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Ragno: la Grande Madre nel suo terribile aspetto di determinare, tessere il destino, è talvolta raffigurata come un ragno enorme. Tutte le Dee lunari sono filatrici e determinano il Destino.
Il Ragno Cosmico, il Grande Ragno o il Grande Tessitore è anche il Creatore che tesse il filo della vita dalla propria sostanza e attacca a sé tutti gli uomini con il filo del cordone ombelicale, legandoli alla ragnatela dello schema cosmico, oppure intessendoli in essa. Il ragno nel centro della sua ragnatela rappresenta anche un centro del mondo; può anche essere il sole circondato dei suoi raggi, raggiante in tutte le direzioni, oppure la luna come il ciclo di vita e di morte del mondo manifesto, oppure l'anno, che tesse la ragnatela del tempo.
Ecco qui il significato del Ragno, di cultura in cultura:
Amerindiano: il vento e il tuono; protezione dai malanni
Greco: attributo di Atena come tessitrice del mondo e di Persefone, Armonia, delle Parche e delle Moire come tessitrici del destino. Forma assunta da Aracne.
Indù e Buddista: colui che tesse la Rete dell'Illusione, maya, anche il Creatore.
Oceaniano: Il Ragno è il Creatore dell'Universo.
Sumerico/Semitico: attributo di Ishtar e Atargatis come tessitrici del mondo e del destino.
Scandinavo/Teutonico: Holda e le Norne sono filatrici e tessono il destino
Egiziano: attributo di Neti (Neith) come tessitrice del mondo
Cristiano: il Diavolo; un ragno su una coppa è emblema di san Norberto
Approfondimento tratto da;
Secondo un mito ellenico, Aracne, giovane fanciulla della Lidia, era tanto esperta nell'arte del ricamo, che osò sfidare Atena, chiedendo alla Dea della sapienza di poter competere con Lei in una gara.
Atena ricamò gli Dei dell'Olimpo in tutta la loro maestà
e ai 4 angoli della tela le punizioni in cui erano incorsi i mortali che si erano permessi di sfidarli. Aracne ricamò invece gli amori degli Dei con i mortali, mettendo in luce le loro debolezze e rivalità.
Atena, sentendosi oltraggiata, punì Aracne tramutandola in ragno, in modo che fosse costretta a tessere per l'eternità una tela fragile e inconsistente in cui sarebbe stata prigioniera.
Il mito sta ad indicare la fragilità dell'opera umana e per analogia quella della tela del ragno che, pur nelle sue perfette geometrie, evoca l'apparenza e l'illusione.
Accanto a questa simbologia negativa (il ragno ordisce la sua tela al buio, sta immobile al centro per catturare con mossa repentina la preda) ce n'è una positiva: poiché "produce" il materiale con cui opera e per il fatto che tessere può essere inteso in senso metaforico (le Parche "tessevano" il destino dei mortali) al ragno sono state attribuite nelle più diverse civiltà facoltà divinatrici.
Il filo da cui pende, e che l'insetto (*) continuamente risale è stato visto sul piano mistico come il cordone ombelicale, il "filo di luna" che collega la creatura al Creatore, il mezzo con cui elevarsi verso il Divino.
L'apparire del ragno nei sogni si articola dunque su interpretazioni opposte. In senso negativo rappresenta il possesso e l'agguato, la madre che inghiotte, assorbe, soffoca la sua creatura, la donna fatale, seduttrice e distruttiva, l'introversione e l'egotismo di chi resta prigioniero di se stesso. In senso positivo indica l'opera creatrice, l'autoformazione, la capacità di ricominciare (il ragno rifà sempre daccapo l'ordito della tela), la trasformazione (la saliva diventa filo) e, come dicevamo poco sopra, lo sforzo della risalita o l'aspirazione verso il trascendente.
(*) Nota di Lunaria: qui l'Autrice ha sbagliato: i ragni non sono insetti. Gli insetti hanno 6 zampe, i ragni 8; i ragni sono artropodi.
Approfondimento: il ragno lo avevo già trattato mesi fa, riguardo al Dio Africano Anansie. Riporto qui lo scritto
Nella mitologia africana e aborigena ragni, serpenti, uccelli, insetti (mantidi https://intervistemetal.blogspot.com/2018/11/il-dio-mantide-dei-boscimani.html cavallette...), tartarughe, lucertole sono spesso divinizzati o messaggeri degli Dei. Essendo io un'aracnofila ho una grande simpatia per questo Dio:
Un giorno, molto tempo fa, Anansi Kokrofu, il grande ragno di venerabile memoria, cominciò a preoccuparsi per lo stato della saggezza nel mondo. La gente non se ne curava come sarebbe stato giusto. Da quel che poteva giudicare Anansi in base alla sua esperienza del genere umano, che non era poca, un bel po' di saggezza andava perduta. Ma anche se gli esseri viventi allora non avevano il buon senso di rispettare la saggezza come avrebbero dovuto, in futuro ci sarebbero state generazioni ben liete, pensava Anansi, di utilizzarne ogni briciola. Perciò decise di raccogliere tutta la saggezza del mondo e di depositarla per sicurezza in cima a un albero.
