Umbria\Marche: origini, leggende e Folk Metal!

Sarebbe bello fare questo lavoro anche per tutte le altre regioni italiane... intanto vi rimando al post che avevo fatto sulla Sicilia: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/sicilia-storia-curiosita-letteratura.html

Info tratte da




LE ORIGINI


Sembra che gli antichi Umbri siano stati il primo popolo italico nel II millennio a.c, ma la vicenda storica inizia soprattutto con gli Etruschi (IX secolo a.c) e poi con i Romani. Gli Umbri occupavano una vasta area, che andava dalla Valle Padana alle Marche e alla Toscana. A dar testimonianza degli Umbri è Plinio il Vecchio; sembra che siano stati chiamati "ombrici" dai Greci perché sarebbero sopravvissuti ai diluvi ("ombros") risalenti a tempi remotissimi. Parlavano una lingua indoeuropea, con un proprio alfabeto derivato da quello greco. L'unico documento per lo studio di questo popolo è rappresentato dalle Tavole Iguvine (o Eugubine, da "Ikuvium", Gubbio); sembra che gli Umbri fossero un popolo pacifico, che aveva sviluppato un'economia agricola (oltre all'allevamento e alla lavorazione dei metalli) tra il VIII e VII sec. a.c.
Sulle Tavole vengono citate più di 30 divinità, ognuna delle quali doveva venir placata con vari sacrifici animali: scrofe incinte, buoi, cinghiali, maialini, agnelli, lupacchiotti...
Inciso su queste Tavole, c'è giunto questo rito sacrificale: "Il celebrante inizi il rito con l'osservazione degli uccelli; quando c'è la luna piena, porti il cagnolino, il pane, la farina, il vino, il sale, i liquidi... sacrifichi il cagnolino a Hondius Jovius... ne prenda le viscere... e offra i doni della terra assieme alla farina. Compia una danza al ritmo ternario. Finite le danze, danzi ancora una volta con del vino. Dica: mi rivolgo a te con il vino; reciti le preghiere sopra la fossa..." 





Le due divinità femminili più importanti sono state la "Venere del Trasimeno" (Paleolitico Superiore, 40.000-10.000 anni fa) e la Dea Cupra.


Tra Umbri ed Etruschi si giunse ad una spartizione del territorio, e ad un certo punto, i due popoli si unirono nel tentativo di opporsi all'invasione di Roma. A poco servirono le mura poligonali di tipo pelasgico che gli Umbri avevano eretto ad Amelia e in altre zone: tra il IV secolo e il III secolo a.c. il territorio venne inglobato nei territori romani. Tuttavia sono rimaste tracce etrusche: l'Arco Etrusco di Perugia, la Porta Marzia o le testimonianze del culto dei morti come l'ipogeo dei Volumni, che contiene i sepolcreti dei vari componenti della famiglia o l'ipogeo dei Cutu, con 50 tombe disposte intorno a quella del capofamiglia. 





Inserisco anche un approfondimento sui Piceni (abitanti delle Marche)


Le prime tracce della civiltà picena risalgono al X secolo a.c; sembra che siano arrivati dal mare dai Balcani; lasciano soprattutto necropoli (Novilara, Ancora, Fabriano, Monte Roberto, Pitino, Tolentino, Belmonte Piceno, Ripatransone). I Piceni conoscevano il carro da guerra e il loro nome dovrebbe derivare da "picus", picchio, l'animale totem, sacro a Marte.
Nota: per approfondire, vedi il libro "Segreti e storie popolari delle Marche. Luoghi misteriosi, personaggi leggendari, creature enigmatiche, miti e leggende di una regione tutta da scoprire"


LA TOMBA ETRUSCA




Il Monte Tezio (961 metri di altitudine) è segnato da numerosi corsi d'acqua che formano piccole cascate mentre la vegetazione è formata da lecci, carpini, aceri e roverelle. Nei dintorni si trova anche una tomba etrusca del II secolo a.c. La porta della tomba (con un battente in pietra di 11 cm di spessore) dà accesso ad un corridoio; la cella è definita da blocchi di arenaria ed è coperta da una volta a botte.


