Visto che abbiamo preconcetti stantii risalenti ormai a più di una ventina d'anni fa del "profugo albanese sbarcato dal barcone che commette reati" e\o della prostituta sfruttata...
Ma se queste figure corrispondono ad una certa realtà sociale di decenni fa, sull'Albania c'è una miriade di cose in più da dire e da sapere!
Per cui, ecco qui una breve guida turistica&metal al Paese delle Aquile! ^_^
Antefatto: sarà dall'anno scorso che volevo trattare l'Albania, ma non avevo trovato niente, a parte questa breve storia politica
più inerente il discorso economico e la dittatura. Qualche tempo fa, cercando nel portamonete, mi sono resa conto di avere una monetina albanese! Non "dieci centesimi di euro", no, proprio una moneta albanese! Anche se a prima vista, infatti, sembra proprio una moneta da dieci centesimi.
Probabilmente, devono avermela data come resto al centro commerciale e non me ne sono neanche resa conto. Eppure questa vicenda un po' strana mi ha fatto sorridere e l'ho preso come un "segno del destino". Per cui armata di buona volontà, ho semplicemente richiesto un prestito interbibliotecario per racimolare qualche libro interessante... C'è tanto da sapere sull'Albania degli Illiri!
Nota: il Kosovo è stato trattato qui https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/kosovo.html
Info tratte da
Le origini dell'Albania: Illiri, Re e Regine
Il ritrovamento di utensili in pietra databili all'Età del Bronzo simili a quelli ritovati nel suolo italiano, fa intendere che sin dalla preistoria esistevano degli scambi tra l'Albania e l'Italia.
Fin dal III millennio l'Albania era abitata dagli Illiri
e nel VII secolo ci fu la colonizzazione dei Greci, che fondarono città sulla costa; tutta questa zona era nota come Illyria e questo regno si estese soprattutto con il re Agrone; sotto la guida della regine Teuta, moglie di Agrone, l'Illiria si diede all'attività piratesca, entrando in contrasto con Roma, che intervenì occupando e conquistando il territorio nel 168 a.c.
In epoca preistorica, gli Illiri svilupparono un' arte decorativa con figure geometriche su oggetti di uso quotidiano. Nei secoli VI-V a.c la civiltà illirica inizia anche la lavorazione della ceramica, del ferro e del bronzo. I motivi geometrici possedevano un carattere simbolico-religioso: triangolo, rombo (legato a culti matriarcali) le linee a zig-zag, il cerchio (cerchio e croce spezzata rappresentavano il sole). Anfore, coppe, recipienti cosmetici decorati con figure mitologiche, erotiche, vegetali testimoniano la produzione artistica del III-II sec. a.c.
La Dea di Buthrontum
Il Museo Storico Nazionale a Tirana è tra i più grandi e importanti in Albania: contiene 3600 reperti, dal Paleolitico al IV sec. a.c.
Qui si trova anche la "Dea di Buthrontum" e un mosaico con una testa di donna, chiamata "Bukuroshja e Durrsit", "La Bella di Durresi"
Nota di Lunaria: forse si tratta di una versione locale di Artemide\Thana (Thana è la versione balcanica di Diana http://intervistemetal.blogspot.it/2018/03/croazia-il-poklad-thana-poesia-e-tanto.html ). Ma io penserei anche alla Dea Genusus, celebrata in una canzone dalla band Black Metal albanese Shiptarian Darkness: https://www.youtube.com/watch?v=cvbMceAWmsE
Genusus era la Madre Terra. Il culto della Madre Terra era diffuso presso gli Slavi (il termine è sopravvissuto ancora oggi con la radice "Zem" o "Dzem" che si trova in termini come "Zemla", "žemyna" o "Dem-etra"); gli Albanesi linguisticamente però non appartengono alla lingua slava, ma alla sottofamiglia del tracio-illirico; tuttavia a me sembra altamente probabile che insieme ai loro "vicini slavi" croati e sloveni, anche loro praticassero un culto alla Madre Terra.
Qui trovate un link utile su Genusus:
http://s1.zetaboards.com/anthroscape/topic/4681964/1/
Skanderbeg e l'Aquila
Più tardi, fu la volta dell'occupazione turca. Nella battaglia del Kosovo (1389) occuparono la Serbia, preparandosi a conquistare anche l'Albania. La resistenza albanese contro gli Ottomani venne capeggiata da Skanderbeg, che per decenni riuscì a tenere a bada gli Ottomani. Skanderbeg è l'eroe nazionale e il simbolo della resistenza cristiana all'islam.
La bandiera albanese - l'aquila nera bicefala su campo rosso -
era proprio il vessillo di Skanderbeg, che apparteneva alla famiglia dei Castriota: ancora oggi gli Albanesi si chiamano "Shqiptar", "Il popolo delle aquile".
Abito tradizionale: si noti l'aquila bicefala, a due teste, sul corpetto
Nota di Lunaria: L'aquila bicefala era già stata rappresentata dagli Hittiti, http://intervistemetal.blogspot.it/2018/03/turchia-origini-topkapi-musica-e-poesia.html
ma anche dai Persiani, che associavano l'aquila a Mithra
Sarei propensa a pensare che l'aquila, nell'antica religione pagana albanese fosse associata a qualche divinità, o divinità ella stessa; altrimenti, forse era un animale totemico, similmente alle forme di totemismo animale tipiche dei culti africani, nativi o indios.