Gli anziani narrano che a tempo debito Anansi finì di radunare tutta la saggezza del mondo, la stipò dentro una zucca vuota e cominciò a arrampicarsi su un'alta palma.
A metà strada si trovò in difficoltà: si era legato la zucca davanti e questo lo impacciava nella salita. A questo punto suo figlio Ntikuma, che lo stava a guardare dal basso, gridò con la sua giovane voce acuta: "Papà, se avessi veramente con te tutta la saggezza del mondo ti saresti legato la zucca sul dorso!". Era troppo anche per Anansi, stanco per la lunga fatica; slegò la zucca in un accesso d'ira e la gettò giù. La zucca si ruppe e la saggezza si sparpagliò dappertutto. Dopo un certo tempo, la gente, che aveva imparato la lezione, venne a raccogliere nelle proprie zucche tutto ciò che ciascuno poté trovare: questo spiega perché pochi hanno molta saggezza, qualcuno ne ha un po', ma molti non ne hanno affatto.
Riporto anche una storiella carina che ha come protagonista proprio un ragnetto!
Una giovane coppia era sposata da un anno, quando la moglie disse: "Marito, vorrei andare a trovare i miei genitori". "Benissimo", consentì lui, "Verrò con te per proteggerti". Partirono e dopo lungo andare arrivarono in riva al fiume. Lì giaceva un teschio che, con loro sorpresa, si mise a parlare. "Per favore, portatemi sull'altra sponda", disse con un gran batter di mascelle. L'uomo non voleva sollevarlo, ma la moglie disse: "Su, sii gentile con il povero teschio. Prendilo, dopotutto non può far del male. Forse vive sull'altra riva". Per compiacere alla moglie, l'uomo lo sollevò e guadò il fiume. Il teschio disse: "Mettimi sulla tua spalla", e quando l'uomo si rifiutò e tentò di gettarlo in acqua, gli afferrò la mano e gli morse le dita. L'uomo se lo mise sulla spalla, sperando che gli avrebbe mollato la mano per poterlo gettare ma il teschio era troppo furbo e disse: "Se non mi porti dove dico, ti mordo". Sull'altra riva, il teschio ordinò di andare avanti e in silenzio proseguirono fino a uno stretto sentiero che lasciava la strada per entrare nella giungla. D'un tratto il teschio disse: "Svolta qui". "Ma io non vado da quella parte, andiamo dai genitori di mia moglie", fece l'uomo. "Si fa tardi, il sole tramonta". Per tutta risposta, il teschio morse l'uomo nel collo con tanta violenza che quello quasi svenne. Camminarono nella giungla fino ad un villaggio deserto: capanne in rovina in mezzo alle erbacce. Era il paese dei morti. L'uomo e la donna furono attorniati da spiriti ondeggianti nel buio come pipistrelli.
"Ben fatto, teschio", lo salutarono gli spiriti. "Finalmente carne fresca, due pezzi in una volta!"
Il teschio si rivolse alla coppia terrorizzata con la sua voce rantolante ma in tono quasi gentile. "Ora andate a raccogliere legna per il fuoco. è l'ultima cosa che dovete fare prima di essere cucinati. E non tentate di scappare perché sento il vostro odore ovunque siate."
Con la morte nel cuore, i due poveretti andarono nella foresta a far legna. Non avevano alcuna speranza di sfuggire perché si sentivano i fantasmi ondeggiare sopra la testa. Mentre si chinavano a tagliare un ramo, videro un grosso ragno che li fissava tessendo la sua tela.
"Perché volete distruggere la mia casa?", domandò.
"Dobbiamo far legna per dei terribili fantasmi che ci vogliono mangiare", disse l'uomo. "Non vogliamo farti male, ma abbiamo paura degli spiriti."
"Se promettete di lasciare in pace me e la mia casa per sempre, vi aiuterò", disse il ragno.
I due promisero.
Subito il ragno chiamò un'antilope pigmea, le saltò in groppa e gridò: "Alla città dei fantasmi."
Quando ci arrivarono, gli spiriti erano raccolti intorno alle capanne, aspettando la legna. Prima di poter capire che cosa accadeva, il ragno aveva cominciato a tessere un'enorme tela tutt'intorno alle capanne rovinate, fino a che l'intero villaggio dei morti fu coperto da spessi stratti di ragnatela. I fantasmi intrappolati non riuscivano a uscire e quelli che avevano seguito la coppia rimasero impigliati nella rete, mentre tornavano a casa.
"I fantasmi sono come le mosche", spiegò il ragno. "Io ne posso uccidere e mangiare centinaia in un giorno."
La coppia si allontanò in fretta e mantenne sempre la promessa fatta al ragno.
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