La Luna: Simbolismo (10)

LUNA, LABIRINTO, INCONSCIO, NOTTE

Info tratte da


La Luna rappresenta il centro degli antichi misteri femminili - il viaggio nel labirinto o, come afferma Nor Hall, "la dimora sotterranea della Dea". Il labirinto è il sentiero sacro che porta fino al centro e torna nuovamente indietro, "la ruota della luna" che, nelle parole di Monica Sjöö, gira in entrambe le direzioni, "portando conoscenza ed energia sia per la creazione sia per la distruzione". Labirinti molto simili tra loro sono stati ritrovati a grande distanza uno dall'altro in India, a Creta, in Arizona, e ovunque si possono trovare versioni semplificate del labirinto, la doppia spirale. (1) La spirale, come il serpente (2), è un simbolo della Dea; in particolar modo del potere femminino di rigenerazione, l'entrata e la nuova uscita. Arianna, la Dea cretese che come il ragno srotola un filo appena entrata nel labirinto, indica la strada. (3)

La Luna rappresenta la chiamata sciamanica, in questo caso, la chamata per entrare nell'oscurità.
Nella tradizione dei Tarocchi, la Luna rappresenta le paure e i desideri inconsci che accompagnano il senso della perdita di controllo o la caduta nel regno inconscio del sonno e dei sogni.

Se una persona teme di entrare nel proprio territorio astrale, non potrà mai conoscere veramente se stessa. Il piano astrale è pieno di fantasmi infelici e forme di pensiero negativi creati dalla mente umana e proiettati nello spazio intorno a noi. Il regno dell'inconscio è spesso denso di visioni minacciose e creazioni orrende: solo le persone forti possono entrare in questo regno ed essere al sicuro e protette durante tutto il viaggio; per gli altri, il pericolo è in agguato, la follia incombe.

"L'Abitante della Soglia" è la forza gigantesca del male o delle azioni sbagliate, la parte odiosa del sé che ogni persona preferirebbe non guardare o fingere che non esista, che emerge nei momenti di vera crescita psichica: non bisogna solo guardare questo "demone" ma è necessario integrarlo nel proprio essere.

Nei regni oscuri dell'immaginazione, è di cruciale importanza figurarsi nella mente la potente e buona Madre Luna e permetterle di farci da guida.

Bisogna viaggiare in questi regni con gli occhi chiusi e i sensi aperti, come un pipistrello dotato di sonar piuttosto che di vista, e lasciare che siano le sensazioni ad imporre la direzione a mano a mano che si entra nella profondità.

Nel 500 a.c. il primo culto dianico di stregoneria riguardante l'adorazione del'antica Madre Luna fu stabilito in Grecia: Artemide (la romana Diana), con il suo arco e le sue frecce, rappresentava la metà crescente del ciclo della Luna, dalla nuova mezzaluna argentea alla luna piena.

La Dea della Luna Piena rappresentava l'abbondanza e il fuoco della sessualità, personificati da Astarte (le cui forme iconografiche assomigliano anche a Lilith, Selene, Iside)
La Luna Calante era rappresentata da Ecate e dalla sumera Levanah (Lebanah in ebraico), insieme al ciclo mestruale e alla perdita di sangue.

Occorre lasciarsi andare nell'oscurità per emergere pienamente alla luce della vita rappresentata dal Sole (anche carta dei Tarocchi, che segue la Luna)
Monica Sjöö spiega che "nella fusione della Doppia Spirale c'è un vortice, e venti di dissoluzione; oltre, vi è un Centro Immobile e la beatitudine dell'Unione".
Come si può raggiungere questo stato?
Trascendendo gli opposti, si può sperimentare lo spostamento da un polo all'altro e trattenere, nella coscienza, una comprensione attiva di questo processo.
In questo viaggio non c'è nulla da temere eccetto la paura stessa.
è la paura che crea i demoni e tutte le cose spiacevoli associate alla Luna nei Tarocchi. (4)

La forza della notte, con i suoi fantasmi, malie, elementi, viene rappresentata da Lilith, la Dea semitica che diventò "il demone" che spesso contraddistingue "la donna come male".

Nelle sue espressioni più antiche, Lilith personificava i poteri benevoli della notte (e il vento), gli spiriti conosciuti come "lilim".
Il potere di Lilith è il fascino, e a causa della paura degli uomini per questo potere, Lilith è associata ai "demoni" e così anche tutte le donne. (Nota: difatti il cristianesimo associava la donna a Satana, come sua concubina, e riteneva la donna "ianua diaboli", ovvero "porta che permetteva al diavolo di entrare nel mondo"). La Luna, come Lilith, è collegata alla sessualità e al regno istintuale del desiderio.


(1) APPROFONDIMENTO SUL LABIRINTO E LA SPIRALE


tratto da

 
Simbolo estremamente complesso, usato fin dal Paleolitico. Appare nell'Egitto pre-dinastico, a Creta, Micene, in Mesopotamia, India, Cina, Giappone, America pre-Colombiana, Europa, Scandinavia, Bretagna. Appare anche in Oceania ma non sulle isole Hawaii.
Rappresenta poteri solari e lunari. L'aria, l'acqua, il tuono, il fulmine. Un vortice, la grande forza creativa. L'Emanazione.  Poichè si espande e contrae, raffigura l'intensificarsi e l'indebolirsi della luce del sole oppure la Luna crescente e calante, e per analogia, crescita ed espansione, morte e contrazione, l'avvolgere e lo svolgere.
Può denotare continuità. Può raffigurare il ruotare della volta celeste. Il corso del sole. Le stagioni cicliche.
Come turbine dell'aria durante le tempeste e movimento delle acque, denota fertilità e l'aspetto dinamico delle cose. Come spira o vortice, è la tromba d'aria e le grandi forze generative. Come turbine è associata al drago ascendente cinese; la spirale e il turbine condividono lo stesso simbolismo soprattutto come manifestazione dell'energia in Natura. Spirali o vortici sono associati alla tessitura del filo della vita e al velo della Grande Madre che controlla il destino e tesse il velo dell'illusione.
La Spirale condivide il simbolismo del labirinto.
A livello metafisico simboleggia le sfere dell'esistenza, le modalità di un essere, il vagare dell'anima nella manifestazione e il suo ritorno finale al Centro.
La Doppia Spirale raffigura l'aumento o la diminuzione dei poteri solari e lunari oltre che i ritmi alterni di evoluzione e involuzione, vita e morte. Può rappresentare i due poli: giorno e notte, yin e yang, shakta e shakti; il manifesto e il non manifesto. Simboleggia l'androgino ed è correlata al simbolo del Caduceo, vale a dire l'azione nei due sensi, il Solve et Coagula dell'Alchimia.

Nel simbolismo celtico, rappresenta il fuoco e le fiamme. Nella tradizione maori denota il principio fallico ed è maschile, anche se generalmente è associata alla vulva femminile in quanto spirale della conchiglia marina (nota di Lunaria: alcune conchiglie ricordano una vagina).

A Creta e a Micene i tentacoli attorcigliati a spirale del polipo sono in relazione alla spirale, al tuono, alla pioggia, e all'acqua. In Cina, il Taoismo e il Buddhismo talvolta raffigurano la "perla preziosa" o la "sfera del drago" a forma di spirale; la doppia spirale assume il simbolismo yin-yang.
La Spirale è rappresentata da tutto ciò che ha forma elicoidale:     
i gusci delle lumache, le conchiglie marine, l'orecchio; i tentacoli del polipo, le corna degli animali; gli animali che si raggomitolano come il serpente, il serpente Kundalini, i rettili, il cane e il gatto; le piante che crescono a forma di spirale come l'edera, (nota di Lunaria: anche il convolvolo) le pigne delle conifere, le fronde allargate delle felci.


Gli Dei dei turbini e degli elementi o del movimento, come Rudra e Pushan, hanno capelli intrecciati in una spirale o a forma di conchiglia.
La Spirale è anche in relazione come centro di vita e di potere.