Parco Nazionale di Theti e di Dajti
Situato sulle Alpi Albanesi, ha una superficie di 2630 ettari. Le cascate del fiume Theth precipitano da 30 metri. C'è anche una caverna con laghi sotterranei, stalattiti e stalagmiti. Questo parco comprende più di un migliaio di specie tra piante, fiori, mammiferi come l'orso, la lince, il camoscio, la lontra, e uccelli come il grifone, la poiana, lo sparviero.
Il parco di Dajti presenta sempreverdi come pini, faggi, abeti ed è popolato da volpi, lepri, scoiattoli, donnole, gatti selvatici.
Il castello di Rozafa
A 120 metri di altitudine c'è il castello di Rozafa.
Ancora oggi presenta le mura originarie edificate dagli illiri e quelle edificate in età medioevale. La rocca su cui sorge il castello (Keshtjella e Rozafes) è visibile a chilometri di distanza.
Nel Museo del Castello sono visibili oggetti e documenti del periodo illirico e ottomano.
Ma guardate che splendide foto!!! *-*
In questi video potete vedere tutta la bellezza del castello e del paesaggio mozzafiato: (https://intervistemetal.blogspot.com/2023/01/albania-3-castelli-e-chiese.html)
Su questo bellissimo castello c'è una leggenda davvero particolare...
Il castello è stato chiamato "Rozafa" perché, secondo una leggenda, una fanciulla con questo nome fu murata viva nei bastioni, come offerta sacrificale al diavolo; il demonio in cambio del sacrificio non avrebbe distrutto il castello. Rozafa accettò il suo tragico destino, ma ad una condizione: espresse il desiderio che le fossero lasciati fuori il braccio e il seno per poter allattare il suo bambino appena nato.
Questa leggenda sarebbe all'origine della consuetudine di raccogliere l'acqua da una sorgente nelle vicinanze per bagnare il seno delle giovani madri.
Questo è sicuramente una notizia interessante! Perché potrebbe testimoniare l'antica usanza, in epoca illirica, dei sacrifici umani, forse a demoni o divinità a forma di drago, perché Bolla è una delle creature più note del folklore albanese, e le venivano sacrificate persone. Bolla era simile ad un serpente, o ad un drago, e dormiva per tutto l'anno. Qui trovate l'approfondimento: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/03/albania-2-donne-patriore-antichi-dei-e.html
Infine, il fatto che ci sia stata la consuetudine di bagnarsi il seno ad una certa fonte ritenuta sacra potrebbe lasciar intendere che gli antichi Albanesi praticassero un culto delle acque e delle fonti a scopo di fertilità, similmente a tanti altri popoli pagani. In Italia, la Dea più celebre legata alle fonti e ai pozzi è Furrina; anche Feronia era legata ai boschi e alle fontane.
Archeologia: galleria di immagini
Artemide Albanese |
APPROFONDIMENTO:
Enver Hoxha, il dittatore albanese che per quarant'anni dominò l'Albania come un padrone assoluto, esercitando il potere di un satrapo d'altri tempi in nome di un'ideologia che prometteva paradisi terreni.
La sua morte avrebbe segnato invece la fine del regime da lui instaurato, che non poteva sopravvivergli.
Era l'ultimo degli staliniani, l'uomo di Stato più longevo come esercizio di potere. Se lo guadagnò da partigiano alla macchia,
lo assunse nel 1945 e lo ha tenuto più a lungo di Franco e di Salazar. (Nota di Lunaria: due dittatori ultracattolici, in Spagna e in Portogallo)
Da un secolo a questa parte, soltanto la Regina Vittoria e Francesco Giuseppe lo hanno, per anzianità di servizio, battuto.
Come Hoxha abbia governato il suo Paese, non si sa.
Del suo regime si può dire quello che si diceva degli Zar: che passava una metà del tempo ad impedire che le notizie di fuori entrassero dentro, e l'altra metà a impedire che quelle di dentro uscissero fuori.
Hoxha resa l'Albania impenetrabile a chiunque, anche al "grande fratello". E questa segretezza accreditava le voci di persecuzioni alla Pol Pot [dittatore comunista della Cambogia], di purghe sanguinose e campi di sterminio.
Può darsi che qualcosa del genere ci sia stata al debutto dell'era hoxhana, ma c'era anche una situazione che lo spiegava: ritiratisi italiani e tedeschi, l'Albania fu per un pezzo, dalla fine della guerra alla Conferenza della pace, terra di conquista.
La Grecia, sostenuta dall'Occidente, voleva l'Epiro. La Jugoslavia, protetta da Stalin, che allora aveva un debole per Tito, rivendicava Scutari e tutto il nord.
Hoxha non aveva dalla sua nulla, quando si presentò alla Conferenza: null'altro, voglio dire, che il proprio coraggio, spinto fino alla protervia.
Non era un nessuno, anche se nessuno lo conosceva.
Si era laureato in scienze naturali in Grecia, dove aveva contratto tre amori cui rimase fedele per tutta la vita: il marxismo, il Moet Chandon e le prostitute.