IL FANTASMA DI SORA LAURA


 
Il Palazzo Vitelli alla Cannoniera è legato alla leggenda della Sora Laura, che ancora oggigiorno terrorizza gli abitanti (specialmente se si trovano a passare per le strade limitrofe nelle notti di Luna piena...). La vicenda risale a secoli fa. Alessandro Vitelli, dopo essersi innamorato di Laura, la portò con sé a palazzo, anche se era già sposato. Laura, però, non era fedele ad Alessandro, e durante le sue assenze, lasciava cadere dei fazzoletti dal balcone per sedurre i giovani di passaggio. Dopo aver consumato con loro un rapporto sessuale, la bella e crudele Laura, per paura di venir scoperta dal marito o di essere ricattata, faceva uscire gli amanti facendoli passare per un pozzo nascosto; i giovani si buttavano, non immaginando che sul fondo vi erano degli spuntoni, dai quali venivano trafissi. Si racconta che nelle notti di Luna piena, il fantasma di Laura ancora si aggira per le stanze del palazzo, per sedurre e portare alla morte giovani amanti.




Nota di Lunaria: avevo già parlato di tante altre leggende analoghe sulle "dame bianche" che infestano castelli e palazzi e che sono diffuse in tutta Italia. Un altro concetto che vede sempre una "epifania femminile di sventura" è la Banshee irlandese (ma esistono anche versioni simili in Giappone o nei paesi slavi https://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/le-fate-malvage-nel-folklore.html)
Qui in Lombardia, possiamo citare i fantasmi del castello di Trezzo o il fantasma di Bianca Visconti. https://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/castelli-evitati-due-storie-di-fantasmi.html


Vedi questi libri:





LA CORSA DEI CERI... FESTA PAGANA CRISTIANIZZATA!


Il 15 maggio, nella ricorrenza di sant'Ubaldo, si festeggia una ricorrenza che affonda le sue origini nei riti pagani in onore di Cerere, Dea delle messi; il riferimento a Cerere compare nel nome della festa, "la corsa dei ceri", grandi prismi ottagonali dal chiaro simbolismo fallico.



(Nota di Lunaria: niente di nuovo, il solito scopiazzamento cattolico di cose pagane... ne avevo già parlato commentando "santa lucia", clonaccio di Juno Lucina, e la festicciola svedese in suo onore... che è CLONATA dalle processioni pagane. E neanche deve stupire che il cristianesimo si sia tenuto i riferimenti ai culti fallici pagani, essendo, di fatto, pienamente un culto fallico e androcentrico)

I ceri sono manufatti in legno, alti 7 metri, che pesano 400 kg; in cima sono state piazzate le statue di sant'Ubaldo, san Giorgio e sant'Antonio, protettori dei muratori, merciai, asinari e contadini. (Probabilmente ricalcati su qualche divinità pagana locale che proteggeva gli artigiani, similmente a dozzine di altri santi cattolici mai esistiti, Nota di Lunaria). I "Ceraioli" se li caricano sulle spalle e correndo in ripida salita, dandosi il cambio, raggiungono la Basilica di sant'Ubaldo in 10 minuti (camminando a passo normale, la si raggiunge in un'ora)
Un'altra festa che ha origini pagane è la "Festa dell'Acqua", dedicata al solstizio d'estate. I laghi e i fiumi erano teatro di riti propiziatori pagani che poi vennero cristianizzati (che novità... Nota di Lunaria). La Festa dell'Acqua dura nove giorni e i vicoli del paese vengono riempiti di fiori.

Nota di Lunaria: sono riuscita a trovare queste locandine


 
Si noti il triangolo capovolto "yoni" che decora il manifesto... il triangolo capovolto è un antico simbolo del Divino Femminile, pervertito dal cristianesimo, che lo ha usato per la sua trinità di Dei maschili...




Un paesino chiamato Acquasparta era il centro di una rete di sorgive e di fonti che anche i Romani apprezzavano: lo chiamavano "Ad Aquas Partas", "dalle parti delle acque". Qui si trovano le sorgenti dell'Amerino e le Fonti San Gemini, acque con proprietà curative e diuretiche.


Sui culti litolatrici (adorazione della pietra), vedi




IL LAGO TRASIMENO

Gli Etruschi credevano che il lago Trasimeno fosse una rappresentazione in terra della volta celeste; era quindi un luogo sacro.