Inoltre quando si hanno le mestruazioni, o anche quando si vuole meditare, si può massaggiarsi la pancia con un dito, disegnando una spirale tutto intorno all'ombelico. Si può anche ripetere o salmodiare qualche mantra inventato da se stesse.

IL LABIRINTO DELLA E NELLA DEA

Vedi

 
Il Labirinto, che, graficamente, è stato più volte assunto come simbolo dell'Atlantide, spesso come simbolo solare, ma ancora come figurazione dell'utero della Grande Dea Madre, è la più significativa rappresentazione dell'ideale femminile: è il percorso verso il (e dal) centro del Grande Utero dove Morte e Vita si fondono in una sola cosa, superata la quale si può riconquistare l'uscita - il mondo esterno - rigenerati, cioè trasformati in "altro". Il Minotauro, il cui nome era Asterio, cioè Toro del Cielo o Toro del Sole, lo potremmo considerare il prodotto del fanciullo-toro sacrificato (in questo caso Dioniso), sepolto nel Grande Utero, rappresentato come a mezzo del suo processo di trasformazione (perciò mostro, in quanto ibrido non finito, il che non vuol dire che egli resterà eternamente mostro = la Morte si trasforma in Vita, come la Vita si trasforma in Morte). Solo l'eroe del Patriarcato, Teseo, incapace di intendere il profondo significato dell'alchimia femminile, lo giudica mostruoso e come tale lo distrugge. Teseo, al pari di Gilgamesh o di Peleo, che salva Achille dal fuoco sacro, ha una mentalità lineare ed assoluta: non può cogliere il processo circolare e la perenne mutazione del Femminile. L'ideale Maschile concepisce la Perfezione come punto immutabile, fermo; la sua forza è nutrita dall'assoluta stabilità del suo modello superiore: la sua concezione del sovrumano. Al contrario l'ideale Femminile è mobile, cosciente che nulla è assoluto, che il Perfetto non esiste in quanto non vi può essere alcuna certezza, ma una continua azione trasformatrice.
(Nota di Lunaria: forse perché il Sole è "sempre quello", mentre la Luna attraversa delle fasi visibili di trasformazione: da sottilissima falce appuntita a tondeggiante cerchio bianco)
Da documenti archeologici, e dall' "Iliade", sappiamo che era praticata una forma di danza sacra, nota come "Danza del Labirinto": fanciulli e fanciulle danzavano afferrandosi per i polsi; doveva trattarsi di un lungo corteo perché accadeva che essi "danzassero fila contro fila, l'una di fronte all'altra".
La Danza-Labirinto fu portata da Teseo in Grecia dove fu per prima eseguita a Delo, l'isola natante, per le feste di Afrodite, ma con essa si onoreranno le Dee sotterranee Kore e Demetra anche in ambiente latino e celtico.  In Omero non è descritta la fune (il filo di Arianna) che le danzatrici (sembra che in questo contesto fosse una danza esclusivamente femminile) tenevano tra le mani come una specie di cordone ombelicale.

Per quanto concerne l'area culturale della Mesopotamia, il Labirinto (o meglio la Spirale, ma il significato è lo stesso), rappresenta le viscere delle vittime sacrificate, in particolar modo il fegato (vedi gli Etruschi. Nota di Lunaria), che si riteneva un microcosmo, specchio del movimento celeste e vista in quest'ottica la Spirale potrebbe essere vista come simbolo solare, ma sono state scoperte delle figurine femminili neolitiche con incise delle spirali sul ventre.
(Nota di Lunaria: lo si può intendere anche come "La Dea che fa nascere il Sole"; tra l'altro, l'idea che il Sole muoia, una volta "sceso sotto l'orizzonte", e che in qualche modo, lo si debba far rinascere, è presente in tante culture anche extra-europee. In Sud America il sangue era versato proprio come nutrimento per il Sole: gli Aztechi erano convinti che niente fosse più necessario che assicurare al Sole il nutrimento: il sangue umano, che nutriva il Sole e permetteva il suo ritorno. Il Sole esigeva sangue, gli stessi Dei lo avevano donato). La Spirale non è soltanto un segno grafico primordiale: è, in quanto movimento, un avvenimento primordiale al quale si partecipa.
è singolare che nell'ovulo e nello sperma ci siano forme spiraliformi: forse gli Antichi già lo sospettavano!


Altro approfondimento sul labirinto, tratto da


 LABIRINTO: è spesso situato sotto terra, al buio. I labirinti sono di due tipi:

a) a un solo percorso, in cui una singola strada porta direttamente al centro e poi di nuovo lontano da esso, senza alternative, serpeggiamenti e confusione.

b) a due percorsi: il labirinto è progettato con l'intenzione di confondere e disorientare: contiene vicoli ciechi.

 Il simbolismo del labirinto è variamente interpretato come il ritorno al Centro, la riconquista del Paradiso, iniziazione, morte, rinascita, i riti di passaggio dal profano al sacro, i misteri della vita e della morte, il viaggio della vita attraverso le difficoltà fino al centro (illuminazione).
è anche interpretato come il percorso del Sole, il suo sorgere e tramontare, o della sua liberazione, ad opera della Primavera, dopo ad essere stato a lungo prigioniero dell'inverno.
Il labirinto è dominato da una donna (Arianna e il suo filo-guida) e percorso da un uomo (Teseo); è un simbolo di esclusione, perché rende difficile il cammino, e di ritenzione, poiché rende difficile l'uscita. Può essere associato alla foresta incantata.
Si ritiene che il labirinto sia anche in relazione al simbolismo del Serpente o della Ragnatela.
 Tracciati a forma di labirinto davanti alle case sono apotropaici, una forma di magia per confondere i poteri ostili e gli spiriti maligni e impedirne l'accesso.
Secondo la simbologia minoica, il toro è la forza maschile fecondatrice situata al centro del labirinto che è l'aspetto femminile-uterino-lunare.
Celti, Egizi, Greci, Minoici, Romani, Sumeri e persino in Oceania, sono tutti caratterizzati dall'aver tracciato simboli labirintoformi.

I cristiani potevano tollerare un simbolo che rimanda all'Utero della Dea Madre? Ma certo che no! E così, hanno trasformato il simbolismo del labirinto in metafora per il peccato e nell'antica arte cristiana delle catacombe, il labirinto rappresentava l'inferno con il Minotauro visto come diavolo.

Il mito celeste è complicato perché il mito solare è intrecciato con i miti lunare, stellare e terrestre. In aggiunta, alcuni dei vari attori celesti furono introdotti più tardi di altri, e molti di loro presero nuove funzioni quando l’attenzione si spostò dalle stelle alla luna, al sole, ad altri pianeti, e ancora indietro. Per esempio, Horus non è solo il sole ma anche la stella del Polo Nord, e il suo fratello gemello co-avversario, Set, rappresenta non solo l’oscurità ma anche la stella del Polo Sud.    
In aggiunta, con l’avanzare del tempo ed i cieli cambiano, come per la precessione degli equinozi ed i movimenti del sole annualmente  attraverso lo zodiaco e giornalmente attraverso le sue “case”, come  anche con i cataclismi, cambiano anche gli attributi dei corpi  celesti nel mito. Inoltre, l’incorporazione delle fasi della luna nel mito aggiunge alla sua complessità: la Luna, come il Sole, cambiava continuamente il tracciato nel quale attraversava i Cieli, muovendosi sempre avanti e indietro tra i limiti superiori e inferiori dello Zodiaco; e i suoi diversi luoghi, fasi, ed aspetti ivi, e le sue relazioni con il Sole e le Costellazioni, sono stati una sorgente fruttuosa di favole mitologiche.    
Un esempio della complessità del mito è fornita dalla storia della “Regina del Cielo”, la Dea Iside, madre di Horus, che non solo è la  luna che riflette il sole, ma essa è anche la creatrice originale,  come anche la costellazione della Vergine. Come la luna, essa è la  “donna vestita col sole”, e come la Vergine, essa è la madre del sole. Essa è anche la Stella Maris, la “Stella del Mare”, poiché  essa regola le maree, un fatto della luna noto fin da eoni fa, come  lo erano i fatti della rotondità della terra e della centralità del  sole del sistema solare – di nuovo, conoscenza mai veramente “persa” e “riscoperta”, come popolarmente presentato. Il sole e la luna erano  destinati ad essere un essere in alcune  culture o gemelli in altre.    
Quando avvenivano le eclissi, si diceva che la luna e il sole si univano per creare un dio minore. Così il pantheon continuava a crescere. Anche se ora è  generalmente considerato essere  “maschile”, il sole era anche visto come femminile in molti luoghi,  inclusa l’Alaska, l’Anatolia (la Dea Arinna), l’Arabia, l’Australia (la Dea Wuriupranili), Inghilterra, Germania, India (la Dea Tapati), Giappone (la Dea Amaterasu), Nord America e Siberia.

