Oniromanzia

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Fin dalle epoche più remote l'uomo ha cercato di spiegare con la ragione le manifestazioni della natura e quelle legate alle proprie sensazioni psicofisiche per dare una risposta a un grande, assillante interrogativo: il mistero della vita e della morte. L'incognita del futuro ed il pensiero della fine, certa per tutti, potenti e plebei, faceva sì che ogni evento, anche il più semplice, come il sogno, venisse considerato come qualcosa di oscuro, un segno da interpretare. Il sogno divenne così oggetto di meditazione. Il fenomeno, in apparenza misterioso, non poteva non stimolare la curiosità e l'interesse di quanti si dedicavano allo studio dell'uomo, nelle sue componenti spirituale e fisica e varie interpretazioni vennero a esso attribuite nell'antichità, quando, al fatto naturale, venne collegato anche qualcosa di trascendente, di divino. La prima spiegazione del sogno umano fu che esso fosse un messaggio della volontà degli Dei; per mezzo di esso la divinità comunicava agli uomini quello che desiderava venisse fatto o quello che aveva deciso per loro. Ma non sempre il sogno era di facile interpretazione.
Le visioni, a volte paurose, a volte lieti - ma spesso avulse da quella che era la vita di tutti i giorni - lasciavano perplessi e incerti coloro cui esse si manifestavano; e come sempre accade, apparvero allora gli "esperti", gli "iniziati" che potevano spiegare e chiarire tutto. Sorse così l'arte di interpretare i sogni, l'oniromanzia (dal greco "oneiros", sogno e "manteia", divinazione). Gli interpreti (sacerdoti, profeti, sibille) erano venerati e rispettati e ad essi popolo e potenti si rivolgevano per avere qualche lume o qualche parola che sapesse dare loro conforto.
Il convincimento che, durante il sonno, l'anima si allontanasse dal corpo e, librando nell'aria, potesse aver contatto con gli Dei, diede vita all'usanza di andare a dormire presso i templi, per raccogliere, nella notte, un messaggio divino: era la cosiddetta "incubazione" (dal Latino "incubare", "dormire presso un tempio") che diede poi origine alla medicina "incubatoria" per i malati che, dopo aver raccontato i loro malanni ai sacerdoti di Esculapio, Dio della medicina, dormivano nel tempio del Dio, fiduciosi di avere da lui, in sogno, l'indicazione della cura adatta a guarire i loro mali. (Nota di Lunaria: per saperne di più, in ambito egizio, vedere il libro "I misteri di Iside" di De Traci Regula, Sacerdotessa di Iside)
La credenza che, attraverso il sogno, la divinità potesse trasmettere i suggerimenti necessari per curare un male fisico, si protrasse anche dopo l'avvento del cristianesimo, quando, a quella di Esculapio, venne però sostituita l'immagine dell'arcangelo Michele.
Che gli Dei fossero presenti in tutte le circostanze della vita era convinzione radicata e per ogni evenienza veniva supplicato l'intervento di una divinità. E il fatto che san Michele abbia poi sostituito Esculapio nel suggerire in sogno la cura dei mali non deve stupire: la chiesa autorizza tuttora i fedeli a chiedere l'intercessione dei santi in caso di malattia: sant'Anna è la protettrice delle donne in travaglio del parto (come lo era Lucina, la Dea che aiutava a venire alla luce i bambini); san Biagio protegge la gola, santa Lucia gli occhi, santa Barbara i soldati e così via. Ma, per ritornare all'antichità, il fenomeno del sogno ebbe varie interpretazioni.
Aristotele non accettava completamente l'interpretazione del sogno come messaggio divino; il sogno era, a suo giudizio, il ricordo delle esperienze provate nella veglia dai sensi, che rimanevano impresse nel corpo e prendevano forma nel sonno. Egli scrisse alcuni commenti contro la divinazione, a quel tempo molto seguita, aggiungendo però che non si poteva negare alle visioni notturne qualche possibilità mantica. Per gli stoici invece il sogno era un messaggio divino con finalità mantiche.
Fu Zenone Cizico, nato nel 340 a.C a Cizio, cittadina dell'isola di Cipro, a fondare lo stoicismo. Egli svolse il suo insegnamento a Atene , nella Stoa (porticato) da cui derivò il nome di questa scuola. Uno dei discepoli più famosi fu Crisippo che in seguito venne chiamato "il secondo fondatore dello stoicismo".
Questi pensatori dividevano le cose del mondo in due categorie: la passiva, ovvero la materia, e l'attiva, ovvero l'incorporeo. La seconda (in Greco "aitèr", aria, e in Latino "aether") era la divinità da cui proveniva ogni moto dello spirito e l'anima umana, considerata una particella di questa sostanza primordiale. Da ciò derivava il concetto che il sogno, incorporeo - e quindi privo di materia - fosse necessariamente un'emanazione della divinità.
Diversa era invece l'origine del sogno secondo i seguaci di un'altra scuola filosofica, gli epicurei.  Epicuro, nato a Samo nel 342 a.C fondò nel 302 a.C una scuola in Atene, dove visse fino alla morte. I luoghi dove egli si riuniva con i suoi discepoli erano nominati "giardini" e furono frequentatissimi, facendo spietata concorrenza alla Stoa, i cui seguaci avversarono ferocemente gli epicurei.
Epicuro considerava la filosofia come l'arte per offrire all'uomo non già la verità assoluta, ma la felicità. Egli asseriva che il bene consisteva nel piacere, anche se riteneva più permanenti i piaceri della mente rispetto a quelli fisici. Reputava anche contraria al raggiungimento della felicità completa l'ignoranza del mondo esterno e della natura umana: dal niente nulla nasce e si compie e niente si può annullare completamente, senza dare vita a un'altra forma.  Ogni conoscenza umana nasce dalla sensazione e i sensi danno quindi piena e assoluta certezza. Il ricordo di molte sensazioni produce il concetto che crea l'anticipazione di un'esperienza futura. Da questa considerazione nasce la concezione epicurea del sogno, che è prodotto dagli atomi che si trovano intorno all'uomo e influiscono sulla sua mente, formando nella notte l'immagine dei desideri e delle aspirazioni di colui che sogna. Questo concetto è stato ripreso sovente da scrittori e poeti greci, che fanno sognare ai loro personaggi gli avvenimenti che vorrebbero vivere nella realtà: Nonno, poeta del V secolo d.C, nelle sue "Dionisiache" ci descrive Dioniso dormiente che abbraccia in un dolce amplesso l'amata Beroe, la fanciulla che da sveglio non osa sfiorare neppure con uno sguardo!
Come abbiamo detto, l'oniromanzia ha dunque origini antichissime e ancor prima dei testi greci e romani, la Bibbia nel narrare la storia del popolo ebreo e dei suoi profeti, la cita continuamente. (*) Nelle sacre scritture molti personaggi hanno infatti nel sonno visioni profetiche o sanno spiegare i sogni altrui. E costante, in questi scritti, la presenza di Dio che si manifesta agli uomini nel sogno per ammonirli, guidarli, punirli e per rivelare loro il suo disegno. Nella Genesi, Giacobbe sogna una scala luminosa, percorsa da schiere di angeli e ode dall'alto la voce di Dio; Giuseppe vede il sole, la luna e le undici stelle (che rappresentano il padre, la madre e i fratelli) che lo adorano; nel libro dei Profeti, Daniele spiega i sogni di Nabucodonosor, re di Babilonia; Giuseppe viene avvisato dall'angelo di fuggire in Egitto.