Tornato nel suo paese fascistizzato a fare il professore, fu cacciato dalla cattedra per le sue idee, e vi fondò il partito comunista, di cui fu per parecchio tempo il presidente, il segretario generale e forse l'unico iscritto. I primi proseliti li fece solo sul finire della guerra, quando prese corpo un po' di resistenza, ma li fece in nome dell'Albania, non del comunismo. E fu in nome dell'Albania che anche alla Conferenza di Parigi si batté, rivelando tra l'altro un fiuto da politico di razza. Fu il primo a presentire la rottura fra Stalin e Tito, e su di essa giocò precipitandosi a Mosca e offrendole i suoi servigi. Ma per salvare l'indipendenza dell'Albania, aveva bisogno che l'Albania fosse unita, quale non era mai stata né per razza, né per lingua, né per religione. Lo diventò nel nome di Hoxha.
E a quali mezzi Hoxha sia ricorso per realizzare questa impresa che non era riuscita nemmeno a Skanderberg, il mitico padre dell'altrettanto mitica patria albanese, forse è meglio non indagare. Fatto sta che da quando ebbe in pugno il suo Paese, Hoxha se lo giocò come se fosse stato una grande potenza. Si era avvicinato a Stalin per difendersi da Tito che gli incombeva sulle frontiere.
Ma quando Kruscev sconfessò Stalin, lui sconfessò Kruscev, e si scelse come protettore Mao, che poteva proteggerlo ben poco, e di lì a un po' ripudiò anche lui. Lupo solitario, non cercò altri branchi.
E solo il pugno di ferro con cui teneva unito e legato a sé il Paese può spiegare il fatto che sia morto quasi 80enne, nel suo letto.
I pochi stranieri che hanno visitato l'Albania dicono che Hoxha ha saputo farvi funzionare perfino il comunismo. E c'è da credervi. L'Albania è un paese arcaico e pastorale, (1) dove non c'è da distruggere nessuna ricchezza. Si può solo distribuirvi equamente la miseria, e fino a questo il comunismo ci arriva.
Ma il comunismo piaceva a Hoxha soprattutto perché gli forniva gli strumenti del potere assoluto. Hoxha non faceva mistero della sua vocazione al culto della personalità. Era un satrapo anche lui: ne aveva il carattere insieme sanguinario e gaudente. Ma non indulgeva alle debolezze e alle pacchiane ostentazione dei Ceausescu [la coppia di tiranni comunisti romeni] e dei Kim II Sung [dittatori in Corea del Nord]. Esigeva l'obbedienza più assoluta, ma in pubblico si mostrava di rado, e la sua era l'unica giacchetta di comunista da nomenklatura che non grondasse medaglie fino all'ombelico.
Non credo che l'hoxhismo possa sopravvivere a Hoxha. E nemmeno credo che il suo successore, chiunque egli sia, possa mantenere l'Albania nella posizione di "splendido (si fa per dire) isolamento" in cui Hoxha l'aveva collocata sul piano internazionale. Come capita a certi uomini di Stato sproporzionati allo Stato che rappresentano, Hoxha lascia da morto un vuoto più grande del posto che occupava da vivo. E i vuoti, nei rapporti delle forze politiche, sono la cosa più pericolosa che possa darsi.
(1) Nota di Lunaria: ovviamente l'analisi è relativa a decenni fa. L'Albania di adesso non è "arcaica e pastorale".
Per approfondimenti sui crimini del comunismo:
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-del-comunismo.html
ALTRO APPROFONDIMENTO: LE ORIGINI STORICHE DELL'ALBANIA, info tratte da
Regione aspra e difficile, l'Epiro degli antichi, che comincia a chiamarsi Albania solo nel Medioevo, ebbe come costante della sua storia di alterne fortune, una tenace e spesso disperata difesa della propria individualità.
Gli odierni Albanesi sono i discendenti dei più antichi abitanti della penisola balcanica: quegli Illiri che in epoca pre-romana occupavano l'intero territorio della Jugoslavia.
Sulla costa si insediarono colonie greche; gli storici e archeologi discutono ancora se gli Epiroti, di cui fu re il famoso Pirro, fossero di stirpe illirica o greca.
Insediatisi nel paese nel II secolo prima di cristo, i Romani vi costruirono un'importantissima arteria commerciale, la via Egnatia, che partendo dai ponti di Dyrrachium (Durazzo) e Apollonia (presso l'odierno villaggio di Pojani) attraversava l'Epiro e la Macedonia per spingersi fino a Tessalonica (Salonicco); nel IV secolo dopo cristo fu prolungata fino a Costantinopoli.
Con le invasioni barbariche e il crollo dell'Impero d'Occidente, il territorio abitato dagli Illiri si ridusse enormemente: gli Slavi varcarono il Danubio e spinsero gli abitanti originari sempre più a sud, costringendoli nei limiti dell'Albania attuale, del Kosovo e di parte della Macedonia, occupata per il restante dai Bulgari.
Appartenente all'Impero d'Oriente (uno dei regnanti, Anastasio I, era con ogni probabilità di famiglia principesca albanese) l'Albania ne fu per alcuni secoli l'antemurale contro i popoli barbari a nord e i Normanni a ovest; quest'ultimi vi sbarcarono più volte, conquistandola per breve tempo.
Quando nel 1204 Costantinopoli fu presa dai crociati e all'Impero Bizantino si sostituì l'Impero Latino, i veneziani occuparono le città costiere; ma l'interno rimase indipendente con un principe bizantino e col nome di Despotato d'Epiro.
Seguirono tentativi di conquista da parte della dinastia angioina di Napoli e poi da parte dei sovrani di Serbia, il più grande fra i quali, Stefano Dushan, la annesse al suo regno nel 1346.