Il lato femminile del sole, naturalmente, fu soppresso dal patriarcato. Come dice Walker: "La tradizione popolare Europea di solito rendeva il sole maschile e  la  luna  femminile, principalmente per affermare che la “sua” luce era più forte, e che “essa” splendeva solo per gloria riflessa,  simbolo della posizione delle donne nella società patriarcale."

Sistemi Orientali e pre-Cristiani frequentemente consideravano il sole una Dea.    

Quando si include in questa complessità l’aspetto della fertilità degli Dei e delle Dee della vite e del grano, insieme con le descrizioni immaginarie trovate in tutte le mitologie e religioni, si può capire perché è stato tanto difficile determinare tutti gli aspetti.    

(Nota di Lunaria: Neumann analizza alcuni miti legati alla "Luna maschio", connesso con la perdita del sangue delle mestruazioni. In pratica, si credeva che Il Signore della Luna deflorasse le fanciulle https://intervistemetal.blogspot.com/2018/11/la-luna-simbolismo-2.html 

https://intervistemetal.blogspot.com/2018/11/la-luna-simbolismo-3.html)

Lo Zodiaco    

Quando il mito si sviluppò, prese forma di una rappresentazione,  con un complesso di personaggi, incluse le 12 divisioni del cielo chiamate segni o costellazioni dello zodiaco. I simboli che  caratterizzavano queste 12 sezioni celesti di 30° ciascuna non  erano basati su come le costellazioni sembrano realmente ma  rappresentano aspetti della vita terrestre.  Così, i popoli antichi furono capaci di incorporare questi aspetti  terrestri nel mito e proiettarli nell’importantissimo schermo celestiale.    
Queste designazioni zodiacali hanno variato da luogo a luogo e da era ad era nelle decine di migliaia di anni durante i quali i cieli sono stati osservati, per varie ragioni, inclusi i cambiamenti nei cieli causati dalla precessione. Per esempio, lo Scorpione non è solo l’aquila ma anche lo scorpione.  È difficile determinare in modo assoluto tutte le loro  origini,  ma i simboli zodiacali correnti o totem sono o potrebbero essere stati divisi come segue, basati sulla composizione fatta dagli abitanti dell’emisfero nord:    
Ariete è rappresentato come l’Ariete/Agnello perché Marzo/Aprile è  il periodo dell’anno quando nascono gli agnelli.    
Il Toro è il Toro perché Aprile/Maggio è il periodo per arare e dissodare.
Il segno dei Gemelli è i Gemelli, così chiamati per Castore e Polluce, le stelle gemelle nella propria costellazione, come anche  perché Maggio/Giugno è il periodo della “crescita” o “raddoppio” del sole, quando raggiunge la sua più grande forza.    

Dopo che il sole ha raggiunto la sua forza al solstizio estivo  e  comincia a diminuire  nel Cancro (Giugno/Luglio), le stelle sono chiamate il Granchio, che “scivola indietro”.    
Il segno del Leone è il Leone perché, durante la calura di Luglio/Agosto, i leoni in Egitto sarebbero usciti dal deserto infuocato.    
La Vergine, originariamente la Grande Madre Terra, è la “Vergine Spigolatrice, che tiene un manipolo di grano”, simbolizzando Agosto/Settembre, il periodo del raccolto. La Lira (Settembre/Ottobre) è la Bilancia, che riflette l’equinozio e le notti sono nuovamente di uguale lunghezza.

La Luna, vista dai popoli primitivi


"Ogni manifestazione naturale suggerisce l'unione sessuale: in Australia si crede che il sole sia la moglie omicida della luna, ogni volta che la luna va via dal cielo è perché la moglie lo ha ucciso. I Narrinyeri australiani pensano che la luna si assottigli per consumazione dopo un'eccessiva attività amatoria. Presso gli Yamana della Terra del Fuoco si considera il crescere e decrescere della luna come una gravidanza che genera una piccola luna nuova, la quale a sua volta partorirà la successiva. Secondo i Groenlandesi, gli Jivaro, i Canelo e altre tribù, la luna è fratello e innamorato del sole; lo sfortunato fratello cerca di raggiungere l'amata senza riuscirvi e si consuma per la passione. Per gli Aranda i raggi della luna sono i peli del pube di una magica donna. I Marind-anim melanesiani quando strofinano due pietre focaie pensano che il fuoco sia figlio di quell'unione sessuale."