(*) Come del resto, la Bibbia cita continuamente eventi strani, che acquistano un senso solo se si mastica un po' di esoterismo o mitologia comparata; qualche esempio:
che Jahvè si manifesti in un rovo, è segno che indica che gli stessi ebrei, al pari dei cananei e di altri popoli, avevano, almeno agli inizi, un culto della vegetazione. Ne parlano Frazer, E.O. James e Robert Graves. Del resto, in epoca pre-islamica, gli Arabi adoravano Al Uzza, Manat e Allat, le Tre Dee, negli alberi delle acacie...
Secondo la studiosa femminista della Bibbia Ilana Pardes, la stessa moglie di Mosé celerebbe la Dea Iside, riportata, tra l'altro, in un affresco di una sinagoga del III secolo a Dura-Europos, in Siria: l'indizio decisivo delle connessioni fra Iside e Zippora è il fatto che Iside sia una Dea alata e in ebraico Zippora significa "uccello".
E come dimenticare il sacrificio umano della figlia di Iefte?
"Lasciami stare per due mesi e lasciami andare, e di sicuro scenderò sui monti, e lasciami piangere la mia verginità, io e le mie compagne... E andava ella con le sue compagne, e piangeva per la sua verginità sui monti...Ed alla fine di due mesi avvenne che tornò da suo padre, dopo di che egli adempì il voto che aveva fatto verso di lei."

"Piangeva per la sua verginità sui monti", una frase ermetica, che secondo alcuni biblisti lascerebbe intendere che:

"Almeno un esegeta dalla fantasia accesa suggerisce che la figlia di Iefte e le sue compagne fossero accolite di un culto sessuale in cui le donne israelite venivano consacrate a una divinità (probabilmente Baal) con un atto di deflorazione rituale. Un altro commentatore suggerisce che partecipavano a un culto pagano della fertilità basato sul costume antico e primitivo di piangere ogni anno lo spirito morto o scomparso della fertilità durante la stagione di inverno o di siccità."


Per approfondimenti, vedi:


Lasciando le Sacre Scritture, sappiamo che fin dai tempi antichi esistevano delle "Tavole divinatorie" cui attingevano i vari interpreti per i loro responsi e di esse ci parla Plutarco; ma uno dei primi autori che trattino l'argomento è Antifonte sofista che scrisse un trattato intitolato "L'interpretazione dei sogni".
Antifonte, che la tradizione vuole indovino e oniromante, dà al sogno un'interpretazione quasi razionale e dai simboli che nel sogno appaiono trae il significato occulto e profondo in contrapposizione al metodo corrente che si fermava all'ovvia apparenza dell'immagine. Ma l'opera sui sogni più completa ed estesa in assoluto dell'antichità è l' Oneirocriticon di Artemidoro Daldiano, nato ad Efeso nel II secolo d.C; l'Oneirocriticon, che ha chiaro intento didattico e vuole insegnare l'arte dell'interpretazione dei sogni, consta di cinque libri, di cui i primi tre sono dedicati ad un certo Cassio Massimo e gli altri due al figlio di Artemidoro. Nel rivolgersi al potente amico e al figlio con consigli e chiarimenti sulla sua arte, Artemidoro rivela in tutto il suo scritto una profonda conoscenza della vita, grande acume e viva intuizione interpretativa. Appare anche un quadro interessante della Grecia di quel tempo: tutte le credenze, le paure e gli usi di quel mondo. Artemidoro fa derivare, dalle due grandi categorie di sogni, quella mantica o divinatoria (da lui denominata "oneiroi") e quella in cui essi venivano considerati provocati da uno stato dell'anima o del corpo ("enupnia", "ciò che esiste"), cinque classi (personali, impersonali, comuni, pubbliche e cosmiche) secondo il soggetto del sogno e la personalità di colui che lo ha sognato.

Nel capitolo 1 del suo Oneirocriticon, Artemidoro elenca le parti del corpo umano che nel sogno hanno sempre un significato simbolico ben preciso, per esempio, i denti: se cadono ad un debitore, sono l'avviso che il debito dovrà essere pagato, magari a monete spicciole, se i denti vengono via ad uno ad uno; ma se cadono ad un mercante, vuol dire che egli farà buoni affari; purtroppo, invece, per un malato, perdere i denti significa l'aggravamento del male e forse l'esito fatale!
Nel suo lungo trattato, lo scrittore ci parla di ogni possibile visione onirica; anche sognare legumi ha un significato: sono considerati indizio di malaugurio. Le fave erano anche considerate in relazione con lo spirito dei morti; questa correlazione perdura ancora in Venezia-Giulia dove nel giorno dei Defunti, si cuociono dei dolcetti che sono chiamati le "fave dei morti"!
Artemidoro faceva dell'oniromanzia la sua professione e nell'Oneirocriticon intende insegnare l'arte, il mestiere dell'oniromante, che oltre che considerazione e stima, poteva dare anche benessere materiale.

