Grecia (4) la schiavitù

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LA STRUTTURA DELLA SOCIETà GRECA

La Polis, nell'antica Grecia, non si definiva per il territorio che le apparteneva ma per gli uomini che la componevano. Polis era sinonimo di cittadinanza, e quindi di Stato.
Per essere cittadini ateniesi ed avere il diritto a sedere nell'assemblea popolare era necessario essere maggiorenni e di padre ateniese (ma anche di madre, dopo la legge di Pericle del 451). L'età era i 18 anni, ma visto che si facevano due anni di servizio militare, si entrava a far parte dell'assemblea a 20 anni.
Ogni cittadino aveva tre nomi: il proprio, il patronimico (nome del padre) e il demodico (nome del demo, cioè luogo di appartenenza)
Solo chi era cittadino poteva diventare proprietario di un territorio e far parte della cavalleria e delle varie magistrature.

Le donne, gli schiavi e gli stranieri erano "non-cittadini", esclusi dai diritti e dai doveri.
La vita delle donne si svolgeva in casa, nel gineceo, e lavoravano solo se erano povere.
Le donne non ebbero mai diritti politici: erano ignorate dallo Stato ed erano considerate simili ai minorenni e di poco superiori agli schiavi, che erano considerati strumenti di lavoro. Si diventava schiavi se si veniva imprigionati in guerra ma anche i cittadini ateniesi indebitati potevano vendere se stessi ed erano schiavi i figli degli schiavi.
Neanche gli stranieri (commercianti, importatori...) avevano diritti e doveri politici. Non potevano sposare donne ateniesi, pagavano una tassa per poter svolgere la loro attività e venivano arruolati fra la truppa o in marina.
Gli Ateniesi potevano, tramite decreto, concedere la cittadinanza a uno straniero o potevano toglierla ad un Ateniese di nascita ("Atimia", decadenza dei diritti civili)

I meteci erano stranieri che avevano fissato la loro residenza ad Atene (meteco significa "colui che condivide l'abitazione") ed erano artigiani, mercanti, artisti, marinai, medici.
Non potevano partecipare al governo della città ma erano liberi.
"Se, dice uno scrittore del IV secolo, abbiamo concesso la medesima libertà di parola ai meteci che ai cittadini, è perché la città ha bisogno di loro per i mestieri di ogni genere e per la marina" (Pseudo-Senofonte "La Costituzione d'Atene", I,13)

Dovevano pagare le tasse dei cittadini e una tassa speciale, la metoicon, ma in cambio ricevevano protezione e potevano esercitare la loro religione se era diversa da quella degli Ateniesi.
Era difficile che tornassero alla patria d'origine, perciò ne deduciamo che ad Atene si trovassero bene; qualche volta, per meriti particolari, erano ricompensati con la terra o la casa; più raramente con la cittadinanza.

Gli schiavi erano adibiti ai lavori più pesanti, ma anche ad attività domestiche, lavori agricoli ed artigianali (Nota di Lunaria: è per questo che gli antichi greci non hanno inventato granché; non serviva inventare qualche macchinario particolare perché "c'erano già gli schiavi a lavorare").
Gli schiavi venivano acquistati sui mercati di Delo, Scio, Bisanzio, in Frigia, Lidia, Misia, Cappadocia, Tracia.
Dopo le riforme di Solone, fu proibita la schiavitù per debiti.

Il prezzo degli schiavi era vario, a seconda della loro età, robustezza e abilità:
"Degli schiavi ci sono diversi prezzi: uno costa due mine, uno neanche mezza, un altro dieci; si dice anzi che Nicia, figlio di Nicerato, abbia comprato uno schiavo capace di dirigere una miniera pagandolo un talento" (Senofonte, "Memorabili II, 5,2")


Alcuni pensatori sentirono l'ingiustizia della schiavitù: "Anche se uno è schiavo, ha la stessa carne di noi; nessuno infatti nacque mai schiavo per legge di natura; fu il caso che fece schiavo il suo corpo" (Filemone, frammento 39)
"Dio ha mandato nel mondo uomini liberi e la natura non ha creato nessun uomo schiavo" (Alcidamante in Aristotele, Retorica, I)

Altri giustificavano la schiavitù (e furono quelli che piacquero ai cristiani, tanto che li innestano nella loro teologia già aberrante, vedi Tommaso d'Aquino nella Summa Theologiae che cristianizza Aristotele. Nota di Lunaria)

