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La figura del Licantropo, o come si suol definire nella sua accezione più comune, del Lupo Mannaro, pervade profondamente l'immaginario fantastico e le leggende dei popoli mediterranei o comunque europei. Anzi, nel precisare che la figura del Licantropo è di origine prettamente europea, va subito detto che la sua origine è collocabile nei Paesi Scandinavi, a differenza del Vampiro che è di estrazione mitteleuropea (Transilvania, Romania, Ungheria) [Nota di Lunaria: anche se non mancano figure simili al vampiro anche in Asia o in altre zone del mondo]
Infatti, nella mitologia nordica, è ben presente il lupo Fenrir, che costituisce l'archetipo del lupo inteso come nemico sia degli uomini che degli Dei. Figlio di Loki, nemico di tutti gli Dei, condivide la natura malvagia, non solo del padre, ma di tutta la sua stirpe, ossia la Dea Hel e il serpente Midgard. Tenuto lontano dagli Dei, con una catena magica, riuscirà a spezzarla solo quando si verificherà la fine del mondo (il Gotterdammerung). Durante il Crepuscolo degli Dei divorerà addirittura Odino, il Sole e la Luna, per poi essere ucciso a sua volta dal figlio di Odino, Vidhar.
Per restare in ambito mitologico, è opportuno fare un salto dalle gelide terre del nord a quelle più dolci della Grecia, per parlare di Licaone, dal cui nome deriva appunto la parola Licantropo.
Secondo la leggenda, Licaone, Re dell'Arcadia, si mise in mente di poter riuscire ad ingannare Zeus; a questo scopo imbandì un sontuoso banchetto, durante il quale gli offrì le carni del proprio figlio nella convinzione che il Padre degli Dei non se ne sarebbe accorto. Irato per quest'atto sacrilego, Zeus lo trasformò in lupo e, appunto, dai discendenti di Licaone avrebbero avuto origine tutti i Licantropi che ne sono seguiti.
Come si può vedere da questi due esempi, la figura del Licantropo è presente sia nei miti che nelle leggende sin da epoca antichissima. Tra i molti che hanno trattato questo tema in letteratura, non mancano certo i nomi illustri e si possono citare Ovidio e le sue "Metamorfosi" o Petronio Arbitro che nel suo "Satyricon" narra proprio di un Lupo Mannaro. Né vanno dimenticati Virgilio, Properzio e Valerio Torquato, per non parlare poi di un Apuleio che ci descrive una trasformazione da uomo in animale nel famoso "Asino d'Oro" a dimostrazione di tutta una serie sterminata di racconti successivi su trasformazioni da uomo in bestia che hanno toccato non solo la figura del lupo, ma quasi tutte le forme di animali conosciuti.
Si è parlato di autori latini e, tanto per chiudere il discorso con quanto attiene all'antica civiltà romana, è opportuno fare un breve cenno agli Hyrpi Sorani. Erano questi i sacerdoti che, in un tempio eretto sul Monte Soratte, veneravano Apollo in forma di lupo. Si narra che fossero capaci di trasformarsi in lupi e che il Dio stesso, durante le cerimonie in suo onore, fosse solito presenziarvi in forma di un grande lupo bianco. Si dice anche che, durante questi riti, venissero fatti sacrifici in gran quantità, per la maggior parte di animali ma qualche volta anche di esseri umani. Cercando di evincere dalla leggenda la verità storica, si può rilevare in primo luogo come i Romani non fossero assolutamente avvezzi a praticare sacrifici umani. è pur vero che in occasione di qualche cerimonia, in preda a droghe o a ebbrezza si verificasse che qualcuno venisse ucciso. Circa poi il fatto che fossero capaci di trasformarsi in lupi, questa credenza deve molto probabilmente la sua origine al fatto che i sacerdoti usavano vestire delle pelli di lupo con la testa dell'animale calzata sul proprio capo, e infine, per quanto riguarda la presenza ai loro riti di Apollo nelle sembianze di un grande lupo bianco, non dobbiamo dimenticare che i Romani erano soliti tenere imprigionati dei lupi nella stessa città di Roma, per cui, con tutta probabilità, alle cerimonie di cui si discorre, veniva sicuramente condotto qualche lupo, o di colorazione albina, o addirittura dipinto per l'occasione.
In primo luogo, Licantropo, o lo si nasce o lo si diventa. Chi infatti ha la ventura di nascere da due genitori Licantropi, è un Licantropo anche lui. Ma attenzione: se uno solo dei genitori è affetto da Licantropia, può sì verificarsi che il figlio sia anche lui un Licantropo, ma può anche darsi che la mutazione sia recessiva, nel senso che la trasformazione da uomo a lupo non si verifica nella generazione immediatamente successiva, ma può saltarne una o più, per poi ricomparire immancabilmente in un discendente di quel sangue. E la stessa cosa può verificarsi anche nei confronti di diversi figli: uno può avere delle connotazioni licantropiche e gli altri no.
Anche nel caso delle famiglie di Lupi Mannari ci sono delle regole singolari: infatti, premesso che tra loro non combattono mai - a meno che non ci sia di mezzo l'amore per una femmina - anche nel caso che tra fratelli ce ne sia uno che non presenta le caratteristiche dell'Uomo Lupo, questi non viene toccato dagli altri membri mannari della famiglia, ma viene addirittura difeso contro eventuali attacchi da altri Licantropi. Sempre in tema di regole familiari, va notato il grande amore che questi nutrono per i propri figli. Pur di difenderli sono disposti a qualsiasi cosa, compreso il sacrificio della propria vita, vita che sono anche disposti a perdere per salvare il loro compagno o compagna.
Anche il settimo figlio di un settimo figlio che nasca la notte di Natale è sicuramente un Lupo Mannaro, come anche si diventa Licantropi a seguito di una maledizione o incantesimo lanciato da una strega in punto di morte. Ma sin qui abbiamo detto dei Licantropi per nascita. Però Licantropo lo si può diventare anche nel corso di una vita del tutto normale, e il modo per diventarlo è quello di subire un morso o una ferita da parte di uno di questi esseri. è evidente l'idea del contagio (la rabbia che viene trasmessa dagli animali in preda a questa malattia mediante il morso) contagio peraltro comune a un'altra figura famosa: il Vampiro. Ma attenzione: mentre il Vampiro morde la vittima fino a causarne la morte col suggerne il sangue e solo dopo la sua morte la vittima resuscita come nuovo Vampiro, per il Licantropo il contagio si verifica col morsicare o ferire una persona ben viva. Le vittime che uccide non risuscitano mai come Licantropi, ma restano morte. Per quanto possa sembrare una contraddizione in termini, il Licantropo è una forza vitale, anche se dà morte e si muove per lo più nell'oscurità della notte, ed è questo il motivo per il quale gli individui che lui fa diventare Lupi Mannari sono altrettanti vivi e vitali.
Il Lupo Mannaro e il Vampiro hanno in comune un'altra valenza: l'immortalità, alla quale è collegata una sorta di quasi totale invulnerabilità. Infatti, a meno che non vengano posti in essere determinati accorgimenti o rituali, non è dato in alcun modo di poter uccidere un Licantropo o un Vampiro. E tuttavia, esistono rimedi e difese per indebolirli e ucciderli.
A quanto sembra, per esempio, un Licantropo non può entrare in un campo di segale o in una chiesa, e neppure uscire da un pentagono quando questo sia stato tracciato intorno a lui. Per immobilizzarlo, è necessario porgli addosso dell'aconito. Infine, un ultimo accorgimento per mettere il Licantropo in condizione di non nuocere è quello di circondarlo con delle spade d'acciaio le cui punte siano tutte rivolte verso di lui: in questo modo rimane immobilizzato fintantoché non riprende la sua forma umana e quindi non è più in grado di nuocere. Per ucciderlo definitivamente, invece, bisogna servirsi di una pallottola d'argento o di un'altra arma, sempre forgiata in argento: pugnale, freccia, spada, bastone... Ucciso con una di queste armi, il Licantropo muore definitivamente e non può risorgere in alcun modo.
Perché l'argento? Non dobbiamo dimenticare che il Lupo Mannaro è fortemente legato alla Luna, ed anzi, proprio nelle notti di Luna piena opera la sua trasformazione in Licantropo. E l'argento è un metallo fortemente lunare ed è il metallo puro per eccellenza, tanto che la corazza di Parsifal, il Cavaliere del Santo Graal, era proprio d'argento.
Un altro modo per uccidere il Lupo Mannaro è quello di mozzargli la testa, e una volta separatala dal corpo, bruciarla.
Vi sono poi rituali particolari per far tornare un Licantropo allo stato di uomo normale, anche se sono inefficaci per privare dello status belluino i Licantropi provenienti da antichi ceppi di Lupi Mannari, di famiglie la cui origine si perde all'alba dei tempi. Per i Licantropi divenuti tali a seguito di un incantesimo, è necessario revocare tale incantesimo tramite una strega che abbia poteri superiori di quella che ha lanciato l'incantesimo. Più complicato è il rituale necessario a far tornare normale un Licantropo divenuto tale a seguito di un morso: bisognerà porre in atto il rituale in una notte di Luna piena e nel centro di una foresta di abeti, a mezzanotte in punto, con la Luna splendente in un cielo senza nuvole. Sulla pelle del Licantropo, all'altezza del cuore, con un coltello d'argento andrà incisa una stella a cinque punte, pronunciando una determinata frase. Infine, bisognerà provvedere ad uccidere il Licantropo che a suo tempo morse o ferì l'individuo da esorcizzare. Infatti, se non si sarà provveduto a questo, a termine del rituale la persona asservita sarà momentaneamente liberata, ma, in seguito, finira inevitabilmente col riprendere le caratteristiche licantropiche sotto l'influsso pregnante del Lupo Mannaro che ne ha causato l'asservimento.
Nota di Lunaria: qualche stralcio tratto dai libri che ho letto...
Il giovane e nobile Niccolò parte per la Svizzera, ma non immagina che quel viaggio cambierà per sempre la sua vita. Sul Lago di Ginevra, conosce il celebre poeta Lord Byron, il quale custodisce un antichissimo segreto legato alle tradizioni dei lupi mannari.
Quando, però, Niccolò sta per essere trasformato da Byron in un licantropo, i due sono sorpresi dall'Inquisizione.
Ha inizio una feroce caccia all'uomo, e Niccolò non solo deve fuggire da Ginevra ma è anche costretto ad abbandonare la donna che ama, Valentine.