Nel III libro tratta anche della durata della vita: dice che se nel sogno il soggetto si sente annunciare "tu vivrai un certo numero di anni", si potrà trarre da quel numero il calcolo di quanto il sognatore vivrà. Il numero citato dev'essere interpretato secondo la corrispondenza tra le lettere dell'alfabeto e i numeri: in greco la numerazione era fatta con le lettere dell'alfabeto, così come avveniva nell'ebraico. Si ponga il caso che al sognatore venga annunciato "vivrai 1 anno", ebbene, in greco "1" si dice "en"; nella sua corrispondenza numerica "en" viene così divisa: "e" = a S;
"n" = a 50, perciò avremo 55 anni di vita!

Dopo quello di Artemidoro non possiamo non citare un altro trattato di oniromanzia che ci è giunto in un manoscritto dell'epoca post-bizantina ma che è, nel suo originale, molto
antecedente. è il trattato di Biagio l'Ateniese. Lo scritto non ha intenzioni didattiche, vuole solo aiutare a capire i sogni e a trarne le giuste interpretazioni. Inizia con una fervida lode all'arte oniromantica e si scaglia con passione contro coloro che la tacciano di ciarlataneria. Risalendo alle più lontane tesi astrologiche che fa sue e che affermavano che i giorni della settimana potevano essere fausti o infausti, consiglia di non interpretare i sogni il martedì, il giovedì o il sabato, perché in quei giorni l'influsso degli astri è negativo, bensì di farlo negli altri giorni. Sono interessanti i significati simbolici che Biagio dà agli animali: il gatto, per esempio, è simbolo di tradimento, il cane di adulazione, l'agnello di pace, il lupo di malvagità, la tortora di purezza, il cavallo di difficoltà finanziarie. Anche la ricorrenza dello stesso sogno  denota la sua importanza e valore: il male o il bene che nel sogno si ripetono sono in aumento anche nella vita! Ma è già qui anche evidenziato il concetto dei contrari: il sognare la propria morte è segno di lunga vita.
C'è anche, nell'opera di Biagio, il consiglio di aspergersi il capo d'acqua con intento purificatore o di dire particolari preghiere, compiere precisi rituali per indirizzare il male su un oggetto inanimato; questi espedienti preannunciano le pratiche magiche ed esoteriche del Medio Evo.

Il sogno ha dunque affascinato fin dall'antichità le menti degli uomini, siano essi stati dei grandi pensatori o gente comune. E questo interesse è vivo nella letteratura e nel teatro antichi, dove l'autore usa il sogno come espediente tecnico e mezzo per spiegare o anticipare gli sviluppi della vicenda.
Omero nei suoi poemi parla spesso di sogni che pur avendo funzione narrativa per introdurre il lettore nel vivo dell'azione, confermano il convincimento del poeta che i sogni siano espressione della volontà degli Dei e spesso un messaggio di quanto il Fato sta preparando. Il sogno di Penelope nell'Odissea è interessante per i due aspetti che assume: quello della funzione narrativa e quello di visione profetica. La donna sogna, nella notte, che le sue oche, mentre becchettano tranquille nell'aia, vengono attaccate e divorate improvvisamente da un'aquila. Il sogno la lascia timorosa e preoccupata: forse Giove vuole annunciarle qualche sventura? (l'aquila infatti era considerata il simbolo di Giove) Forse Ulisse non tornerà più a Itaca? Ma in seguito i simboli del sogno si riveleranno ben diversi dalla prima interpretazione: l'aquila appare nuovamente in sogno e conforta Penelope: Ulisse ritornerà a fare strage dei Proci (nel sogno simboleggiati dalle oche) che hanno occupato la casa e ne hanno insidiato la sposa. L'aquila sognata divenne così simbolo dell'eroe vittorioso e presagio di futura felicità.
Il concetto che i sogni possano essere anche ingannatori, Omero lo accoglie in pieno, quando nell'Iliade vuole giustificare la sconfitta dei Greci in una delle tante battaglie sotto le mura di Troia. Omero era greco e quindi cantava le gesta e l'eroismo del suo popolo: doveva quindi, per amor patrio, trovare un perché a qualche sconfitta dei suoi eroi; così quando nel II Libro Agamennone si lancia con i suoi in battaglia e viene clamorasamente respinto dai nemici, la ragione c'è: il re greco aveva fatto un sogno in cui Giove lo incitava al combattimento, ma Giove in quel momento era ostile ai Greci e aveva mandato ad Agamennone il "sogno fallace" che lo avrebbe condotto alla sconfitta! In tutti i poemi omerici gli Dei non sono modelli di coerenza o dignità: hanno il comportamento volubile e a volte maligno tipico degli uomini, se non peggiore. Tutti però alla fine  subiscono le decisioni del Nume più forte: il Fato. E nella storia raccontata da Omero, il Fato aveva deciso: Troia doveva essere distrutta!
Il concetto che il Fato domini tutto, uomini e Dei, era radicato nella credenza degli antichi greci  e questa potenza che guida gli eventi e ne decide l'esito, era la più temuta, la più venerata. Nel teatro antico è interessante osservare come il sogno premonitore o profetico sia quasi d'obbligo: serve da antefatto o da spiegazione di quanto avverrà sulla scena. (Nota di Lunaria: espediente letterario a cui ricorre anche Marion Z. Bradley nel suo "La torcia")




Mentre nel teatro romano, per il carattere più realistico dei latini (la cultura greca è volta allo spirito mentre quella romana all'azione e alla concretezza) il sogno non si manifesta con simboli oscuri e appare chiaramente il fatto che si vuole annunciare così com'è nella sua realtà, nel teatro greco il sogno è sempre simbolico e questo dà alla tragedia una tinta ancora più angosciante: i personaggi più tormentati, più complessi, sono quelli che sognano e sono oppressi da incubi notturni.  Come espediente scenico, il sogno, infatti è principalmente usato nella tragedia e poco nella commedia, per il suo aspetto e significato misteriosi, non certo adatti a suscitare allegria o risa.
Eschilo nei "Persiani" ci parla del sogno di Atossa, moglie del grande Dario e madre di Serse; la donna prevede, mentre la potenza dei re persiani è ancora nel suo pieno fulgore, la loro sconfitta: sogna infatti, nella notte, due  figure femminili, una vestita con un manto greco regale e solenne, l'altra coperta di modeste vesti persiane, afflitta  e malinconica: la Grecia vincerà la Persia! Altro personaggio tragico del teatro greco è Clitennestra, regina di Micene, moglie di Agamennone: durante la lunga guerra di Troia la donna non aveva saputo attendere il marito ed era diventata l'amante di Egisto, che mirava a impossessarsi del trono. Al ritorno in patria, Agamennone viene ucciso dai due amanti che celebrano le nozze. Ma la vita della donna, da quel momento, non ha più pace: il rimorso per il delitto commesso e la fuga di Oreste che ha giurato di vendicare il padre ucciso, non le fanno gustare la gioia del trionfo, e questo stato d'animo si rivela negli incubi che la opprimono di notte!
Nelle "Coefore" di Eschilo, Clitennestra sogna di venire uccisa da un drago - che simboleggia Oreste, e che in seguito ucciderà la madre e vendicherà il padre assassinato, mentre nell' "Elettra" di Sofocle, sogna Agamennone: vede il marito piantare nel Lare domestico il suo scettro e divenire un albero frondoso che con i suoi rami sovrasta tutta Micene. Il simbolo è evidente e agghiacciante per la donna: Oreste, figlio di Agamennone, è la fronda dell'albero paterno che sarà alla fine vincitore sugli amanti assassini.  