"Lo schiavo è una proprietà vivente. Esso è uno strumento che lavora in luogo di strumenti. Se infatti ciascun utensile potesse compiere il proprio lavoro o ubbidendo a un comando o eseguendo da sé il proprio compito... se le spole da sé tessessero o se da sé il plettro percuotesse la cetra, non ci sarebbe bisogno di servi per i costruttori di case, né di schiavi per i padroni" (Aristotele, "Politica")
"Gli uomini che sono inferiori agli altri come il corpo è inferiore all'anima e l'animale all'uomo, sono per legge di natura schiavi...
La sola differenza che c'è tra lo schiavo e l'animale è che gli animali obbediscono non indotti dalla ragione, ma dalle percosse; tuttavia l'utilità che si ricava sia dagli uni che dagli altri è poco diversa, poiché tanto gli schiavi quanto gli animali domestici ci aiutano col corpo a soddisfare i nostri bisogni" (Aristotele, "Politica")


Nota di Lunaria: Aristotele è talmente un pezzo di m*rda che l'idolatria che ancora oggigiorno si porta a questo nauseabondo razzista misogino è qualcosa di vomitevole.
EH Sì, LO DICO CHIARAMENTE, ANZI, LO URLO AI QUATTRO VENTI, Sì, DETESTO ARISTOTELE, DETESTO L'IDOLATRIA CHE SI PORTA A QUESTO FETENTE RINC*GLIONITO GIUDICATO "IL LUMINARE DELL'UMANITà IL FILOSOFO PER ECCELLENZA",
IO CI SPUTO SU, SU ARISTOTELE, E PER IL MALE CHE HA FATTO E CHE HA PORTATO MERITEREBBE DI RESUSCITARE E DI ESSERE SCHIAVIZZATO LUI.
TANTO PER FARGLI CAPIRE COSA SI PROVAVA.
ME NE STRAF*TTO SE NEGLI ATENEI ARISTOTELE è ADORATO COME UN DIO E GUAI A FIATARE CONTRO DI LUI.
PEZZO DI M*RDA MASCHILISTA SCHIAVISTA ERA MILLENNI FA E PEZZO DI M*RDA MASCHILISTA SCHIAVISTA è RIMASTO ANCHE OGGIGIORNO.


E ADESSO METTIAMO LE PROVE, PRIMA CHE QUALCUNO RAGLI CHE "NON è VERO NIENTE! ARISTOTELE ERA A FAVORE DELLA LIBERTà DI TUTTI!"





Bisogna riconoscere che il trattamento degli schiavi in Grecia fu molto mite, più che a Roma: in Grecia gli schiavi non si ribellarono come invece capitò a Roma, sotto la guida di Spartaco.
Lo Pseudo-Senofonte scriveva "Grandissima è in Atene l'arroganza degli schiavi e dei meteci, lamenta un aristocratico, e non è lecito battere uno schiavo, né questi ti cederà il passo per la strada"
Demostene in "Filippica III,3" scriveva "Voi Ateniesi credete che la libertà di parola debba essere così comune a tutti gli abitanti della città che la concedete anche agli schiavi e agli stranieri, e presso di voi si potrebbero vedere molti schiavi dire ciò che vogliono con maggiore libertà che i cittadini stessi in altre città."


A volte i padroni rendevano liberi gli schiavi con un atto chiamato "manomissione".
Il testo dell'atto veniva scritto su una tavoletta e custodito in un tempio. Uno di questi è stato trovato nel tempio di Asclepio, in una città della Focide:

"Sotto l'arcontato di Callone, figlio di Agesone, nel quarto mese, Prassia figlio di Teone lascia liberi Euprassi e il figlioletto di lei, di nome Dorione. Nessuno in nessun modo li faccia di nuovo schiavi. Rimangano però presso Prassia e sua moglie Afrodisia finché questi vivranno e li seppelliscano e compiano i riti funebri. Se non li seppelliranno e non eseguiranno i riti funebri come è prescritto, la manomissione sia nulla e paghino una multa di trenta mine d'argento. Se qualcuno si impossessasse di loro e li facesse servi, l'atto di servitù non sia valido e chi li ha asserviti paghi una multa di trenta mine, delle quali la metà vada a chi a preso la loro difesa, l'altra metà ad Asclepio. Tra i Focesi preda la loro difesa chi lo vuole."

Ad Atene il padre aveva la potestà assoluta dei figli fino ai 18 anni.
Fino a sette anni, i maschi erano allevati nel gineceo; il padre lo vedevano di rado, sia perché era fuori casa, sia perché viveva in una zona della casa interdetta ai figli.
Ai bambini venivano regalati molto giochi e persino animali domestici come le scimmiette.
Il primo insegnamento per i fanciulli erano le favole di Esopo, raccontate dalle nutrici.
A sette anni il bambino veniva mandato a scuola, dove si imparava a leggere, a scrivere, a fare di conto, ma solo i figli dei cittadini più agiati continuavano gli studi fino all'efebia mentre quelli poveri imparavano solo a leggere e scrivere.
A scuola si imparava anche a studiare la lira.