Da quel momento, nel corso della fuga che lo porta attraverso tutta Europa, il giovane cerca di scoprire quanto più possibile sull'enigma degli uomini lupo e sui loro avversari, un misterioso ordine di cacciatori sotto il comando del Cardinale.
Nel drammatico epilogo della vicenda, Niccolò, caduto nelle mani dei suoi nemici, è costretto a prendere una decisione gravissima: per salvare se stesso e l'amata Valentine, dovrà allearsi con un potere ancora più oscuro...
Questo è il capitolo 7
Cologny, 1816
La pura, sfrenata gioia di muoversi lo sospingeva. Niente limiti, niente indugi, niente restrizioni. La notte non aveva segreti per lui. Il terreno si estendeva lungo il lago, e poi si trasformava in fresche colline e montagne che avrebbe scalato senza sforzo.
Dapprima attraversò i campi, passando accanto a lunghe siepi e a un piccolo stagno. Poi si buttò in un boschetto. Tra gli alberi, le ombre erano profonde. La luna scomparve dietro le nuvole, ma anche la scarsa luce rimasta gli bastava per vedere tutto ciò che c'era da vedere e per trovare la strada in mezzo ai tronchi.
Adesso aveva rallentato il passo, trotterellava, risaliva la collina.
Ovunque intorno a lui c'era vita. Le foglie frusciavano nella lieve brezza, insetti brulicavano sui rami, un topo sgusciò via davanti a lui, e i suoi passi gli rimbombarono nelle orecchie. I suoi sensi dividevano istintivamente le creature in prede e cacciatori. Ma nessun animale costituiva una minaccia per lui. Li soverchiava tutti, era il loro re senza corona.
Assimilava avidamente tutte le impressioni, ne godeva; godeva della vita che pervadeva il bosco, dall'albero più massiccio al più piccolo coleottero. Sentiva gli odori, le foglie bagnate per terra, il profumo della pioggia che era rimasto nell'aria benché le ultime gocce fossero cadute quando era ancora chiaro. Il terriccio con le sue molteplici sfumature, e la dolce resina. E gli animali. Le loro tracce attraversavano il bosco come sentieri di fiamme, perfettamente visibili per lui, quasi li stessero ancora percorrendo. Avrebbe potuto seguire una qualunque di quelle tracce senza sforzo, e una parte di lui voleva farlo, bramava l'eccitazione della caccia, l'inseguimento, il dilaniamento della preda. Ma ormai aveva placato la sua fame; sentiva ancora il sangue caldo sulle labbra, e non era la voglia di carne fresca a spingerlo, ma solo il piacere di correre.
Il bosco terminava bruscamente, lasciando il posto a estesi prati, sui quali fino a poco tempo prima aveva pascolato il bestiame. Odori caldi, forti ed eccitanti, ma lui ignorò anche quelli e continuò a salire, verso il cielo.
Non c'erano in giro esseri umani a quell'ora. Giù nella valle, qua e là scintilavano delle luci, minuscoli puntini nell'oscurità. L'odore di fumo, metallo e roccia aleggiava nell'aria come una coltre che ricopriva ogni cosa. Fuggiva da quell'odore, lontano dagli uomini, e più si allontanava più si attenuava l'odore e più l'aria diventava limpida. Correva lungo la sommità della collina, saltando da una cresta all'altra, ancora più in alto, sempre più su.
Si arrestò in cima a un monte. Il vento gli portava odori da lontano, promesse di scoperte, libertà e caccia. Si annunciava altra pioggia, ma era ancora un presagio lontano.
La lingua gli pendeva dalle fauci; godeva delle fresche carezze del vento che gli scompigliava dolcemente la pelliccia.
Per pura gioia della notte, alzò il muso e ululò. Un suono prolungato, che esigeva, pretendeva, esultava, Il suo ululato crebbe, colmò la valle da cresta a cresta, rivelò al mondo la sua posizione, la sua presenza.
Dalla parte opposta del lago giunse una risposta. Acuta e penetrante, un benvenuto, un invito.
Il suo cuore che batteva forte e regolare fece un balzo.
Non era più solo.
Ci trasferimmo in Florida durante le vacanze di Natale. Una settimana dopo il nostro arrivo, sentii per la prima volta i terrificanti ululati nella palude. Notte dopo notte, gli ululati mi facevano balzare a sedere sul letto. Trattenevo il respiro e mi abbracciavo da solo per impedirmi di tremare. Guardavo alla finestra della mia camera la Luna piena color gesso, e stavo in silenzio ad ascoltare. "Che specie di creatura può fare versi del genere? E quanto sarà vicina?", mi domandavo, dato che sembrava proprio sotto la mia finestra. Gli urli erano modulati, come sirene della polizia. Non erano tristi o lugubri. Erano minacciosi, rabbiosi. Mi suonavano come un avvertimento. "Stai lontano dalla palude. Questo non è il tuo posto!"
*
Quella notte feci sogni strani, inquietanti. Ero nel Vermont, e correvo nella neve. Ero inseguito e pensavo che potesse essere l'eremita della palude. Continuavo a correre senza fermarmi, e avevo un freddo terribile. Probabilmente stavo tremando davvero nel sonno.
*
Gli ululati mi svegliarono. Balzai a sedere sul letto e guardai dalla finestra la Luna quasi piena, argentea e luminosa contro il cielo nero bluastro. Un altro lungo ululato si levò nell'aria notturna. Forse veniva dalla palude... eppure suonava così vicino, come se fosse stato proprio sotto la mia finestra. Chiusi gli occhi, pregando che gli ululati finissero. All'improvviso, finalmente cessarono; ma il silenzio durò poco. Subito sentii rapidi tonfi sul terreno, come dei passi... un tramestio.... rumori di lotta... Infine, un grido breve e terrificante: appena iniziato era già finito. Mi resi conto che il trambusto veniva dal retro della casa. Ormai del tutto sveglio, saltai giù dal letto, tirandomi dietro la coperta; raggiunsi a tentoni la finestra e mi aggrappai al davanzale. La Luna piena era alta nel cielo notturno. L'erba coperta di rugiada scintillava nella luce argentea. Premendo la fronte contro il vetro, scrutai in direzione della palude, e sobbalzai vedendo un'ombra fluttuare verso gli alberi. Una grossa, misteriosa creatura correva a quattro zampe.
*
La Luna piena, biancastra come un teschio, era come sospesa, bassa nel cielo nero come un carbone. L'erba umida brillava sotto la luce spettrale. Una ventata più forte fece tremare il vetro della finestra; sussultai, poi mi ritrassi e restai in ascolto. Un altro ululato... più vicino... Un brivido gelido mi corse lungo la schiena. Stavolta era sembrato davvero vicinissimo. O era il vento che lo aveva portato fin lì dalla palude? Strizzai gli occhi, scrutando fuori. Turbini di vento agitavano l'erba di qua e di là, e il prato pareva ondeggiare, mandando bagliori sinistri.
Nota di Lunaria: un altro libro sui Licantropi è "La stirpe dei Licantropi", uscito nella leggendaria raccolta dei "Racconti di Dracula"
è davvero bello. E inoltre, è un vanto tutto italiano, visto che gli autori dei "Racconti di Dracula", anche se mascherati dietro un nome inglese, erano tutti italiani!
"La Stirpe dei Licantropi" di Harry Small [pseudonimo di Mario Pinzauti]
Trama: Un incubo ricorrente, sin dall'adolescenza, tormenta le notti del giovane antropologo Wolfang Meyer e la lettura di una terrificante leggenda, che trova le origini nel paleolitico di una tenebrosa valle bavarese intorno a Rosenheim, lascia presagire che il tutto abbia avuto origine dall'amplesso bestiale di un lupo con una donna di Neanderthal. Elementi che coincidono con la periodica apparizione nella zona di un sanguinario Licantropo agli inizi del secolo ventesimo. Trascinato dai suoi studi antropologici e antroposofici, Wolfang Meyer intraprende la ricerca della verità... per accorgersi che lui stesso incarna l'orrore!
Le pagine più belle: 1- 45 - 56 - 89 - 92
La Luna piena inargentava la vallata, che separava l'immensa, oscura foresta, dai monti bavaresi. Il branco di lupi uscì dalla folta massa degli alberi secolari e si snodò in una ululante fila indiana, lungo il margine della foresta. Le rosse fauci spalancate a scoprire le bianche zanne fameliche, le belve si spostavano con sinistra circospezione, nere, irsute figure, che improvvisamente si staccarono dal riparo degli alberi, per avventarsi in una corsa sfrenata attraverso la distesa nevosa, verso le caverne che si aprivano sulla parete rocciosa ai piedi della catena montuosa. Il branco era guidato da un gigantesco lupo bianco, il cui mantello si confondeva nel candore argenteo della neve, contro la quale si stagliava soltanto l'ombra fugace della bestia, proiettata dalla Luna. Gli ululati delle belve attraversarono la vallata e penetrarono, sempre più vicini, nelle caverne, facendo rabbrividire gli antropoidi, che tra le nere, umide pareti di pietra avevano trovato asilo, sin dalla notte dei tempi.
Con movimento istintivo, completamente privo di razionale ragionamento, Wolfang abbassò lo sguardo sul proprio corpo ed un grido soffocato di angoscia gli sfuggì dalla gola. Vide il proprio torace attraverso l'apertura della camicia sbottonata, completamente ricoperto di pelo bianco e lungo; il dorso stesso delle sue mani era ricoperto di folto pelo bianco e si rese conto di avere le mani poggiate contro il pavimento; di essere con il corpo prono, con piedi e mani poggiati a terra, press'apoco nella posizione che aveva il grosso lupo bianco riflesso. (...) Wolfang sentì sotto le dita il proprio volto, le forme ripugnanti; ruvide e villose di un muso aguzzo, ringhiante; tra le labbra leporine spalancate il contatto levigato e freddo di lunghe acuminate zanne. Ancora una volta urlò, con raccapriccio e rabbia, senza incredulità, senza stupore e si rese perfettamente conto di ululare, proprio come un lupo.