Nota di Lunaria: così Vittorio Alfieri inizia l' "Oreste" (1777)




Elettra:

Notte! Funesta, atroce, orribil notte,
presente ognora al mio pensiero! Ogni anno,
oggi ha due lustri (1), ritornar ti veggio (2)
vestita d'atre (3) tenebre di sangue;
eppur quel sangue (4), ch'espiar ti debbe,
finor non scorre. -Oh rimembranza! Oh vista!
Agamennòn, misero padre! In queste
soglie svenato io ti vedea; (5) svenato;
e per qual mano! - O Notte, almen mi scorgi (6)
non vista, al sacro avello (7). Ah! Pur ch'Egisto,
pria (8) che raggiorni, a disturbar non venga
il mio pianto, che al cenere paterno
misera reco in annual tributo!
Tributo, il sol ch'io dar per or ti possa,
di pianto, o padre, e di non morta speme
di possibil vendetta. Ah! sì: tel giuro:
se in Argo io vivo, entro tua reggia, al fianco
d'iniqua madre, e d'un Egisto io schiava,
null'altro fammi ancor soffrir tal vita,
che la speranza di vendetta. è lungi,
ma vivo, Oreste. Io ti salvai, fratello;
a te mi serbo; infin che sorga il giorno,
che tu, non pianto, ma sangue nemico
scorrei farai sulla paterna tomba.

1) Due lustri = dieci anni

2) Ti veggio = ti vedo

3) Atre = oscure

4) Quel sangue = il sangue di Egisto

5) Ti vedea = ti vedevo

6) Mi scorgi = guidami, scortami

7) Sacro avello = la tomba di Agamennone

8) Pria = prima che faccia giorno

Clitennestra: Figlia.

Elettra: Qual voce? Oh ciel! Tu vien?...

Clitennestra: O figlia, deh! Non sfuggirmi io la sant'opra (1) teco divider voglio; invan lo vieta Egisto: ei nol saprà. Deh! Vieni; andiamo compagne alla tomba.

Elettra: Di chi?

Clitennestra: ...Del...tuo...infelice... padre.

Elettra: Perché non dir, del tuo consorte? Non l'osi; e ben ti sta. Ma il piè verso essa come ardirai tu volger? Tu lorda ancor del sangue suo?

Clitennestra: Scorsi due lustri son da quel dì fatale; il mio delitto due lustri interi or piango.

Elettra: E qual può tempo bastare a ciò? Fosse anco eterno il pianto, nulla saria. Nol vedi? Ancor rappreso sta su queste pareti orride il sangue, che tu spargesti: ah! Fuggi: al tuo cospetto, mira, ei rosseggia, e vivido diventa.
Fuggi, o tu, cui né posso ormai, né debbo madre nomar: vanne; dell'empio Egisto riedi al talamo infame. Al fianco suo tu sua consorta sta: né più inoltrarti a perturbar le quete ossa d'Atride.(2) Già già l'irata sua terribil ombra sorge a noi contro, e te respinge addietro. 

Clitennestra: Fremer mi fa... Tu già mi amasti... o figlia.... Oh rimorsi! ...Oh dolore!...ahi lassa!....E pensi, ch'io con Egisto sia felice forse?

Elettra: Felice? E il merti? Oh! Ben provvide il cielo, ch'uom per delitti mai lieto non sia. Eternamente nell'eterno fato sta tua sventura scritta. Ancor non provi, che i primi tuoi martiri: il premio intero ti si riserba di Cocito all'onda. (3) Là sostener del trucidato sposo dovrai gl'irati minacciosi sguardi: là, al tuo giunger, vedrai fremer degli avi l'ombre sdegnose: udrai de' morti regni lo inesorabil giudice (4) dolersi, che niun tormento al tuo fallir si adegui.  

Clitennestra: Misera me! Che dir poss'io?... Pietade...
ma, non la merto... Eppur, se in core, o figlia, se tu in cor mi leggessi... Ah! Chi lo sguardo può rivolger senz'ira entro il mio core contaminato d'infamia cotanta?
L'odio non posso in te dannar, né l'ira. Già in vita tutti i rei tormenti io provo del tenebroso Averno, il colpo appena dalla man mi sfuggia, che il pentimento tosto, ma tardo, mi assalia tremendo. Dal punto in poi, quel sanguinoso spettro e giorno e notte orribilmente sempre sugli occhi stammi. Ov'io pur muova, il veggo di sanguinosa striscia atro sentiero precedendo segnarmi: a mensa, in trono, mi siede a lato: infra le acerbe piume, se pure avvien che gli occhi al sonno io chiuda, tosto, ahi terribil vista! Ecco mostrarsi nel sogno l'ombra; e il già squarciato petto dilaniar con man rabida, e trarne piene di negro sangue ambe le palme, e gittarmelo in volto. - A orrende notti, dì sottentran più orrendi: in lunga morte così men vivo. - O figlia (qual ch'io sia, mi sei pur tale) al pianger mio non piangi?

Elettra: Piango...sì... piango. - Ma tu, di': non premi, tuttor non premi l'usurpato trono? Teco tuttora Egisto vil non gode comune il frutto del comun misfatto? - Pianger di te, nol deggio; e men io deggio creder al pianger tuo. Vanne, rientra; lascia ch'io sola a compier vada...
 
(1) La vista alla tomba di Agamennone.
(2) Le ossa di Agamennone, figlio di Atreo.
(3) Nel regno dell'Oltretomba, di cui il Cocito è un fiume.
(4) Minosse, il più noto dei giudici infernali. Gli altri due sono Eaco e Radamanto.