Stralcio tratto da "Trattato di Storia delle Religioni" di Mircea Eliade 

La luna può anche avere una personificazione maschile e ofidica, ma queste personificazioni (che spesso si sono staccate dal complesso iniziale per seguire una carriera autonoma nel mito e nella leggenda) sorgono, in ultima analisi, dal concetto della luna come fonte delle realtà viventi e fondamento della fecondità e della rigenerazione periodica. Si ritiene che il serpente faccia venire i figli; per esempio nel Guatemala, nella tribù Urabunna dell'Australia centrale (gli antenati sono due serpenti che percorrono la terra, e a ogni sosta lasciano dei "mai-aurli", ‘spiriti dei bambini’), presso i Togo dell'Africa (un serpente gigantesco, che si trova in uno stagno vicino alla città di Klewe, riceve i bambini dalle mani del dio supremo Namu e li porta in città prima della nascita). In India, i serpenti furono considerati fin dall'epoca buddhistica (confronta i Jataka) come distributori della fertilità universale. Un certo numero di pitture di Nagpur rappresenta accoppiamenti di donne e di cobra. Nell'India moderna, una quantità di credenze pongono in luce il carattere benefico e fecondatore dei serpenti, che impediscono la sterilità delle donne e garantiscono loro numerosi discendenti. Le relazioni fra donna e serpente sono multiformi, ma non possono in nessun caso spiegarsi globalmente con un simbolismo erotico semplicista. La ‘forma’ del serpente ha valenze multiple, e fra le più importanti si deve considerare la sua ‘rigenerazione’. Il serpente è un animale che ‘si trasforma’. Gressman volle riconoscere in Eva una dea fenicia arcaica, del mondo sotterraneo, personificata dal serpente. Sono note le divinità mediterranee rappresentate con un serpente in mano (Artemide arcade, Ecate, Persefone, eccetera) o con chioma di serpenti (Gorgona, Erinni, eccetera). Secondo certe superstizioni dell'Europa centrale, i capelli strappati a una donna che si trova sotto l'influenza della luna (cioè nel periodo dei mestrui), sotterrati, si trasformano in serpenti. Una leggenda bretone assicura che la chioma delle streghe si trasforma in serpenti; dunque non tutte le donne hanno questo potere, ma soltanto quelle che si trovano sotto l'influenza della luna, partecipando così alla magìa della ‘trasformazione’. Che la stregoneria sia spesso un'investitura lunare (diretta o trasmessa a mezzo dei serpenti) è confermato da numerosi documenti etnografici. Ad esempio, per i Cinesi il serpente sta all'origine di tutti i poteri magici, mentre le parole ebraiche e arabe relative alla magìa derivano da quelle relative ai serpenti. Il serpente, in quanto è lunare, cioè ‘eterno’, e vive sottoterra, incarnando (insieme a tanti altri!) le anime dei morti, conosce tutti i segreti, è fonte della sapienza, intravede l'avvenire. Parimenti, chiunque mangia un serpente impara la lingua degli animali, e in particolare quella degli uccelli (simbolo che può avere anche un significato metafisico: accesso alle realtà trascendenti). Questa credenza si ritrova presso moltissimi popoli e si è conservata nella tradizione erudita. Lo stesso simbolismo centrale di fecondità e di rigenerazione, soggette alla luna e distribuite dalla luna stessa o da forme consubstanziali (Magna Mater, Terra Mater), spiega la presenza del serpente nell'iconografia o nei riti delle Grandi Dee della fecondità universale. In quanto attributo della Grande Dea, il serpente conserva il suo carattere lunare (di rigenerazione ciclica) unito al carattere tellurico. In un dato momento la luna si identifica con la Terra, considerata essa stessa come la matrice di tutte le forme viventi. Certe razze credono perfino che terra e luna siano formate della stessa sostanza. Le Grandi Dee partecipano tanto al carattere sacro della luna che a quello del suolo. E, in quanto queste Dee sono anche divinità funebri (i morti vanno sotto terra o nella luna per rigenerarsi e ricomparire sotto forma nuova), il serpente diviene l'animale funebre per eccellenza, quello che incarna le anime dei morti, l'antenato, eccetera. Sempre con questo simbolo di rigenerazione si spiega la presenza del serpente nelle cerimonie di iniziazione.
Qui possiamo ricordare soltanto alcuni dei miti e simboli relativi al serpente, e soltanto quelli che illustrano il suo carattere di animale lunare. In primo luogo le sue relazioni con le donne e con la fecondità: la luna è fonte di ogni fertilità, e domina contemporaneamente il ciclo mestruale. Personificata, diventa ‘il padrone delle donne’. Molti popoli credevano  - qualcuno lo crede ancora  -  che la luna, in aspetto d'uomo o in forma di serpente, si congiunge con le loro donne. Per questo le ragazze eschimesi non guardano la luna, temendo di restare gravide. Gli Australiani credono che la luna, scesa in terra in veste di dongiovanni, abbandoni le donne dopo averle ingravidate. Questo medesimo mito è ancora popolare in India. Il serpente, essendo epifania della luna, adempie alla stessa funzione. Negli Abruzzi si racconta ancor oggi che il serpente si accoppia a tutte le donne. I Greci e i Romani avevano la stessa credenza. Olimpia, madre di Alessandro Magno, giocava con i serpenti. Il famoso Arato di Sicione era figlio di Esculapio perché, secondo Pausania, sua madre lo aveva concepito con un serpente. Svetonio e Dione Cassio, raccontano che la madre concepì Augusto dall'amplesso di un serpente nel tempio di Apollo. Una leggenda analoga circolava su Scipione Africano Maggiore. In Germania, in Francia, in Portogallo e altrove, le donne temono che un serpente entri loro in bocca nel sonno e le ingravidi, specialmente nel periodo dei mestrui. In India, le donne che desiderano un figlio adorano un cobra. Si crede in tutto l'Oriente che le donne abbiano il loro primo contatto sessuale con un serpente, nella pubertà o nel periodo mestruale. La tribù indiana dei Komati (nel Mysore) impetra la fecondità delle donne per mezzo di serpenti di pietra. Eliano assicura che, secondo la credenza degli Ebrei, i serpenti si congiungevano con le fanciulle; ritroviamo questa credenza in Giappone. La tradizione persiana dice che la prima donna ebbe i mestrui appena fu sedotta dal serpente. Si dice negli ambienti rabbinici che le mestruazioni dipendono dalle relazioni di Eva col serpente nel Paradiso Terrestre. Si crede in Abissinia che le fanciulle, prima del matrimonio, rischino di venir deflorate dai serpenti. In un racconto algerino si narra che un serpente, eludendo la vigilanza, sverginò tutte le fanciulle di una casa. Tradizioni simili si trovano fra gli Ottentotti Mandi dell'Africa Orientale, nella Sierra Leone, eccetera.
Il ciclo mestruale ha indubbiamente contribuito a popolarizzare la credenza che la luna, sia il primo marito delle donne. I Papuasi ritengono che la mestruazione dimostri i rapporti delle fanciulle e delle donne con la luna e rappresentano, nella loro iconografia, rettili che escono dai genitali femminili; questo conferma la consubstanzialità luna-serpente. Presso i Chiriguanos, dopo le fumigazioni e purificazioni che seguono la prima mestruazione, le donne della capanna dànno dappertutto la caccia ai serpenti, che credono responsabili del guaio.
Presso moltissime popolazioni il serpente è considerato causa del ciclo mestruale. Il suo carattere fallico  -  che Crawley fu uno dei primi etnografi a mettere in chiaro  -  non esclude la consubstanziazione luna-serpente, anzi la conferma. Gran numero di documenti iconografici, appartenenti sia alla civiltà neolitica asiatica (per esempio l'idolo della civiltà Panchan, nel Kansu, e anche l'oggetto d'oro scolpito di Ngan-yang), sia alle civiltà degli Indiani d'America (per esempio i dischi di bronzo di Calchaqui) presentano il doppio simbolismo del serpente ornato di ‘losanghe’ (emblema della vulva). Questo complesso ha indubbia mente un senso erotico; tuttavia, la coesistenza del serpente (fallo) e delle losanghe formula contemporaneamente un'idea di dualismo e di reintegrazione che è lunare per eccellenza, poiché ritroviamo lo stesso motivo nell'iconografia lunare della ‘pioggia’, della ‘luce e ombra’, eccetera.

ALTRO APPROFONDIMENTO tratto da



Il tema centrale del simbolismo della Dea si dispiega nel mistero della nascita e della morte, e nel rinnovamento della vita, non solo umana, ma di tutta la terra, e dell'intero cosmo. Simboli e immagini si raggruppano attorno alla Dea partenogenetica (autogenerantesi) e alle sue fondamentali funzioni di Dispensatrice di Vita, Reggitrice di Morte e Rigeneratrice, e intorno alla Madre Terra, la giovane e vecchia Dea della Fertilità, che nasce e muore con la vita vegetale. Era l'unica fonte di vita che traeva l'energia dalle sorgenti, dal sole, dalla luna e dall'umida terra. In questo sistema di simboli si configura il tempo mitico, ciclico, non lineare. Nell'arte si manifesta con segni dinamici: spirali a vortici e ritorte, serpenti attorcigliati e sinuosi, cerchi, crescenti lunari, corna, semi germinati e germogli. Il serpente era un simbolo di energia vitale e rigenerazione, un'entità benevola, non malefica. Persino i colori avevano un significato diverso: il nero non significa la morte o il mondo degli inferi; era il colore della fertilità, delle grotte umide e del suolo fertile, del Grembo della Dea dove aveva origine la vita. Il bianco, invece era il colore della morte, delle ossa.
La più antica rappresentazione delle parti del corpo femminile - seni, glutei, ventre, vulva - risale al tempo in cui i popoli, non avendo ancora capito il processo biologico della riproduzione (l'accoppiamento come causa della gravidanza) dovettero darsi una divinità che fosse l'estensione macrocosmica del corpo femminile.
Si tratta di una Creatrice Cosmica, Dispensatrice della Vita e della Nascita. A queste parti essenziali del corpo femminile fu attribuito il potere miracoloso della procreazione. La misteriosa umidità del sesso e i labirintici organi uterini della Dea diventerebbero la magica fonte della Vita. Allo stesso tempo, la scoperta della ceramica aprì altre strade per la creazione di nuove forme scultoree, nonché di nuovi modi di raffigurare i simboli mediante la pittura su ceramica. Apparvero askoi (vasi a forma di uccello) e vasi antropomorfi o a forma di donna-uccello. Corsi d'acqua, chevron, triangoli, bande decorate a rete, spirali, serpenti e spire serpentine ne divennero i motivi decorativi predominanti. Vasi di ceramica con le sembianze della Dea Dispensatrice di Vita, e ornati di M, zig zag, (correnti d'acqua o liquido amniotico) reti, onde a spirale, e altri segni acquatici, fecero la loro comparsa nel VI millennio a.C