Fu in quei secoli che si cominciò a usare il termine Albania per definire l'insieme del paese.
Caduto l'Impero Serbo alla fine del Trecento, diverse dinastie di signori feudali si divisero il territorio, mentre Venezia estendeva sempre più la sua influenza.
Ma intanto i Turchi avevano iniziato la conquista della penisola balcanica; Valona cadde nelle loro mani nel 1417, Gianina nel 1430. Fu allora che si presentò sulla scena la più grande personalità della storia albanese, Giorgio Castriota, ovvero Skanderbeg.
Figlio di un signorotto feudale dei dintorni di Dibra, era stato mandato giovanissimo alla corte del sultano turco come ostaggio; si era convertito forzatamente sull'islam, prendendo il nome di Skander (Alessandro); e si era battuto al fianco dei Turchi, guadagnandosi il titolo di bey o beg.
Nel 1443 però, partecipando alla campagna turca contro l'Ungheria, mutò improvvisamente bandiera, fuggì in patria, prese con uno stratagemma la cittadella di Kruja, radunò attorno a sé i principali capi albanesi in una Lega di cui fu fatto comandante supremo; e da allora tenne in scacco tutti i tentativi di conquistare l'Albania compiuti prima da Murad II e poi da Maometto II, che nel 1453 aveva preso Costantinopoli ma non riuscì a prendere la piccola Kruja. Skanderberg lo costrinse sempre a ritirarsi, resistendo alle massicce invasioni ottomane per più di vent'anni, con l'aiuto del regno di Napoli e della repubblica di Venezia.
Ma quando morì, nel 1468, l'Albania fu rapidamente assoggettata dai Turchi, nonostante la strenua difesa delle tribù montanare, che alla fine si sottomisero ottenendo in cambio dai vincitori il rispetto di alcune autonomie e della loro fede cristiana.
Molti preferirono emigrare, stanziandosi nel regno di Napoli: il figlio di Skanderbeg, Giovanni, fu insignito di due feudi in Puglia.
Ridotta a provincia ottomana, l'Albania fu tagliata fuori dall'Europa.
Tuttavia i Turchi non riuscirono mai a dominarla completamente; si insediarono nelle principali città, ma sul resto del territorio esercitarono una sorta di alta sovranità, rispettando le tradizioni di autonomia locale e rinunciando spesso anche a riscuotere le imposte.
Diverse rivolte furono schiacciate nel sangue; ma molti Albanesi si convertirono all'islam, che divenne la religione maggioritaria e diedero all'Impero Ottomano quelli che furono forse i suoi servitori più dotati ed intelligenti: dall'Albania vennero numerosi capi militari e diciotto gran visir.
Anche le virtù guerriere dei montanari furono messe a frutto dai Turchi: la tribù dei Mirditi fornì loro eccellenti combattenti che ebbero in cambio il permesso di portare la croce come insegna, essendo rimasti cattolici.
Nel Settecento, approfittando della decadenza del potere centrale, alcuni capi albanesi cercarono di estendere al massimo la loro autonomia, fino a sfiorare l'indipendenza. I Bushati di Scutari del 1760 costituirono un pascialicato ereditario che durò fino al 1830; in quello stesso arco di tempo sorse e tramontò la stella di Alì di Tepeleni, un avventuriero di oscure origini che si fece prima bey della città natale, e ottenuto poi il titolo di pascià di Gianina si creò all'interno dell'Impero Turco un dominio praticamente indipendente, esteso dall'Albania centrale alla Tessaglia.
Ma il sultano decise infine di stroncare il suo potere, ed egli fu trucidato nel 1822.
La sua splendida corte, piena di consiglieri militari, ingegneri, chimici e medici (soprattutto italiani e francesi) fu visitata e cantata da Byron.
Sempre in quegli anni, approfittando dello sconvolgimento prodotto dalla spedizione napoleonica in Egitto, un altro avventuriere albanese, Mehemet Alì, si fece nominare viceré di quel paese dalla Sublime Porta fondandovi una dinastia regnante che sarebbe durata fino al 1953. E solo l'intervento delle grandi potenze europee gli impedì di sedersi sul trono di Costantinopoli, quando aveva già conquistato l'Arabia, la Siria e il Sudan.
Durante l'Ottocento gli Albanesi non parteciparono ai movimenti di rinascita nazionale dei popoli oppressi dai Turchi, Serbi, Greci, Romeni, Bulgari: si schierarono a difesa del cadente Impero.
Solo nel 1878, quando il Congresso di Berlino assegnò al Montenegro una fetta di territorio aiutato dagli Albanesi, questi fondarono una Lega per difendere i diritti della loro nazionalità.
Nel 1908 la rivoluzione dei Giovani Turchi che intendeva riformare e modernizzare la moribonda Turchia fu appoggiata e salutata entusiasticamente dagli Albanesi, sia i cattolici sia gli ortodossi e i musulmani, perché sembrava che la Costituzione dovesse finalmente garantire i loro diritti e le loro autonomie.