 
Da questi brevi esempi possiamo vedere come il sogno abbia importanza per creare quell'atmosfera cupa e solenne che caratterizza la tragedia greca. La sorte degli uomini è decisa da una forza superiore cui nessuno può sfuggire; i segni che appaiono sono la manifestazione di questa forza: il sogno con i suoi simboli è la sua voce occulta. Che Artemidoro dichiari di aver avuto l'ispirazione a scrivere la sua opera da un sogno, è cosa abbastanza logica e si può considerarla come una trovata di sapore letterario; ma anche altri hanno usato lo stesso espediente: possiamo ricordare Luciano, un prosatore vissuto nel II secolo d.C, nel 120 circa, che scrisse la maggioranza delle sue opere sotto forma di "dialoghi" molto piacevoli e ricchi di arguzia. Egli racconta, per spiegare la sua vocazione alle lettere, come essa gli fosse stata suggerita da un sogno. Aveva avuto una visione, una notte, quando era ancora fanciullo ed era stato mandato dal padre presso un parente a imparare l'arte della scultura: gli erano apparse due donne, una grossa, scarmigliata, con le vesti coperte di polvere; l'altra di aspetto gentile, vestita sontuosamente, con atteggiamento solenne. Le due donne, sulle prime, erano quasi venute alle mani per contendersi il ragazzo e poi avevano desistito e si erano rivolte a lui, dicendogli di decidere con chi delle due egli volesse andare.  E gli si erano così rivelate: la prima, quella grossa e impolverata, aveva dichiarato di essere la Scultura e gli aveva elencato i vantaggi della sua professione: "Non badare alla polvere che ti coprirà. Pensa alle opere eccelse che hanno fatto Fidia e Mirone. Potrai essere come loro, se mi vorrai seguire..."  L'altra gli aveva rivelato di essere l'Eloquenza. "Se tu mi seguirai, avrai fama, conoscenza di tutto il sapere del mondo, userai il tuo intelletto senza sciupare le tue mani né sporcare le tue vesti..." Quando il ragazzo scelse di seguire l'Eloquenza, quest'ultima lo fa salire su un carro trainato da cavalli alati e gli fa vedere dall'alto tutto il mondo sul quale egli avrebbe poi sparso i semi del suo sapere e dal quale sarebbe stato amato e onorato. Dopo quel sogno Luciano dichiara di aver lasciato la bottega dello scultore e di essersi dedicato alla letteratura. Forse lo scrittore non ha veramente fatto quel sogno, ma ha voluto così far intendere che la vocazione dell'arte è ispirata dagli Dei e solo con il sogno gli Dei possono parlare ai mortali. E il sogno è comunque rimasto nel suo pensiero di artista, perché tra gli altri Dialoghi da lui scritti ce n'è uno piacevolissimo intitolato "Il sogno" in cui il protagonista Micillo, un ciabattino, se la prende con il suo gallo che, con il suo canto inopportuno, ha interrotto un sogno bellissimo: Micillo infatti nel sonno era diventato ricchissimo e stava ammirando tutto l'oro di cui era venuto in possesso. Il dialogo tra uomo e gallo si fa serrato e da esso il gallo appare più assennato perché dopo aver rivelato le varie vite in cui era stato in precedenza (era stato anche Pitagora!) conclude che è meglio la vita di colui che non ha ricchezze a confronto di quella del riccone che passa le sue giornate e le notti nell'ansia che qualche ladro lo derubi o qualche falso amico lo imbrogli. E Micillo conviene, alla fine, molto filosoficamente, che la vita dei ricchi è più penosa e affannosa di quella della gente semplice... e perdona al gallo la sveglia, prima poco gradita.


Il sogno protagonista e elemento indicativo delle credenze e del pensiero umani in tutti i periodi storici


