Qui trovate gli arazzi: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/11/gli-arazzi-del-seicento.html
Rubens: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/12/rubens-pisanello-carpaccio-e-il.html
Qui avevamo visto la poesia del Medioevo: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/poesia-del-medioevo-duecento-e-trecento.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/letteratura-medioevale-maschile-e-anche.html
Qui quella del Rinascimento: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/gli-uomini-del-rinascimento.html
Settecento: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/03/gioielli.html
La poesia del '600 si differenzia da quella dei secoli precedenti perché per la prima volta compaiono meditazioni lugubri e sepolcrali, spessissimo vengono composte odi per la Morte, la Malattia o dei difetti estetici; ma non solo, spesso troviamo odi dedicati alla scienza (Galileo, Soldani), alla filosofia (Tommaso Campanella, G.B Vico) alla parodia del genere eroico, Tassiano o Ariostotesco ("La secchia rapita", "L'asino"... i cosidetti poemi "eroicomici"). Riporto qualche verso di poeti bravissimi...ovviamente è impossibile citare tutti i poeti con completezza, ma vi assicuro che meritano tutti di essere letti ed apprezzati…
Poesie e info tratte da
Il maggior periodo creativo della cultura spagnola è stato tra il XVI e XVII secolo, definito "Siglo de oro". è presente quindi una poesia sia rinascimentale che barocca, attraverso scuole quali la Salmantina (De Leon e De la Cruz) e la Sivilliana (Herrera) mentre il Barocco tragico si afferma con Gòngora e Quevedo mentre in Sud America troviamo il messicano De Balbuena, Suora Juana De la Cruz, De Ercilla, De Ona, in Colombia Camargo, in Equador De Evia, in Argentina De Tejeda, in Perù De Ayllon. In Portogallo famosissimi sono Camões (autore del genere epico con i "Lusiadi", dedicato alle imprese di Vasco da Gama) e Da Cruz, che sviluppano il tema della Saudade, cioè la solitudine, il rimpianto, la malinconia. Abbiamo poi De Melo, Gracian, Suor Violante Co Cèu e i brasiliani Gregorio de Matos, Teixeira, Ravasco e Oliveira.
Hernando de Herrera: "Io vo per questa solitaria terra"
Io vo per questa solitaria terra,
da antichi pensieri tormentato
fuggendo lo splendor del sol dorato
che dai suoi raggi puri mi disterra.
Il passo alla speranza mi si serra, da un'ardua vetta
a un bosco vo, intricato, con gli occhi ritornando
all'appartato luogo, solo principio di mia guerra
tanto ben mi ricorda la memoria,
tanto male mi mostra la presenza,
che vinto mi vien meno il cuore.
Spoglie crudeli della mia gloria,
sfiducia, oblio…
"Vo seguendo la forza del mio fato"
Vo seguendo la forza del mio fato
per questo campo sterile e nascosto;
tutto tace e non cessa il mio lamento,
e piango la sventura del mio stato.
Cresce il cammino e cresce la mia pena,
che mai il mio dolore pone in oblio.
Termina benchè lungo, infine, il corso,
ma non ha fine il male prolungato che vale
contro un mal sempre presente
appartarsi e fuggir, se nel ricordo si imprime
dimostrando freschi segni?
Amor vola con me e non consente ch'io
oblii, a mio scorno, quella storia
che aperse la strada alle mie pene.
Juan de Tarsis Y Peralta: "Silenzio, nel tuo sepolcro depongo"
Silenzio, nel tuo sepolcro depongo
roca voce, penna cieca, triste mano
al fin che il mio dolore
non canti invano
al vento dato e nell'arena scritto.
Tomba e morte d'oblio vo chiedendo,
benchè d'avvisi più che di anni bianco,
non altro che a ragion oggi m'arrendo
ed al tempo darò quanto mi tolgo.
Limiterò speranze e desideri e nell'orbe
di un chiaro disinganno
margini porrò brevi alla mia vita
alfin che non mi vincano gli agguati
di chi pretende procurar mio danno
e originò sì provvida partita.
Francisco de Quevedo Villegas: "Rappresenta la brevità di quanto si vive"
Ieri è passato
domani non è giunto
oggi sen va senza fermarsi, un punto;
sono un fui,
un sarò
ed un è stanco.
Nell'oggi, nel domani, in ieri unisco
fasce e sudario e così rimango
presente successione di defunto.
Chiuder potrà i miei occhi l'ultima
ombra che mi reca il bianco giorno
e sciogliere potrà quest'alma mia
ora al desio ansioso lusinghiera...
... Non lascerà memoria, dove ardeva;
navigar sa la mia fiamma l'acqua fredda
perder rispetto a legge sì severa.
Violante do Cèu: "Decimas"
Cuore, non voglio più soffrire
poniamo fine ad ogni tormento
un disprezzo già subito
non può essere ripetuto.
Bernardo Vieira Ravasco: "Glossa a un sonetto"
Ho sperato e la speranza è morte amara,
solo forza d'amore puro può reggere
di dolorosa assenza il duro peso
che solo il nome d'amore diventa greve.
Mai mi sembrò speranza tanto grande
avere in cambio un tanto breve bene.
... Lacrime, che dagli occhi van cadendo
mai mi sembrò dolenti ore
causa del mal che ora sto soffrendo
allorchè sol nell'avervi avevo sostentamento
che voi avreste mutato tanto in fretta.
Luis de Camões: I Lusiadi, Canto III
Piansero gli alti monti e promontori
dei fiumi il letto si gonfiò di pianto
che per i campi dilagò fuori
inzuppando di lacrime ogni canto.
Fame delle vittorie, dei furori,
del suo grande valor diffusa è tanto
che chiaman sempre, nel suo regno invano,
"Alfonso, Alfonso" gli echi lontano.
Tu solo pur amor, col laccio forte,
che i cuori umani saldamente intrica,
sei stato la cagion della sua morte,
come se lei ti fosse aspra nemica.
Se dir si può che non c'è stato, O Sorte,
che tu risparmi nella tua fatica,
è, crudele amor, perchè, duro tiranno,
cerchi il sangue dell'uomo ed il suo danno.
In questi versi, invece viene descritta la morte di Inès:
Così d'Inès l'eburneo collo spezza
l'arma, contaminando la divina
forma, che vinto con la sua bellezza
aveva chi l'eleggerà regina.
Le spade macchia e il bianco sen l'asprezza
del sangue, mentre il capo ella reclina.
"Sonetto"
Muoia o perisca il giorno in cui io nacqui
e mai più il tempo a noi lo riporti,
e più non torni sul mondo e, se tornasse,
in quel punto il Sol abbia un'eclissi.
La luce gli manchi, il Sole gli si oscuri,
mostri il Mondo i segni della fine, nascano mostri
e piova sangue il cielo, madre più non conosca il proprio figlio.
La gente attonita e ignara, pallida e con le lagrime negli occhi
pensi che già il mondo va in rovina.
La gente timorosa non s'accori ch'oggi
dal Mondo si partì la vita
più disgraziata che giammai si vide!
Gregòrio de Matos Guerra: "Riflessione sul giorno del Giudizio Universale"
La gioia del giorno attristato.
Il silenzio della notte turbato.
Lo splendore del Sole eclissato
e il lucore della Luna offuscato.
Rompa in un gemito tutto il creato:
che è di te, Mondo?
Dove ti sei fermato?
Se tutto in quell'istante
è ormai finito, tanto importa
il non essere quanto l'esser stato!
Suona la tromba della maggior altezza,
quella che ai vivi e morti reca avviso di sventura
agli uni e di ventura agli altri.
Termina il mondo perchè così deve essere.
Si levin i morti
e lascin la sepoltura,
perchè è giunto
Il Giorno del Giudizio!
Fray Hortensio Paravicino: "A degli occhi neri"
Ahi occhi!