(2) APPROFONDIMENTO SUL SERPENTE

tratto da


Esiste una concatenazione sotterranea, che conduce dalla grotta all'inferno e che è particolarmente evidente nella struttura stessa dei termini sassoni dove "Holle" è la grotta, "Hölle" è l'inferno e Hell è la Dea nordica degli inferi, la diavolessa. La spettrale Frau Holle, Signora degli Inferi, inquietava le notti del solstizio nelle regioni nordiche e sopravvive ancora oggi come allegoria popolare dell'inverno: quando Frau Holle si rifà il letto, sprimaccia il piumino così vigorosamente da far volare le piume, che cadono come fiocchi a imbiancare i paesaggi tedeschi. Il riferimento è alla favola dei Grimm.


Oltre alle radici etimologiche che accomunano la caverna agli inferi si possono trovare anche indizi iconografici che denunciano la natura infera e infernale della grotta. Nel presepe pugliese, per esempio, topi, tartarughe, lumache, serpenti spuntano dagli anfratti rocciosi. Nella "Cantata dei pastori" il pastore Armenzio vide la spelonca della natività infestata di "aspidi, schelidri, scitali, dispadi, dragoni".
Nell'antichità classica l'immagine più nota della caverna come covo di serpenti fu l'antro di Trofonio. Era una grotta sotterranea, cui si accedeva per chiedere responsi oracolari. Le persone scendevano in questa grotta oscura attraverso un pertugio strettissimo e vi rimanevano a volte per un giorno e una notte; portavano dolci di miele per placare i serpenti.
Durand poté affermare che "le tenebre della caverna trattengono in se stesse il grugnito dell'orso e l'alito dei mostri", prototipi di ogni personificazione sinistra e teriomorfa. Tra gli abitatori degli antri sotterranei, il serpente è il più noto esponente demoniaco dell'immaginario cristiano (*). Per Jung incarna la psiche inferiore, lo psichismo oscuro, misterioso.
Il serpente è presente in molti miti, alle radici della vita e delle creazioni, là dove il binomio morte-vita si dissolve nell'atemporalità dell'ouroboros. è animale cosmico e progenitore mitico, vivificatore e taumaturgo, signore dell'energia e del movimento. (**)
Anche la tartaruga e il topo sono animali ctonii. In alcune culture, la tartaruga (***) è un animale cosmogonico e appartiene ai miti delle origini e della nascita. è associata alla caverna: anche la tartaruga ha il fondo piatto come la terra e il dorso a cupola; in alchimia, però, la sua lentezza può rappresentare l'involuzione; anche le lumache partecipano di questo simbolismo. I topi sono anch'essi animali ctonii; incarnano l'aspetto sotterraneo della comunicazione con il sacro.


Nota di Lunaria: curiosamente c'è una Dea indù accompagnata dai topi: Karni Mata. Sulla tartaruga, non so se sia stata associata a qualche Dea indù; è comunque associata a Vishnu.

Jung ha collocato la discesa archetipica al centro della sua riflessione metapsicologica: "La Katabasis, la discesa nella caverna, la nekya si ritrova ovunque nell'antichità ed è praticamente diffusa in tutto il mondo. Esprime il meccanismo psicologico dell'introversione della coscienza negli strati più profondi della psiche inconscia [...] La discesa dà accesso al mondo degli archetipi"
I miti di discesa negli inferi sono innumerevoli: Osiride, Tammuz/Attis, Gilgamesh, Asura Prajapati, Inda, Vishnu, Amaterasu, Izanagi, Orfeo... Virgilio, nel canto VI dell'"Eneide" descrive la discesa agli inferi del "pio Enea": il viaggio di Enea prende le mosse dal cuore della notte, all'interno della "gran caverna miasmatica, ond'è il varco degli inferi": "una spelonca/profonda fu che spaventosa s'apre/scogliosa; la difendono il palude nero e la tenebra delle foreste".


La grotta (****) appartiene alla montagna, che è un'ulteriore figura di Axis Mundi. Essendo scavate nelle viscere, rappresentano "il cuore o l'ombelico del mondo". Fra grotta e montagna corrono interazioni simboliche profonde, ma la montagna, in virtù della sua elevazione, appartiene al polo celeste, la caverna ha natura ipogea e si configura come polo terrestre. Anche i templi rupestri che gli induisti scavarono nelle montagne (nota di Lunaria: e che vediamo nell'approfondimento finale...) appartengono alla costellazione simbolica della grotta: nel luogo profondo e buio, nel cuore della montagna, sono conservate le immagini divine: la grotta è quindi il luogo primigenio, contenitore del principio. In questo senso appartiene all'archetipo femminile della Grande Madre: è fenditura della terra che si apre sulle profondità dell'inconscio primigenio
La grotta diventa quindi luogo emblematico di gestazione e di nascita, di fertilità e procreazione: ne è testimonianza il termine cinese "k'iao", che significa sia "caverna" sia "utero"; secondo una credenza degli Indiani d'America, gli embrioni maturavano nelle caverne prima di venire alla luce; nella narrazione turca dell'antropogenesi, le acque primordiali invasero una grotta, all'interno della quale vi era una fossa a forma umana. La piena delle acque riempì la fossa di argilla e nove mesi più tardi, per il calore del sole, l'argilla così modellata prese vita; nacque il primo uomo (Ay-Atam) e più tardi allo stesso modo nacque la prima donna.
Grazie alle sue caratteristiche simboliche, la sequenza grotta-ventre-utero ambienta spesso i riti di iniziazione; la discesa nella grotta iniziatica è un regressum ad uterum, che vuole essere esemplare dell'inizio: per questo gli antichi imperatori cinesi si ritiravano in una grotta sotteranea prima di elevarsi simbolicamente verso il cielo. Per tutti questi aspetti la grotta è madre esemplare e grembo ideale: contenitore cavernoso del principio vitale, ricettacolo oscuro della scintilla di vita.
Il tema della caverna come utero materno, all'interno del quale matura la vita, è stato amplificato nel modo migliore nell'alchimia: Stolcius de Stolcenberg esclamava: "Quante terre, quante pietre, quanti metalli contengono le ardue viscere della massa terrestre" ("Quam multas terras, lapides, quam multa metalla ardua terrenae viscera molis habent").
Infine, nella mitologia dei popoli nordici, le grotte sono popolate da nani e gnomi intenti a scavare grotte e gallerie.
Chiunque sia sceso nel luogo ipogeo della propria grotta esistenziale, nel punto infero in cui l'Io conosce lo scacco e sperimenta un rovinoso ridimensionamento, mantenendo lucida coscienza di quanto sta vivendo, conosce questa esperienza: Heidegger scrisse: "Quando ci lasciamo cadere nell'abisso, non precipitiamo semplicemente nel vuoto. Cadiamo nell'alto, la cui altezza ci spalanca un abisso."