Come abbiamo potuto vedere non solo da opere specificatamente a sfondo oniromantico ma anche dalla prosa, dalla poesia e dal teatro antichi, il sogno appare elemento importante e indicativo del pensiero, delle usanze e delle credenze di quei tempi. Ma questo non è avvenuto solo nell'antichità; in tutti i periodi storici la vita dell'uomo ha seguito ed è stata condizionata dalla sua natura spirituale e fisica; il sogno è sempre stato un protagonista e la sua interpretazione ha subito l'evolversi dei tempi. Se nell'antichità esso era considerato principalmente messaggio divino, tale credenza si protrasse anche nelle epoche successive, quando però la sua immagine venne alterata dalle credenze del momento e, offuscata dalla superstizione, assunse i caratteri decisamente negativi. Il Medioevo, con l'atmosfera oscura che lo caratterizzava, non poteva non vedere nel sogno qualcosa di misterioso; se prima era stato voce divina, ora era piuttosto considerato una voce demoniaca. Nel triste periodo della caccia alle streghe, che tante vittime innocenti ha sacrificato alla superstizione, sognare e raccontare i propri sogni poteva essere tragicamente pericoloso. In quel periodo, per trovare una spiegazione ai simboli onirici, si crearono le cosiddette "Chiavi del sogno" con elencati gli argomenti che, classificati, potevano dare un chiarimento del sogno stesso. Queste "Chiavi dei sogni" erano molto consultate e anche scrittori e poeti ne rimasero influenzati e da esse trassero ispirazione nei loro scritti, dove sogno e realtà erano legati dal pensiero dominante della magia. I sogni, in questo periodo, erano considerati esclusivamente un presagio per il futuro e persino gli uomini più illustri e le menti più eccelse li giudicavano qualcosa di profondamente vero e pensavano che nel sonno si potessero vedere le cose meglio che nella veglia! Di questo avviso erano Cardano, Nostradamus e altri ancora: essi, studiosi di astrologia e arti magiche, erano convinti che lo spirito, nel sonno, sotto influenza degli astri, potesse prevedere il futuro: l'influsso degli astri si era così sostituito a quello della divinità ma il concetto non cambiava, perché comunque il sogno era anche qui considerato qualcosa di metafisico e con un significato profetico. La letteratura medioevale è stata influenzata dalle "Chiavi dei sogni", nel senso che essa è improntata ad un'atmosfera di magia. Se pensiamo al ciclo dei "Cavalieri della Tavola Rotonda", ovvero alla leggenda di Re Artù e dei suoi cavalieri e agli eroi dell'Ariosto, che nell'"Orlando Furioso" ripropone le stesse figure, vediamo che tutte le vicende che vengono raccontate e le gesta dei protagonisti sono dominate dalla magia. Non esistono qui né Dei, né Dio: ci sono solo maghi e le fate che condizionano la vita degli uomini; e spesso sono quelli di natura malvagia che hanno il sopravvento: al mago saggio e alla fata benigna si oppongono le forze demoniache del male che, con sortilegi  e incantesimi, confondono e distruggono gli uomini. Anche fenomeni della natura appaiono agli uomini come mossi da forze demoniache o per lo meno magiche; residuo di queste credenze è la denominazione che ancor oggi si dà al fenomeno di "miraggio" che si osserva spesso nello stretto di Messina, dovuto alla rifrazione della luce del sole sulle acque e sugli scogli della costa; questo fenomeno è chiamato infatti "Fata Morgana" dal nome della fata ingannatrice e bugiarda della leggenda di Re Artù. Nel XV e nel XVI secolo, che il sogno fosse la voce del demonio era una convinzione radicata, come si è già detto. I simboli che nel sonno potevano apparire, erano il più delle volte considerati voci del male; e spesso soggetti più deboli, specialmente femminili, più facilmente in preda ad esaltazione, confessavano di aver sognato Satana sotto le sembianze di un serpente e questo bastava perché venissero considerati in combutta col demonio e quindi abbandonati da Dio. Ed il passo verso il rogo era breve! è questo il triste periodo della caccia alle streghe, in cui non solo nei simboli onirici si vedeva un significato demoniaco e sinistro, ma anche nei piccoli segni del corpo come un neo o una macchia sulla pelle, venivano considerati il marchio della magia di appartenenza al mondo satanico (Nota di Lunaria: sì, il Sigillum Diaboli). Anche una chioma rossa, specialmente per una donna, poteva essere sintomo di una persona in convivenza con le forze del male!
E come il serpente nel sonno era considerato il simbolo del demonio, così anche la civetta o il gufo avevano un significato funesto. Ancora oggi l'apparizione di questi animali suscita un brivido di timore superstizioso e ciò deriva appunto dalla tradizione più antica: dal nome latino "strix-striges" è derivata la parola strega.   (Nota di Lunaria: Nei "Fasti" di Ovidio si accenna a Carna - Cardea o Cardna -, protettrice dei bambini, che salvaguardava dall'aggressione dei vampiri e delle Striges, e a un'altra divinità, Robigo, deputato a scongiurare l'aggressione della ruggine sul frumento. Inoltre la civetta è associata a Lilith)

Gatti selvatici s’incontreranno
con iene,    
i satiri si chiameranno l’un l’altro    
lì sosterà anche Lilith    
lì troverà tranquilla dimora    
(Isaia 34:14)

Erano principalmente gli occhi rotondi della civetta e del gufo a dare quel senso di timore alla gente: la loro fissità era collegata al sortilegio. Lo sguardo aveva un valore di forza malefica che simboleggiava il malocchio, e se nella classicità la civetta era il simbolo  di Atena, quindi della Saggezza, col passare del tempo venne collegato alla pazzia.


Il sogno dunque ha seguito la storia dell'uomo nei secoli,  e secoli sono passati per giungere ai primi interpreti, quelli dei giorni nostri: ora il sogno è considerato un fatto puramente naturale, estraneo a influenze metafisiche anche se la premonizione è tuttora un argomento di studio e di interesse come nel caso dei sogni "telestetici" (azione psichica a distanza sul cervello del dormiente): si racconta che Lincoln avesse narrato ai suoi collaboratori , poche ore prima di essere ucciso, che gli era capitato di sognare, anni prima, per ben due volte, la stessa scena: era su una barca, senza remi né timone, e andava alla deriva nell'oceano infinito. In entrambi i casi, dopo, gli erano accaduti fatti importantissimi per la sua vita! "Aspettatevi avvenimenti sensazionali", aveva detto, e non sapeva di presagire la sua stessa uccisione!
Un altro episodio significativo è quello del prelato ungherese che sognò di ricevere una lettera dall'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria, in cui l'Arciduca stesso gli annunciava la propria morte: questo sogno avvenne la notte antecedente al delitto di Sarajevo! E ancora, si dice che Garibaldi, in navigazione su un mercantile, vide in sogno un funerale e nella bara scorse il volto di sua madre: nel medesimo istante, la donna moriva a Nizza!
Tartini, vissuto agli inizi del '700, aveva sognato, una notte, il demonio, che a capo del suo letto, suonava con il violino una melodia sublime. Da questa melodia, udita in sogno, egli ha tratto il celebre "Il trillo del Diavolo"! 