Ricordò il proprio scetticismo a proposito di forze infernali che potessero proteggere e sostenere certi maniaci assassini, ma davanti ai suoi occhi sbarrati adesso c'era veramente una creatura orribile, la cui visione le fece persino dimenticare il micidiale bisturi, che ella ancora stringeva nella mano e con il quale avrebbe potuto difendersi. Il Licantropo era lì, a due passi da lei; un corpo dalla forma umana, ma dall'aspetto scimmiesco, orripilante. La terribile creatura, completamente nuda era ricoperta da lunghi peli arruffati; il volto bestiale piegato da un ghigno terrificante, che metteva in mostra denti aguzzi e zanne mostruose; dagli angoli della bocca spalancata gli scendevano fili di saliva vischiosa. Un sordo mugolìo misto ad un ansito pesante usciva dalle fauci spalancate del mostro, che avanzava con brevi passi saltellanti; le ginocchia piegate; il corpo massiccio equilibrato leggermente sui talloni e proteso in avanti. Frida riusciva a stento a respirare; il cervello le si era bloccato impedendole di pensare. Soltanto i suoi occhi terrorizzati vedevano la minacciosa, bestiale figura del Licantropo ormai vicinissima; le sue orecchie sentivano il brontolio inarticolato che usciva dalle mascelle zannute e l'alito caldo del mostro le soffiò sul volto. L'unica reazione che la ragazza riuscì a percepire nel proprio corpo fu un lungo brivido di raccapriccio che la scosse dalla testa ai piedi. Poi una violenta, poderosa zampata dell'uomo-lupo la colpì al braccio destro facendole saltar via il bisturi dalle dita e soltanto allora, per una frazione di secondo, la ragione tornò nel cervello di Frida, la quale si rese conto di non avere più alcuna possibilità di difesa. Subito dopo, le mani villose del mostro le strapparono il mantello e l'orribile essere le sbrindellò la lunga sottana; il corpetto e la camicia, sino quasi a denundarla completamente. In un moto istintivo di ribellione, la ragazza tentò un'energica disperata difesa; le sue unghie sottili si spezzarono artigliando il muso ringhiante del mostro, ma non riuscirono a respingere il bestiale attacco. Il Licantropo serrò con una mano la nuca di Frida, come in una morsa, mentre passandole un braccio poderoso intorno alla vita la piegava in avanti, carponi, sino a farla cadere in ginocchio. Il dolore alla nuca fece quasi perdere i sensi alla sventurata, ma la sua forte fibra le impedì di svenire completamente ed ella sentì che, proprio nel modo più obrobrioso, stava per essere sopraffatta dalla violenza mascolina che aveva sempre detestato. Tentò ancora di urlare, ma dalla gola le uscì soltanto un singulto strozzato, mentre sentiva il corpo possessivo e mostruosamente forte dell'uomo-lupo sovrastarla alle spalle; le braccia villose del mostro le avvolsero i fianchi e le unghie del Licantropo le si chiusero sui seni opulenti in una dolorosa stretta lussuriosa e feroce; il ventre villoso, palpitante e muscoloso del mostro le aderì ai glutei indifesi in un bestiale assalto ed un grido rauco le sfuggì dalla gola contratta, quando sentì la prepotenza dell'uomo-lupo squassarle le viscere. Tentò di sfuggire al dolore con l'immobilità assoluta, mentre il licantropo la possedeva alitandole affannosamente sulle spalle ed artigliandole ferocemente i seni. (...) Le poderose, acuminate zanne del Licantropo le si affondarono subito sotto la nuca; un dolore lancinante, atroce, le esplose nel cervello ed il grido lacerante, disperato di Frida fu stroncato dallo scricchiolìo delle vertebre cervicali spezzate. Il corpo senza vita della ragazza si accasciò sotto il peso del mostro, che la girò in posizione supina, con una violenta zampata e ringhiando con feroce avidità le squarciò la gola candida, indifesa, dalla quale il sangue caldo sgorgò a fiotti a lordare l'orrido muso irsuto e le balenanti zanne del Licantropo. Il dolce, caldo sapore del sangue scatenò completamente la bestia e la ferocia dell'uomo-lupo, sino a quel momento relativamente contenuta e sovrastata dall'avidità sessuale. Le zanne e le mani artigliate del Licantropo si accanirono con brutale, spietata ferocia sul corpo di Frida, dilaniandolo, smembrandolo in orripilanti pezzi sanguinolenti.
L'ululato del Licantropo si levò sinistro nella notte; si ripercosse nella campagna a ridosso della città e si disperse nell'alta profondità del cielo, contro il quale si stagliava la Luna piena, con il suo alone lattiginoso. L'uomo-lupo era già molto lontano dalla sua abitazione, quando fece udire la sua lugubre, minacciosa voce; abbastanza lontano per urlare e per uccidere, perché i lupi per istintiva astuzia conoscono il cacciatore e non si fanno mai notare con ululati e stragi nei pressi delle loro tane. Una sete irrefrenabile di sangue e il desiderio bestiale di una femmina guidavano il passo annaspante del Licantropo sulla scìa di un odore inconfondibile, che gli giungeva alle narici dilatate e frementi.
Soffocata dal proprio grido e dal terrore, la giovane Marghareta balzò fuori dal letto e corse verso la porta, nel disperato tentativo di fuggire, ma il Licantropo le sbarrò la strada con un balzo ferino. Lanciò un altro breve ululato e scoprì le mostruose zanne in un ringhio spaventoso, afferrando la donna per i capelli. La trascinò come un fantoccio verso il letto scaraventandola con la schiena contro il bordo del materasso sconvolto. Poi le artigliò la lunga camicia da notte lacerandola sino a denudarla, mentre il desiderio bestiale gli riempiva la bocca di saliva facendogliela colare dal muso ringhiante sulla pelle bianca e graffiata della giovane donna semiparalizzata dal terrore e dal disgusto. (...) Sentì contro il proprio ventre contratto quello villoso e palpitante del mostro, poi, quando le unghie artigliate dell'uomo-lupo le affondarono nei seni con feroce bramosia, facendoli sanguinare, Margaretha riuscì a sbloccare il proprio terrore lanciando un urlo lacerante. (...) La donna tentò di svincolarsi con il solo risultato di esasperare eccitazione e furore nel bestiale aggressore, la cui potenza erotica sussultò ed esplose bruciante nel corpo della donna, spingendola dal terrore alla pazzia totale. Ma fu il mostro stesso a liberare la sua giovane vittima dal traumatico shock, ma non certo per tenerezza. Subito dopo aver goduto del corpo caldo e contratto della donna, il Licantropo la azzannò ferocemente alla gola sgozzandola. L'ultimo grido di Marghareta si spense in un rantolo, mentre il Licantropo beveva avidamente il sangue che sgorgava a fiotti dalla gola squarciata della sua vittima, sino a quando non la sentì immobile, fredda sotto di sé.
Quale malvagità si ridesta, quali ombre strisciano, quali creature si celano, quale orrore incombe, sotto la Luna d'Ottobre.
Trama: La quindicenne Rachel e i suoi genitori hanno appena lasciato la California per stabilirsi in Irlanda, a Seasonstown House. ed è subito terrore: incendi, intrusi che non lasciano tracce, l'insensata distruzione di preziosi volumi antichi. Chi, o che cosa, vuole impaurire gli Stone e cacciarli dalla loro casa? La polizia sospetta che si tratti di terroristi, ma se fossero all'opera poteri ben più sinistri? Toccherà a Rachel scoprire la verità, trovandosi così coinvolta in una trama infernale. Perché alla vigilia d'Ognissanti, quando le porte dell'Aldilà si spalancano e gli incubi diventano realtà sotto la luce spettrale della Luna piena d'ottobre, l'inimmaginabile orrore di una maledizione secolare si risveglia per gettare la sua ombra malefica su chiunque possieda Seasonstown House...
Gli stralci più belli...
Gli spari riecheggiarono nella notte silenziosa. La figura distesa sul letto tremò e indietreggiò nell'ombra, lasciandole andare la mano. Rachel arretrò terrorizzata. La mano che le aveva stretto il braccio si era contorta in un artiglio orribile, la carne pallida coperta di peli, e lunghe unghie nere. Si addossò alla parete, incapace di staccare gli occhi dalla sagoma del letto. Di colpo la porta si spalancò: un cane enorme dagli occhi feroci entrò nella stanza e si accucciò accanto al letto. La luce della Luna dava al suo pelo una sfumatura opaca, conferendogli un aspetto teatrale. Nell'ombra, i suoi denti scintillavano bianchi. Un altro cane entrò, seguito da un terzo e da un quarto, tutti della stessa razza. Si unirono a quello accucciato accanto al letto e si voltarono verso di lei, fissandola senza emettere un suono.
***
Acuto, spettrale, terrificante, un ululato rimbalzò sulla pianura, seguito, pochi istanti dopo, da un secondo e da un terzo. Robert Stone, che si trovava sul prato davanti al salotto, bevendo una tazza di caffè nero, inclinò la testa in ascolto. "Lupi", disse.
***
"Tutto", disse Piers de Courtney, "iniziò non duecento anni fa, ma molto tempo prima. Nell'anno di nostro Signore 1185 un sant'uomo, Giraldus Cambrensis, fa riferimento alla leggenda di questo clan... ma in realtà la storia è ancora più antica. Tutto iniziò con l'abate Natalis, un sant'uomo seguace del vescovo Patrizio. Anche Natalis teneva una specie di diario. Ascolta, dunque, la leggenda del clan di Natalis."
"In verità, questa è una landa di terrori. A volte penso che Iddio abbia distolto il viso da questi luoghi. Qui, è freddo persino il più caldo dei giorni d'estate; piove ogni giorno, e gelido è il vento che soffia dalle terre del Nord. Il freddo ha ucciso molti dei miei confratelli e, nonostante la mia ancora giovane età, io stesso mi sento le ossa rigide e le giunture dolenti. Ma Patrizio, che fu il primo a portare la parola di Dio in questo luogo orrendo, superò ben altre difficoltà, e il suo esempio mi è di sostegno. Questa terra è maledetta. I morti parlano e camminano e gli indigeni ne accettano tranquillamente la presenza. Il silenzio della notte è percorso dal gemito della stregata annunciatrice di morte e il diavolo galoppa nelle fitte foreste. Coi miei occhi ho visto spettrali globi di fuoco pallido librarsi sulle brughiere: molti li hanno seguiti... per non più tornare. Queste genti pagane narrano del Piccolo Popolo e dei Signori della Luce, parlano di isole magiche e di villaggi celati nelle viscere della terra o sul fondo dei laghi. E taluni di questi laghi sono infestati dall'orrido Peist, talvolta descritto come un drago o come un serpente..."