Siete lame, benché nere,
di tempra toledana, che di sangue
delle anime arrossate, morte,
lasciate il corpo, strana mano,
terribil colpo e forte
che con nera spada
date morte.
Rodrigo Caro: "Canzone alle rovine d'Italia"
Ma perché la mente si diffonde nel cercar
al dolore nuovo argomento?
Basta esempio minor,
basta il presente...
Mostra del suo sepolcro
alcuni segni e scaverò
con lacrime le rocce
che celano il Sarcofago Santo...
Theophile De Viau: "Ode: la Solitudine"
Un freddo e tenebroso silenzio
dorme all'ombra di questi olmi
e i venti scuotono i rami
con un'amorosa violenza.
L'ossifraga e il gufo vengono ad appollaiarvisi.
Qui vivono i Lupi Mannari... mai la giustizia corrucciata ricerca qui dei criminali.
Angelus Silesius (un mistico tedesco):
"La quiete è uguale all'eterna notte; nulla è simile al nulla più di quiete e solitudine. Perciò le vuole il mio volere, se pur vuol qualcosa."
Theodore Agrippa D'Aubignè: "La Primavera"
Cerco i deserti, le rupi sperdute,
le foreste inesplorate, le querce cadenti,
ma odio le foreste dal folto fogliame,
i luoghi abitati, le strade polverose.
Piacemi mirar il ramo di bellezze disadorno,
calpestar il fogliame disteso dal vigore dell'autunno e il loro dorato color.
Senza speranza mi offre il piacer dell'immagine della Morte.
Così come il tempo farà tremare senza posa
una gelida primavera
e un anno tempestoso
così prima del tempo
una fredda vecchiaia fin dalla mia giovinezza
i miei capelli imbianca.
Se talvolta spinto da un desiderio impaziente
vado a sfogar nei boschi il mio furore,
appassionandomi per la morte di una bestia innocente,
o spaventando le acque e i monti
con la mia voce, mille uccelli notturni
mille canzoni mortali,
mi circondano con volo ordinato,
sopra di me,
mentre l'aria, per contro, afflitta dai miei lamenti,
si oscura di gufi e di corvi all'intorno.
Le erbe appassiranno sotto i miei piedi
vedendo miseri occhi i cui tristi sguardi
recideranno i fiori e celeran tra le nubi la Luna,
il Sole e gli astri all'intorno.
La mia presenza asciugherà le fontane e gli uccelli in volo cadranno
ai miei piedi oppressi dalla violenza dei miei acuti dolori.
O mio Dolore, soffocami al par di loro.
Honorat De Bueil de Racan: "Pastorale"
Come questa notte trascorre lunga e fastidiosa!
Nient'altro mi appare che l'oscurità della notte
e il suo livido pallore tinge i campi e i prati d'un solo colore: e l'oscurità che il mondo intero avvolge.
Veri fantasmi orrendi,
dalle incorporee forme,
visitano liberi la dimora dei morti...
La Poesia Italiana del '600
Possiamo dividere le tendenze della poesia italiana barocca in:
- Marino e i Marinisti (più innovativi, anche nei temi trattati)
- Chiabrera e i Classicisti (legati a schemi compositivi rinascimentali e tassiani)
I versi che ho riportato sono una breve rassegna dei temi della Poesia del '600; sono anche frequenti Poesie dedicate alla Morte, agli insetti (pulci, farfalle, mosche..) e perfino alle lezioni di anatomia e agli aborti come nella poesia di Bartolomeo Dotti e ai nani (in Bernando Morando). Al di là delle classificazioni, riporto dei bellissimi versi...
Giambattista Marino: "Delirio amoroso"
Serpe sembri al feria che ben ascose stan sovente le serpi in fra le rose...
"Al Sonno"
O del silenzio figlio, e de la notte,
padre di vaghe immaginate forme,
sonno gentil, per le cui tacite orme son l'alme al ciel d'amor spesso condotte.
Or che'n'grembo a le levi ombre interrotte
ogni cor, fuor che'l mio, riposa e dorme,
l'erebo oscuro, al mio pensier conforme lascia ti prego
e le cimmerie grotte, e vien col dolce tuo tranquillo oblio
e col bel volto in ch'io mirar m'appago,
a consolare il vedovo desio
ché se ite (1) la sembianza,
onde son vago, non m'è dato goder,
godrò pur io
de la morte, che bramo, l'imago.
(1) andate
"Eco"
Le mie parole ascolta da quest'ombrosa grotta.
Ma non ridere altrui ciò ch'io ragiono.
Tu, da le membra sciolta, voce flebile e rotta,
accogli pur de le mie voci il suono:
ma se care ti sono,
teco le chiudi e serba.
E questa pietra oscura, che a te fu sepoltura
e de la pena tua grave ed acerba
ancor freme e rimbomba del mio dolor ti sia tomba.
"La lucciola"
Già l'ombra de la terra si dilata per tutto.
Ecco, d'intorno un denso umido velo,
la gran faccia del cielo ricopre
e folta nebbia occupando le piagge imbruna i colli.
Vedi la luccioletta, fiaccola del contado
e baleno volante.
Viva favilla alata,
viva stella animata
pur come ne le piume abbia il focile vibrando
per le siepi ali d'argento
e foco alternar le scintille.
è tempo ormai verso l'ovile,
a passi corti e lenti, di ricondur gli armenti.
"Era già notte"
Era già notte, e lo stellato velo
coprian le nubi d'ogn'intorno accolte,
e fioccando cadean dall'alto cielo
falde di neve in mille giri avvolte,
e Borea (1), il crudo apportar del gelo,
avea le briglie al suo furor disciolte,
onde in quel punto, al tempestar del verno,
parea la notte un tenebroso inferno.
Ed era ormai vicin l'ora fatale,
che la mia bella mi promise un giorno
di dar ristoro al mio dolor mortale,
pria che l'alba facesse in ciel ritorno;
quindi lava al mio cor piaga letale
il ciel, che, tempestoso d'ogni intorno,
parea che oscuro e d'atra invidia pieno
gir (2) mi negasse a la mia cara in seno.
Ma, giunta l'ora, invan l'aria tempesta,
invan soffiano i venti e le procelle,
che punto l'andar mio già non arresta
furor d'inverno e oscurità di stelle;
là me ne vo, dove aspettando desta
Lilla sen sta con due fidate ancelle,
e, giunto alfin, con un sospir cocente
dò il segno che m'impose ed ella il sente. [...]
Tocca l'avida man le mamme (3) intatte,
e si riscalda dentro quel sen cocente,
e le dita dal gel quasi disfatte
vengon di fuoco a meraviglia ardente,
e mentre impressa in quell'eburneo latte
or l'una mamma stringo, ed or sovente
provo dolcezza tal, che il cor vien meno
tra gli alabastri di quel bianco seno.
(1) vento di settentrione
(2) andare
(3) mammelle
Qui trovate molti altri versi di Marino: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/11/i-versi-piu-belli-di-giovanni-battista.html
scelti da me in persona,
che certamente, se potesse resuscitare oggigiorno, sarebbe stupito del fatto che sono sempre e solo io a parlare di lui, per cui si innamorerebbe all'istante di me, dedicandomi un bel poema:
E 'l Crepuscolo seco a poco a poco,
uscito per la lucida contrada
sovra un corsier di tenebroso foco,
spumante il fren d'ambrosia e di rugiada,
di fresco giglio e di vivace croco,
forier del bel mattin, spargea la strada,
e con sferza di rose e di viole
affrettava il camino innanzi al Sole,
Trafitto d'Amor sospiro e languo,
senza duol, senza ferro e senza sangue,
al mirar Lunaria
O luci tenebrose,
tenebre luminose, occhi divini!