Il sogno, oggi


Indubbiamente il sogno è una delle più strane esperienze psicologiche dell'uomo, una delle attività del pensiero più misteriose e affascinanti. Abbiamo visto come, fin dalla notte dei tempi, l'oniromanzia abbia cercato di dare un preciso significato ai sogni, così da poter fornire la chiave per meglio conoscere il presente e il futuro. Anche la scienza non ha tardato a occuparsi dei sogni, cercando di tralasciare il significato occulto e profetico per chiarire e codificare l'aspetto del sogno come fenomeno mentale. 
Che cos'è il sogno? Ecco il primo quesito. Si può rispondere che il sogno è una particolare attività mentale, cerebrale, per essere più precisi, che si manifesta durante il sonno. Ricordi, immagini, associazioni di idee, di pensieri veri e propri: esattamente come quando si è svegli, con la differenza che nel sogno immagini ricordi e pensieri sono collegati tra loro secondo una logica completamente differente rispetto alla veglia: alcuni sostengono che nei sogni non ci sia logica alcuna, ma la psicoanalisi ci insegna che ciò non è affatto vero.
Per quanto riguarda gli aspetti fisiologici del sogno, si sono ottenuti risultati interessanti con l'impiego dell'elettroencefalogramma (EEG), che può fornire un tracciato grafico dell'attività elettrica del cervello, le cosidette "onde cerebrali" che durante il sonno appaiono grandi, lenti, regolari; talvolta vengono sostituite da onde più rapide e irregolari, caratteristiche dello stato di veglia. Ma è curioso notare che durante queste fasi l'individuo continua a dormire, anzi, dorme ancora più profondamente, ed è più difficile risvegliarlo. Il cervello è più attivo, ma il sonno è più profondo: per questo motivo tale condizione è stata denominata "sonno paradossale".  Durante la fase di sonno paradossale si notano anche rapidi movimenti degli occhi (REM, Rapid Eye Movements): un soggetto risvegliato mentre il suo EEG sta registrando un periodo di sonno paradossale solitamente riferisce che stava sognando. Questo e altre osservazioni dimostrano che c'è uno stretto rapporto tra sonno paradossale e sogni. Altri esperimenti hanno dimostrato che se si persevera per diverse notti a svegliare un individuo durante il sonno paradossale, tale individuo diventerà sempre più affaticato ed irritabile. Da ciò si è dedotto che il sonno paradossale è il momento fondamentale per il vero riposo psichico.
Tramite l'EEG si è calcolato che le fasi del sonno paradossale ricorrono  circa ogni 90 minuti e durano mediamente 20 minuti. Queste fasi tendono ad allungarsi verso il mattino.  In questo periodo di sonno di 8 ore si sogna per un'ora e mezza. Se contiamo di dormire una media di 8 ore al giorno durante l'arco della nostra vita, otterremo che, per una vita media di 75 anni, avremo dormito per 25 anni e sognato per 5 anni: 43.800 ore di sogni! Una fetta cospicua della nostra vita! E proprio per questo la psicologia si incaricò di inquadrare nei canoni scientifici la bizzarria dei sogni, ma i ricercatori si accorsero che il sogno non poteva essere considerato come un fenomeno ben definito di rapporto causa-effetto. Uno stesso stimolo può indurre sogni differenti, non solo in soggetti differenti, ma nel medesimo individuo in tempi differenti.  Un esempio famoso è il seguente: un ricercatore fece annusare a una persona addormentata un profumo; risvegliata poco dopo il soggetto raccontò che stava sognando di trovarsi in un campo fiorito. Il giorno seguente, ripetendo l'esperimento nelle medesime condizioni, il soggetto riferì che stava sognando di trovarsi vicino a un mucchio di rifiuti e che si tamponava il naso con un fazzoletto profumato. Vista l'impossibilità di stabilire una legge precisa e definita, la psicologia classica si persuase che i sogni erano unicamente l'espressione caotica della mente durante il sonno, quando le funzioni coscienti perdono il carattere unitario. Fu Freud che con la creazione della Psicoanalisi portò i sogni ad un livello primario per la comprensione della psiche umana. Sappiamo che la vita mentale si svolge su due piani paralleli: la vita cosciente e l'inconscio, e il secondo occupa la parte quantitativamente preponderante. Se ricorriamo all'esempio dell'iceberg, possiamo paragonare la vita cosciente alla punta e l'inconscio a tutta la massa non affiorante. Uno dei metodi creati da Freud e dalla sua scuola per far emergere gli elementi di questa parte nascosta fu proprio l'analisi dei sogni.

La scena del sogno 

 
Quando sogniamo, nel sogno siamo sempre noi stessi, sia come semplici spettatori passivi, sia che prendiamo parte attiva all'azione del sogno. L'ambiente del sogno è assolutamente differente dall'ambiente reale in cui stiamo dormendo. Noi costruiamo soggettivamente le varie scene dei nostri sogni ma al tempo stesso ci sentiamo vincolati al sogno come a qualcosa di reale e obiettivo, senza alcuna possibilità di influire intenzionalmente sull'andamento della scena sognata: non possiamo agire sul contenuto del sogno né dirigerlo. Un altro aspetto del carattere indipendente della scena onirica è che non possiamo sognare ciò che vorremmo sognare né evitare ciò che non vorremmo. La scena del sogno presenta quasi sempre dei caratteri di intrinseca assurdità: non si assoggetta ai limiti imposti del pensiero logico. è caratteristico inoltre che, nonostante l'assurdità della scena sognata, mentre sogniamo non sentiamo affatto l'esigenza della coerenza logica; le assurdità vengono così vissute senza essere accompagnate da alcun senso di meraviglia. Analogamente durante un sogno possiamo rimanere imperturbati di fronte alle azioni più strane o moralmente riprovevoli che ci può capitare di compiere nel corso della scena onirica. Infine va ricordato come, nella scena onirica, gli stati emotivi vissuti nel sogno possono essere completamente discordanti da quella che è la scena del sogno, come se immagini e emozioni potessero scollegarsi.

Il ricordo del sogno

 
Sappiamo che i sogni si dimenticano con estrema facilità: capita sovente che ci svegliamo sapendo di aver sognato, ma senza poter ricordare la cosa. Oppure ricordiamo perfettamente il sogno subito dopo il risveglio, ma non siamo più capaci di farlo dopo qualche ora. Ciò può essere dovuto ad alcuni fattori. Innanzitutto l'assoluto distacco che esiste tra la vita cosciente e la vita onirica. Il sogno è come una parentesi che non si inserisce nella nostra vita reale e normale, al mattino riprendiamo la nostra vita interrotta la sera precedente, e ciò che abbiamo sognato nel frattempo tende ad essere trascurato ed abolito quasi immediatamente. Un altro fattore di dimenticanza può essere la mancanza di coerenza logica, tipica della scena del sogno. Le connessioni logiche, formali e strutturali favoriscono la memorizzazione, quando queste vengono meno, come accade nei sogni, il ricordo si disgrega molto velocemente. Va inoltre ricordato come la coscienza cerchi di allontanare al più presto fatti poco gradevoli che possono essere affiorati durante la disinibizione del sogno. La tendenza a dimenticare i sogni non è comunque un dato assoluto e stabile, ma è soggetta a oscillazioni, con notevoli differenze tra individuo e individuo. Dimenticare i sogni è più che altro una tendenza psichica che non un fattore oggettivo, un po' di allenamento mentale può senz'altro servire a mantenere il ricordo dei sogni ma sopratuttto la disponibilità di accettare i sogni come sono. I sogni possono essere strani, ma non mentono mai.