***
Rannicchiata contro le scale, Rachel fissava Madoc alla luce della candela. Era seduto di fronte a lei, con la schiena appoggiata al muro umido della cantina, le gambe contro il petto, i polsi incatenati stretti intorno alle ginocchia. Aveva gettato la testa all'indietro e, sotto le palpebre, i suoi occhi guizzavano qua e là. Rabbrividì e spalancò la bocca in un enorme sbadiglio crocchiante, la carne che si ritraeva dalle gengive. Rinchiuse i denti con uno schiocco. Poi cominciò ad aprire e chiudere i pugni, con le catene che gli tintinnavano attorno ai polsi. Quando Rachel tornò a guardargli il viso, la trasformazione era iniziata. I lineamenti si erano deformati: gli zigomi più aguzzi, l'osso del naso più spesso, la mascella inferiore si era ritirata, scoprendo i denti. Sulle guance e sulla fronte erano comparse chiazze d'ispido pelo rossastro e altro pelo continuava a spuntare. La pelle gli si increspò... no, non la pelle, ma i muscoli e i tendini sotto la pelle. Il ragazzo tremò e si contorse e cadde riverso su un fianco. "Madoc?", bisbigliò Rachel. La sagoma si mosse. E un enorme lupo dal pelo fulvo e dagli occhi verdi avanzò nella luce della candela.
Altri libri consigliati:
Trama: Marlowe Higgins è un uomo maledetto. Dentro di lui, nelle notti di plenilunio, la belva è pronta a scatenarsi. Una belva assetata di sangue, destinata alla strage. Eppure, Marlowe Higgins ha trovato il modo di "guidare" la propria furia: uccidendo solo la feccia dell'umanità. Ora, la città dove vive, Evelyn, è scossa da una serie di delitti compiuti dal "Killer delle Rose", un maniaco che aggredisce le donne e cava i loro occhi, introducendo rose nelle orbite vuote. E così, Marlowe inizia ad indagare...
Commento di Lunaria: "Lupo nelle tenebre" ("The Wolfman", titolo originale) avrebbe dovuto essere il primo romanzo di una serie basata sulle avventure di Marlowe, una sorta di Licantropo-detective e vendicatore. Purtroppo, l'autore, Nicholas Pekearo, agente di polizia, morì durante una sparatoria. Così questo resta il primo capitolo di una serie rimasta interrotta.
"Lupo nelle tenebre" non è male come romanzo, di per sé è particolare l'idea di "innovare" la figura del Licantropo rendendolo "un buono" al servizio della lotta al crimine. Però, lo stile di scrittura di Nicholas Pekearo è infarcito di parolacce e turpiloquio (il protagonista è immaginato come una sorta di rocker vagabondo), 281 pagine sono davvero troppe per una storia che poteva essere narrata con cento pagine in meno (le trasformazioni in Licantropo sono poche, è dato gran spazio ai monologhi e ai flashback della vita passata di Marlowe come soldato in Vietnam) i personaggi sono ben caratterizzati (pur con tutti i limiti, visto che sono per lo più stereotipati in ruoli fissi come vandali che si prendono a cazzotti o prostitute) anche se il turpiloquio è davvero troppo e finisce per abbassare il romanzo ad una sorta di "caciara" fine a se stessa.
Comunque non è scritto male, la storia "va", più sul piede dell'indagine poliziesca che non dell'horror o del terrore psicologico (*), anche se il serial killer è facilmente individuabile fin dalle prime pagine. Resto del parere che cento pagine in meno lo avrebbero reso meno prolisso e dispersivo e più appassionante. Notevole il primo capitolo, che mostra il Licantropo-Marlowe in piena azione, ed è la parte più horror del libro, insieme al finale.
(*) Probabilmente "Lupo nelle tenebre" potrà piacere molto a chi apprezza i pulp alla Tarantino.
Gli stralci più belli:
"Bill sollevò il braccio buono, ma prima che potesse puntare la pistola la bestia lo afferrò per i polsi con le due grosse mani pelose e affondò i denti nella carne soffice del suo collo. Un arco di sangue zampillò dalla ferita come un torrente, e prima che il sangue cadesse a terra, Bill Parker era già morto. La bestia indietreggiò, strappando un bel pezzo di carne dalla gola. Masticò, inghiottì e ruggì. Poi continuò l'opera. Di notte, gli animali nel bosco si tenevano a distanza, lasciando che quella strana creatura seguisse i propri capricci. Come unica compagnia aveva il vento, che portava le tracce di ogni singolo corpo esistente, e la morte."
"Avevo iniziato a leggere quanti più quotidiani mi capitassero a tiro più o meno all'epoca in cui morì mia madre, nel 1981. Avevo ereditato questa abitudine vagamente raccapricciante da una delle mie vittime. Vedete, il lupo non si limita a uccidere, lui pretende. Non sono solo i ricordi dei morti a diventare i miei ricordi; diventano mie anche le loro peculiarità (...) Vedete, io non posso farla smettere di uccidere, ma almeno posso impedirle di uccidere chi non se lo merita."
"Successe oltreoceano. (...) Il Marlowe Higgins che amava il baseball e le motociclette e aveva una ragazza di nome Doris che lo aspettava a casa, cessò di esistere. Al suo posto c'era un guscio, un involucro, un ospite per la malvagia entità che lo aveva invaso. Già, non si può realmente avere una vita quando dentro di sé si nasconde qualcosa che si nutre di morte. (...) Il nome con cui ero nato non valeva più niente per me, e dovunque andassi lasciavo una scia di sangue e ossa tritate.
Non riuscii mai ad andare abbastanza in fretta da sfuggire all'orrore della mia testa, alla realtà di ciò che portavo in fondo all'anima. Ero soltanto io l'inferno sulla Terra, e sapere di essere responsabile dei raccapriccianti omicidi di tante persone innocenti era spesso un peso eccessivo da sopportare."
"La mia vita non esisteva più. Non era rimasto niente se non dannazione, e oscurità, e maledette lune piene, rosse di orrore. Ero all'inferno, e da quell'inferno non sembrava esistere una sola via di fuga, un rifugio, un possibile scampo."
APPROFONDIMENTO: GLI UOMINI BESTIA, Info tratte da
IRLANDA
Uno scrittore del XII secolo, Giraldus Cambrensis, parlò della maledizione del Licantropo, inflitta agli abitanti della regione di Ossary, in Irlanda nel VI secolo.
Ogni sette anni, due persone della regione dovevano diventare lupi. Se riuscivano a sopravvivere alla nuova condizione potevano tornare alla loro vita normale, e altri due dovevano prendere il loro posto. La maledizione era stata scagliata contro gli abitanti della regione dall'abate di un vicino monastero, come punizione per il loro comportamento malvagio.
GIAPPONE
Per i Giapponesi, le volpi sono sempre stati oggetto di superstizione: credono che le volpi abbiano il potere di trasformarsi in belle donne ("Kitsune") e di causare guai.
Durante la seconda guerra mondiale, gli Americani sperimentarono l'allevamento di volpi dal pelo fosforescente. Avendo progettato di invadere il Giappone, volevano lasciarle libere nelle campagne nipponiche allo scopo di indebolire il morale della popolazione. Il progetto venne annullato per la fine della guerra.
GLI UOMINI BESTIA
Gli uomini-bestia possono mutarsi a volontà da uomini in animali. Si possono trovare in varie forme, ma la più comune è nota è quella dei Licantropi.
Si tratterebbe di spiriti maligni che soffrono per effetto di una maledizione, o di maghi che si trasformano per effetto di magia.
Le donne-volpe cinesi sono un po' diverse: infatti sono volpi comuni, ma con il potere di trasformarsi in donna. Inoltre, non sono completamente cattive. Qualche volta si sposano con esseri umani. Anche i Giapponesi credono nelle donne-volpe, ma per loro sono cattive e pericolose.
In Africa si crede agli uomini-iena, che come le donne-volpe, sono animali in grado di cambiare il loro aspetto. Una storia racconta che una ragazza si innamorò di un forestiero di passaggio. Si sposarono e partirono per il villaggio dello sposo. Sospettando dell'uomo, il fratello della sposa seguì la coppia fino al villaggio. Quella notte, mentre se ne stava nascosto, il fratello vide che tutti gli uomini del villaggio si erano trasformati in iene e discutevano su come avrebbero mangiato la giovane quando fosse ingrassata. Il giorno seguente il fratello intagliò nel legno una ciotola magica nella quale entrò con la sorella e che li riportò sani e salvi al loro villaggio.
Coloro che praticano la magia affermano di essere in grado di evocare apparizioni di demoni, spiriti e animali.
Uno studioso, che fu presente a una cerimonia propiziatoria della caccia nel cuore dell'Africa, descrisse una ragazza che danzava la "danza del leopardo", alla luce del fuoco. Mentre la ragazza danzava, l'uomo vide delle ombre attorno a lei: il suo accompagnatore gli disse che si trattava di leopardi. Al punto culminante della danza, tre leopardi veri apparvero all'improvviso, attraversarono la radura e scomparvero silenziosamente nella giungla. Sembrava che fossero venuti a vedere i leopardi fantasma evocati dalla danza.
Altre info tratte da
L'anima, secondo l'africano, è forza ed energia. Per citare la definizione di Senghor: "L'anima africana è una forza spirituale, un principio di vita intellettuale e morale che anima ogni essere, ogni pianta, ogni cosa provvista di carattere proprio, sia essa una montagna, una caverna, una roccia o carnale."
Leone e leopardo, nella mente degli africani, costituiscono i simboli della forza, dell'astuzia e della potenza. Ogni giovane sogna di divenire uomo-leopardo o uomo-leone. La potenza sessuale di quest'ultimo affascina e stimola la fantasia degli africani. è forse per tale ragione che essi non amano vedere il leone morto, come se tale visione portasse scalogna. Le sette degli uomini-leone hanno continuato a diffondersi in Africa anche in questi anni (1990). Gli adepti credono di essere la reincarnazione di un leone, potente sessualmente e feroce. Non esistono invece sette di donne-leonesse, forse per una sorta di atavico maschilismo. E ciò può apparire un controsenso perché è la leonessa che attacca e uccide e istruisce nella caccia i leoncini, mentre al maschio è riservato il ruolo di riproduttore. Nella savana vi sono tuttavia degli stregoni che detengono il segreto del talismano anti-leone. Chi viene protetto non sarà mai ucciso dal leone, ma se lo chiederà allo stregone, questi farà il sortilegio che provocherà la morte del suo nemico per opera del felino. In certi villaggi esiste una figura tipica, il Re-Leone, che è un capo con prerogative stregonesche e la cui autorità è indiscutibile. In Kenia, quando una donna desidera che suo figlio divenga uno stregone, lo abbandona nella foresta nella zona in cui si è certi della presenza dei leoni. Se il ragazzino dopo qualche giorno è ancora in vita, è certo che ha acquistato i poteri dello stregone, e viene additato come Uomo-Leone: verrà rispettato per tutta la vita.