Ma la delusione fu rapidissima: i nuovi governanti intendevano in realtà turchizzare il più possibile le provincie, l'Albania in primo luogo. Di fronte alle rivolte che si fecero sempre più indomabili, i Turchi dovettero infine concedere nel 1912 l'autonomia ai tre vilayet albanesi. Ma era troppo tardi: la prima guerra balcanica, scoppiata anche grazie al fatto che gli Albanesi avevano dichiarato di non voler più appoggiare militarmente gli Ottomani, divise la Turchia d'Europa tra i vincitori, che si impadronirono anche di territori in cui la stragrande maggioranza della popolazione era di etnia albanese: il Kossovano andò alla Serbia, Gianina alla Grecia, che minacciava di occupare anche Argirocastro e Valona, dichiarando "greci" gli abitanti che in realtà erano Albanesi di religione ortodossa.
Ma intanto, il 28 novembre 1912, un congresso di notabili riuniti a Valona aveva dichiarato l'indipendenza dell'Albania, chiedendo la protezione delle grandi potenze, le quali fissarono le frontiere del neonato paese lasciando fuori metà della popolazione, e assegnandogli come re il rampollo di una nobile prosapia tedesca, Guglielmo principe di Wied.
Questi sbarcò a Durazzo nel marzo 1914; ma non riuscì ad andare oltre il porto, e pochi mesi dopo, a causa dell'ostilità di una parte della popolazione che voleva un sovrano nazionale o almeno di religione musulmana, e dello scoppio della Grande Guerra, dovette abbandonare l'Albania.
Il conflitto fu combattuto anche sul territorio albanese, occupato a nord dall'Austria-Ungheria e a sud dall'Italia, che nel 1917 proclamava di riconoscere l'indipendenza dell'Albania sotto la sua protezione. Alla fine della guerra, nel 1920, l'Albania venne ammessa nella Società delle Nazioni, mentre gli Jugoslavi cercavano di sottrarle territori a nord e i Greci a sud, e l'Italia tentava di mantenere Valona come base navale; ma dovette abbandonarla dopo scontri sanguinosi, serbando solo l'isolotto di Saseno.
La Conferenza degli Ambasciatori ribadì i confini del 1913 deludendo le aspirazioni greche e jugoslave; e il paese scelse di diventare una repubblica, presidente della quale fu eletto Ahmed Zog con il sostegno degli italiani, che strinsero con l'Albania un patto di amicizia e divennero la potenza dominante in ogni campo, con consiglieri economici, tecnici e militari.
Nel 1928 Zog, che già governava dittatorialmente, si fece proclamare re. Rimase sul trono fino all'aprile 1939, quando Mussolini decise che l'Albania doveva diventare parte integrante dell'impero fascista; e suscitata artificiosamente una crisi che provocò la fuga di Zog, fece occupare militarmente il paese la cui corona fu offerta "spontaneamente" da un'Assemblea Costituente a Vittorio Emanuele III.
Poi veniva fondato il Partito Fascista Albanese, unico ammesso. Poco dopo, il 28 febbraio 1940, dalla frontiera albanese partì l'inutile e assurdo attacco italiano contro la Grecia, che rischiò di finire in un disastro.
Solo nell'aprile del 1941 la situazione di stallo fu risolta dall'intervento tedesco in Grecia e in Jugoslavia. In seguito allo smembramento della Jugoslavia, l'Albania raggiunse per la prima e unica volta i suoi confini etnici, annettendosi il Kossovano e una fascia di territorio montenegrino. E gli anni della guerra furono inizialmente proficui per il paese, che prosperò fornendo derrate alimentari all'Italia.
Ma già nel 1941 era iniziata la guerriglia contro gli occupanti, che dilagò negli anni seguenti, guidati dal partito comunista albanese e beneficiata nel settembre 1943 dal crollo dell'esercito italiano dei cui depositi di armi si impadronirono i partigiani per usarle contro i Tedeschi subentrati a noi.
L'uomo forte del partito, Enver Hoxha, prese il potere con la cacciata dei Tedeschi nel 1944 per perderlo solo con la sua morte, nel 1985.
Con l'aiuto degli Jugoslavi fino alla rottura con Tito nel 1948 e poi dei sovietici, i comunisti albanesi instaurarono una rigida dittatura di stampo staliniano, che isolò il paese fino al 1990.
(Nota di Lunaria: infatti "il grande esodo" degli Albanesi che arrivavano qui in Italia inizia proprio in quel periodo)
Enver Hoxha, il dittatore albanese che per quarant'anni dominò l'Albania come un padrone assoluto, esercitando il potere di un satrapo d'altri tempi in nome di un'ideologia che prometteva paradisi terreni.
La sua morte avrebbe segnato invece la fine del regime da lui instaurato, che non poteva sopravvivergli.
Era l'ultimo degli staliniani, l'uomo di Stato più longevo come esercizio di potere. Se lo guadagnò da partigiano alla macchia,
lo assunse nel 1945 e lo ha tenuto più a lungo di Franco e di Salazar. (Nota di Lunaria: due dittatori ultracattolici, in Spagna e in Portogallo)
Da un secolo a questa parte, soltanto la Regina Vittoria e Francesco Giuseppe lo hanno, per anzianità di servizio, battuto.
Come Hoxha abbia governato il suo Paese, non si sa.
Del suo regime si può dire quello che si diceva degli Zar: che passava una metà del tempo ad impedire che le notizie di fuori entrassero dentro, e l'altra metà a impedire che quelle di dentro uscissero fuori.
Hoxha resa l'Albania impenetrabile a chiunque, anche al "grande fratello". E questa segretezza accreditava le voci di persecuzioni alla Pol Pot [dittatore comunista della Cambogia], di purghe sanguinose e campi di sterminio.
