Grazia Deledda

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Grazia Deledda nacque a Nuoro nel 1871 da una famiglia benestante, ma con un padre integralista cattolico. Frequentò solo le elementari, facendosi poi una cultura da autodidatta con letture di Dumas, Balzac, Byron, Hugo, Sue, Scott, Carolina Invernizio. (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2018/12/dark-ladies-e-vergini-angeliche-il.html)
Inizialmente, Grazia Deledda compose delle poesie, ma poi si concentrò sulla prosa.


Nel 1886 uscì la sua prima novella, e due anni più tardi iniziò a collaborare alla rivista "Ultima moda". Nel 1890 pubblica il suo primo romanzo: "Stella d'Oriente"; seguono "Nell'azzurro", "Amore regale", "Fior di Sardegna", "La regina delle tenebre".
Questi primi romanzi hanno un'impronta di gusto feuilletonistico, ultraromantico a favore dell'enfasi e dell'orchestrazione melodrammatica.


Sull'esempio di Verga (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/07/giovanni-verga-1-i-romanzi-e-vita-dei.html), la Deledda fu presto attratta dalla narrativa verista: osserva i costumi del suo popolo: accanto ai pastori e ai contadini siciliani, raccontati da Verga, assumono una dignità letteraria i servi e i pastori sardi della tancas della Barbagia, i garzoni delle fattorie alle falde del Gennargentu, le massaie nelle case del Nuorese. (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/sardegna-le-origini-pagane.html)
"La via del male" uscito nel 1896 ottiene il plauso di Luigi Capuana.
In quegli anni l'orizzonte narrativo italiano è dominato dalla prosa dannunziana e dalle inquietudini di Fogazzaro e Corazzini ma Grazia Deledda è attratta anche dai romanzieri russi; d'altraparte gli scrittori in questo periodo sono influenzati dai moti operai e contadini in Sicilia, nella Lunigiana, a Milano, represse dall'esercito: a detta della stessa Grazia, "La via del male" aveva "una leggera tinta di socialismo".

Nel 1899 Grazia conosce, si innamora e si sposa con Palmiro Madesani e si trasferisce a Roma. Qui vive tranquillamente, fino alla morte, nel 1936.

I grandi capolavori di Grazia Deledda sono "Elias Portolu", "L'Edera", "Canne al vento", "Marianna Sirca", "L'incendio nell'uliveto", "La madre", "Annalena Bilsini", "Il paese del vento", "La chiesa della solitudine", "Cosima", "Cenere", "Colombi e sparvieri", la raccolta di novelle "Chiaroscuro".


Temi cari a Grazia Deledda sono la crisi dell'istituto familiare nel tramonto delle norme etiche e tradizionali, le lacerazioni interiori dell'individuo, il venir meno della coesione tra genitori e figli, tra coniugi, tra amanti, sullo sfondo di una terra, la Sardegna, il cui retaggio morale degli avi è insediato nelle coscienze dei suoi abitanti; il travaglio di un popolo sospeso tra l'arcaismo oppressivo di una civiltà contadina-feudale non ancora dissolta (https://intervistemetal.blogspot.com/2020/08/il-banditismo-sardo.html) e la modernità di un mondo borghese incapace di assolvere una funzione liberatoria. Basterebbe citare il dramma del romanzo deleddiano "L'Edera" (un delitto commesso in contesto familiare per disperazione economica, che poi si rivelerà inutile, perché la vittima designata si era già decisa ad aiutare i familiari). Mai l'iniziativa umana è in grado di contrastare la volontà del destino; la realtà non è altro che un dolore senza fine, al quale si può dare significato solo espiandolo: "L'edera si riallaccerà all'albero e lo coprirà pietosamente con le sue foglie. Pietosamente, poiché il vecchio tronco, ormai è morto."
"L'edera" fornisce anche un resoconto della decadenza del patriziato terriero sardo: la civiltà feudale sta crollando e trascina con sé quei ceti popolari che continuano ad essere legati ai padroni di un tempo: il vecchio ordine muore e il nuovo non sa nascere ancora.
Nella nudità del nostro essere, però, siamo tutti uguali: tutti ciechi, votati all'errore, esuli da una patria che non abbiamo conosciuto.

La descrizione paesaggistica deleddiana ha quasi un valore religioso: l'orrore sacro che pervade l'animo davanti ai monti, ai boschi e alle vallate nello spettacolo delle albe e dei tramonti accresce la nostra angoscia (Nota di Lunaria: anche Ann Radcliffe nei suoi romanzi gotici ha caricato di Sublime e di Terrifico il paesaggio https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/ann-radcliffe.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/i-misteri-di-udolpho-le-pagine-piu-belle.html)
Dopo Carducci (https://poesiamondiale.blogspot.com/2015/08/giosue-carducci.html), Grazia Deledda è il secondo premio nobel assegnato ad un'esponente della letteratura italiana, nel 1926.
La motivazione addotta fu: "Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita qual è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano"
(Nota di Lunaria: e per certi dementi di casa nostra "le donne non hanno mai scritto niente, in 2000 anni di storia!")


Qualche commento critico sull'"Edera":

"Triste e disperato libro, dove ogni figura e ogni parola tremano nel buio di un fato tragico, senza un solo spiraglio di salvezza. Pare una tragedia dentro un carcere. Paesaggi primordiali, superstizioni e costumanze medievali, pianure deserte, monti brulli sulle cui rocce a picco vanno a frangersi ritornelli malinconici in un dialetto antico e sonoro, astruso per noi come un gergo di carcerati."

"Così è vero (e gliene han fatto un rimprovero) che i suoi personaggi sono tutti o quasi di estrazione umile, istintivi, incolti. (...) I suoi sono strani pastori che possono diventar preti, profeti o maghi (...) Poi, alla Deledda piacque sempre ritrarre quelle donne e quegli uomini che sono o sembrano istintivi, non tanto nel pieno della vita e dell'istinto, quanto negli improvvisi vuoti, nelle crisi, nei paesaggi dolenti."

"Novelle, si direbbe, a rosso e nero: non come nel titolo ambiguo e stimolante dello Stendhal (...) ragion per cui anche così non il dramma delle anime resta nella memoria a libro chiuso ma il contrasto di rosso e nero, e lo stesso dramma delle anime solo in quanto fantasiosamente risolto in quel contrasto"

"Storia della decadenza di una famiglia, l'intreccio dell'"Edera" si impernia su un personaggio femminile, Annesa, una trovatella che identifica la propria sorte in quella dei nobili Decherchi che l'hanno adottata. (...) Romanzo di tesa drammaticità, l'"Edera" rappresenta nell'arco della Deledda uno degli approcci più suggestivi per l'intensa forza con cui l'autrice affronta i conflitti interiori, i vuoti, le crisi dei personaggi, per quel senso di penitenza e di desolazione che vibra sullo sfondo di un paesaggio primordiale di rocce e di selve."

Altro autore consigliato: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/11/fontamara-di-ignazio-silone.html

Nota di Lunaria: Grazia Deledda era una delle scrittrici preferiti del mio papà, Gabriele.