Il culto del coccodrillo è comune nelle regioni dove abbondano tali animali, come nello Zimbabwe e Somalia. Esiste una strana leggenda che dice "Il coccodrillo era una volta una lucertola. Un giorno un uomo posseduto dai demoni cadde nell'acqua. Questi entrarono nel corpo delle lucertole e fecero in modo che esse crescessero enormemente, tali da diventare coccodrilli." Nel Congo si crede ancora oggi (1990) che il coccodrillo è un buon animale e gli uomini che in esso si identificano si credono investiti di un potere magico superlativo. Alcune parti di coccodrillo costituiscono la base per preparare un medicamento ("muti"): la pelle triturata e polverizzata è ritenuta un ottimo rimedio per la tosse e il suo grasso viene incorporato in un talismano che preserva dagli incidenti. La magia ispirata dal coccodrillo riposa su alcune caratteristiche dell'animale, prima fra tutte la rigenerazione spontanea dei denti.
Nel Congo alcune tribù si identificano col gorilla e gli individui riproducono il comportamento di tali primati. Presso i Baluba si praticava il cannibalismo: il cervello del nemico veniva estratto e dato da mangiare all'aspirante capo del gruppo.
DVD A TEMA LICANTROPESCO
Secondo me, il più bel film sui Licantropi è
tratto da
Anche Van Helsing mi era piaciuto, come film, per gli scenari e gli effetti speciali… consiglio anche il remake di "Wolfman" (2010) che mi era piaciuto molto
A tema Urban Fantasy non è che sia uscito molto sui Licantropi (come protagonisti assoluti, non come avversari dei vampiri...), comunque segnalo:
Purtroppo sono romanzi che mi hanno abbastanza deluso... vuoi per come erano narrati, vuoi per la trama banale… https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/04/recensione-dark-divine.html
https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2019/04/recensione-dark-love.html
APPROFONDIMENTO: I LICANTROPI NEL FOLKLORE ITALIANO Info tratte da
Gli antichi popoli cacciatori credevano che il loro rapporto con la natura fosse mediato dai "Signori delle fiere", cioè esseri metà uomini e metà animali, protettori della fauna e delle foreste.
Nei paesi stanziati al nord era il lupo ad essere "Signore", sia perché era visto come il cacciatore per eccellenza sia perché il branco di lupi era preso come un modello per l'organizzazione della società degli uomini.
Anche molte tribù di Indiani d'America si identificarono con il lupo, vestendo le sue pelli e imitando le sue tecniche di caccia. Altri popoli facevano risalire le loro origini al lupo: si credeva che il primo antenato di Gengis Khan fosse stato un lupo grigio inviato dal Cielo. I lupi, benefici o malefici, potevano essere al servizio degli Dei. Nella mitologia celtica il lupo era legato alla luce: il suo nome era Bleiz e il nome del Dio della Luce gallico era Belen o Belenus; presso i Greci "lukos" era "lupo" e "luke" era "luce dell'alba".
Certi riti sacri erano officiati da uomini travestiti da lupi, come per il culto romano del dio Pater Soranus: i suoi sacerdoti si travestivano da lupi, così come nei Lupercali. (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/il-caprone-2-i-veri-significati.html)
Ad Odino, nella mitologia norrena, erano consacrati i guerrieri-lupi "Ulfhednar", da "ùlfr", "lupo" e "hedinn", casacca: in battaglia questi guerrieri indossavano pelli di lupo invece che corazze ed erano invasi dalla furia come i lupi; analoghi erano i guerrieri-orso, i Berserkir.
Il travestimento in animale è una caratteristica tipica dello sciamanesimo: lo sciamano si vestiva di pelli d'animale e di ossa.
Da ciò si evince che le leggende sui Licantropi sono le reminiscenze di questi riti ancestrali dove degli uomini travestiti da lupo imitavano gli animali.
Secondo le leggende, i Lupi Mannari avevano la pelle di lupo sopra quella umana, ma con i peli rivolti in dentro. Un segno di riconoscimento di un uomo-lupo erano le sopracciglia unite tra di loro (Nota di Lunaria: questa superstizione è riportata anche nel film "In Compagnia dei Lupi"), oltre che le unghie ricurve e il pelo sotto la lingua.
I lupi mannari erano immaginati o come lupi eccezionalmente grossi oppure come esseri pelosi che camminavano eretti conservando l'aspetto antropomorfo.
Nella zona di Cuneo, in Val di Pesio, il Luv Ravas era un Lupo Mannaro che errava nelle notti di
Luna piena.
Il Loup Ravart era tipico delle valli Valdesi e assaliva chiunque incontrasse ponendogli le zampe sulle spalle: se la vittima era più bassa di lui, l'avrebbe ucciso, altrimenti lo avrebbe lasciato andare.
Il Ce-De-Lù "Capo dei Lupi" era un essere mostruoso, del quale narrano le leggende in Trentino, che nelle notti d'inverno spaventava i viandanti.
Una leggenda racconta di un fata che si presentò nel mondo degli uomini sotto forma di lupa uscendo da una grotta, ma venne ferita ad una zampa da alcuni cacciatori; la lupa capì che l'unico modo per salvarsi era trasformarsi in fanciulla e così fece, riuscendo ad arrivare a casa di un vecchio che abitava nel bosco. L'uomo la curò e quando la fanciulla fu ristabilita, scappò per tornare nel suo mondo attraverso una grotta magica che fungeva da porta tra i due mondi; i cacciatori che l'avevano ferita furono vittime della sfortuna che li colpì uno dopo l'altro. (Nota di Lunaria: questa leggenda compare anche nel film "In Compagnia dei Lupi" e l'uomo che aiuta la fanciulla ferita è il vecchio prete del villaggio)
Cologny, 1816
La pura, sfrenata gioia di muoversi lo sospingeva. Niente limiti, niente indugi, niente restrizioni. La notte non aveva segreti per lui. Il terreno si estendeva lungo il lago, e poi si trasformava in fresche colline e montagne che avrebbe scalato senza sforzo.
Dapprima attraversò i campi, passando accanto a lunghe siepi e a un piccolo stagno. Poi si buttò in un boschetto. Tra gli alberi, le ombre erano profonde. La luna scomparve dietro le nuvole, ma anche la scarsa luce rimasta gli bastava per vedere tutto ciò che c'era da vedere e per trovare la strada in mezzo ai tronchi.
Adesso aveva rallentato il passo, trotterellava, risaliva la collina.
Ovunque intorno a lui c'era vita. Le foglie frusciavano nella lieve brezza, insetti brulicavano sui rami, un topo sgusciò via davanti a lui, e i suoi passi gli rimbombarono nelle orecchie. I suoi sensi dividevano istintivamente le creature in prede e cacciatori. Ma nessun animale costituiva una minaccia per lui. Li soverchiava tutti, era il loro re senza corona.
Assimilava avidamente tutte le impressioni, ne godeva; godeva della vita che pervadeva il bosco, dall'albero più massiccio al più piccolo coleottero. Sentiva gli odori, le foglie bagnate per terra, il profumo della pioggia che era rimasto nell'aria benché le ultime gocce fossero cadute quando era ancora chiaro. Il terriccio con le sue molteplici sfumature, e la dolce resina. E gli animali. Le loro tracce attraversavano il bosco come sentieri di fiamme, perfettamente visibili per lui, quasi li stessero ancora percorrendo. Avrebbe potuto seguire una qualunque di quelle tracce senza sforzo, e una parte di lui voleva farlo, bramava l'eccitazione della caccia, l'inseguimento, il dilaniamento della preda. Ma ormai aveva placato la sua fame; sentiva ancora il sangue caldo sulle labbra, e non era la voglia di carne fresca a spingerlo, ma solo il piacere di correre.
Il bosco terminava bruscamente, lasciando il posto a estesi prati, sui quali fino a poco tempo prima aveva pascolato il bestiame. Odori caldi, forti ed eccitanti, ma lui ignorò anche quelli e continuò a salire, verso il cielo.
Non c'erano in giro esseri umani a quell'ora. Giù nella valle, qua e là scintilavano delle luci, minuscoli puntini nell'oscurità. L'odore di fumo, metallo e roccia aleggiava nell'aria come una coltre che ricopriva ogni cosa. Fuggiva da quell'odore, lontano dagli uomini, e più si allontanava più si attenuava l'odore e più l'aria diventava limpida. Correva lungo la sommità della collina, saltando da una cresta all'altra, ancora più in alto, sempre più su.
Si arrestò in cima a un monte. Il vento gli portava odori da lontano, promesse di scoperte, libertà e caccia. Si annunciava altra pioggia, ma era ancora un presagio lontano.
La lingua gli pendeva dalle fauci; godeva delle fresche carezze del vento che gli scompigliava dolcemente la pelliccia.
Per pura gioia della notte, alzò il muso e ululò. Un suono prolungato, che esigeva, pretendeva, esultava, Il suo ululato crebbe, colmò la valle da cresta a cresta, rivelò al mondo la sua posizione, la sua presenza.
Dalla parte opposta del lago giunse una risposta. Acuta e penetrante, un benvenuto, un invito.
Il suo cuore che batteva forte e regolare fece un balzo.
Non era più solo.
Ci trasferimmo in Florida durante le vacanze di Natale. Una settimana dopo il nostro arrivo, sentii per la prima volta i terrificanti ululati nella palude. Notte dopo notte, gli ululati mi facevano balzare a sedere sul letto. Trattenevo il respiro e mi abbracciavo da solo per impedirmi di tremare. Guardavo alla finestra della mia camera la Luna piena color gesso, e stavo in silenzio ad ascoltare. "Che specie di creatura può fare versi del genere? E quanto sarà vicina?", mi domandavo, dato che sembrava proprio sotto la mia finestra. Gli urli erano modulati, come sirene della polizia. Non erano tristi o lugubri. Erano minacciosi, rabbiosi. Mi suonavano come un avvertimento. "Stai lontano dalla palude. Questo non è il tuo posto!"
*
Quella notte feci sogni strani, inquietanti. Ero nel Vermont, e correvo nella neve. Ero inseguito e pensavo che potesse essere l'eremita della palude. Continuavo a correre senza fermarmi, e avevo un freddo terribile. Probabilmente stavo tremando davvero nel sonno.