Altri approfondimenti


In tutta la Grecia la schiavitù era considerata naturale anche perché il lavoro manuale era ritenuto un'attività servile e degradante.
Verso la fine del V secolo, ad Atene vi erano 150 mila schiavi (e 50 mila cittadini liberi)

Le condizioni di vita degli schiavi erano diverse a seconda delle mansioni a cui erano adibiti.

- Gli schiavi erano considerati attrezzi da lavoro impiegati nei compiti più duri e ingrati senza alcuna garanzia civile. Lo Stato si limitava a invitare i padroni a non essere troppo duri nei loro riguardi. Venivano impiegati nelle miniere e nei lavori dei campi.

- Gli stranieri non vivevano male ad Atene poiché esercitavano professioni liberali o il commercio. Non godevano di diritti politici quindi non potevano essere eletti alle cariche pubbliche né votare.
Per svolgere la loro professione pagavano una tassa allo Stato.


- Lo schiavo era una merce che chiunque poteva procurarsi al mercato, a prezzi convenienti.
Quelli di origine ellenica erano pochi, dopo che nel IV secolo decadde l'uso di rendere schiavi gli abitanti delle città greche sconfitte.
Sui mercati arrivavano gli schiavi razziati dai pirati o provenienti dalla Tracia, dall'Anatolia, dalla Scizia.


- In campagna gli schiavi erano pochi perché i proprietari terrieri non erano abbastanza ricchi per mantenerli; preferivano prenderli in affitto per lavori stagionali. I proprietari terrieri benestanti ne avevano molti, agli ordini di un sovraintendente o fattore anch'egli schiavo ma non per questo più tenero nei loro confronti.
Il commercio degli schiavi forniva mano d'opera in abbondanza ed era più economico far compiere ogni lavoro agli schiavi invece che progettare e costruire macchine.


- Ogni medico aveva degli schiavi assistenti addetti alla cura dei poveri e degli altri schiavi e che si dedicavano alle mansioni poco dignitose come clisteri, cavare denti, medicare piaghe infette.
Demostene racconta di due schiavi che fecero carriera nel settore bancario.
Molti riuscirono ad intraprendere un'attività in proprio i cui profitti andavano in parte al padrone.


- In città quasi tutte le famiglie avevano una schiava che accudiva ai lavori domestici.
Le famiglie più ricche avevano decine di schiavi: i più colti facevano da segretari o da maestri per i bambini.


- Lo schiavo non poteva essere arruolato nell'esercito ma faceva anche lui il servizio militare, se il padrone lo assegnava come schiavo personale dell'efebo che a 18 anni doveva andare sotto le armi. Lo schiavo attendente si occupava del trasporto dei bagagli quando il giovane veniva inviato in pattuglia.

- Anche lo Stato era proprietario di schiavi, così come i santuari.
Come schiavi pubblici conosciamo i banditori e gli impiegati dell'Ecclesia, della bulè e dei tribunali, gli arcieri sciti, corpo di polizia urbana che garantivano l'ordine nelle strade, nell'agorà, nei tribunali. Più sfruttati erano gli schiavi addetti alla costruzione e alla manutenzione dei grandi edifici pubblici e religiosi.


- La condizione peggiore era quella degli schiavi nelle miniere: scavavano con sistemi primitivi senza nessun sistema di protezione, sotto la sorveglianza degli schiavi guardiani. Lavoravano di notte e di giorno, in gallerie alte non più di un metro.
Questi schiavi non sopravvivevano più di qualche anno, ma il loro prezzo di acquisto era molto basso.
Se si ribellavano erano frustati.
Numerosi erano gli schiavi delle miniere del Laurio per l'estrazione del piombo argentifero e quelli che scavavano il marmo sul monte Pentelico.
Da uno scritto di Senofonte "Le finanze di Atene", capitolo IV, sappiamo che "Nicia, figlio di Nicerato, aveva mille schiavi nelle miniere d'argento, e Ipporico ne aveva seicento, i quali, tolte le spese, gli davano un utile di una mina al giorno."
Un'antica iscrizione ci informa che erano ben 20000 gli schiavi addetti al lavoro nelle miniere.


Approfondimento: la schiavitù nel mondo islamico

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Se in cima alla scala sociale si trovava il califfo con la sua famiglia, in basso vi erano i servi. I servi erano per la maggior parte reclutati fra i popoli non musulmani o erano prigionieri di guerra: africani, greci, slavi, armeni, berberi.
Mentre certi schiavi eunuchi erano addetti al servizio dell'harem e altri addetti a servizi umili, alcuni facevano parte della cerchia del califfo, spesso in posizione di favoriti.
La fanciulle schiave svolgevano anche la funzione di cantanti, danzatrici e concubine.
Il diritto musulmano considera come condizione naturale dell'uomo la libertà: le uniche cause di schiavitù erano l'essere prigionieri per bottino di guerra o l'essere nati da madre schiava.
Un musulmano non poteva vendere se stesso come schiavo, né essere venduto da suo padre o dal suo creditore.