca un tema di grande attualità: i disagi psichici legati alla propria forma corporea e all'accettazione di sé, da sempre un argomento importantissimo per la condizione femminile. Nonostante esistano davvero moltissimi libri (molto spesso autobiografici o scritti dalle madri delle ragazze), c'è da dire che si è assistito ad un certo appiattimento e stereotipia (tanto che sembra di leggere sempre la stessa storia, a grandi linee, ma questo succede un po' con tutti i trend letterari, vedi anche il fenomeno dell'Urban Fantasy post-Twilight); un difetto, questo, che non è presente nella storia raccontata dall'Autrice perché la protagonista è rappresentata davvero a 360° (non manca neanche una certa vena autoironica e comica, specialmente nei rapporti con i familiari), con tutti i suoi pregi e i difetti, ed è quindi un personaggio a cui vanno subito le simpatie del lettore (o ancora meglio, delle lettrici che si rivedranno in certi monologhi che condensano in sé le tante problematiche che affossano il genere femminile...) mentre invece altri personaggi in storie analoghe risultano qualche volta prevedibili e appiattiti, senza nessun guizzo che le contraddistingua le une dalle altre, nel vittimismo che diventa "di melassa" e quindi, banale (evitare di banalizzare il dolore è sempre una sfida difficile).
Stupisce, in maniera positiva, il fatto che la protagonista, Gaspara, detta Gasp (nomen omen, perché nei fumetti "gasp! era l'espressione tipica di quelli nei guai. Spavento, soffocamento, angoscia... tutto questo era Gasp!") riesca, alla fine, con le proprie forze e usando l'arma dell'ironia, ad accettare se stessa senza "metterci di mezzo" psichiatri e antidepressivi, mentre gran parte dei libri con storie analoghe si rivelano, per la maggior parte, degli elenchi asfissianti di date&appuntamenti in psichiatria con relativa pubblicità indiretta a molti psicofarmaci (argomento che ci porterebbe a dover trattare con occhio critico anche lo strapotere psichiatrico e la relativa lobby farmaceutica https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-della-psichiatria-raccolta-di.html).
La particolarità del libro è proprio questo: pur trattando un disagio tipicamente femminile, anche diffuso, quel "non mi sento bella, non mi amo", che spesso sfocia nel masochismo, nell'autolesionismo, in altri comportamenti pericolosi, riesce a non affossarsi su cliché prevedibili (quei cliché che riducono tutte le donne sofferenti ad una massa anonima di comportamenti standard e prevedibili con la fredda burocrazia dei manuali diagnostici, dove le singole personalità, con le proprie unicità, non esistono, come non esiste il singolo vissuto individuale), ad essere un bell'inno all'individualità e alla propria forza emotiva e psichica (come detto, Gaspara riesce, alla fine, a sdrammatizzare tutto il suo dolore con un processo catartico basato anche sull'autoironia)
Qualche stralcio del libro, per dare un'idea dello stile:
"...Si lavò i denti con cura e si guardò allo specchio. Era diventata veramente abile: pelle e occhi non mostravano alcuna alterazione, nessun arrossamento, nessuna lacrima da sforzo. Basta con le nausee e i malesseri: tutto passato, come passato era il tempo in cui stava male in macchina (...) Resisteva, resisteva più che poteva, ma succedeva ogni volta: di colpo perdeva il controllo. E vomitava. Vomitava e si vergognava. Che sollievo sarebbe stato vomitare, insieme al cibo, anche se stessa (...) Se solo non fosse stata perseguitata da quel senso di vuoto, da quel buco nello stomaco che continuamente reclamava di essere riempito, colmato, messo a tacere (...) Mangiare non la rendeva
felice. Però la placava, cancellava l'angoscia."
"E poi ormai aveva capito che quando ti lodano solo per una cosa, i capelli per esempio, lo fanno solo perché è impossibile lodare tutto il resto. Come quando dicono che sei simpatica o intelligente. Il vero messaggio, urlato sotto le moine, è che NON sei bella, non abbastanza bella. Bella e basta. Che altro ti serve, se sei bella? Tutto il resto è un di più. Il compito più importante e difficile l'hai assolto. E puoi anche vivere di rendita. "
"Era stato mio fratello a tirar fuori dal mio nome l'unico suono sopportabile: GASP! L'aveva trovato su Topolino (...) mi aveva fatto notare che era l'espressione tipica di quelli nei guai. Spavento, soffocamento, angoscia, sorpresa negativa, annegamento, smarrimento: tutto questo era GASP! (e mi raccomando il punto esclamativo!). Mio fratello trovò la cosa spiritosa. Io no. Perché sapevo già che era tragicamente vera. Avevo solo otto anni. Quando ebbi tra le mani un vocabolario d'inglese, avrò avuto 10 anni, fu la prima parola che andai a cercare: GASP 1) sobbalzare (dalla sorpresa) 2) boccheggiare, respirare a fatica, pronunciare con affanno 3) desiderare ardentemente. I'm gasping for a drink, muoio dalla sete; To be gasping for liberty, sospirare la libertà. Eccomi, racchiusa nella definizione di un verbo straniero (...) La mia vita era tutta un GASP (e senza punto esclamativo). Io quella che sobbalza, io quella che boccheggia e respira a fatica, io quella che pronuncia con affanno e con affanno è pronunciata, io quella che desidera ardentemente, io quella che muore dalla fame... Io Gasp."
"Io invece ero forte, in quel periodo, perché non amavo nessuno, tanto meno me stessa. Il mio rischio di essere ferita era bassissimo."
Qui trovate altri Gaia Junior: https://intervistemetal.blogspot.com/2022/05/la-donna-della-foresta-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/recensione-emma-e-tornata-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2022/02/una-culla-in-fondo-al-mare-gaia-junior.html