*
Gli ululati mi svegliarono. Balzai a sedere sul letto e guardai dalla finestra la Luna quasi piena, argentea e luminosa contro il cielo nero bluastro. Un altro lungo ululato si levò nell'aria notturna. Forse veniva dalla palude... eppure suonava così vicino, come se fosse stato proprio sotto la mia finestra. Chiusi gli occhi, pregando che gli ululati finissero. All'improvviso, finalmente cessarono; ma il silenzio durò poco. Subito sentii rapidi tonfi sul terreno, come dei passi... un tramestio.... rumori di lotta... Infine, un grido breve e terrificante: appena iniziato era già finito. Mi resi conto che il trambusto veniva dal retro della casa. Ormai del tutto sveglio, saltai giù dal letto, tirandomi dietro la coperta; raggiunsi a tentoni la finestra e mi aggrappai al davanzale. La Luna piena era alta nel cielo notturno. L'erba coperta di rugiada scintillava nella luce argentea. Premendo la fronte contro il vetro, scrutai in direzione della palude, e sobbalzai vedendo un'ombra fluttuare verso gli alberi. Una grossa, misteriosa creatura correva a quattro zampe.
*
La Luna piena, biancastra come un teschio, era come sospesa, bassa nel cielo nero come un carbone. L'erba umida brillava sotto la luce spettrale. Una ventata più forte fece tremare il vetro della finestra; sussultai, poi mi ritrassi e restai in ascolto. Un altro ululato... più vicino... Un brivido gelido mi corse lungo la schiena. Stavolta era sembrato davvero vicinissimo. O era il vento che lo aveva portato fin lì dalla palude? Strizzai gli occhi, scrutando fuori. Turbini di vento agitavano l'erba di qua e di là, e il prato pareva ondeggiare, mandando bagliori sinistri.
Nota di Lunaria: un altro libro sui Licantropi è "La stirpe dei Licantropi", uscito nella leggendaria raccolta dei "Racconti di Dracula"
è davvero bello. E inoltre, è un vanto tutto italiano, visto che gli autori dei "Racconti di Dracula", anche se mascherati dietro un nome inglese, erano tutti italiani!
"La Stirpe dei Licantropi" di Harry Small [pseudonimo di Mario Pinzauti]
Trama: Un incubo ricorrente, sin dall'adolescenza, tormenta le notti del giovane antropologo Wolfang Meyer e la lettura di una terrificante leggenda, che trova le origini nel paleolitico di una tenebrosa valle bavarese intorno a Rosenheim, lascia presagire che il tutto abbia avuto origine dall'amplesso bestiale di un lupo con una donna di Neanderthal. Elementi che coincidono con la periodica apparizione nella zona di un sanguinario Licantropo agli inizi del secolo ventesimo. Trascinato dai suoi studi antropologici e antroposofici, Wolfang Meyer intraprende la ricerca della verità... per accorgersi che lui stesso incarna l'orrore!
Le pagine più belle: 1- 45 - 56 - 89 - 92
La Luna piena inargentava la vallata, che separava l'immensa, oscura foresta, dai monti bavaresi. Il branco di lupi uscì dalla folta massa degli alberi secolari e si snodò in una ululante fila indiana, lungo il margine della foresta. Le rosse fauci spalancate a scoprire le bianche zanne fameliche, le belve si spostavano con sinistra circospezione, nere, irsute figure, che improvvisamente si staccarono dal riparo degli alberi, per avventarsi in una corsa sfrenata attraverso la distesa nevosa, verso le caverne che si aprivano sulla parete rocciosa ai piedi della catena montuosa. Il branco era guidato da un gigantesco lupo bianco, il cui mantello si confondeva nel candore argenteo della neve, contro la quale si stagliava soltanto l'ombra fugace della bestia, proiettata dalla Luna. Gli ululati delle belve attraversarono la vallata e penetrarono, sempre più vicini, nelle caverne, facendo rabbrividire gli antropoidi, che tra le nere, umide pareti di pietra avevano trovato asilo, sin dalla notte dei tempi.
Con movimento istintivo, completamente privo di razionale ragionamento, Wolfang abbassò lo sguardo sul proprio corpo ed un grido soffocato di angoscia gli sfuggì dalla gola. Vide il proprio torace attraverso l'apertura della camicia sbottonata, completamente ricoperto di pelo bianco e lungo; il dorso stesso delle sue mani era ricoperto di folto pelo bianco e si rese conto di avere le mani poggiate contro il pavimento; di essere con il corpo prono, con piedi e mani poggiati a terra, press'apoco nella posizione che aveva il grosso lupo bianco riflesso. (...) Wolfang sentì sotto le dita il proprio volto, le forme ripugnanti; ruvide e villose di un muso aguzzo, ringhiante; tra le labbra leporine spalancate il contatto levigato e freddo di lunghe acuminate zanne. Ancora una volta urlò, con raccapriccio e rabbia, senza incredulità, senza stupore e si rese perfettamente conto di ululare, proprio come un lupo.
Ricordò il proprio scetticismo a proposito di forze infernali che potessero proteggere e sostenere certi maniaci assassini, ma davanti ai suoi occhi sbarrati adesso c'era veramente una creatura orribile, la cui visione le fece persino dimenticare il micidiale bisturi, che ella ancora stringeva nella mano e con il quale avrebbe potuto difendersi. Il Licantropo era lì, a due passi da lei; un corpo dalla forma umana, ma dall'aspetto scimmiesco, orripilante. La terribile creatura, completamente nuda era ricoperta da lunghi peli arruffati; il volto bestiale piegato da un ghigno terrificante, che metteva in mostra denti aguzzi e zanne mostruose; dagli angoli della bocca spalancata gli scendevano fili di saliva vischiosa. Un sordo mugolìo misto ad un ansito pesante usciva dalle fauci spalancate del mostro, che avanzava con brevi passi saltellanti; le ginocchia piegate; il corpo massiccio equilibrato leggermente sui talloni e proteso in avanti. Frida riusciva a stento a respirare; il cervello le si era bloccato impedendole di pensare. Soltanto i suoi occhi terrorizzati vedevano la minacciosa, bestiale figura del Licantropo ormai vicinissima; le sue orecchie sentivano il brontolio inarticolato che usciva dalle mascelle zannute e l'alito caldo del mostro le soffiò sul volto. L'unica reazione che la ragazza riuscì a percepire nel proprio corpo fu un lungo brivido di raccapriccio che la scosse dalla testa ai piedi. Poi una violenta, poderosa zampata dell'uomo-lupo la colpì al braccio destro facendole saltar via il bisturi dalle dita e soltanto allora, per una frazione di secondo, la ragione tornò nel cervello di Frida, la quale si rese conto di non avere più alcuna possibilità di difesa. Subito dopo, le mani villose del mostro le strapparono il mantello e l'orribile essere le sbrindellò la lunga sottana; il corpetto e la camicia, sino quasi a denundarla completamente. In un moto istintivo di ribellione, la ragazza tentò un'energica disperata difesa; le sue unghie sottili si spezzarono artigliando il muso ringhiante del mostro, ma non riuscirono a respingere il bestiale attacco. Il Licantropo serrò con una mano la nuca di Frida, come in una morsa, mentre passandole un braccio poderoso intorno alla vita la piegava in avanti, carponi, sino a farla cadere in ginocchio. Il dolore alla nuca fece quasi perdere i sensi alla sventurata, ma la sua forte fibra le impedì di svenire completamente ed ella sentì che, proprio nel modo più obrobrioso, stava per essere sopraffatta dalla violenza mascolina che aveva sempre detestato. Tentò ancora di urlare, ma dalla gola le uscì soltanto un singulto strozzato, mentre sentiva il corpo possessivo e mostruosamente forte dell'uomo-lupo sovrastarla alle spalle; le braccia villose del mostro le avvolsero i fianchi e le unghie del Licantropo le si chiusero sui seni opulenti in una dolorosa stretta lussuriosa e feroce; il ventre villoso, palpitante e muscoloso del mostro le aderì ai glutei indifesi in un bestiale assalto ed un grido rauco le sfuggì dalla gola contratta, quando sentì la prepotenza dell'uomo-lupo squassarle le viscere. Tentò di sfuggire al dolore con l'immobilità assoluta, mentre il licantropo la possedeva alitandole affannosamente sulle spalle ed artigliandole ferocemente i seni. (...) Le poderose, acuminate zanne del Licantropo le si affondarono subito sotto la nuca; un dolore lancinante, atroce, le esplose nel cervello ed il grido lacerante, disperato di Frida fu stroncato dallo scricchiolìo delle vertebre cervicali spezzate. Il corpo senza vita della ragazza si accasciò sotto il peso del mostro, che la girò in posizione supina, con una violenta zampata e ringhiando con feroce avidità le squarciò la gola candida, indifesa, dalla quale il sangue caldo sgorgò a fiotti a lordare l'orrido muso irsuto e le balenanti zanne del Licantropo. Il dolce, caldo sapore del sangue scatenò completamente la bestia e la ferocia dell'uomo-lupo, sino a quel momento relativamente contenuta e sovrastata dall'avidità sessuale. Le zanne e le mani artigliate del Licantropo si accanirono con brutale, spietata ferocia sul corpo di Frida, dilaniandolo, smembrandolo in orripilanti pezzi sanguinolenti.
L'ululato del Licantropo si levò sinistro nella notte; si ripercosse nella campagna a ridosso della città e si disperse nell'alta profondità del cielo, contro il quale si stagliava la Luna piena, con il suo alone lattiginoso. L'uomo-lupo era già molto lontano dalla sua abitazione, quando fece udire la sua lugubre, minacciosa voce; abbastanza lontano per urlare e per uccidere, perché i lupi per istintiva astuzia conoscono il cacciatore e non si fanno mai notare con ululati e stragi nei pressi delle loro tane. Una sete irrefrenabile di sangue e il desiderio bestiale di una femmina guidavano il passo annaspante del Licantropo sulla scìa di un odore inconfondibile, che gli giungeva alle narici dilatate e frementi.
Soffocata dal proprio grido e dal terrore, la giovane Marghareta balzò fuori dal letto e corse verso la porta, nel disperato tentativo di fuggire, ma il Licantropo le sbarrò la strada con un balzo ferino. Lanciò un altro breve ululato e scoprì le mostruose zanne in un ringhio spaventoso, afferrando la donna per i capelli. La trascinò come un fantoccio verso il letto scaraventandola con la schiena contro il bordo del materasso sconvolto. Poi le artigliò la lunga camicia da notte lacerandola sino a denudarla, mentre il desiderio bestiale gli riempiva la bocca di saliva facendogliela colare dal muso ringhiante sulla pelle bianca e graffiata della giovane donna semiparalizzata dal terrore e dal disgusto. (...) Sentì contro il proprio ventre contratto quello villoso e palpitante del mostro, poi, quando le unghie artigliate dell'uomo-lupo le affondarono nei seni con feroce bramosia, facendoli sanguinare, Margaretha riuscì a sbloccare il proprio terrore lanciando un urlo lacerante. (...) La donna tentò di svincolarsi con il solo risultato di esasperare eccitazione e furore nel bestiale aggressore, la cui potenza erotica sussultò ed esplose bruciante nel corpo della donna, spingendola dal terrore alla pazzia totale. Ma fu il mostro stesso a liberare la sua giovane vittima dal traumatico shock, ma non certo per tenerezza. Subito dopo aver goduto del corpo caldo e contratto della donna, il Licantropo la azzannò ferocemente alla gola sgozzandola. L'ultimo grido di Marghareta si spense in un rantolo, mentre il Licantropo beveva avidamente il sangue che sgorgava a fiotti dalla gola squarciata della sua vittima, sino a quando non la sentì immobile, fredda sotto di sé.