Può darsi che qualcosa del genere ci sia stata al debutto dell'era hoxhana, ma c'era anche una situazione che lo spiegava: ritiratisi italiani e tedeschi, l'Albania fu per un pezzo, dalla fine della guerra alla Conferenza della pace, terra di conquista.
La Grecia, sostenuta dall'Occidente, voleva l'Epiro. La Jugoslavia, protetta da Stalin, che allora aveva un debole per Tito, rivendicava Scutari e tutto il nord.
Hoxha non aveva dalla sua nulla, quando si presentò alla Conferenza: null'altro, voglio dire, che il proprio coraggio, spinto fino alla protervia.
Non era un nessuno, anche se nessuno lo conosceva.
Si era laureato in scienze naturali in Grecia, dove aveva contratto tre amori cui rimase fedele per tutta la vita: il marxismo, il Moet Chandon e le prostitute.
Tornato nel suo paese fascistizzato a fare il professore, fu cacciato dalla cattedra per le sue idee, e vi fondò il partito comunista, di cui fu per parecchio tempo il presidente, il segretario generale e forse l'unico iscritto. I primi proseliti li fece solo sul finire della guerra, quando prese corpo un po' di resistenza, ma li fece in nome dell'Albania, non del comunismo. E fu in nome dell'Albania che anche alla Conferenza di Parigi si batté, rivelando tra l'altro un fiuto da politico di razza. Fu il primo a presentire la rottura fra Stalin e Tito, e su di essa giocò precipitandosi a Mosca e offrendole i suoi servigi. Ma per salvare l'indipendenza dell'Albania, aveva bisogno che l'Albania fosse unita, quale non era mai stata né per razza, né per lingua, né per religione. Lo diventò nel nome di Hoxha.
E a quali mezzi Hoxha sia ricorso per realizzare questa impresa che non era riuscita nemmeno a Skanderberg, il mitico padre dell'altrettanto mitica patria albanese, forse è meglio non indagare. Fatto sta che da quando ebbe in pugno il suo Paese, Hoxha se lo giocò come se fosse stato una grande potenza. Si era avvicinato a Stalin per difendersi da Tito che gli incombeva sulle frontiere.
Ma quando Kruscev sconfessò Stalin, lui sconfessò Kruscev, e si scelse come protettore Mao, che poteva proteggerlo ben poco, e di lì a un po' ripudiò anche lui. Lupo solitario, non cercò altri branchi.
E solo il pugno di ferro con cui teneva unito e legato a sé il Paese può spiegare il fatto che sia morto quasi 80enne, nel suo letto.
I pochi stranieri che hanno visitato l'Albania dicono che Hoxha ha saputo farvi funzionare perfino il comunismo. E c'è da credervi. L'Albania è un paese arcaico e pastorale, (1) dove non c'è da distruggere nessuna ricchezza. Si può solo distribuirvi equamente la miseria, e fino a questo il comunismo ci arriva.
Ma il comunismo piaceva a Hoxha soprattutto perché gli forniva gli strumenti del potere assoluto. Hoxha non faceva mistero della sua vocazione al culto della personalità. Era un satrapo anche lui: ne aveva il carattere insieme sanguinario e gaudente. Ma non indulgeva alle debolezze e alle pacchiane ostentazione dei Ceausescu [la coppia di tiranni comunisti romeni] e dei Kim II Sung [dittatori in Corea del Nord]. Esigeva l'obbedienza più assoluta, ma in pubblico si mostrava di rado, e la sua era l'unica giacchetta di comunista da nomenklatura che non grondasse medaglie fino all'ombelico.
Non credo che l'hoxhismo possa sopravvivere a Hoxha. E nemmeno credo che il suo successore, chiunque egli sia, possa mantenere l'Albania nella posizione di "splendido (si fa per dire) isolamento" in cui Hoxha l'aveva collocata sul piano internazionale. Come capita a certi uomini di Stato sproporzionati allo Stato che rappresentano, Hoxha lascia da morto un vuoto più grande del posto che occupava da vivo. E i vuoti, nei rapporti delle forze politiche, sono la cosa più pericolosa che possa darsi.
(1) Nota di Lunaria: ovviamente l'analisi è relativa a decenni fa. L'Albania di adesso non è "arcaica e pastorale".
Per approfondimenti sui crimini del comunismo:
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-del-comunismo.html
ALTRO APPROFONDIMENTO: LE ORIGINI STORICHE DELL'ALBANIA, info tratte da
Regione aspra e difficile, l'Epiro degli antichi, che comincia a chiamarsi Albania solo nel Medioevo, ebbe come costante della sua storia di alterne fortune, una tenace e spesso disperata difesa della propria individualità.
Gli odierni Albanesi sono i discendenti dei più antichi abitanti della penisola balcanica: quegli Illiri che in epoca pre-romana occupavano l'intero territorio della Jugoslavia.
Sulla costa si insediarono colonie greche; gli storici e archeologi discutono ancora se gli Epiroti, di cui fu re il famoso Pirro, fossero di stirpe illirica o greca.
Insediatisi nel paese nel II secolo prima di cristo, i Romani vi costruirono un'importantissima arteria commerciale, la via Egnatia, che partendo dai ponti di Dyrrachium (Durazzo) e Apollonia (presso l'odierno villaggio di Pojani) attraversava l'Epiro e la Macedonia per spingersi fino a Tessalonica (Salonicco); nel IV secolo dopo cristo fu prolungata fino a Costantinopoli.