Cesare Rinaldi: "Amor verace"
Sciogli, ardito nocchier,
vela d'argento, sopra nave di perle e d'or con testa,
né temer d'atre (1) nubi, atra tempesta,
o strider d'onda o strepitar di vento…
(1) oscure
"Tornavan gli Austri" (1)
Tornavan gli austri in densa nube
e'l gelo piovea fuoco, a l'un l'altro consorte.
Chiuso l'uso d'argento, apria le porte ai mostri
de la notte orrido il cielo,
tessean per l'aria al crin d'Aletto (2)
un velo mille gran serpi in mille globi attorte.
Spiravan gli antri e l'aure Orror di Morte
e pregnante di tosco (3) era ogni stelo.
(1) venti del Sud
(2) personaggio mitologico
(3) veleno
Girolamo Preti: "Rose impallidite"
Ite (1) in dono a colei, pallide rose,
a cui l'alma donai senza mercede;
e poi che'l mio penar non cura, o crede,
siate del mio morir nunzie amorose.
Vidi voi d'ostro (2) già tinte e pompose;
d'ostro che 'l labro suo forse vi diede.
Ora il pallor di Morte in voi si vede,
imitatrici del mio duol pietose.
Dite se pur vi mira e se v'accoglie
ch'io son mal vivo e sarò tosto esangue come voi,
moribonde aride foglie;
e se'l vostro color pallido langue,
ella ravvivi l'odorate spoglie
con l'onda del mio pianto e del mio sangue.
(1) andate
(2) color porpora
Marcello Giovanetti: "Donna ch'innaffiava i fiori di mattina"
Vedi Nice colà
sul verde stelo que' languidetti fiori che fatti pria
di sue bellezze avari entro i notturni orrori
eransi ascosi in tenebroso velo,
or mentre scarsi umori tu de' la gelida urna
sovra lor versi con la mano eburna
apron le foglie e'l vago stel s'infior imaginando
che sii tu l'aurora.
"Loda una chioma nera"
Chiome, qualor disciolte, in foschi errori de la fronte vi miro in giù cadenti, e velate al mio Sol gli aurei splendori, siete nubi importune, ombre nocenti (1)
(1) fastidiose
Ludovico Tingoli: "Brutta donna adorna di gran gioie"
Costei cui sol di tenebre e d'orrori, Natura acherontea veste e circonda, osa intorno spiegar quanti ne l'onda del Gange e del Pattol (1) nascon fulgor.
Spargono le chiome e 'l labbro ombre e squallori e d'oro e di rubini il braccio abbonda, invece che lo sguardo i rai (2) diffonda
sfavillano dal sen compri splendori la perla, onde la bocca orba notteggia. A l'orecchia plebea quasi per scherno pende,
ed intorno al nero collo albeggia.
Ma che stupir, s'è pur decreto eterno ch'ove ricco tesoro arde e lampeggia, ivi custode sia spirto d'Averno?
(1) fiume
(2) raggi
Gianbattista Manso: "Solfataria di Pozzuoli"
Nuda, erma (1) valle,
a cui taciti orrori accrescon tema ombre solinghe oscure;
sulfuree rupi, acque bollenti,
impuri sanguigni fiumi e tenebrosi ardori
voi ch'in parte apprendeste i miei dolori
degli accesi sospiri, e l'aspre cure
del largo pianto che disfar le dure selci
potè co' suoi continni umori.
(1) nascosta
Giuseppe Battista: "Amante che si paragona a una cicala"
Del vivere mio l'insolito tenere purtroppo al tuo somiglianza
ha vera, o tu, che flagellando
a le sonore sei de le bionde ariste (1)
atra furiera.
Tu sei de' boschi abitatrice altera, ed io ermi recessi amo l'orrore.
Tu delle membra tue la spoglia hai nera, a me tinge l'aspetto
egro(2) pallore,
talora hai tu dal ferro il petto inciso di parto arciero
ed io dall'arco intanto porto del Dio ch'è cieco il cor diviso
e gli ardori del sol tu formi il canto,
ed io le mie querele a' rai d'un viso,
tu vivi di rugiada ed io di pianto.
(1) spighe
(2) malato
Bartolomeo Tortoletti: "Fiori conservati nel freddo"
Orrido verno (1)
intorno estinti, O mio bel foco, ha tutti i fiori;
quelli del tuo soggiorno sovran soli ai gelidi rigori.
Qual meraviglia, o Clori? (2)
I gigli e le viole gelar non ponno ov'è perpetuo il Sole."
(1) Inverno
(2) é nome poetico di donna
Gabriello Chiabrera: "L'Erminia"
(poemetto basato sui personaggi del Torquato Tasso)
"Ed ecco Erminia, che in negletti veli, sangue real, quasi lugubre ancella, li move incontra, e colle ciglia oscure di lagrimosa nube, a lui s'inchina (1) e dolente il saluta...
(1) a Tancredi
Qui è descritto il suicidio di Erminia:
"Va per aspre pendici e va per monti, nociv'erbe cogliendo, ond'ella preme licor temuto di mortal veleno (1)
... e le purpuree labbra del tosco asperse (2) e quell'orrido succo mandò nel petto a saziarne il core."
(1) raccoglie erbe velenose e le spreme per ricavarne un veleno
(2) e beve il veleno
"Belle rose porporine"
Belle rose porporine (1),
che tra spine
sull'aurora non aprite; (2)
ma, ministre degli amori,
bei tesori
di bei denti custodite. [...]
Belle rose, o feritate, (3)
o pietate
del sì far la cagion sia,
io vo' dire in nuovi modi
vostre lodi,
ma ridete tuttavia.
(1) Allusione alle labbra della donna
(2) non sorridete
(3) crudeltà
Giovanni Canale
Tu che dal riguardarmi orror apprendi
timido parti e la mia vista abborri,
arresta il piede e la mia voce intendi:
se movi il piede, in grave error già incorri.
Come a fragil beltà perduto attendi
che sarà qual son io,
pensa e discorri;
un punto mi mutò da un punto pendi,
e col tempo, che vola, a morte corri.
Begli occhi, vago crin, guance rosate,
amabil mi rendeano
e in un momento divenni schifa polve,
ossa spolpate.
A macchinar disegni, io vissi intento.
Ma i disegni, i pensieri e la beltate al mio estremo
spariron in vento.
Ciro di Pers (1599-1663) ci propone un'allegoria tra l'orologio che scandisce le ore che passano e la Morte:
"Orologio da rote" o "Mobile ordigno"
Mobile ordigno di dentate rote (1)
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note (2)
a chi leggere le sa: "Sempre si more".
Mentre il metallo concavo (3) percuote,
voce funesta mi risuona al core,
né del fato spiegar meglio si puote
che con voce di bronzo il rio tenore.
Perch' io non speri mai riposo o pace,
questo che sembra in un timpano e tromba
mi sfida ognor contro l'età vorace (4)
e con que' colpi onde 'l metal rimbomba,
affretta il corso al secolo fugace,
e perché s'apra ognor picchia alla tomba. (5)
(1) L'orologio qui in questione è di quelli che battono le ore ed evidenzia quindi tanto più la sua funzione di ammonitore del tempo che passa inesorabile e avvicina alla resa finale dei conti.
2) con lettere di cupo significato.
3) allude alla campanella della suoneria.
4) che tutto divora.
5) bussa di continuo sulla tomba perché si apra.
"è la vita mortale vana ombra che passa... misera sorte umana
e che cosa è qua giù che non sia vana?"
"Bella piangente"
Questa bella crudel, che'l cor mi ha tolto di lacrimoso umor,
stille spargera
e mentre in que' begli occhi amor piangerà
ridevan rugiadosi i fior del volto.
Forse quel ghiaccio, che nel seno accolto
contra il foco d'amor rigida avea
mentre a lei presso il mio gran foco ardea
di que' begli occhi fuor stillò disciolto.
Son miracoli vostri, o luci belle,
che ne fate veder, gentil stupore,
fiumi da fiamme uscir, stille da stelle.
