"La Pietra di Moor" di Morgan Fairy




inizia così...

Un vecchio avanza a fatica in una landa desolata, stretta nella morsa dell'inverno. è notte e non si scorge alcun segno di vita. Nonostante la grande stanchezza attanagli le sue membra intirizzite, lui continua a camminare, sostenuto da una grande determinazione. Ormai sente di essere prossimo alla meta, infatti da lì a poco scorge davanti a sé una luce palpitante e soprannaturale. Si affretta in quella direzione, presentendo che i suoi compagni sono già arrivati. Quando varca la soglia di un antro scavato nelle rocce, vede tre figure ammantate di nero sedute intorno a una fiamma che arde senza bruciare e senza consumarsi. La magia emanata dalle tre figure colma l'atmosfera della caverna provocandogli un istantaneo ritorno delle forze. Senza dir nulla si siede fra loro e subito l'energia prende a scorrere dall'uno all'altro facendo vibrare l'aria. Tuttavia manca ancora uno dei compagni e il cerchio non è completo.
Le lunghe ore della notte trascorrono nella veglia; alle prime luci dell'alba si ode il battito delle ali di un grande uccello e dopo qualche attimo appare un'alta figura ammantata di nero. I suoi occhi scintillano come pezzi di brace nel volto invisibile fra le ombre del cappuccio.
Il nuovo arrivato si unisce agli altri ed ora la magia potrà raggiungere la forza necessaria per compiere il sortilegio e far riapparire in quella dimensione la Fortezza di Kaer-Dun nei cui sotterranei è custodita la Pietra di Moor dai terribili poteri...

La trama:

Ivain, erede al trono dardanide, è costretto all'esilio, dopo la morte del padre e l'ascesa al trono della matrigna, la spietata Alinor. Fugge dall'Austrasia con Niarcus, astrologo e sapiente, riparando prima in Britannia e poi nella terra di Erin, presso la corte del re di Tara.
Ivain, discendente di Dardas, capostipite della dinastia, è dotato di poteri sovrannaturali che gli derivano dal suo sangue semidivino. Da secoli i re dardanidi custodiscono la Pietra di Moor, un talismano potente quanto misterioso, che dopo la sua fuga è caduto nelle meni della regina Alinor, la quale amplia i confini del regno di Austrasia, conquistando la Burgundia e sottomettendone i re.
Nella terra di Erin, Ivain si unisce a Dagmar, la figlia del re, dalla quale ha un figlio. Poi completa la sua istruzione nel monastero di Slane. In seguito ad un'incursione vichinga nel vicino villaggio, il principe decide di porre fine a quelle sanguinose scorrerie ponendosi al servizio di re Gawen. Fornito di navi e di guerrieri, riesce nel suo intento e sconfigge Olaf, il re supremo, e ottiene la pace. Ma le sue notti sono turbate da un presagio ricorrente che desta in lui sinistri presagi: perché continua ad apparirgli la fortezza di Kaer-Dun, l'ultima Fortezza Oscura, dove avverrà l'epica battaglia? La Pietra di Moor viene sottratta ai suoi custodi. sottratta ai suoi custodi; forze oscure e misteriose vengono messe in moto dai Veglianti, inquietanti personaggi che si prefiggono uno scopo terribile. Ha inizio la ricerca della Pietra da parte di Alinor e del principe Aiglant. Ma anche Ivain ne è coinvolto, quando il figlio, che la regina Dagmar gli ha dato, viene rapito e destinato al sacrificio. Sarà proprio a Kaer-Dun che avverrà l'epica battaglia tra Bene e Male. Uno scontro titanico che vedrà Ivain vittorioso e di nuovo in possesso del magica Pietra del Potere.

Nel seguito, "Il Sigillo Nero", Ivain è di nuovo alle prese con una nuova minaccia che gli impedisce di tornare sul trono dardanide. L'arma delle Forze del Male è il Sigillo Nero, il cui enorme potere potrebbe provocare danni irreparabili. Arcani sortilegi dapprima privano Ivain dei suoi poteri, poi, in balia di forze incontrollabili e di nemici determinati a sopraffarlo, Ivain dovrà affrontare il momento più buio della sua esistenza e sentire l'amaro sapore della sconfitta.

Qui inserisco una pagina particolarmente bella, dal sapore pagano. Spesso nei libri Fantasy si trovano veri e propri pantheon di Dei e Dee.

"Lo spettacolo offerto dalla catena montuosa era grandioso e la sua bellezza era tale da mozzare il fiato. A tratti il riflesso del sole sui ghiacciai era accecante e faceva risaltare più nette le zone d'ombra. In quello scenario maestoso dimorava, secondo un'antica leggenda, l'orso bruno sacro ad Ardwena, la Dea della caccia da cui le montagne, le Ardwenis, avevano preso il nome.
Ardwena era, per le antiche popolazioni di quella regione, l'equivalente di Diana, o Artemide, Dea della caccia per i Greci e i Romani. Il culto di Ardwena, in seguito identificata con la Dea Madre Adraste di origine celtica, era ancora praticato in quel tempo nonostante l'avvento del cristianesimo. La nuova religione era stata accettata ma non aveva sostituito le antiche e radicate credenze. Era una situazione che avrebbe potuto provocare reazioni violente nella chiesa di Roma, ma che di fatto non era stata modificata neppure dopo il patto sottoscritto da Theros e dalla Santa Sede."

"Egli rimase alcuni istanti in silenzio, seguendo il corso dei propri pensieri, poi disse:  - è curioso come noi tendiamo verso il futuro quasi dimenticando di viver nel presente; in questo attimo fuggente, l'ora, l'adesso... Noi viviamo eternamente sospesi tra il passato e il futuro; fra i rimpianti di quello che è stato e l'ansia del divenire. Riteniamo di plasmare, foggiare il futuro adattandolo ai nostri scopi, ai nostri progetti, e lottiamo durante la maggior parte della nostra esistenza con l'intento di dare forma all'avvenire. Poi, quando ci troviamo di fronte a ciò che con tanta fatica abbiamo costruito, spesso non lo riconosciamo come nostro e lo rinneghiamo, senza renderci conto che ciò equivale a rinnegare noi stessi."