Sogni e stimoli esterni 

 
Abbiamo già detto come il sonno sia caratterizzato da una ridotta attività cerebrale, da torpore motorio e diminuita sensibilità  esterna ed interna.  Attività ridotte, ma non abolite: alcuni stimoli sensoriali possono essere avvertiti da chi dorme, ed essere tradotti in immagini durante il sonno. Lo stimolo esterno costituisce dunque uno dei fattori del sogno, ma non è essenziale, venendo utilizzato dalla scena onirica secondo finalità proprie. Va poi detto che esiste un determinato livello di intensità dello stimolo sensoriale entro cui esso può essere inserito nel sogno: se lo stimolo diventa troppo forte, provoca il risveglio. Il sogno è perciò una specie di guardiano del sonno e cerca di garantire la prosecuzione contro qualsiasi fastidio esterno. è incredibile la rapidità con cui il sogno cambia la propria "sceneggiatura" per farvi rientrare ogni nuovo fattore. è famoso l'esempio di una persona che fu svegliata dalla caduta della tastiera del letto che andò ad urtargli il collo: svegliatosi di soprassalto il soggetto raccontò che stava sognando di trovarsi in un tribunale durante la Rivoluzione Francese; condannato al patibolo veniva portato verso la ghigliottina; la lama scendeva  ed egli sentiva la testa staccarsi dal corpo;  questo punto si svegliò.  Non esiste ancora una spiegazione chiara di questo fenomeno, anche se è stata avanzata l'ipotesi che nella nostra mente esista una specie di "archivio e sceneggiature" che possono venir utilizzate con estrema rapidità ogni volta che un forte stimolo esterno giunge a turbare il sonno.
Resta da sottolineare un'ultima cosa: il sogno costituisce una forma particolare di attività psichica e permette anche la manifestazione di veri e propri pensieri che non sono riusciti a svilupparsi durante la veglia, pensieri che durante il giorno sono stati inibiti e imprigionati nell'inconscio. Durante il sonno, venendo meno l'attività di controllo da parte della coscienza, tali pensieri possono manifestarsi mascherati da una simbologia del tutto particolare.
Premesso che non tutti i dettami della dottrina psicoanalitica vanno accettati come oro colato, dobbiamo tuttavia riconoscere che senza di essa il tema onirico sarebbe ancora, scientificamente, un argomento da lasciare da parte per non incorrere in assurdità. Freud e successivamente i suoi discepoli videre nel sogno, così come nel processo delle libere associazioni di pensiero, il principale veicolo per poter fare affiorare le più nascoste manifestazioni dell'Io. Il sogno rappresenta la storia personale del soggetto che sogna: bisogna quindi rapportare il contenuto del sogno con le più profonde esigenze della personalità. Ma queste esigenze non sempre si esprimono in maniera chiara e diretta. Freud parla di "contenuto manifesto" del sogno (ossia la scena onirica così com'è vissuta e raccontata)  e di contenuto latente (ossia l'insieme delle tendenze e delle idee che, in forma più o meno travestita, vengono espresse nella scena onirica stessa).
I sogni infantili sono lineari, erompenti, vale a dire che esprimono direttamente i desideri e i bisogni dell'organismo e della psiche. Come dice Freud, il bambino è un "piccolo anarchico", poco sensibile alle influenze ambientali e agli imperativi morali, e tende generalmente all'affermazione prepotente: il bambino che desidera fortemente un giocattolo sognerà molto facilmente di possederlo.  Le cose divengono più complicate per gli adulti perché in questi casi essi hanno imparato fin troppo bene che non possono sempre fare ciò che desiderano: esistono le leggi, le norme di comportamento collettivo, i precetti morali ecc.  Allora le tendenze istintive non possono affermarsi liberamente sul piano cosciente: la personalità morale si oppone alla libera  espressione dei sentimenti. Ecco dunque che questi istinti repressi devono rivestirsi di simboli, ricercando espressioni indirette per non incorrere nella cosidetta "censura" della coscienza.  Freud parla di "proiezione" proprio per descrivere i tentativi compiuti per riversare su altri i desideri incofessati, così da evitare l'intervento della coscienza, aggirando l'ostacolo con un piccolo "trucco psicologico". Alla base di tutto questo complicato processo, secondo Freud, sta sempre l'esigenza del sogno di garantire il sonno ad ogni costo: un'immagine troppo vivida e diretta, farebbe intervenire l'Io cosciente provocando il risveglio. Capita a volte, durante il sogno, che diverse scene ed immagini vengano condensate in un'unica esperienza: è il cosiddetto "processo di condensazione" tramite il quale il soggetto è in grado di realizzare sinteticamente e contemporaneamente vari desideri nascosti. E come se ci fosse una follia di pensieri inibiti nella nostra mente che attendono il momento del sogno per prendere sogno. Il contenuto manifesto di un sogno è il risultato di un compromesso che si crea nella coscienza del soggetto tra più forze in lui operanti per potere evitare immagini che sarebbero troppo esplicite e che la coscienza rigetterebbe violentemente: compromesso che avviene, allo stato di veglia, in individui malati di mente (psicotici, alienati). Tutti questi processi di camuffamento operati dal sogno, diventano particolarmente importanti a proposito dei sogni a carattere latente erotico: nessun altro impulso, come quello erotico, è capace di scatenare l'intervento censorio della coscienza. Esistono tuttavia alcuni esempi di simbolismo erotico che le ripetute esperienze hanno consentito di generalizzare: gli oggetti appuntiti simboleggiano gli organi sessuali maschili, quelli cavi, gli organi sessuali femminili, come anche gli armadi, i vasi, le caverne. I seni femminili si traducono in simboli come le mele, le pesche, i frutti in genere. L'atto sessuale è rappresentato da simboli come il danzare, volare, nuotare, percorrere strade tortuose.  Suonare uno strumento musicale assume il significato simbolico della masturbazione. La caduta e la perdita dei denti o capelli è invece simbolo dell'evirazione, così pure l'accecamento e la decapitazione. La morte è rappresentata da un lungo viaggio (mezzi di trasporto, raramente a piedi ). Oggetti rimpiccioliti indicano il passato remoto. L'acqua simboleggia la nascita.
 Capita spesso di sognare situazioni spiacevoli e dolorose: si parla in tal caso di incubo.  I sogni di incubo sarebbero perciò sogni in  cui la funzione della censura è venuta meno, non riuscedo a trasformare il pensiero latente del sogno in modo da renderlo accettabile al soggetto. Dopo un incubo, ci si sveglia sempre. Il risveglio è una forma di difesa: se la censura psichica fallisce il suo scopo protettivo, l'unica soluzione per evitare uno stato d'allarme pericoloso è appunto quello di svegliarsi. 

Per approfondimenti, vedi:





e ovviamente...




https://intervistemetal.blogspot.com/2017/10/incubo-spazio-onirico-e-realta.html