Con le invasioni barbariche e il crollo dell'Impero d'Occidente, il territorio abitato dagli Illiri si ridusse enormemente: gli Slavi varcarono il Danubio e spinsero gli abitanti originari sempre più a sud, costringendoli nei limiti dell'Albania attuale, del Kosovo e di parte della Macedonia, occupata per il restante dai Bulgari.
Appartenente all'Impero d'Oriente (uno dei regnanti, Anastasio I, era con ogni probabilità di famiglia principesca albanese) l'Albania ne fu per alcuni secoli l'antemurale contro i popoli barbari a nord e i Normanni a ovest; quest'ultimi vi sbarcarono più volte, conquistandola per breve tempo.
Quando nel 1204 Costantinopoli fu presa dai crociati e all'Impero Bizantino si sostituì l'Impero Latino, i veneziani occuparono le città costiere; ma l'interno rimase indipendente con un principe bizantino e col nome di Despotato d'Epiro.
Seguirono tentativi di conquista da parte della dinastia angioina di Napoli e poi da parte dei sovrani di Serbia, il più grande fra i quali, Stefano Dushan, la annesse al suo regno nel 1346.
Fu in quei secoli che si cominciò a usare il termine Albania per definire l'insieme del paese.
Caduto l'Impero Serbo alla fine del Trecento, diverse dinastie di signori feudali si divisero il territorio, mentre Venezia estendeva sempre più la sua influenza.
Ma intanto i Turchi avevano iniziato la conquista della penisola balcanica; Valona cadde nelle loro mani nel 1417, Gianina nel 1430. Fu allora che si presentò sulla scena la più grande personalità della storia albanese, Giorgio Castriota, ovvero Skanderbeg.
Figlio di un signorotto feudale dei dintorni di Dibra, era stato mandato giovanissimo alla corte del sultano turco come ostaggio; si era convertito forzatamente sull'islam, prendendo il nome di Skander (Alessandro); e si era battuto al fianco dei Turchi, guadagnandosi il titolo di bey o beg.
Nel 1443 però, partecipando alla campagna turca contro l'Ungheria, mutò improvvisamente bandiera, fuggì in patria, prese con uno stratagemma la cittadella di Kruja, radunò attorno a sé i principali capi albanesi in una Lega di cui fu fatto comandante supremo; e da allora tenne in scacco tutti i tentativi di conquistare l'Albania compiuti prima da Murad II e poi da Maometto II, che nel 1453 aveva preso Costantinopoli ma non riuscì a prendere la piccola Kruja. Skanderberg lo costrinse sempre a ritirarsi, resistendo alle massicce invasioni ottomane per più di vent'anni, con l'aiuto del regno di Napoli e della repubblica di Venezia.
Ma quando morì, nel 1468, l'Albania fu rapidamente assoggettata dai Turchi, nonostante la strenua difesa delle tribù montanare, che alla fine si sottomisero ottenendo in cambio dai vincitori il rispetto di alcune autonomie e della loro fede cristiana.
Molti preferirono emigrare, stanziandosi nel regno di Napoli: il figlio di Skanderbeg, Giovanni, fu insignito di due feudi in Puglia.
Ridotta a provincia ottomana, l'Albania fu tagliata fuori dall'Europa.
Tuttavia i Turchi non riuscirono mai a dominarla completamente; si insediarono nelle principali città, ma sul resto del territorio esercitarono una sorta di alta sovranità, rispettando le tradizioni di autonomia locale e rinunciando spesso anche a riscuotere le imposte.
Diverse rivolte furono schiacciate nel sangue; ma molti Albanesi si convertirono all'islam, che divenne la religione maggioritaria e diedero all'Impero Ottomano quelli che furono forse i suoi servitori più dotati ed intelligenti: dall'Albania vennero numerosi capi militari e diciotto gran visir.
Anche le virtù guerriere dei montanari furono messe a frutto dai Turchi: la tribù dei Mirditi fornì loro eccellenti combattenti che ebbero in cambio il permesso di portare la croce come insegna, essendo rimasti cattolici.
Nel Settecento, approfittando della decadenza del potere centrale, alcuni capi albanesi cercarono di estendere al massimo la loro autonomia, fino a sfiorare l'indipendenza. I Bushati di Scutari del 1760 costituirono un pascialicato ereditario che durò fino al 1830; in quello stesso arco di tempo sorse e tramontò la stella di Alì di Tepeleni, un avventuriero di oscure origini che si fece prima bey della città natale, e ottenuto poi il titolo di pascià di Gianina si creò all'interno dell'Impero Turco un dominio praticamente indipendente, esteso dall'Albania centrale alla Tessaglia.
Ma il sultano decise infine di stroncare il suo potere, ed egli fu trucidato nel 1822.
La sua splendida corte, piena di consiglieri militari, ingegneri, chimici e medici (soprattutto italiani e francesi) fu visitata e cantata da Byron.
Sempre in quegli anni, approfittando dello sconvolgimento prodotto dalla spedizione napoleonica in Egitto, un altro avventuriere albanese, Mehemet Alì, si fece nominare viceré di quel paese dalla Sublime Porta fondandovi una dinastia regnante che sarebbe durata fino al 1953. E solo l'intervento delle grandi potenze europee gli impedì di sedersi sul trono di Costantinopoli, quando aveva già conquistato l'Arabia, la Siria e il Sudan.