Ah, che ne spera in van ristoro il core
poichè rassembran acque e son fiammelle
e sta nascoso in quell'umore amore.
Claudio Achillini: "Collana di croci nere al collo della sua donna"
Sparge Amarilli (1) mia
di nere croci del seno il latte
ond'io con la vista nudriva un bel desio.
Deh, che sperar più deggio misero me!
Se veggio scritto, mirando, in sì bel foglio intento
con caratteri infausti il mio tormento?
(1) è un nome mitologico
Maffeo Barberini: "Sopra le stimmate di San Francesco"
In quest'orror
dove di gelid'ombra copron abeti e faggi
intorno il suolo...
Giacomo Lubrano: "Terremoto orribile accaduto in Napoli nel 1688"
Mortalità,
che sogni? Ove ti ascondi
se puoi perire a un alito di fato?
Dei miracoli tuoi il fasto andato or né men scopre
inceneriti i fondi...
A' troni ancora, a' templi è base il loto (1):
su le tombe si vive;
e spesso atterra le nostre eternità
breve tremoto.
(1) fango
Fra Bartolomeo da Salutio: "Dal più profondo abisso"
Dal più profondo abisso
io grido e chiamo a Dio,
che mi ha creato ed ei si tace.
Né mi risponde, mentre io chiedo pace.
E gli do segni ancor ch'io'l colo (1) ed amo.
Gli dico che per lui vaneggio
e bramo stretto con seco (2) unirmi
ed il fallace mondo voglio fuggir,
ché sì mi spiace,
a Lui sospiro e piango e Lui chiamo.
Misero me che le divine orecchie
trovo serrate alle mie voci al grido,
né pur m'ascolta Dio
né pur mi guarda.
O alma mia perversa empia e bugiarda
O mio maligno core empio ed infido
convien che ad altre croci or t'apparecchi.
(1) desidero
(2) con lui
APPROFONDIMENTO SU GIAMBATTISTA MARINO
Qui avevamo visto la poesia del Medioevo: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/poesia-del-medioevo-duecento-e-trecento.html
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Qui quella del Rinascimento: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/gli-uomini-del-rinascimento.html
Settecento: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/03/gioielli.html
La poesia del '600 si differenzia da quella dei secoli precedenti perché per la prima volta compaiono meditazioni lugubri e sepolcrali, spessissimo vengono composte odi per la Morte, la Malattia o dei difetti estetici; ma non solo, spesso troviamo odi dedicati alla scienza (Galileo, Soldani), alla filosofia (Tommaso Campanella, G.B Vico) alla parodia del genere eroico, Tassiano o Ariostotesco ("La secchia rapita", "L'asino"... i cosidetti poemi "eroicomici"). Riporto qualche verso di poeti bravissimi...ovviamente è impossibile citare tutti i poeti con completezza, ma vi assicuro che meritano tutti di essere letti ed apprezzati…
Poesie e info tratte da
Il maggior periodo creativo della cultura spagnola è stato tra il XVI e XVII secolo, definito "Siglo de oro". è presente quindi una poesia sia rinascimentale che barocca, attraverso scuole quali la Salmantina (De Leon e De la Cruz) e la Sivilliana (Herrera) mentre il Barocco tragico si afferma con Gòngora e Quevedo mentre in Sud America troviamo il messicano De Balbuena, Suora Juana De la Cruz, De Ercilla, De Ona, in Colombia Camargo, in Equador De Evia, in Argentina De Tejeda, in Perù De Ayllon. In Portogallo famosissimi sono Camões (autore del genere epico con i "Lusiadi", dedicato alle imprese di Vasco da Gama) e Da Cruz, che sviluppano il tema della Saudade, cioè la solitudine, il rimpianto, la malinconia. Abbiamo poi De Melo, Gracian, Suor Violante Co Cèu e i brasiliani Gregorio de Matos, Teixeira, Ravasco e Oliveira.
Hernando de Herrera: "Io vo per questa solitaria terra"
Io vo per questa solitaria terra,
da antichi pensieri tormentato
fuggendo lo splendor del sol dorato
che dai suoi raggi puri mi disterra.
Il passo alla speranza mi si serra, da un'ardua vetta
a un bosco vo, intricato, con gli occhi ritornando
all'appartato luogo, solo principio di mia guerra
tanto ben mi ricorda la memoria,
tanto male mi mostra la presenza,
che vinto mi vien meno il cuore.
Spoglie crudeli della mia gloria,
sfiducia, oblio…
"Vo seguendo la forza del mio fato"
Vo seguendo la forza del mio fato
per questo campo sterile e nascosto;
tutto tace e non cessa il mio lamento,
e piango la sventura del mio stato.
Cresce il cammino e cresce la mia pena,
che mai il mio dolore pone in oblio.
Termina benchè lungo, infine, il corso,
ma non ha fine il male prolungato che vale
contro un mal sempre presente
appartarsi e fuggir, se nel ricordo si imprime
dimostrando freschi segni?
Amor vola con me e non consente ch'io
oblii, a mio scorno, quella storia
che aperse la strada alle mie pene.
Juan de Tarsis Y Peralta: "Silenzio, nel tuo sepolcro depongo"
Silenzio, nel tuo sepolcro depongo
roca voce, penna cieca, triste mano
al fin che il mio dolore
non canti invano
al vento dato e nell'arena scritto.
Tomba e morte d'oblio vo chiedendo,
benchè d'avvisi più che di anni bianco,
non altro che a ragion oggi m'arrendo
ed al tempo darò quanto mi tolgo.
Limiterò speranze e desideri e nell'orbe
di un chiaro disinganno
margini porrò brevi alla mia vita
alfin che non mi vincano gli agguati
di chi pretende procurar mio danno
e originò sì provvida partita.
Francisco de Quevedo Villegas: "Rappresenta la brevità di quanto si vive"
Ieri è passato
domani non è giunto
oggi sen va senza fermarsi, un punto;
sono un fui,
un sarò
ed un è stanco.
Nell'oggi, nel domani, in ieri unisco
fasce e sudario e così rimango
presente successione di defunto.
Chiuder potrà i miei occhi l'ultima
ombra che mi reca il bianco giorno
e sciogliere potrà quest'alma mia
ora al desio ansioso lusinghiera...
... Non lascerà memoria, dove ardeva;
navigar sa la mia fiamma l'acqua fredda
perder rispetto a legge sì severa.
Violante do Cèu: "Decimas"
Cuore, non voglio più soffrire
poniamo fine ad ogni tormento
un disprezzo già subito
non può essere ripetuto.
Bernardo Vieira Ravasco: "Glossa a un sonetto"
Ho sperato e la speranza è morte amara,
solo forza d'amore puro può reggere
di dolorosa assenza il duro peso
che solo il nome d'amore diventa greve.
Mai mi sembrò speranza tanto grande
avere in cambio un tanto breve bene.
... Lacrime, che dagli occhi van cadendo
mai mi sembrò dolenti ore
causa del mal che ora sto soffrendo
allorchè sol nell'avervi avevo sostentamento
che voi avreste mutato tanto in fretta.
Luis de Camões: I Lusiadi, Canto III
Piansero gli alti monti e promontori
dei fiumi il letto si gonfiò di pianto
che per i campi dilagò fuori
inzuppando di lacrime ogni canto.
Fame delle vittorie, dei furori,
del suo grande valor diffusa è tanto
che chiaman sempre, nel suo regno invano,
"Alfonso, Alfonso" gli echi lontano.
Tu solo pur amor, col laccio forte,
che i cuori umani saldamente intrica,
sei stato la cagion della sua morte,
come se lei ti fosse aspra nemica.
Se dir si può che non c'è stato, O Sorte,
che tu risparmi nella tua fatica,
è, crudele amor, perchè, duro tiranno,
cerchi il sangue dell'uomo ed il suo danno.
