Un po' di Sociologia... (1)

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Premessa:

La storia dell'Occidente è generata, in ampia parte, da movimenti: religiosi, politici, culturali. I sociologi hanno sempre avuto ripugnanza a mettere insieme fenomeni tanto eterogenei e lontani nel tempo e nello spazio. è stato questo il motivo per cui non hanno afferrato la natura profonda dei movimenti collettivi.

Il fenomeno più originale e specifico che li caratterizza è qualcosa che avviene nella mente dell'individuo. Un'esperienza, un modo di vedere il mondo e di rapportarsi agli altri che ho chiamato stato nascente. Quando vivono questa esperienza gli individui tendono a formare campi di solidarietà incredibilmente intensi ed hanno una capacità di rinnovamento, di rischio, di proselitismo straordinariamente più elevata di quella della vita quotidiana.
A livello dell'individuo, lo stato nascente è un'esperienza straordinaria che interrompe la trama della vita quotidiana e le imprime un nuovo corso. è la scoperta della propria vocazione più profonda, del proprio destino. è una chiamata o rivelazione. Ma può essere anche la nascita di un amore, una conversione religiosa o politica. Lo stato nascente è un'esperienza conoscitiva. è un conoscere, un vedere, uno svelarsi di ciò che era nascosto, un rivelarsi di ciò che già esisteva. è un sovvertimento, una svolta, un nuovo modo di guardare il mondo e se stessi. 

Questo libro tratta di fenomeni che vanno dall'esperienza di un individuo isolato alla formazione delle sette, delle chiese, delle nazioni, delle grandi ideologie. Tutti processi che hanno in comune un inizio brusco, esplosivo, in cui gli individui subiscono una mutazione interiore e si comportano in modo diverso da come si comportavano nella vita quotidiana. Essi rompono con il loro passato, con il loro ambiente circostante e si mettono in marcia per realizzare un obiettivo straordinario, il sogno di un mondo felice.

I grandi movimenti sorgono solo quando nel sistema sociale sono maturate condizioni economiche, sociali e culturali che provocano, ad un certo punto, il simultaneo attivarsi di molti processi di stato nascente.

Ricordiamo la distinzione di Nietzsche fra momento dionisiaco e momento apollineo, il primo fondato sulla musica, istinti, entusiasmo e l'eccesso, l'altro sull'equilibrio formale e sulla misura. Anche in Bergson troviamo la contrapposizione fra la morale e la religione aperta, basata sullo slancio vitale, la passione, la creazione e l'amore, e quella chiusa, fondata sulla ripetizione e sull'abitudine. In Sartre abbiamo la contrapposizione fra la società rivoluzionaria della fusione e quella seriale. In Mannheim si trova una distinzione fra il pensiero utopico, orientato verso ciò che non esiste nella situazione attuale e la trascende, ed il pensiero ideologico che giustifica l'esistente.

Nota di Lunaria: come al solito, come in (quasi) tutti i libri scritti da maschi che favellano di filosofia/sociologia e quant'altro, NON si trova traccia della differenza sessuale, del dualismo maschio-femmina, e delle analisi fatte dalle Simone de Beauvoir, dalle Kate Millet, dalle Carla Lonzi e dalle Mary Daly. Devo essere sempre io ad aggiungere questi nomi...


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ANALISI AI TRE POTERI IN MAX WEBER

Incominciamo da Max Weber. C'è un passo celebre di "Economia e società" in cui Weber distingue fra tre tipi di potere legittimo: il potere patrimoniale (o patriarcale), quello burocratico (o legale) e quello carismatico. Tanto il potere patrimoniale come quello burocratico, egli osserva, hanno in comune il fatto di soddisfare il "normale fabbisogno quotidiano sempre ricorrente, e hanno perciò la loro base nell'economia."
Entrambi, seppure in modo diverso, sono fondati su norme consuetudinarie, si rifanno a tradizioni precedenti, a testi, documenti. Il potere patriarcale affonda la sua legittimità nella tradizione, nell'abitudine, nei miti, nelle consuetudini più remote. Ha bisogno che la gente le rispetti e si appelli al loro ricordo. (Nota di Lunaria: ovviamente, il simbolo più grande è quello del dio padre, perfettamente funzionale a questa presa di possesso)
Così il potere burocratico-legale esige il rispetto della legge, delle procedure, dell'interpretazione.
Il terzo tipo di potere, quello carismatico, invece, si stacca totalmente da questi due. è prima di tutto un potere straordinario. Appare in certi momenti storici o in certe situazioni drammatiche.
Su questo punto Weber non è particolarmente preciso. Situazione eccezionale è la guerra e allora il capo carismatico è un generale, re, dittatore. Ma altri momenti straordinari sono quelli in cui si rompe la tradizione religiosa ed appare il profeta, o il riformatore religioso, che rifiuta i miti, i riti, i testi sacri e afferma "sta scritto e io vi dico."
Nella categoria dei capi carismatici rientrano anche i grandi conquistatori che distruggono antichi ordini sociali e ne instaurono nuovi.
La genuina intenzione carismatica è fondata sull'impeto e sull'emozione ed è per sua natura eroica. La natura straordinaria del carisma, infine, si esprime in un mutamento interiore, una metanoia che fa, del capo e dei seguaci, degli uomini nuovi.
Il capo carismatico non è eletto o designato con procedure prestabilite. Esso è piuttosto "riconosciuto" dai suoi seguaci. D'altraparte il suo potere non è mai stabilmente affermato, perché egli deve continuamente dimostrare il possesso di qualità straordinarie e la capacità di ottenere il successo.