Quale malvagità si ridesta, quali ombre strisciano, quali creature si celano, quale orrore incombe, sotto la Luna d'Ottobre.
Trama: La quindicenne Rachel e i suoi genitori hanno appena lasciato la California per stabilirsi in Irlanda, a Seasonstown House. ed è subito terrore: incendi, intrusi che non lasciano tracce, l'insensata distruzione di preziosi volumi antichi. Chi, o che cosa, vuole impaurire gli Stone e cacciarli dalla loro casa? La polizia sospetta che si tratti di terroristi, ma se fossero all'opera poteri ben più sinistri? Toccherà a Rachel scoprire la verità, trovandosi così coinvolta in una trama infernale. Perché alla vigilia d'Ognissanti, quando le porte dell'Aldilà si spalancano e gli incubi diventano realtà sotto la luce spettrale della Luna piena d'ottobre, l'inimmaginabile orrore di una maledizione secolare si risveglia per gettare la sua ombra malefica su chiunque possieda Seasonstown House...
Gli stralci più belli...
Gli spari riecheggiarono nella notte silenziosa. La figura distesa sul letto tremò e indietreggiò nell'ombra, lasciandole andare la mano. Rachel arretrò terrorizzata. La mano che le aveva stretto il braccio si era contorta in un artiglio orribile, la carne pallida coperta di peli, e lunghe unghie nere. Si addossò alla parete, incapace di staccare gli occhi dalla sagoma del letto. Di colpo la porta si spalancò: un cane enorme dagli occhi feroci entrò nella stanza e si accucciò accanto al letto. La luce della Luna dava al suo pelo una sfumatura opaca, conferendogli un aspetto teatrale. Nell'ombra, i suoi denti scintillavano bianchi. Un altro cane entrò, seguito da un terzo e da un quarto, tutti della stessa razza. Si unirono a quello accucciato accanto al letto e si voltarono verso di lei, fissandola senza emettere un suono.
***
Acuto, spettrale, terrificante, un ululato rimbalzò sulla pianura, seguito, pochi istanti dopo, da un secondo e da un terzo. Robert Stone, che si trovava sul prato davanti al salotto, bevendo una tazza di caffè nero, inclinò la testa in ascolto. "Lupi", disse.
***
"Tutto", disse Piers de Courtney, "iniziò non duecento anni fa, ma molto tempo prima. Nell'anno di nostro Signore 1185 un sant'uomo, Giraldus Cambrensis, fa riferimento alla leggenda di questo clan... ma in realtà la storia è ancora più antica. Tutto iniziò con l'abate Natalis, un sant'uomo seguace del vescovo Patrizio. Anche Natalis teneva una specie di diario. Ascolta, dunque, la leggenda del clan di Natalis."
"In verità, questa è una landa di terrori. A volte penso che Iddio abbia distolto il viso da questi luoghi. Qui, è freddo persino il più caldo dei giorni d'estate; piove ogni giorno, e gelido è il vento che soffia dalle terre del Nord. Il freddo ha ucciso molti dei miei confratelli e, nonostante la mia ancora giovane età, io stesso mi sento le ossa rigide e le giunture dolenti. Ma Patrizio, che fu il primo a portare la parola di Dio in questo luogo orrendo, superò ben altre difficoltà, e il suo esempio mi è di sostegno. Questa terra è maledetta. I morti parlano e camminano e gli indigeni ne accettano tranquillamente la presenza. Il silenzio della notte è percorso dal gemito della stregata annunciatrice di morte e il diavolo galoppa nelle fitte foreste. Coi miei occhi ho visto spettrali globi di fuoco pallido librarsi sulle brughiere: molti li hanno seguiti... per non più tornare. Queste genti pagane narrano del Piccolo Popolo e dei Signori della Luce, parlano di isole magiche e di villaggi celati nelle viscere della terra o sul fondo dei laghi. E taluni di questi laghi sono infestati dall'orrido Peist, talvolta descritto come un drago o come un serpente..."
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Rannicchiata contro le scale, Rachel fissava Madoc alla luce della candela. Era seduto di fronte a lei, con la schiena appoggiata al muro umido della cantina, le gambe contro il petto, i polsi incatenati stretti intorno alle ginocchia. Aveva gettato la testa all'indietro e, sotto le palpebre, i suoi occhi guizzavano qua e là. Rabbrividì e spalancò la bocca in un enorme sbadiglio crocchiante, la carne che si ritraeva dalle gengive. Rinchiuse i denti con uno schiocco. Poi cominciò ad aprire e chiudere i pugni, con le catene che gli tintinnavano attorno ai polsi. Quando Rachel tornò a guardargli il viso, la trasformazione era iniziata. I lineamenti si erano deformati: gli zigomi più aguzzi, l'osso del naso più spesso, la mascella inferiore si era ritirata, scoprendo i denti. Sulle guance e sulla fronte erano comparse chiazze d'ispido pelo rossastro e altro pelo continuava a spuntare. La pelle gli si increspò... no, non la pelle, ma i muscoli e i tendini sotto la pelle. Il ragazzo tremò e si contorse e cadde riverso su un fianco. "Madoc?", bisbigliò Rachel. La sagoma si mosse. E un enorme lupo dal pelo fulvo e dagli occhi verdi avanzò nella luce della candela.
Altri libri consigliati:
Trama: Marlowe Higgins è un uomo maledetto. Dentro di lui, nelle notti di plenilunio, la belva è pronta a scatenarsi. Una belva assetata di sangue, destinata alla strage. Eppure, Marlowe Higgins ha trovato il modo di "guidare" la propria furia: uccidendo solo la feccia dell'umanità. Ora, la città dove vive, Evelyn, è scossa da una serie di delitti compiuti dal "Killer delle Rose", un maniaco che aggredisce le donne e cava i loro occhi, introducendo rose nelle orbite vuote. E così, Marlowe inizia ad indagare...
Commento di Lunaria: "Lupo nelle tenebre" ("The Wolfman", titolo originale) avrebbe dovuto essere il primo romanzo di una serie basata sulle avventure di Marlowe, una sorta di Licantropo-detective e vendicatore. Purtroppo, l'autore, Nicholas Pekearo, agente di polizia, morì durante una sparatoria. Così questo resta il primo capitolo di una serie rimasta interrotta.
"Lupo nelle tenebre" non è male come romanzo, di per sé è particolare l'idea di "innovare" la figura del Licantropo rendendolo "un buono" al servizio della lotta al crimine. Però, lo stile di scrittura di Nicholas Pekearo è infarcito di parolacce e turpiloquio (il protagonista è immaginato come una sorta di rocker vagabondo), 281 pagine sono davvero troppe per una storia che poteva essere narrata con cento pagine in meno (le trasformazioni in Licantropo sono poche, è dato gran spazio ai monologhi e ai flashback della vita passata di Marlowe come soldato in Vietnam) i personaggi sono ben caratterizzati (pur con tutti i limiti, visto che sono per lo più stereotipati in ruoli fissi come vandali che si prendono a cazzotti o prostitute) anche se il turpiloquio è davvero troppo e finisce per abbassare il romanzo ad una sorta di "caciara" fine a se stessa.
Comunque non è scritto male, la storia "va", più sul piede dell'indagine poliziesca che non dell'horror o del terrore psicologico (*), anche se il serial killer è facilmente individuabile fin dalle prime pagine. Resto del parere che cento pagine in meno lo avrebbero reso meno prolisso e dispersivo e più appassionante. Notevole il primo capitolo, che mostra il Licantropo-Marlowe in piena azione, ed è la parte più horror del libro, insieme al finale.
(*) Probabilmente "Lupo nelle tenebre" potrà piacere molto a chi apprezza i pulp alla Tarantino.
Gli stralci più belli:
"Bill sollevò il braccio buono, ma prima che potesse puntare la pistola la bestia lo afferrò per i polsi con le due grosse mani pelose e affondò i denti nella carne soffice del suo collo. Un arco di sangue zampillò dalla ferita come un torrente, e prima che il sangue cadesse a terra, Bill Parker era già morto. La bestia indietreggiò, strappando un bel pezzo di carne dalla gola. Masticò, inghiottì e ruggì. Poi continuò l'opera. Di notte, gli animali nel bosco si tenevano a distanza, lasciando che quella strana creatura seguisse i propri capricci. Come unica compagnia aveva il vento, che portava le tracce di ogni singolo corpo esistente, e la morte."
"Avevo iniziato a leggere quanti più quotidiani mi capitassero a tiro più o meno all'epoca in cui morì mia madre, nel 1981. Avevo ereditato questa abitudine vagamente raccapricciante da una delle mie vittime. Vedete, il lupo non si limita a uccidere, lui pretende. Non sono solo i ricordi dei morti a diventare i miei ricordi; diventano mie anche le loro peculiarità (...) Vedete, io non posso farla smettere di uccidere, ma almeno posso impedirle di uccidere chi non se lo merita."
"Successe oltreoceano. (...) Il Marlowe Higgins che amava il baseball e le motociclette e aveva una ragazza di nome Doris che lo aspettava a casa, cessò di esistere. Al suo posto c'era un guscio, un involucro, un ospite per la malvagia entità che lo aveva invaso. Già, non si può realmente avere una vita quando dentro di sé si nasconde qualcosa che si nutre di morte. (...) Il nome con cui ero nato non valeva più niente per me, e dovunque andassi lasciavo una scia di sangue e ossa tritate.
Non riuscii mai ad andare abbastanza in fretta da sfuggire all'orrore della mia testa, alla realtà di ciò che portavo in fondo all'anima. Ero soltanto io l'inferno sulla Terra, e sapere di essere responsabile dei raccapriccianti omicidi di tante persone innocenti era spesso un peso eccessivo da sopportare."
"La mia vita non esisteva più. Non era rimasto niente se non dannazione, e oscurità, e maledette lune piene, rosse di orrore. Ero all'inferno, e da quell'inferno non sembrava esistere una sola via di fuga, un rifugio, un possibile scampo."