In questi versi, invece viene descritta la morte di Inès:
Così d'Inès l'eburneo collo spezza
l'arma, contaminando la divina
forma, che vinto con la sua bellezza
aveva chi l'eleggerà regina.
Le spade macchia e il bianco sen l'asprezza
del sangue, mentre il capo ella reclina.
"Sonetto"
Muoia o perisca il giorno in cui io nacqui
e mai più il tempo a noi lo riporti,
e più non torni sul mondo e, se tornasse,
in quel punto il Sol abbia un'eclissi.
La luce gli manchi, il Sole gli si oscuri,
mostri il Mondo i segni della fine, nascano mostri
e piova sangue il cielo, madre più non conosca il proprio figlio.
La gente attonita e ignara, pallida e con le lagrime negli occhi
pensi che già il mondo va in rovina.
La gente timorosa non s'accori ch'oggi
dal Mondo si partì la vita
più disgraziata che giammai si vide!
Gregòrio de Matos Guerra: "Riflessione sul giorno del Giudizio Universale"
La gioia del giorno attristato.
Il silenzio della notte turbato.
Lo splendore del Sole eclissato
e il lucore della Luna offuscato.
Rompa in un gemito tutto il creato:
che è di te, Mondo?
Dove ti sei fermato?
Se tutto in quell'istante
è ormai finito, tanto importa
il non essere quanto l'esser stato!
Suona la tromba della maggior altezza,
quella che ai vivi e morti reca avviso di sventura
agli uni e di ventura agli altri.
Termina il mondo perchè così deve essere.
Si levin i morti
e lascin la sepoltura,
perchè è giunto
Il Giorno del Giudizio!
Fray Hortensio Paravicino: "A degli occhi neri"
Ahi occhi!
Siete lame, benché nere,
di tempra toledana, che di sangue
delle anime arrossate, morte,
lasciate il corpo, strana mano,
terribil colpo e forte
che con nera spada
date morte.
Rodrigo Caro: "Canzone alle rovine d'Italia"
Ma perché la mente si diffonde nel cercar
al dolore nuovo argomento?
Basta esempio minor,
basta il presente...
Mostra del suo sepolcro
alcuni segni e scaverò
con lacrime le rocce
che celano il Sarcofago Santo...
Theophile De Viau: "Ode: la Solitudine"
Un freddo e tenebroso silenzio
dorme all'ombra di questi olmi
e i venti scuotono i rami
con un'amorosa violenza.
L'ossifraga e il gufo vengono ad appollaiarvisi.
Qui vivono i Lupi Mannari... mai la giustizia corrucciata ricerca qui dei criminali.
Angelus Silesius (un mistico tedesco):
"La quiete è uguale all'eterna notte; nulla è simile al nulla più di quiete e solitudine. Perciò le vuole il mio volere, se pur vuol qualcosa."
Theodore Agrippa D'Aubignè: "La Primavera"
Cerco i deserti, le rupi sperdute,
le foreste inesplorate, le querce cadenti,
ma odio le foreste dal folto fogliame,
i luoghi abitati, le strade polverose.
Piacemi mirar il ramo di bellezze disadorno,
calpestar il fogliame disteso dal vigore dell'autunno e il loro dorato color.
Senza speranza mi offre il piacer dell'immagine della Morte.
Così come il tempo farà tremare senza posa
una gelida primavera
e un anno tempestoso
così prima del tempo
una fredda vecchiaia fin dalla mia giovinezza
i miei capelli imbianca.
Se talvolta spinto da un desiderio impaziente
vado a sfogar nei boschi il mio furore,
appassionandomi per la morte di una bestia innocente,
o spaventando le acque e i monti
con la mia voce, mille uccelli notturni
mille canzoni mortali,
mi circondano con volo ordinato,
sopra di me,
mentre l'aria, per contro, afflitta dai miei lamenti,
si oscura di gufi e di corvi all'intorno.
Le erbe appassiranno sotto i miei piedi
vedendo miseri occhi i cui tristi sguardi
recideranno i fiori e celeran tra le nubi la Luna,
il Sole e gli astri all'intorno.
La mia presenza asciugherà le fontane e gli uccelli in volo cadranno
ai miei piedi oppressi dalla violenza dei miei acuti dolori.
O mio Dolore, soffocami al par di loro.
Honorat De Bueil de Racan: "Pastorale"
Come questa notte trascorre lunga e fastidiosa!
Nient'altro mi appare che l'oscurità della notte
e il suo livido pallore tinge i campi e i prati d'un solo colore: e l'oscurità che il mondo intero avvolge.
Veri fantasmi orrendi,
dalle incorporee forme,
visitano liberi la dimora dei morti...
La Poesia Italiana del '600
Possiamo dividere le tendenze della poesia italiana barocca in:
- Marino e i Marinisti (più innovativi, anche nei temi trattati)
- Chiabrera e i Classicisti (legati a schemi compositivi rinascimentali e tassiani)
I versi che ho riportato sono una breve rassegna dei temi della Poesia del '600; sono anche frequenti Poesie dedicate alla Morte, agli insetti (pulci, farfalle, mosche..) e perfino alle lezioni di anatomia e agli aborti come nella poesia di Bartolomeo Dotti e ai nani (in Bernando Morando). Al di là delle classificazioni, riporto dei bellissimi versi...
Giambattista Marino: "Delirio amoroso"
Serpe sembri al feria che ben ascose stan sovente le serpi in fra le rose...
"Al Sonno"
O del silenzio figlio, e de la notte,
padre di vaghe immaginate forme,
sonno gentil, per le cui tacite orme son l'alme al ciel d'amor spesso condotte.
Or che'n'grembo a le levi ombre interrotte
ogni cor, fuor che'l mio, riposa e dorme,
l'erebo oscuro, al mio pensier conforme lascia ti prego
e le cimmerie grotte, e vien col dolce tuo tranquillo oblio
e col bel volto in ch'io mirar m'appago,
a consolare il vedovo desio
ché se ite (1) la sembianza,
onde son vago, non m'è dato goder,
godrò pur io
de la morte, che bramo, l'imago.
(1) andate
"Eco"
Le mie parole ascolta da quest'ombrosa grotta.
Ma non ridere altrui ciò ch'io ragiono.
Tu, da le membra sciolta, voce flebile e rotta,
accogli pur de le mie voci il suono:
ma se care ti sono,
teco le chiudi e serba.
E questa pietra oscura, che a te fu sepoltura
e de la pena tua grave ed acerba
ancor freme e rimbomba del mio dolor ti sia tomba.
"La lucciola"
Già l'ombra de la terra si dilata per tutto.
Ecco, d'intorno un denso umido velo,
la gran faccia del cielo ricopre
e folta nebbia occupando le piagge imbruna i colli.
Vedi la luccioletta, fiaccola del contado
e baleno volante.
Viva favilla alata,
viva stella animata
pur come ne le piume abbia il focile vibrando
per le siepi ali d'argento
e foco alternar le scintille.
è tempo ormai verso l'ovile,
a passi corti e lenti, di ricondur gli armenti.
"Era già notte"
Era già notte, e lo stellato velo
coprian le nubi d'ogn'intorno accolte,
e fioccando cadean dall'alto cielo
falde di neve in mille giri avvolte,
e Borea (1), il crudo apportar del gelo,
avea le briglie al suo furor disciolte,
onde in quel punto, al tempestar del verno,
parea la notte un tenebroso inferno.
Ed era ormai vicin l'ora fatale,
che la mia bella mi promise un giorno
di dar ristoro al mio dolor mortale,
pria che l'alba facesse in ciel ritorno;
quindi lava al mio cor piaga letale
il ciel, che, tempestoso d'ogni intorno,
parea che oscuro e d'atra invidia pieno
gir (2) mi negasse a la mia cara in seno.