(*) APPROFONDIMENTO SUL SERPENTE (PER INSEGNARE AI CRISTIANI UN PO' DI VERA ESEGESI) https://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html


(***) APPROFONDIMENTO SULLA TARTARUGA


info tratte da


In generale, è simbolo di forza, pazienza, stabilità, lentezza, fecondità e longevità. La testuggine è un importante e antico simbolo di ordine cosmico in molte tradizioni. In Cina le tartarughe di pietra, che sorreggono i pilastri dei palazzi imperiali, alludono al leggendario Ao, che portava il mondo sulle sue quattro gambe.
Associata al nord, all'acqua e all'inverno, appare anche nel vessillo imperiale come Guerriero Nero.
In Giappone sorreggeva la "montagna del mondo" e la tartaruga marina era l'emblema di Kumpira, Dio dei marinai.

Con la corazza semisferica sul dorso e piatta sul ventre, è usata come immagine cosmica tripartita: la corazza è il Paradiso, il corpo è la terra, il ventre e le zampe sono il mondo sotterraneo o acquatico. Questi aspetti fanno anche pensare alla congiunzione del cerchio e del quadrato che concerne le forme del mondo fenomenico.
In India rappresenta la stabilità, immagine enfatizzata dalla leggenda dell'elefante che reggeva il mondo appoggiandosi sulle zampe della tartaruga cosmica. L'Albero Cosmico cresce dalla tartaruga che è un attributo di Vishnu.
Simbolo femminile e lunare, legato alla fertilità maschile e femminile; in Africa la testa retrattile rappresenta un simbolo fallico.
In Alchimia rappresenta la materia all'inizio del processo evolutivo.
Nella mitologia romana Giove, che voleva rendere solenni le nozze di Giunone, incaricò Mercurio di invitare tutti gli Dei, tutti gli uomini e tutti gli animali. La ninfa Chelona disdegnò l'invito e Mercurio la gettò nel fiume con la sua casa, condannandola a portare quest'ultima sulla schiena e convertendola in testuggine perché ammutolisse per sempre.

L'Arte e la Sacralità della Tartaruga
tratto da



Fra i Dakota, Wissler scoprì che spesso la donna che compiva la decorazione e l'uomo che portava l'indumento col disegno, davano differenti significati al disegno. [...] Quando le donne interpretavano figura geometriche naturalmente esprimevano interessi di ordine diverso (Nota di Lunaria: gli uomini davano valenza "militare" ai segni, usandoli per le battaglie). Per esempio i Dakota credevano che la tartaruga presiedesse alle funzioni fisiologiche femminili; perciò questo animale giocava un ruolo notevole nella psicologia femminile. Poteva accadere talvolta che una donna, forgiando un amuleto, cominciasse la decorazione a rappresentare una tartaruga: i suoi sforzi possono essere considerati paralleli alle pitture maschili delle imprese di guerra. Ma più comunemente essa avrebbe usato le più diverse figure: il motivo a U su un abito, rombi con appendici puntute sui gambali, un motivo di triangoli di una borsa di pelle, tutti per simboleggiare la tartaruga.
Un altro simbolo interessante ideato dalle donne Dakota è dato dalla serie di linee parallele che si trovano sulle culle, sulle coperte e sui mocassini che rappresentano scene di gravidanza.

Patkasala (Lakota) - Messa a terra

tratto da


La leggenda racconta che la tartaruga deponeva il fango sul proprio dorso da cui creava la terra. Alla fine plasmava tutte le creature viventi. In qualità di animale forte la tartaruga ci conferisce la stabilità necessaria per ancorarci nei nostri viaggi attraverso il regno spirituale, per rendere possibile il ritorno. Ci mostra anche che non dobbiamo più affannarci, che la forza risiede nella prudenza e nel silenzio.
Come talismano aiuta a proteggere i propri sentimenti, e qualche volta rimanere invisibili, avere pazienza e mostrare la giusta maturazione, sentirsi sicuri ed essere concreti


(****) APPROFONDIMENTO SULLA GROTTA

Hinglaj Mata, nota anche come Hinglaj Devi, Hingula Devi e Nani Mandir, è la Dea adorata in un tempio indù in Hinglaj, una cittadina sulla costa Makran nel quartiere Lasbela del Balochistan, in Pakistan, ed è il cuore del Parco Nazionale del Hingol. Si tratta di uno degli aspetti della Dea Sati, una forma di Durga Devi, situata in una caverna di montagna sulle rive del fiume Hingol.
Hinglaj Mata è una potente Divinità che dona benedizioni a tutti i suoi devoti.
Mentre Hinglaj è il suo tempio principale, i templi a Lei dedicati esistono in confinanti stati indiani del Gujarat e Rajasthan. Il santuario è conosciuto come Hingula, Hingalaja, Hinglaja, e Hingulata, menzionato nelle scritture indù, in particolare in sanscrito. La Dea è conosciuta come Hinglaj Mata (la madre Hinglaj), Hinglaj Devi (la Dea Hinglaj), Hingula Devi (la Dea rossa o la Dea della Hingula) e Kottari o Kotavi.

Nota di Lunaria: il colore rosso (e ancora il più diffuso nero) è tipico anche di altre Dee, spesso Dee delle colline (adorate anche sotto forma di rilievi montuosi: le colline sono viste come i seni della Dea) vedi Tarini Maa, per esempio.

Maa Tarini è dipinta con la faccia rossa con due grandi occhi. Questa concezione primitiva è simbolica ed esprime la semplicità delle credenze tribali e delle cerimonie. La Dea è una manifestazione di Kali e sono la diversa manifestazione della stessa divinità: Kali è la Dea della distruzione (che permette alle ere cosmiche di andare avanti) mentre Maa Tarini è la forza della vita; due nomi di Kali, con i quali è celebrata, sono appunto Maa Tara e Tarini. C'è una collina che è ritenuta il seno di Maa Tarini, nel distretto di Ganjam dove la Dea è adorata.
Ma si può citare anche Saptashrungi, una Dea adorata a Nashik, nell'india dell'ovest (Maharashtra). è una Dea delle montagne: si pensa che la Dea risieda dentro i sette picchi montuosi della regione; infatti "Sapta" significa "7" e "shrung" significa "picco montuoso". La Dea viene anche chiamata con altri nomi: "Sapatashrungi, la Dea delle Sette Colline", Saptashrunga Nivasini o Mata.
7 è un numero tipico della spiritualità indù. Vedi i Dravidi. Parvati stessa è "La Montanina"


Volete un altro esempio?
Tibet! Le Dee tibetane e nepalesi presiedono ai picchi montuosi. Per esempio, Chomolungma (Qomolangma o Chomo-Lung-Ma) è la Dea Montagna Tibetana (Monte Everest). In Nepal, è chiamata Sagarmatha, "Dea del Cielo". Chomolungma è una delle cinque Sorelle connesse alle montagne e ai laghi della frontiera del Nepal/Tibet.

Insomma, in Oriente si è sempre associata la montagna o la collina a una figura femminile, una Dea Protettrice della montagna o la stessa montagna era il corpo della Dea.

Il tempio-grotta di Hinglaj Mata si trova in una stretta gola nella zona collinare di Lyari Tehsil nella provincia del Balochistan del Pakistan. Si trova a 250 chilometri (160 miglia) a nord-ovest di Karachi, 12 miglia (19 km) dalla costa del Mar Arabico e 80 miglia (130 km) a ovest della foce dell'Indo. Si trova alla fine di una catena di colline, Kheerthar, nel deserto Makran, sulla riva occidentale del fiume Hingol. 

Il santuario si trova in una piccola grotta naturale. C'è un basso altare, fatto di fango. Non ci sono immagini della Dea (nota di Lunaria: perché la grotta è già la Dea).
Una piccola pietra informe è adorata come Hinglaj Mata. La pietra è spalmata con Sindoor (colore vermiglio), che forse spiega il nome sanscrito "Hingula", che è la radice del nome attuale Hinglaj.