APPROFONDIMENTO: GLI UOMINI BESTIA, Info tratte da
IRLANDA
Uno scrittore del XII secolo, Giraldus Cambrensis, parlò della maledizione del Licantropo, inflitta agli abitanti della regione di Ossary, in Irlanda nel VI secolo.
Ogni sette anni, due persone della regione dovevano diventare lupi. Se riuscivano a sopravvivere alla nuova condizione potevano tornare alla loro vita normale, e altri due dovevano prendere il loro posto. La maledizione era stata scagliata contro gli abitanti della regione dall'abate di un vicino monastero, come punizione per il loro comportamento malvagio.
GIAPPONE
Per i Giapponesi, le volpi sono sempre stati oggetto di superstizione: credono che le volpi abbiano il potere di trasformarsi in belle donne ("Kitsune") e di causare guai.
Durante la seconda guerra mondiale, gli Americani sperimentarono l'allevamento di volpi dal pelo fosforescente. Avendo progettato di invadere il Giappone, volevano lasciarle libere nelle campagne nipponiche allo scopo di indebolire il morale della popolazione. Il progetto venne annullato per la fine della guerra.
GLI UOMINI BESTIA
Gli uomini-bestia possono mutarsi a volontà da uomini in animali. Si possono trovare in varie forme, ma la più comune è nota è quella dei Licantropi.
Si tratterebbe di spiriti maligni che soffrono per effetto di una maledizione, o di maghi che si trasformano per effetto di magia.
Le donne-volpe cinesi sono un po' diverse: infatti sono volpi comuni, ma con il potere di trasformarsi in donna. Inoltre, non sono completamente cattive. Qualche volta si sposano con esseri umani. Anche i Giapponesi credono nelle donne-volpe, ma per loro sono cattive e pericolose.
In Africa si crede agli uomini-iena, che come le donne-volpe, sono animali in grado di cambiare il loro aspetto. Una storia racconta che una ragazza si innamorò di un forestiero di passaggio. Si sposarono e partirono per il villaggio dello sposo. Sospettando dell'uomo, il fratello della sposa seguì la coppia fino al villaggio. Quella notte, mentre se ne stava nascosto, il fratello vide che tutti gli uomini del villaggio si erano trasformati in iene e discutevano su come avrebbero mangiato la giovane quando fosse ingrassata. Il giorno seguente il fratello intagliò nel legno una ciotola magica nella quale entrò con la sorella e che li riportò sani e salvi al loro villaggio.
Coloro che praticano la magia affermano di essere in grado di evocare apparizioni di demoni, spiriti e animali.
Uno studioso, che fu presente a una cerimonia propiziatoria della caccia nel cuore dell'Africa, descrisse una ragazza che danzava la "danza del leopardo", alla luce del fuoco. Mentre la ragazza danzava, l'uomo vide delle ombre attorno a lei: il suo accompagnatore gli disse che si trattava di leopardi. Al punto culminante della danza, tre leopardi veri apparvero all'improvviso, attraversarono la radura e scomparvero silenziosamente nella giungla. Sembrava che fossero venuti a vedere i leopardi fantasma evocati dalla danza.
Altre info tratte da
L'anima, secondo l'africano, è forza ed energia. Per citare la definizione di Senghor: "L'anima africana è una forza spirituale, un principio di vita intellettuale e morale che anima ogni essere, ogni pianta, ogni cosa provvista di carattere proprio, sia essa una montagna, una caverna, una roccia o carnale."
Leone e leopardo, nella mente degli africani, costituiscono i simboli della forza, dell'astuzia e della potenza. Ogni giovane sogna di divenire uomo-leopardo o uomo-leone. La potenza sessuale di quest'ultimo affascina e stimola la fantasia degli africani. è forse per tale ragione che essi non amano vedere il leone morto, come se tale visione portasse scalogna. Le sette degli uomini-leone hanno continuato a diffondersi in Africa anche in questi anni (1990). Gli adepti credono di essere la reincarnazione di un leone, potente sessualmente e feroce. Non esistono invece sette di donne-leonesse, forse per una sorta di atavico maschilismo. E ciò può apparire un controsenso perché è la leonessa che attacca e uccide e istruisce nella caccia i leoncini, mentre al maschio è riservato il ruolo di riproduttore. Nella savana vi sono tuttavia degli stregoni che detengono il segreto del talismano anti-leone. Chi viene protetto non sarà mai ucciso dal leone, ma se lo chiederà allo stregone, questi farà il sortilegio che provocherà la morte del suo nemico per opera del felino. In certi villaggi esiste una figura tipica, il Re-Leone, che è un capo con prerogative stregonesche e la cui autorità è indiscutibile. In Kenia, quando una donna desidera che suo figlio divenga uno stregone, lo abbandona nella foresta nella zona in cui si è certi della presenza dei leoni. Se il ragazzino dopo qualche giorno è ancora in vita, è certo che ha acquistato i poteri dello stregone, e viene additato come Uomo-Leone: verrà rispettato per tutta la vita.
Il culto del coccodrillo è comune nelle regioni dove abbondano tali animali, come nello Zimbabwe e Somalia. Esiste una strana leggenda che dice "Il coccodrillo era una volta una lucertola. Un giorno un uomo posseduto dai demoni cadde nell'acqua. Questi entrarono nel corpo delle lucertole e fecero in modo che esse crescessero enormemente, tali da diventare coccodrilli." Nel Congo si crede ancora oggi (1990) che il coccodrillo è un buon animale e gli uomini che in esso si identificano si credono investiti di un potere magico superlativo. Alcune parti di coccodrillo costituiscono la base per preparare un medicamento ("muti"): la pelle triturata e polverizzata è ritenuta un ottimo rimedio per la tosse e il suo grasso viene incorporato in un talismano che preserva dagli incidenti. La magia ispirata dal coccodrillo riposa su alcune caratteristiche dell'animale, prima fra tutte la rigenerazione spontanea dei denti.
Nel Congo alcune tribù si identificano col gorilla e gli individui riproducono il comportamento di tali primati. Presso i Baluba si praticava il cannibalismo: il cervello del nemico veniva estratto e dato da mangiare all'aspirante capo del gruppo.
DVD A TEMA LICANTROPESCO
Secondo me, il più bel film sui Licantropi è
tratto da
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/04/il-re-degli-gnomi-gli-stralci-piu-belli.html |
A tema Urban Fantasy non è che sia uscito molto sui Licantropi (come protagonisti assoluti, non come avversari dei vampiri...), comunque segnalo:
Purtroppo sono romanzi che mi hanno abbastanza deluso... vuoi per come erano narrati, vuoi per la trama banale… https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/04/recensione-dark-divine.html
https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2019/04/recensione-dark-love.html
APPROFONDIMENTO: I LICANTROPI NEL FOLKLORE ITALIANO Info tratte da
Gli antichi popoli cacciatori credevano che il loro rapporto con la natura fosse mediato dai "Signori delle fiere", cioè esseri metà uomini e metà animali, protettori della fauna e delle foreste.
Nei paesi stanziati al nord era il lupo ad essere "Signore", sia perché era visto come il cacciatore per eccellenza sia perché il branco di lupi era preso come un modello per l'organizzazione della società degli uomini.
Anche molte tribù di Indiani d'America si identificarono con il lupo, vestendo le sue pelli e imitando le sue tecniche di caccia. Altri popoli facevano risalire le loro origini al lupo: si credeva che il primo antenato di Gengis Khan fosse stato un lupo grigio inviato dal Cielo. I lupi, benefici o malefici, potevano essere al servizio degli Dei. Nella mitologia celtica il lupo era legato alla luce: il suo nome era Bleiz e il nome del Dio della Luce gallico era Belen o Belenus; presso i Greci "lukos" era "lupo" e "luke" era "luce dell'alba".
Certi riti sacri erano officiati da uomini travestiti da lupi, come per il culto romano del dio Pater Soranus: i suoi sacerdoti si travestivano da lupi, così come nei Lupercali. (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/il-caprone-2-i-veri-significati.html)
Ad Odino, nella mitologia norrena, erano consacrati i guerrieri-lupi "Ulfhednar", da "ùlfr", "lupo" e "hedinn", casacca: in battaglia questi guerrieri indossavano pelli di lupo invece che corazze ed erano invasi dalla furia come i lupi; analoghi erano i guerrieri-orso, i Berserkir.
Il travestimento in animale è una caratteristica tipica dello sciamanesimo: lo sciamano si vestiva di pelli d'animale e di ossa.
Da ciò si evince che le leggende sui Licantropi sono le reminiscenze di questi riti ancestrali dove degli uomini travestiti da lupo imitavano gli animali.
Secondo le leggende, i Lupi Mannari avevano la pelle di lupo sopra quella umana, ma con i peli rivolti in dentro. Un segno di riconoscimento di un uomo-lupo erano le sopracciglia unite tra di loro (Nota di Lunaria: questa superstizione è riportata anche nel film "In Compagnia dei Lupi"), oltre che le unghie ricurve e il pelo sotto la lingua.
I lupi mannari erano immaginati o come lupi eccezionalmente grossi oppure come esseri pelosi che camminavano eretti conservando l'aspetto antropomorfo.
Nella zona di Cuneo, in Val di Pesio, il Luv Ravas era un Lupo Mannaro che errava nelle notti di
Luna piena.
Il Loup Ravart era tipico delle valli Valdesi e assaliva chiunque incontrasse ponendogli le zampe sulle spalle: se la vittima era più bassa di lui, l'avrebbe ucciso, altrimenti lo avrebbe lasciato andare.
Il Ce-De-Lù "Capo dei Lupi" era un essere mostruoso, del quale narrano le leggende in Trentino, che nelle notti d'inverno spaventava i viandanti.
Una leggenda racconta di un fata che si presentò nel mondo degli uomini sotto forma di lupa uscendo da una grotta, ma venne ferita ad una zampa da alcuni cacciatori; la lupa capì che l'unico modo per salvarsi era trasformarsi in fanciulla e così fece, riuscendo ad arrivare a casa di un vecchio che abitava nel bosco. L'uomo la curò e quando la fanciulla fu ristabilita, scappò per tornare nel suo mondo attraverso una grotta magica che fungeva da porta tra i due mondi; i cacciatori che l'avevano ferita furono vittime della sfortuna che li colpì uno dopo l'altro. (Nota di Lunaria: questa leggenda compare anche nel film "In Compagnia dei Lupi" e l'uomo che aiuta la fanciulla ferita è il vecchio prete del villaggio)