Ma, giunta l'ora, invan l'aria tempesta,
invan soffiano i venti e le procelle,
che punto l'andar mio già non arresta
furor d'inverno e oscurità di stelle;
là me ne vo, dove aspettando desta
Lilla sen sta con due fidate ancelle,
e, giunto alfin, con un sospir cocente
dò il segno che m'impose ed ella il sente. [...]
Tocca l'avida man le mamme (3) intatte,
e si riscalda dentro quel sen cocente,
e le dita dal gel quasi disfatte
vengon di fuoco a meraviglia ardente,
e mentre impressa in quell'eburneo latte
or l'una mamma stringo, ed or sovente
provo dolcezza tal, che il cor vien meno
tra gli alabastri di quel bianco seno.
(1) vento di settentrione
(2) andare
(3) mammelle
Qui trovate molti altri versi di Marino: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/11/i-versi-piu-belli-di-giovanni-battista.html
scelti da me in persona,
che certamente, se potesse resuscitare oggigiorno, sarebbe stupito del fatto che sono sempre e solo io a parlare di lui, per cui si innamorerebbe all'istante di me, dedicandomi un bel poema:
E 'l Crepuscolo seco a poco a poco,
uscito per la lucida contrada
sovra un corsier di tenebroso foco,
spumante il fren d'ambrosia e di rugiada,
di fresco giglio e di vivace croco,
forier del bel mattin, spargea la strada,
e con sferza di rose e di viole
affrettava il camino innanzi al Sole,
Trafitto d'Amor sospiro e languo,
senza duol, senza ferro e senza sangue,
al mirar Lunaria
O luci tenebrose,
tenebre luminose, occhi divini!
Cesare Rinaldi: "Amor verace"
Sciogli, ardito nocchier,
vela d'argento, sopra nave di perle e d'or con testa,
né temer d'atre (1) nubi, atra tempesta,
o strider d'onda o strepitar di vento…
(1) oscure
"Tornavan gli Austri" (1)
Tornavan gli austri in densa nube
e'l gelo piovea fuoco, a l'un l'altro consorte.
Chiuso l'uso d'argento, apria le porte ai mostri
de la notte orrido il cielo,
tessean per l'aria al crin d'Aletto (2)
un velo mille gran serpi in mille globi attorte.
Spiravan gli antri e l'aure Orror di Morte
e pregnante di tosco (3) era ogni stelo.
(1) venti del Sud
(2) personaggio mitologico
(3) veleno
Girolamo Preti: "Rose impallidite"
Ite (1) in dono a colei, pallide rose,
a cui l'alma donai senza mercede;
e poi che'l mio penar non cura, o crede,
siate del mio morir nunzie amorose.
Vidi voi d'ostro (2) già tinte e pompose;
d'ostro che 'l labro suo forse vi diede.
Ora il pallor di Morte in voi si vede,
imitatrici del mio duol pietose.
Dite se pur vi mira e se v'accoglie
ch'io son mal vivo e sarò tosto esangue come voi,
moribonde aride foglie;
e se'l vostro color pallido langue,
ella ravvivi l'odorate spoglie
con l'onda del mio pianto e del mio sangue.
(1) andate
(2) color porpora
Marcello Giovanetti: "Donna ch'innaffiava i fiori di mattina"
Vedi Nice colà
sul verde stelo que' languidetti fiori che fatti pria
di sue bellezze avari entro i notturni orrori
eransi ascosi in tenebroso velo,
or mentre scarsi umori tu de' la gelida urna
sovra lor versi con la mano eburna
apron le foglie e'l vago stel s'infior imaginando
che sii tu l'aurora.
"Loda una chioma nera"
Chiome, qualor disciolte, in foschi errori de la fronte vi miro in giù cadenti, e velate al mio Sol gli aurei splendori, siete nubi importune, ombre nocenti (1)
(1) fastidiose
Ludovico Tingoli: "Brutta donna adorna di gran gioie"
Costei cui sol di tenebre e d'orrori, Natura acherontea veste e circonda, osa intorno spiegar quanti ne l'onda del Gange e del Pattol (1) nascon fulgor.
Spargono le chiome e 'l labbro ombre e squallori e d'oro e di rubini il braccio abbonda, invece che lo sguardo i rai (2) diffonda
sfavillano dal sen compri splendori la perla, onde la bocca orba notteggia. A l'orecchia plebea quasi per scherno pende,
ed intorno al nero collo albeggia.
Ma che stupir, s'è pur decreto eterno ch'ove ricco tesoro arde e lampeggia, ivi custode sia spirto d'Averno?
(1) fiume
(2) raggi
Gianbattista Manso: "Solfataria di Pozzuoli"
Nuda, erma (1) valle,
a cui taciti orrori accrescon tema ombre solinghe oscure;
sulfuree rupi, acque bollenti,
impuri sanguigni fiumi e tenebrosi ardori
voi ch'in parte apprendeste i miei dolori
degli accesi sospiri, e l'aspre cure
del largo pianto che disfar le dure selci
potè co' suoi continni umori.
(1) nascosta
Giuseppe Battista: "Amante che si paragona a una cicala"
Del vivere mio l'insolito tenere purtroppo al tuo somiglianza
ha vera, o tu, che flagellando
a le sonore sei de le bionde ariste (1)
atra furiera.
Tu sei de' boschi abitatrice altera, ed io ermi recessi amo l'orrore.
Tu delle membra tue la spoglia hai nera, a me tinge l'aspetto
egro(2) pallore,
talora hai tu dal ferro il petto inciso di parto arciero
ed io dall'arco intanto porto del Dio ch'è cieco il cor diviso
e gli ardori del sol tu formi il canto,
ed io le mie querele a' rai d'un viso,
tu vivi di rugiada ed io di pianto.
(1) spighe
(2) malato
Bartolomeo Tortoletti: "Fiori conservati nel freddo"
Orrido verno (1)
intorno estinti, O mio bel foco, ha tutti i fiori;
quelli del tuo soggiorno sovran soli ai gelidi rigori.
Qual meraviglia, o Clori? (2)
I gigli e le viole gelar non ponno ov'è perpetuo il Sole."
(1) Inverno
(2) é nome poetico di donna
Gabriello Chiabrera: "L'Erminia"
(poemetto basato sui personaggi del Torquato Tasso)
"Ed ecco Erminia, che in negletti veli, sangue real, quasi lugubre ancella, li move incontra, e colle ciglia oscure di lagrimosa nube, a lui s'inchina (1) e dolente il saluta...
(1) a Tancredi
Qui è descritto il suicidio di Erminia:
"Va per aspre pendici e va per monti, nociv'erbe cogliendo, ond'ella preme licor temuto di mortal veleno (1)
... e le purpuree labbra del tosco asperse (2) e quell'orrido succo mandò nel petto a saziarne il core."
(1) raccoglie erbe velenose e le spreme per ricavarne un veleno
(2) e beve il veleno
"Belle rose porporine"
Belle rose porporine (1),
che tra spine
sull'aurora non aprite; (2)
ma, ministre degli amori,
bei tesori
di bei denti custodite. [...]
Belle rose, o feritate, (3)
o pietate
del sì far la cagion sia,
io vo' dire in nuovi modi
vostre lodi,
ma ridete tuttavia.
(1) Allusione alle labbra della donna
(2) non sorridete
(3) crudeltà
Giovanni Canale
Tu che dal riguardarmi orror apprendi
timido parti e la mia vista abborri,
arresta il piede e la mia voce intendi:
se movi il piede, in grave error già incorri.
Come a fragil beltà perduto attendi
che sarà qual son io,
pensa e discorri;
un punto mi mutò da un punto pendi,
e col tempo, che vola, a morte corri.
Begli occhi, vago crin, guance rosate,
amabil mi rendeano
e in un momento divenni schifa polve,
ossa spolpate.
A macchinar disegni, io vissi intento.