Nota di Lunaria: nell'induismo (spesso quello più rurale, dei villaggi) la pietra indica sempre la Divinità: Chorwad Mata o Chorwadi Mataji (Maa) è un aspetto di Bhavani, una Grande Madre. è la principale Dea protettrice del villaggio di Chorwad. Protegge diverse caste, è la "Kuldevi", la protettrice della famiglia. Ha una forma solo circolare, come la luna piena, un "viso a loto" e i suoi occhi sono dipinti dai fedeli.
Qui c'è un link che ne parla a fondo: http://chorwad.blogspot.it/2011/02/chorwad-mata.html
C'è persino una Dea adorata sotto forma di tumulo di terra, il formicaio: Shanta Durga.


Mircea Eliade dedica un intero capitolo alla Litolatria (adorazione delle pietre) vedi qui: 

https://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/siria-2-litolatria-atargatis-astarte.html
La pietra, la stele, il sasso, la montagna furono le prime cose adorate dai nostri antenati e usate per rappresentare gli Dei, e specialmente le Dee, e il monoteismo ha semplicemente ripreso l'usanza mascherandola e mettendoci i loro "dei o madonne"...


Altri luoghi di culto intorno Hinglaj sono: Ganesh Deva, Mata Kali, Gurugorakh Nath Dooni, Braham Kudh, Tir Kundh, Guru Nanak Dev Kharao, Ramjarokha Bethak, Aneel Kundh Su Chorasi Montagna, Chandra Goop, Khaririver e Aghore Pooja.

Come si vede, in Balochistan si pratica, da secoli, un culto litolatrico in una grotta "femminile", casa della Dea.

P.s. Pure Amaterasu (La Dea Giapponese del Sole) era associata alle grotte

ALTRO APPROFONDIMENTO: IL CULTO DELLA GROTTA UTERINA: RHEA, KYBELE, ADRASTEIA
 

tratto da


La stessa stretta connessione tra la Dea Natura e il Dio del Sole nel medesimo inno si ritrova in un poeta più recente e sicuramente indipendente da Mesomede. Nell'anno 400 d.c il poeta romano Claudiano celebrò l'anno consolare del suo protettore Stilicone, descrivendo come il Dio del Sole dalla grotta "del tempo infinito", cioè dell'Aion conduca fuori, con l'anno di Stilicone, la serie degli anni aurei. Forse Claudiano prese l'immagine di una "grotta del tempo infinito" dalla religione di Mitra. Ma davanti all'entrata della grotta fa la guardia - custos sedet - una Dea che qui si chiama Natura, in altre connessioni però, quale madre di Giove, si chiama anche Cybele, la Rhea dei Greci. Qui è illustrata più dettagliatamente:
Est ignota procul nostraeque impervia genti, vix adeunda deis, annorum squalida mater, immensi spelunca aevi, quae tempora vasto suppeditat revocatque sinu. Complectitur antrum, omnia qui placido consumit numine, serpens perpetuumque viret squamis caudamque reductam ore vorat tacito relegens exordia lapsu. Vestibuli custos vultu longaeva decoro ante fores Natura sedet, cunctisque volantes dependent membris animae.
Giace ignota e lontano, inaccessibile a noi, uomini, e quasi irraggiungibile agli Dei, la grotta dell'immenso Aion, madre squallida degli anni, che dal suo ampio grembo manda le epoche e le riprende in esso. Un serpente che con la sua tranquilla divinità consuma tutto, circonda la grotta ed è vitale in eterno nelle sue squame, divorando con la bocca la propria coda e tornando così silenziosamente ai propri inizi. Quale custode del vestibolo, siede la vecchia Natura con il bel viso e da tutte le sue membra pendono anime alate.
Qui non si possono non riconoscere gli elementi orientali: l'uroboros, il Serpente dell'Eternità che morde la propria coda.


Nota di Lunaria: si ponga attenzione anche a quel "la grotta dell'immenso Aion, madre squallida degli anni, che dal suo ampio grembo manda le epoche e le riprende in esso", non ricorda Kali? Kali è Madre del Tempo, distrugge per ricostruire.

L'immagine mitologica della grotta, comune ai Greci e ai Persiani, costituisce la base d'unione di elementi occidentali e orientali. Si è dovuto supporre che Rhea Kybele, quale Grande Madre delle anime, esistesse già per i Pitagorici più antichi.


Nella grotta abita la Dea Nyx, la Notte.
 Anzi, vi abitano tre Nyktes, Tre Dee Notte. Ma esse non vi regnano sole, bensì sono loro collegate col principio della luce comparente, col suo fondamento primordiale nell'oscurità primordiale: Phanes. In merito all'età di questa cosmogonia sia notato che Aristotele nella sua "Metafisica" discute seriamente "i teologi che fanno derivare tutto dalla Notte". La sua critica si riferisce esattamente a ciò che in linguaggio mitologico si esprime nell'immagine della Grotta della Notte, quale luogo d'origine di ogni esistente. A questo luogo mitologico appartenevano oltre alla Dea della Notte, Unica o Triplicata, anche altre due Dee: l'una, la Dea del monte Ide, sorella dell'altra, Adrasteia, menzionata nel "Fedro" di Platone. Ambedue sono forme di apparizione differentemente nominate, della Grande Dea Madre micro-asiatica Rhea Kybele: quale Dea della montagna Ida, nell'Asia Minore, questa si venerava come Meter Idaia, mentre nella regione di Kyzikos portava anche il nome di Adrasteia. Ora Adrasteia era anche la Dea cui un poema orfico assegnava un "luogo" particolare davanti alla grotta della Notte, presso l'entrata. Mentre nella grotta stessa troneggia Phanes, e Nyx concede i suoi oracoli agli Dei, Adrasteia, dall'ingresso, domina gli uomini.
Originariamente Adrasteia era probabilmente un nome microasiatico, ma si poteva spiegare anche dal greco e, in questo caso, significa "L'Ineluttabile". Se all'ingresso del luogo delle origini la Dea portava questo nome e non, come in Mesomede, il nome Rhea, vuol dire che nella Grande Madre in questo caso non prevaleva l'aspetto della Partoriente, bensì un altro aspetto che a sua volta era presente anche a Mesomede. Egli dice infatti che la Dea che fa la guardia, accoglie i discorsi frammisti con le azioni degli uomini. è l'aspetto di una severa padrona e giudice, in cui la divina Madre può anche apparire: nascere significa cadere sotto determinate leggi della vita. Chi ci ha partoriti ci ha lasciati cadere sotto quelle leggi: Essa era - ed è - l'ineluttabile padrona del nostro destino, essa ha posto le leggi della nostra mortalità, della nostra esistenza limitata già in anticipo e legata a ogni sorta di necessità. Questa è l'essenza di Adrasteia. Platone la definisce "Legislatrice" nel passo in cui parla della predeterminazione dell'uomo dovuta alla preesistenza della sua anima. Sebbene la Physis fosse diventata da parola primordiale un puro concetto filosofico, qualora essa appariva in un'immagine primordiale questa non per caso e non solo in modo esteriore era l'immagine della Madre, bensì era un'immagine della Madre ben definita, un'immagine purificata sia dai tratti della Madre Terra, partoriente passiva, sia dal tratto "Niobe" delle madri dolorose.

(3) APPROFONDIMENTO SU ARIANNA


Ovidio: "Bacco e Arianna". Brano tratto dall'Antologia di Scrittori Latini a cura di Marchesi e Campagna (Casa Editrice Giuseppe Principato, 1967)

Arianna, figlia di Minosse, re di Creta, era partita dalla terra natale seguendo Teseo, ch'essa aveva aiutato a uscire dal labirinto, dopo aver ucciso il Minotauro; ma nell'isola di Nasso, l'eroe ateniese abbandonò la fanciulla mentre era immersa nel sonno. Il poeta descrive la sventurata eroina, appena desta dal sonno, che va stordita e pazza per quell'isola sconosciuta; e dallo stordimento, appena sente l'orribile realtà dell'abbandono e del tradimento, passa all'urlo, all'invettiva vana e disperata lanciata per i flutti impassabili e sordi.