DURKHEIM: SOLIDARIETà MECCANICA E APPARTENENZA COLLETTIVA

Nella sua lunga ricerca Durkheim è tornato più volte sullo stesso problema: quali sono le forze che tengono unita la società? Ha dato una prima risposta in "La divisione del lavoro sociale". Le società antiche sono tenute insieme dal fatto che tutti gli individui condividono gli stessi valori, le stesse norme, gli stessi punti di vista su loro stessi e sulle cose. è la solidarietà meccanica. Essi sono cementati dall'identificazione reciproca, possibile grazie allo stesso modo di pensare, alla mancanza di conflitti, alla cooperazione facile quando si hanno gli stessi bisogni e tutti sanno più o meno le stesse cose.

Nota di Lunaria: questo è evidente studiando anche l'estetica: infatti in società come quelle animiste e tradizionali, l'estetica è uguale per tutti e tutte, e spesso viene sancita con "riti collettivi" (si pensi al rituale dell'infibulazione) che segnano anche il passaggio dall'infanzia all'età adulta. In queste società l'estetica deve essere uguali per tutti perché serve a cementare il gruppo e allo stesso tempo a indicarla, all'istante, ad un occhio estraneo e quindi diverso e straniero (altre tribù): il "diktat estetico" (o persino di linguaggio e di azioni): veniva imposto - pena la morte (*) o l'esclusione dal gruppo - per cementare l'identità tribale e sociale di gruppo e non era possibile rifiutare. Si veda il caso di certi gruppi tribali africani, analizzati in libri come questo:



dove queste estetiche (da loro ritenute "sexy e finalizzate a piacere all'altro") ancor prima che "belli esteticamente per piacere all'altro membro del gruppo" servono per riaffermare l'appartenenza al gruppo. Ed è per questo che "sono tutti uguali".
Tutti i gruppi sociali, dai black metallari più blasfemi ai cristiani più integralisti, che pure schifano la massa, formano tra di loro micro-società con una serie di regole e consuetudini scritte o no. Lo stesso "ideale estetico monoteista" è - esso stesso - un clichè che si ripete sempre uguale e che annulla la singola personalità e serve a "marcare" con questa linea di abbigliamento - che è portatrice e veicola certi valori e idee - la società...tanto che si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una moltitudine di donne tutte uguali, "in blocco", "fatte con lo stampino", ma questo, appunto, è funzionale a "formare gruppo".

Paradossalmente, la stessa cosa si avverte anche quando "il voler essere diversi dalla massa" genera un abbigliamento che è esso stesso "tutto uguale nelle sue linee essenziali tra quelli che lo sfoggiano" e che "nel mucchio tra di loro" (che formano una micro-società) sono tutti uguali.

Peraltro, il trucco e/o il mettersi gioielli e maschere addosso non solo sono tipici di ogni società e di ogni epoca, anche di quelle società che si sono formate in luoghi inospitali (come quella degli Inuit o dei Tuareg) dove spesso mancava persino il cibo o l'acqua!,
ma hanno sempre avuto - fin dall'origine della "formazione" della razza umana - una valenza sacrale e religiosa. Infatti servivano (e servono ancora) "a venir protetti contro gli spiriti o il male" o ad "acquisire potere", a "venir caricati di una forza", e anche qui, questa cosa "c'è anche nel nostro inconscio", e non solo "tra gli alternativi" che si dipingono il volto "per sentirsi potenti, ribelli contro il dio cristiano" o per enfatizzare la tristezza, l'introversione e la riflessione ma serve anche "per attirare l'altro, per fare colpo, per migliorarsi";hanno quindi una valenza "magica", ovvero ci si illude di "saper attrarre su di sé una forza che faccia agire l'altro secondo i propri desideri o che renda potenti"