Anche i poeti lo amarano e celebrarono: ricordiamo Vittoria Aganoor Pompilj (*) e Byron che lo definirono "specchio d'acqua solitario\dai tramonti augusti, tutti a grandi e fastosi padiglioni di porpora riflessi dal lago" e "un velo argenteo"




Ci sono due spiegazioni del nome "Trasimeno": il lago fu chiamato così perché collocato oltre il Monte Imeno, ma una leggenda ricorda un certo principe Trasimeno, figlio del re etrusco Tirreno, che fece innamorare la ninfa Agilla, che abitava nel lago. La ninfa lo chiamò a sé col proprio canto ma Trasimeno, obnubilato da quel canto, annegò e il suo corpo andò alla deriva. Si crede che, in certe sere d'agosto, ancora si senta il triste lamento della ninfa.

Nota di Lunaria: gli Aevum hanno fatto una canzone intitolata "Il lamento della ninfa"
https://www.youtube.com/watch?v=NFp9BZngIYY
https://intervistemetal.blogspot.com/2015/07/aevum.html



LA MONTAGNA SACRA: MONTELUCO




Monteluco è la Montagna Sacra per eccellenza: sia per le genti pre-romane sia per i romani questo luogo era sacro, "lucus"; la Lex Spoletina ne tutelava l'integrità; in epoca cristiana qui si ritiravano gli eremiti.
Anche i Monti Sibillini erano un luogo sacro, del quale si raccontano molte leggende, come quella della Sibilla Appenninica o quella di Pilato, condannato a morte da Tiberio e trascinato da alcuni bufali nelle acque "rosse" del lago "demoniaco" a lui dedicato; sembra che in questo lago si trovi una delle porte dell'Inferno. In realtà, il colorito rossastro delle acque che si può osservare da giugno a settembre è causato da un piccolo crostaceo rosso.
I Monti Sibillini sono ancora selvaggi, riportano ai tempi in cui i lupi si aggiravano liberi e le ninfe abitavano gelidi ruscelli. La fauna tipica del luogo non è costituita solo dai lupi ma anche da gatti selvatici, istrici, caprioli, porcospini, falchi, aquile.


Nota  di Lunaria: analoghi culti pagani dei monti e delle grotte sono stati praticati anche in Abruzzo, Molise, Calabria oltre che sulle Alpi e le Dolomiti. Anche gli Sloveni avevano dei culti della fecondità celebrati nelle grotte e sul Triglav; avevo già parlato del paganesimo sloveno, di Vilez, il dio sloveno legato ai serpenti e ai lupi, del Camoscio, delle Tre Fate (Dee) Bele žene... https://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/slovenia-pagana-parte-i-triglav-vesina.html

https://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/slovenia-pagana-parte-ii-zlatorog-le.html 


 LA SIBILLA

Si racconta che la Sibilla vivrebbe sul Monte Sibilla, condannata a vagare per le montagne fino al Giorno del Giudizio Universale. Si pensa che abbia stipulato un patto col Diavolo: inviava fanciulle seducenti per i paesi, a sedurre giovani pastori... queste fanciulle in realtà erano mostruose, nascondevano un piede caprino sotto le vesti.


Nota di Lunaria: una leggenda analoga la troviamo anche in Irlanda... Le Glaistig sarebbero ninfe delle acque, mezze donne e mezza capre; indossano vesti verdi con le quali cercano di nascondere le gambe caprine. Le Glaistig seducono gli uomini e si nutrono del loro sangue. Tuttavia, sanno anche essere buone: accudiscono con gentilezza i bambini e i vecchi o sorvegliano il bestiame per i contadini.




Sulla Sibilla rimando ad un prossimo approfondimento... intanto, per chi volesse leggere qualcosa in più:



IL LUPO: VENERATO E PERSEGUITATO...


Amato, scelto come animale nazionale, ma anche odiato e temuto fino a provocarne quasi l'estinzione, grazie alla legge animalista italiana e dell'Unione Europea, il lupo appenninico è ricomparso in Umbria: oggi sono tornati 60 lupi dopo quasi 100 anni di assenza. I lupi umbri vivono nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Da sempre adorato per la sua forza (era il simbolo dei Romani), nel medioevo cadde in disgrazia; con il disboscamento e il calo delle prede, i lupi iniziarono ad attaccare i greggi di pecore. L'animale venne demonizzato: per la chiesa incarnò il male. Con il declinare dell'oscurantismo religioso e una diffusione di una maggior sensibilità ecologica ed animalista, si vararono dei provvedimenti per ripopolare i boschi di lupi, anche se la caccia di frodo perdura ancora oggi: il 20% dei lupi italiani viene uccisa con fucili o veleno da agricoltori e cacciatori.