E finalmente viene il grido angoscioso e disperato: "Che ne sarà di me?" mentre intorno incombe un mostruoso silenzio di solitudine marina. "Che ne sarà di me?" ripete disperatamente Arianna.

Ed ecco subitaneo, assordante, lo scoppio del corteo bacchico, che rimbomba frenetico per tutta la spiaggia.
Arianna viene quindi portata via dal Dio e assunta in cielo tra le costellazioni boreali.
 

Sopra le ignote arene errava Arianna, impazzita, dove l'ondata batte la sponda dell'isola Dia.
Desta dal sonno, un velo di tunica intorno le svola: e nudi i piedi e sciolte le bionde chiome.
"Teseo crudele!" ai flutti, che non udivano, urlava: e un gran pianto rigava le tenere guance innocenti.
Gridava e piangeva: ma il grido e il pianto le davano grazia; il pianto non aveva alterato il volto suo bello.
Battea, battea con le palme il morbidissimo seno. "Lo spergiuro è fuggito", diceva, "E di me che sarà?"
Diceva "E di me che sarà?" Ah! Scoppia per tutta la spiaggia un suon di cembali e timpani percossi da mani furenti.
Ella cade atterrita; né più profferisce parola. Esangue era il suo corpo come corpo di morta.
Eccole, le Baccanti, cosparsi i capelli sul dorso: eccoli, i lievi Satiri, che in folla precedono il Dio.
Oh sul curvo asinello ecco il vecchio ecco l'ebbro Sileno, che barcolla e si aggrappa alla criniera, e via dietro alle Baccanti: ed esse via scappano e tornano, e quello da' da' con la canna alla bestia, il cavaliere maldestro, finché fa un capitombolo giù dall'orecchiuto asinello.
Gridano i satiri: "O Padre, su, levati levati, su!"
Eccolo il Dio! Dal carro che avea coronato di grappoli, il dio le tigri aggiogate guidava con redini d'oro.
Teseo, calore, voce, tutto perdè la fanciulla; tre volte ella tenta la fuga, tre volte il terrore la inchioda.
Rabbrividì tremando, come al vento la sterile spiga, come le canne lievi nell'acquosa palude.
Il Dio le parla: "Io vengo amore più fido al tuo amore. Non temere: di Bacco sarai, Arianna, la sposa. Io t'offro il cielo; dal cielo più volte alla nave smarrita, darà fulgente stella, la Gnosia Corona la via."
Disse, e balzò dal cocchio, perchè non temesse le tigri, la sua fanciulla. E il lido cedeva di sotto ai suoi passi.
La portò via serrata fra le sue braccia; era vano ogni contrasto. Un Dio facilmente può tutto.
Si leva ora il canto: "Imeneo". Risuona ora il grido "Evoè!"


***

Gnosis in ignotis amens errabat harenis,
qua brevis aequoreis Dia feritur aquis;
utque erat e somno tunica velata recincta,
nuda pedem, croceas inreligata comas,
Thesea crudelem surdas clamabat ad undas
indigno teneras imbre rigante genas.
Clamabat flebatque simul; sed utrumque decebat:
non facta est lacrimis turpior illa suis.
Iamque iterum tundens mollissima pectora palmis
"Perfidus ille abit! Quid mihi fiet?" ait.
"Qui mihi fiet?" ait: sonuerunt cymbala toto
litore et attonita tympana pulsa manu.
Excidit illa metu rupitque novissima verba;
nullus in exanimi corpore sanguis erat.
Ecce Mimallonides sparsis in terga capillis,
ecce leves Satyri, praevia turba Dei,
Ebrius ecce senex: pando Silenus asello
Vix sedet et pressas continet arte iubas;
dum sequitur Bacchas, Bacchae fugiuntque petuntque,
quadrupedem ferula dum malus urget eques,
in caput aurito cecidit delapsus asello:
clamarunt Satyri "Surge age, surge Pater!"
Iam Deus in curru, quem summum texerat uvis,
tigribus adiunctis aurea lora dabat:
et color et Theseuset vox abiere puellae
terque fugam petit terque retenta metu est;
horruit, ut sterilis agitat quas ventus aristas,
ut levis in madida canna palude tremit.
Cui Deus "en, adsum tibi cura fidelior", inquit,
"Pone metum: Bacchi, Gnosias, uxor eris!
Munus habe caelum: caelo spectabere sidus;
saepe reges dubiam Cressa Corona ratem."
Dixit, et e curru, ne tigres illa timeret,
deesilit: inposito cessit harena pede:
inplicitamque sinu (neque enim pugnare valebat)
abstulit: in facili est omnia posse Deo.
Pars "Hymenaee" canunt, pars clamant Euhion, "Euhoe!"

Altro approfondimento tratto da
 



L'uso delle statuine appese ai rami degli alberi da frutto era corrente in Grecia e a Creta. Nella maggior parte dei casi esse raffiguravano Arianna. Poiché questo appunto fu in origine la figlia di Minosse: una Dea minoica primitiva, uno spirito della vegetazione, dell'albero.
Il suo nome, Arianna, o meglio Ariagne, tradotto di solito come "la più sacra" sarebbe reso molto meglio con "l'intatta", "l'intoccabile". La vergine Arianna pagò a caro prezzo il fatto di non essere più tale perché il volubile Teseo l'abbandonò a Nasso. Fu poi consolata da Dioniso.

In seguito all'abbandono, pare che si sia impiccata.
L'impiccagione di Arianna a Cipro ricorda quella di Erigone a Icaria, ma con l'impiccagione pose fine ai suoi giorni anche sua sorella Fedra, la "Brillante", dopo essere stata respinta dal figliastro Ippolito. E Fedra a volte viene rappresentata su un'altalena (Erigone, figlia di Icario, era nota come colei che apriva le Aiorie, durante le quali venivano appese bambole e maschere, agli alberi, per assicurare la fecondità, mentre fanciulle in piedi, su una stretta piattaforma appesa ai rami, si dondolavano. Così si dice sia nata l'altalena. La simulazione del dondolio dovrebbe rappresentare l'orgasmo femminile. Il dondolio è un atto rituale che viene praticato ancora in India)

In Arcadia esisteva un culto di Artemide Apankoméne, o di Artemide Kondylits, "l'Impiccata", "la Strangolata"
(Nota di Lunaria: vedi il collegamento con i Tarocchi: L'Appeso, il Dodicesimo Arcano, che rappresenta il sacrificio di sé, le Divinità incarnate che si sono immolate: il dono di se stessi)

Artemide, la vergine che con le sue compagne frequenta le foreste selvagge, era anch'essa una divinità dell'albero, cui erano consacrati il noce, il cedro e l'abete rosso.

Che cosa possono significare tutte queste impiccagioni, di cui il dondolio rituale o le bambole appese ai rami non sono che surrogati?
L'impiego dell'altalena era associato al rinnovamento della vegetazione, le bambole stimolavano l'accrescimento degli alberi,
e molti Dei si sacrificano impiccandosi: Dioniso-Zagreo, Odino.

(Nota di Lunaria: anche il cristo si appende al legno e reclina il capo anche se non viene impiccato; comunque, nella storiella evangelica, è Giuda ad impiccarsi...)

Il sacrificio di sé è il dono totale, e, nei casi citati, si trattava di provocare l'avvio della vegetazione.
Della fede arcaica negli effetti fecondatori e rigeneratori dell'impiccagione esiste un'antica traccia: si credeva che la mandragora crescesse sotto il patibolo, dal seme degli impiccati

Secondo il mito di Arianna, ella muore, impiccata a Cipro (o bruciata da Artemide, su istigazione di Dioniso, in certe versioni): era necessario che Arianna morisse per diventare immortale e potersi unire al Dio che a sua volta, come tutte le divinità della vegetazione, è un Dio che muore e resuscita.

(4) APPROFONDIMENTO SULLA LUNA NEI TAROCCHI
https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/esoterismo-15-larcano-della-luna-e.html