Durante l'Ottocento gli Albanesi non parteciparono ai movimenti di rinascita nazionale dei popoli oppressi dai Turchi, Serbi, Greci, Romeni, Bulgari: si schierarono a difesa del cadente Impero.
Solo nel 1878, quando il Congresso di Berlino assegnò al Montenegro una fetta di territorio aiutato dagli Albanesi, questi fondarono una Lega per difendere i diritti della loro nazionalità.
Nel 1908 la rivoluzione dei Giovani Turchi che intendeva riformare e modernizzare la moribonda Turchia fu appoggiata e salutata entusiasticamente dagli Albanesi, sia i cattolici sia gli ortodossi e i musulmani, perché sembrava che la Costituzione dovesse finalmente garantire i loro diritti e le loro autonomie.
Ma la delusione fu rapidissima: i nuovi governanti intendevano in realtà turchizzare il più possibile le provincie, l'Albania in primo luogo. Di fronte alle rivolte che si fecero sempre più indomabili, i Turchi dovettero infine concedere nel 1912 l'autonomia ai tre vilayet albanesi. Ma era troppo tardi: la prima guerra balcanica, scoppiata anche grazie al fatto che gli Albanesi avevano dichiarato di non voler più appoggiare militarmente gli Ottomani, divise la Turchia d'Europa tra i vincitori, che si impadronirono anche di territori in cui la stragrande maggioranza della popolazione era di etnia albanese: il Kossovano andò alla Serbia, Gianina alla Grecia, che minacciava di occupare anche Argirocastro e Valona, dichiarando "greci" gli abitanti che in realtà erano Albanesi di religione ortodossa.
Ma intanto, il 28 novembre 1912, un congresso di notabili riuniti a Valona aveva dichiarato l'indipendenza dell'Albania, chiedendo la protezione delle grandi potenze, le quali fissarono le frontiere del neonato paese lasciando fuori metà della popolazione, e assegnandogli come re il rampollo di una nobile prosapia tedesca, Guglielmo principe di Wied.
Questi sbarcò a Durazzo nel marzo 1914; ma non riuscì ad andare oltre il porto, e pochi mesi dopo, a causa dell'ostilità di una parte della popolazione che voleva un sovrano nazionale o almeno di religione musulmana, e dello scoppio della Grande Guerra, dovette abbandonare l'Albania.
Il conflitto fu combattuto anche sul territorio albanese, occupato a nord dall'Austria-Ungheria e a sud dall'Italia, che nel 1917 proclamava di riconoscere l'indipendenza dell'Albania sotto la sua protezione. Alla fine della guerra, nel 1920, l'Albania venne ammessa nella Società delle Nazioni, mentre gli Jugoslavi cercavano di sottrarle territori a nord e i Greci a sud, e l'Italia tentava di mantenere Valona come base navale; ma dovette abbandonarla dopo scontri sanguinosi, serbando solo l'isolotto di Saseno.
La Conferenza degli Ambasciatori ribadì i confini del 1913 deludendo le aspirazioni greche e jugoslave; e il paese scelse di diventare una repubblica, presidente della quale fu eletto Ahmed Zog con il sostegno degli italiani, che strinsero con l'Albania un patto di amicizia e divennero la potenza dominante in ogni campo, con consiglieri economici, tecnici e militari.
Nel 1928 Zog, che già governava dittatorialmente, si fece proclamare re. Rimase sul trono fino all'aprile 1939, quando Mussolini decise che l'Albania doveva diventare parte integrante dell'impero fascista; e suscitata artificiosamente una crisi che provocò la fuga di Zog, fece occupare militarmente il paese la cui corona fu offerta "spontaneamente" da un'Assemblea Costituente a Vittorio Emanuele III.
Poi veniva fondato il Partito Fascista Albanese, unico ammesso. Poco dopo, il 28 febbraio 1940, dalla frontiera albanese partì l'inutile e assurdo attacco italiano contro la Grecia, che rischiò di finire in un disastro.
Solo nell'aprile del 1941 la situazione di stallo fu risolta dall'intervento tedesco in Grecia e in Jugoslavia. In seguito allo smembramento della Jugoslavia, l'Albania raggiunse per la prima e unica volta i suoi confini etnici, annettendosi il Kossovano e una fascia di territorio montenegrino. E gli anni della guerra furono inizialmente proficui per il paese, che prosperò fornendo derrate alimentari all'Italia.
Ma già nel 1941 era iniziata la guerriglia contro gli occupanti, che dilagò negli anni seguenti, guidati dal partito comunista albanese e beneficiata nel settembre 1943 dal crollo dell'esercito italiano dei cui depositi di armi si impadronirono i partigiani per usarle contro i Tedeschi subentrati a noi.
L'uomo forte del partito, Enver Hoxha, prese il potere con la cacciata dei Tedeschi nel 1944 per perderlo solo con la sua morte, nel 1985.
Con l'aiuto degli Jugoslavi fino alla rottura con Tito nel 1948 e poi dei sovietici, i comunisti albanesi instaurarono una rigida dittatura di stampo staliniano, che isolò il paese fino al 1990.
(Nota di Lunaria: infatti "il grande esodo" degli Albanesi che arrivavano qui in Italia inizia proprio in quel periodo)