Nota di Lunaria: un film molto bello sui lupi & licantropi è questo qui:



è la rivisitazione horror (a tinte anche leggermente erotiche) della fiaba di "Cappuccetto Rosso"


C'è anche questo film (e libro) interessante




Anche se mi è piaciuto di più "In compagnia dei lupi" (tratto dal libro di Angela Carter)

Qui qualche foto suggestiva…




ALTRE FOTO DELL'UMBRIA:












ABITI TIPICI:


Marche

 MUSICA:

Gli amanti del Jazz già conoscono "Umbria Jazz"; io segnalo un paio di band ascrivibili all'Heavy e al Folk Metal: Haegen e Cernunnos’ Folk Band (che però sono originari delle Marche)





http://heavymagazineit-recensioni.blogspot.com/2018/03/recensione-cernunnos-folk-band-summa.html 


https://www.youtube.com/watch?v=mzwgvMi20Gw&t=0s&index=4&list=PLae6S6fsTqpIIhRvUHFid_6rg_HX_Kl4F 

https://www.youtube.com/watch?v=sFYp5wqs0Y8 

http://www.metal.it/group.aspx/11827/haegen/

(*) Nota di Lunaria: già che ci sono riporto anche qui le poesie di Vittoria Aganoor Pompilj




Di antica famiglia armena, nacque a Padova nel 1855. Nella città veneta conobbe Giacomo Zanella, che seguì i suoi primi passi di poetessa. Successivamente ebbe contatti con Enrico Nencioni a Napoli e un intenso rapporto amichevole, come attesta il suo epistolario, con Domenico Gnoli. Il suo primo libro, nonostante la precocità della sua vena poetica, apparve solo nel 1900, col titolo "Leggenda Eterna". L'anno seguente si sposò con un nobile perugino deputato, che ne aveva ammirato i versi. Nel 1908 uscì il suo secondo volume "Nuove liriche" e nel 1910 morì a Roma. Poco dopo il marito si tolse la vita. Le "Poesie complete" vennero pubblicate, postume, nel 1912. Poetessa assai colta, lettrice dell'opera di autori stranieri e italiani, si caratterizzò per un certo eclettismo e per una fisionomia costantemente in bilico tra classicismo e sensibilità decadente, nella quale prevalse, sulla confessione e sul diario sentimentale, un senso, a volte astratto, di incomunicabilità  e ambiguità.

"Finalmente"

Dunque domani! Il bosco esulta al mite
sole. Ho da dirvi tante cose, tante
cose! Vi condurrò sotto le piante
alte, con me; solo con me! Venite!
Forse... - chi sa? - non vi potrò parlare
subito. Forse, finalmente sola
con voi, cercherò invano una parola.
Ebbene! Noi staremo ad ascoltare.
Staremo ad ascoltare i mormoranti
rami, nello spavento dell'ebbrezza;
senza uno sguardo, senza una carezza,
pallidi in volto come agonizzanti.

"Pioggia"

Piovea; per le finestre spalancate
a quella tregua d'ostinati ardori
salìano dal giardin fresche folate
d'erbe risorte e di risorti fiori.
S'acchetava il tumulto dei colori
sotto il vel delle gocciole implorate;
e intorno ai pioppi, ai frassini, agli allori
beveano ingorde le zolle assetate.
"Esser pianta, esser foglia, essere stelo
e nell'angoscia dell'ardor (pensavo)
così largo ristoro avere dal cielo!"
Sul davanzal protesa io gli arboscelli,
i fiori, l'erbe, guardavo, guardavo...
e mi battea la pioggia sui capelli.

"Pagina di diario"

Giorno limpido e triste! Ho dentro l'anima
un'insolita voce che si lagna
d'un male ignoto. Come una sonnambula
io guardo il cielo, guardo la campagna
e il decrepito sole e la decrepita
terra, e qui noto e fermo questa mia
ora di vita: aggiorna; i campi ridono,
ma d'un sorriso di melanconia.
La famiglia dell'erbe e delle piccole
piante, dal gelo mattutin ferita,
china, in atteggiamenti melanconici
par che alle zolle mormori: "è finita!"
e una foglia, sospesa a un'invisibile
fibra, tentenna senza vento, e dire
sembra al suo triste ramo, con monotono
ritmo: "io non voglio, io non voglio morire!"
Molto quest'autunnale ora somiglia
la stanca anima mia, dove se splende
qualche raggio di gioia, è il melanconico
addio d'un vecchio sole che s'arrende
vinto, all'inverno. Ma sospesa al tenue
filo d'un sogno, un'ultima, appassita
speranza, come quella foglia palpita
e protesta se anchio penso: "è finita."