Ma i disegni, i pensieri e la beltate al mio estremo
spariron in vento.
Ciro di Pers (1599-1663) ci propone un'allegoria tra l'orologio che scandisce le ore che passano e la Morte:
"Orologio da rote" o "Mobile ordigno"
Mobile ordigno di dentate rote (1)
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note (2)
a chi leggere le sa: "Sempre si more".
Mentre il metallo concavo (3) percuote,
voce funesta mi risuona al core,
né del fato spiegar meglio si puote
che con voce di bronzo il rio tenore.
Perch' io non speri mai riposo o pace,
questo che sembra in un timpano e tromba
mi sfida ognor contro l'età vorace (4)
e con que' colpi onde 'l metal rimbomba,
affretta il corso al secolo fugace,
e perché s'apra ognor picchia alla tomba. (5)
(1) L'orologio qui in questione è di quelli che battono le ore ed evidenzia quindi tanto più la sua funzione di ammonitore del tempo che passa inesorabile e avvicina alla resa finale dei conti.
2) con lettere di cupo significato.
3) allude alla campanella della suoneria.
4) che tutto divora.
5) bussa di continuo sulla tomba perché si apra.
"è la vita mortale vana ombra che passa... misera sorte umana
e che cosa è qua giù che non sia vana?"
"Bella piangente"
Questa bella crudel, che'l cor mi ha tolto di lacrimoso umor,
stille spargera
e mentre in que' begli occhi amor piangerà
ridevan rugiadosi i fior del volto.
Forse quel ghiaccio, che nel seno accolto
contra il foco d'amor rigida avea
mentre a lei presso il mio gran foco ardea
di que' begli occhi fuor stillò disciolto.
Son miracoli vostri, o luci belle,
che ne fate veder, gentil stupore,
fiumi da fiamme uscir, stille da stelle.
Ah, che ne spera in van ristoro il core
poichè rassembran acque e son fiammelle
e sta nascoso in quell'umore amore.
Claudio Achillini: "Collana di croci nere al collo della sua donna"
Sparge Amarilli (1) mia
di nere croci del seno il latte
ond'io con la vista nudriva un bel desio.
Deh, che sperar più deggio misero me!
Se veggio scritto, mirando, in sì bel foglio intento
con caratteri infausti il mio tormento?
(1) è un nome mitologico
Maffeo Barberini: "Sopra le stimmate di San Francesco"
In quest'orror
dove di gelid'ombra copron abeti e faggi
intorno il suolo...
Giacomo Lubrano: "Terremoto orribile accaduto in Napoli nel 1688"
Mortalità,
che sogni? Ove ti ascondi
se puoi perire a un alito di fato?
Dei miracoli tuoi il fasto andato or né men scopre
inceneriti i fondi...
A' troni ancora, a' templi è base il loto (1):
su le tombe si vive;
e spesso atterra le nostre eternità
breve tremoto.
(1) fango
Fra Bartolomeo da Salutio: "Dal più profondo abisso"
Dal più profondo abisso
io grido e chiamo a Dio,
che mi ha creato ed ei si tace.
Né mi risponde, mentre io chiedo pace.
E gli do segni ancor ch'io'l colo (1) ed amo.
Gli dico che per lui vaneggio
e bramo stretto con seco (2) unirmi
ed il fallace mondo voglio fuggir,
ché sì mi spiace,
a Lui sospiro e piango e Lui chiamo.
Misero me che le divine orecchie
trovo serrate alle mie voci al grido,
né pur m'ascolta Dio
né pur mi guarda.
O alma mia perversa empia e bugiarda
O mio maligno core empio ed infido
convien che ad altre croci or t'apparecchi.
(1) desidero
(2) con lui
APPROFONDIMENTO SU GIAMBATTISTA MARINO
Giambattista Marino fu il poeta più rinomato del Seicento italiano.
Nato a Napoli il 18 ottobre 1569, venne avviato agli studi di Diritto dal padre, che voleva farne un avvocato; ripudiò il figlio quando seppe che aveva composto una canzone cantata in tutti i salotti di Napoli: "Canzone dei baci".
Giambattista non aveva un soldo, ma era apprezzato da ricchi signori e dame che gli offrirono denaro e protezione in cambio dei suoi versi poetici.
Giambattista venne coinvolto in fatti illegali (un omicidio, delle truffe a danno dei giudici) e dovette fuggire verso Roma dove fu accolto dai salotti della nobiltà.
Dopo Roma visita Siena, Ravenna, Venezia, Firenze, Torino.
Il duca di Savoia, Carlo Emanuele I, lo fa cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dopo che il suo poemetto in onore delle due figlie del duca andate in sposa, venne giudicato delizioso da tutta la corte.
Appena può, Giambattista Marino parte e va a Parigi, da Maria de' Medici, reggente di Francia.
Ovunque viene colmato di onori e regali alle feste e agli inviti nei salotti e nei banchetti.
è a Parigi che completa il suo capolavoro, l'"Adone".
A 50 anni, decide di tornare a Napoli; facendo tappa a Roma, la nobiltà romana ancora lo ricorda e gli tributa un'accoglienza trionfale.
Muore il 25 marzo 1625 per gli strascichi di un intervento chirurgico.
Resta celebre per "Adone", il suo capolavoro pubblicato a Parigi nel 1623.
Ecco delle strofe tratte dall' "Adone", nelle quali il Marino esalta la rosa, la regina dei fiori:
Quasi in bel trono imperatrice altera
siedi colà su la nativa sponda. (1)
Turba d'aure (2) vezzosa e lusinghiera
ti corteggia d'intorno e ti seconda;
e di guardie pungenti armata schiera (3)
ti difende per tutto e ti circonda.
E tu fastosa del tuo regio vanto
porti d'or la corona e d'ostro il manto.
Porpora de' giardin, pompa de' prati,
gemma di primavera, occhio d'aprile,
di te le Grazie e gli Amoretti alati
son ghirlanda alla chioma, al sen monìle.
Tu qualor torna agli alimenti usati
ape leggiadra, o zéffiro gentile,
dài lor da bere in tazza di rubini
rugiadosi licori e cristallini.
(1) Oggigiorno, Giambattista Marino definisce Lunaria "Quasi in bel trono imperatrice altera siedi colà su la nativa sponda", non avendo altro desiderio che lodarMi e adorarMi.
(3) Le spine
Altri autori che mi piacciono (anche delle tragedie): http://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/i-versi-piu-belli-di-gabriello-chiabrera.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/la-rosa-la-lucciola-e-la-perla-nella.html
https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/amore-e-morte-nella-tragedia-italiana.html
Non sono per niente famose (e, of course, manco citate sui librucoli che vi fanno studiare nelle scuole), comunque il Seicento italiano ha avuto anche molte poetesse (che ebbe un successo stratosferico anche all'epoca, esattamente come le Madonne Poetesse del Cinquecento) https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/le-poetesse-di-fine-cinquecento-e-del.html
Tra le più famose, segnalo Modesta dal Pozzo (che morì nel 1592, ma che influenzò le poetesse del Seicento) http://www.treccani.it/enciclopedia/modesta-dal-pozzo_(Dizionario-Biografico)/
che potete visionare qui: https://www.liberliber.it/mediateca/libri/m/moderata_fonte/il_merito_delle_donne/pdf/il_mer_p.pdf
e Lucrezia Marinelli, che potete scaricarvi qui, in formato integrale: https://archive.org/details/bub_gb_IjoGMiGgvW4C/page/n5/mode/2up
(https://it.wikipedia.org/wiki/Lucrezia_Marinelli)
Oltre ad essere poetesse e scrittrici (ripeto: con un successo stratosferico già all'epoca, tanto che gli stessi poeti facevano a gara per celebrarle ed entrare nelle loro grazie https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/le-poetesse-di-fine-cinquecento-e-del.html) le nostre scrissero anche i primi trattati dove rivendicavano i diritti per le donne (in risposta ad autori misogini quali aristotele o Giuseppe Passi), probabilmente ispirate da Christine de Pizan.