"Magie Lunari" (A)

Fosche rupi, dal tempo incise e rotte
tragicamente, intorno ad una fanghiglia
d'acque morte, sogguardan nella notte
sorger la luminosa meraviglia
che ascenderà tra poco alta sui gioghi.
Guardan, sentendo attingerle il portento
che muterà le vette orride in roghi
sacri, e gli stagni in puri occhi d'argento.

"O Morti!..."

I passanti s'indugiano ai cancelli
spiando delle verdi ombre i segreti;
ma son l'ombre deserte, e i muschi e l'erbe
parassite che allignan sugli avelli (1)
veston la villa (2) immersa tra gli abeti.
Io, qui seduta sotto il porticato
dove sovente al vespero veniva
il padre mio, guardo, e mi credo un'ombra,
l'ombra di un lontanissimo passato
che solo ha forma di persona viva.
S'affaccia della luna il bianco viso
tra pianta e pianta, ma la vaga scorta
dei sogni più non è con lei; somiglia
un teschio adesso e con beffardo riso
sembra dirmi: "Non vedi? anchio son morta!"
Ecco l'Ave, la squilla ch'egli (3) udìa,
lo stesso suono... e tornano dell'ore
lontane le memorie: i giorni lieti,
le dolci sere; un'intima agonia
evocatrice che dilania il core.
O morti, dite una parola, dite
una parola!... Con l'orecchio io tendo
tutta l'anima mia... Passa una nube
e l'erba trema... oh certo voi m'udite,
mi parlate... e son io che non v'intendo.

(1) I sepolcri
(2) La villa paterna, dove l'autrice ritorno dopo la morte dei suoi cari
(3) Il padre, Edoardo Aganoor.


"Dialogo"

Noi parliamo, ma so io
quel che pensate
veramente? E voi sapete
quello ch'io penso?
Van le parole e un sottile
velo di riso
spesso ne maschera il senso.
Noi parliamo... Ma d'un'altra
voce voi di certo
udite il suono; d'un altro
accento io pure
credo ascoltare la strana
eco... Ad entrambi
parlano due sepolture.
Noi ridiamo anche, ridiamo
forte, e la gioia
brilla negli occhi al baleno
vivo d'un motto
fine. In che abisso del core
chi dunque intanto
scoppia in un pianto dirotto?
A lui ridiceva quell'ultimo
sguardo: "Perché non credi?
Perché mentirei? Tutta l'anima
in questi occhi non vedi?
Rimani! non far ch'io difendermi
debba alle stolte accuse!"
Così le pupille pregavano,
ma il labbro non si schiuse.

"Dopo la pioggia"

Le nubi ripiegano l'ale
al fresco alitar di Levante;
sottili tra l'erbe e le piante
oscillano ponti d'opale.
Laggiù non più livido e fosco
color di melmose maremme
ma fra le radure del bosco
il lago (1) sfavilla di gemme.
Risorgi, o mio spirito; imìta
il fior delle roride (2) aiuole
già prono dal nembo. La vita
è bella; v'è ancora del sole!

(1) Il Trasimeno
(2) Rugiadose


(A) Nota di Lunaria: in questa poesia è molto evidente il riferimento al Romanticismo Cimiteriale inglese alla Gray/Parnell, ma anche, al sonetto cinquecentesco di Luigi Tansillo.





Lo riporto qui

Strane rupi, aspri monti, alte tremanti
ruine, e sassi al ciel nudi e scoperti (1),
ove a gran pena pòn (2) salir tant'erti
nuvoli in questo fosco aere fumanti;
superbo orror, tacite selve, e tanti
negri antri erbosi in rotte pietre aperti (3);
abbandonati a sterili deserti,
ov'han paura andar le belve erranti;
a guisa d'uom, che per soverchia pena
il cor triste ange (4) fuor di senno uscito,
sen va piangendo, ove il furor lo mena (5),
vo piangendo io tra voi; e se partito (6)
non cangia il ciel, con voce assai più piena
sarò di là tra le meste ombre udito (7)

(1) Senza vegetazione
(2) Possono
(3) Scavati
(4) Angoscia
(5) Lo porta
(6) E se non muta la sua decisione
(7) Defunti