Anche Arcangela Tarabotti, monaca forzata contro la sua volontà a diventarlo, testimonierà di questa barbara consuetudine https://www.liberliber.it/online/autori/autori-t/arcangela-tarabotti/
Nelle sue riflessioni troviamo già accenni di anticristianesimo dal punto di vista femminile.
Tra le poetesse straniere, purtroppo non riportate sulle mie antologie, citiamo https://it.wikipedia.org/wiki/Louise_Labé
A proposito, sempre per illuminare i deficienti del mantra "le donne non hanno mai fatto cultura in 2000 anni" ricordiamo che è proprio a cavallo tra Cinquecento e Seicento che troviamo... donne musiciste: arpa, liuto, viole, clavicembalo, clavicordo, flauti!
Si veda Tarquinia Molza (altra poetessa e pure filosofa e traduttrice di latino, greco ed ebraico)
e della prima "band tutta al femminile" (le Dame di Ferrara: Laura Peperara, Anna Guarini, Livia d'Arco, Isabella e Lucrezia Bendidio, Leonora Sanvitale, Vittoria Bentivoglio… prima delle Spice Girls, ebbero un successo stratosferico alla corte di Alfonso II, a Ferrara, tanto che tutta Italia parlava di loro, e le Dame andarono "in tour" ovunque, da nord a sud, tranne che... in Vaticano... al papa Sisto V non andava a genio che delle femmine "dimostrassero di suonare e di conoscere l'arte e il sapere"...)
Laura Peperara fece strage di cuori tra poeti e musicisti della sua epoca e Torquato Tasso si innamorò follemente di lei (che fortunata… ma solo perché Torquato ancora non mi aveva conosciuto...)
Tra le più celebri musiciste del Cinquecento citiamo Maddalena Casulana, la prima donna compositrice ad aver pubblicato col suo nome una raccolta di madrigali.
Dopo le Dame di Ferrara, ad incantare tutti fu Francesca Caccini,
ma potremmo citare anche Isabella Canali Andreini (che morì nel 1605) che fece addirittura parte dell'Accademia degli Intenti a Pavia: inutile dire che i suoi contemporanei l'adoravano.
Eh lo so… è come ricevere un pugno, anzi, una mitragliata… per certi misogini… che adesso staranno schiumando di rabbia... "che sfortuna, Lunaria a forza di leggere e ficcanasare in giro ha scoperto anche questa faccenda dei madrigali e della musica di fine Cinquecento e Seicento! Non ci voleva, questa catastrofe… adesso come faremo a sostenere che la donna in 2000 anni non ha mai fatto niente?!"
Infatti, e fate bene a schiumare di rabbia e a stramazzare al suolo. Perché quando riaprono le biblioteche, finita l'emergenza coronavirus, io ficcanaso ancora di più su certe antologie dedicate a questa faccenda e vi assicuro che di nomi di donne poetesse e musiciste del Cinquecento e del Seicento ne tiro fuori molte, molte di più… E no, NON mi limito solo all'Italia, cari miei.
Qui di seguito, una galleria con gli abiti più belli del Seicento
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/la-rosa-la-lucciola-e-la-perla-nella.html
https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/amore-e-morte-nella-tragedia-italiana.html
Non sono per niente famose (e, of course, manco citate sui librucoli che vi fanno studiare nelle scuole), comunque il Seicento italiano ha avuto anche molte poetesse (che ebbe un successo stratosferico anche all'epoca, esattamente come le Madonne Poetesse del Cinquecento) https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/le-poetesse-di-fine-cinquecento-e-del.html
Tra le più famose, segnalo Modesta dal Pozzo (che morì nel 1592, ma che influenzò le poetesse del Seicento) http://www.treccani.it/enciclopedia/modesta-dal-pozzo_(Dizionario-Biografico)/
che potete visionare qui: https://www.liberliber.it/mediateca/libri/m/moderata_fonte/il_merito_delle_donne/pdf/il_mer_p.pdf
e Lucrezia Marinelli, che potete scaricarvi qui, in formato integrale: https://archive.org/details/bub_gb_IjoGMiGgvW4C/page/n5/mode/2up
(https://it.wikipedia.org/wiki/Lucrezia_Marinelli)
Oltre ad essere poetesse e scrittrici (ripeto: con un successo stratosferico già all'epoca, tanto che gli stessi poeti facevano a gara per celebrarle ed entrare nelle loro grazie https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/le-poetesse-di-fine-cinquecento-e-del.html) le nostre scrissero anche i primi trattati dove rivendicavano i diritti per le donne (in risposta ad autori misogini quali aristotele o Giuseppe Passi), probabilmente ispirate da Christine de Pizan.
Anche Arcangela Tarabotti, monaca forzata contro la sua volontà a diventarlo, testimonierà di questa barbara consuetudine https://www.liberliber.it/online/autori/autori-t/arcangela-tarabotti/
Nelle sue riflessioni troviamo già accenni di anticristianesimo dal punto di vista femminile.
Tra le poetesse straniere, purtroppo non riportate sulle mie antologie, citiamo https://it.wikipedia.org/wiki/Louise_Labé
A proposito, sempre per illuminare i deficienti del mantra "le donne non hanno mai fatto cultura in 2000 anni" ricordiamo che è proprio a cavallo tra Cinquecento e Seicento che troviamo... donne musiciste: arpa, liuto, viole, clavicembalo, clavicordo, flauti!
Si veda Tarquinia Molza (altra poetessa e pure filosofa e traduttrice di latino, greco ed ebraico)
e della prima "band tutta al femminile" (le Dame di Ferrara: Laura Peperara, Anna Guarini, Livia d'Arco, Isabella e Lucrezia Bendidio, Leonora Sanvitale, Vittoria Bentivoglio… prima delle Spice Girls, ebbero un successo stratosferico alla corte di Alfonso II, a Ferrara, tanto che tutta Italia parlava di loro, e le Dame andarono "in tour" ovunque, da nord a sud, tranne che... in Vaticano... al papa Sisto V non andava a genio che delle femmine "dimostrassero di suonare e di conoscere l'arte e il sapere"...)
Laura Peperara fece strage di cuori tra poeti e musicisti della sua epoca e Torquato Tasso si innamorò follemente di lei (che fortunata… ma solo perché Torquato ancora non mi aveva conosciuto...)
Tra le più celebri musiciste del Cinquecento citiamo Maddalena Casulana, la prima donna compositrice ad aver pubblicato col suo nome una raccolta di madrigali.
Dopo le Dame di Ferrara, ad incantare tutti fu Francesca Caccini,
ma potremmo citare anche Isabella Canali Andreini (che morì nel 1605) che fece addirittura parte dell'Accademia degli Intenti a Pavia: inutile dire che i suoi contemporanei l'adoravano.
Eh lo so… è come ricevere un pugno, anzi, una mitragliata… per certi misogini… che adesso staranno schiumando di rabbia... "che sfortuna, Lunaria a forza di leggere e ficcanasare in giro ha scoperto anche questa faccenda dei madrigali e della musica di fine Cinquecento e Seicento! Non ci voleva, questa catastrofe… adesso come faremo a sostenere che la donna in 2000 anni non ha mai fatto niente?!"
Infatti, e fate bene a schiumare di rabbia e a stramazzare al suolo. Perché quando riaprono le biblioteche, finita l'emergenza coronavirus, io ficcanaso ancora di più su certe antologie dedicate a questa faccenda e vi assicuro che di nomi di donne poetesse e musiciste del Cinquecento e del Seicento ne tiro fuori molte, molte di più… E no, NON mi limito solo all'Italia, cari miei.
Qui di seguito, una galleria con gli abiti più belli del Seicento