(*) si potrebbero citare anche le più feroci società hawaiane od oceaniane, con i concetti di Kapu, ovvero dei tabù e prescrizioni alimentari e di comportamento a cui tutti, pena la morte, dovevano sottostare. Per esempio: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/antiche-hawaii-storia-pele-danza-e.html

La società moderna, invece, è cementata dalla solidarietà organica, fondata sulla complementarietà dei ruoli sociali. Nelle società in cui c'è una forte divisione del lavoro nessuno può sopravvivere senza l'apporto degli altri.
Ma è noto che Durkheim dopo la ricerca sul suicidio, è ritornato sui suoi passi. La semplice divisione del lavoro non è sufficiente a creare solidarietà. D'altraparte anche nella società antica la solidarietà non dipendeva solo dalla somiglianza degli individui. Il loro legame era più profondo, religioso. Ne "Le forme elementari della vita religiosa" Durkheim descrive in modo stupendo il modo in cui le cerimonie religiose creano un profondo senso di appartenenza collettiva. Gli individui si sentono non solo parte di una stessa entità sociale, ma addirittura agiti dalla sua potenza. La divinità, infatti, non è che il gruppo stesso, la società stessa presente in ciascuno di loro. L'individuo, senza la società, è nulla. Essa lo ha fatto nascere, lo ha nutrito, gli ha dato una lingua, gli ha insegnato come procurarsi il cibo. Egli perciò le deve rispetto, riverenza, amore. Durkheim ha scoperto questo significato della religione nelle società antiche, in particolari quelle totemiche. Ma le sue osservazioni sulla natura sociale della divinità si possono estendere a quasi tutti i popoli. Il dio e il progenitore spesso si identificano. Ogni popolo ha una sua divinità specifica e il politeismo è il prodotto del confluire di diversi popoli. Ne "Le forme elementari della vita religiosa" Durkheim studia società statiche in cui la fusione con la collettività si realizza nelle grandi feste rituali. In queste società la solidarietà religiosa esiste da sempre. Il rituale non la crea, la rinnova, la ribadisce: "[...] Trascinato dalla collettività, l'individuo si disinteressa di se stesso, dimentica se stesso, si dà interamente agli scopi comuni."

Nota di Lunaria: a questo punto, si potrebbe integrare con certe riflessioni di Elias Canetti:

Elias Canetti, premio Nobel 1981 per la Letteratura, è nato nel 1905 a Rustschuk (Bulgaria) da una famiglia ebraica di origine spagnola. è vissuto a Vienna, Londra e Zurigo. Autore di numerose opere, pubblicate nell'Adelphi.

"Massa e Potere" (1960), è un libro scritto a brevi paragrafi, similmente al "Sommario di decomposizione" di Emil Cioran.
Nel 1922, a Francoforte, lo studente diciassettenne Elias si trovò ad assistere ad una manifestazione contro l'assassinio di Rathenau. Quel giorno egli sentì che la massa esercita un'attrazione enigmatica, qualcosa di paragonabile al fenomeno della gravitazione. Nel 1927 a Vienna, compiva un ulteriore passo: l'esperienza di essere nella massa, partecipando al grande corteo del 15 luglio, quando fu incediato il Palazzo di Giustizia.
Nelle sue memorie, Canetti scriverà, a proposito della massa: "è un enigma che mi ha perseguitato per tutta la parte migliore della mia vita e, seppure sono arrivato a qualcosa, l'enigma nondimeno è restato tale."

Riporterò qualche stralcio, che mi sembra sia davvero esplicativo al riguardo della nostra società "facebookiana", dove tutti sono ugualmente appiattiti, ripiegati su mode effimere, e per essere accettati dalla massa, bisogna essere come loro, pena la scomunica nella solitudine più totale.

Capovolgimento del timore d'essere toccato

"Nulla l'uomo teme più che essere toccato dall'ignoto. Vogliamo vedere ciò che si protende dietro di noi: vogliamo conoscerlo o almeno classificarlo. Dovunque, l'uomo evita d'esser toccato da ciò che gli è estraneo. Di notte o in qualsiasi tenebra il timore suscitato dall'essere toccati inaspettatamente può crescere fino al panico. Neppure i vestiti garantiscono sufficiente sicurezza; è talmente facile strapparli, e penetrare fino alla carne nuda, liscia, indifesa dell'aggredito.
Tutte le distanze che gli uomini hanno creato intorno a sé sono dettate dal timore di essere toccati. Ci si chiude nelle case, in cui nessuno può entrare; solo là ci si sente relativamente al sicuro. La paura dello scassinatore, non si riferisce soltanto alle sue intenzioni di rapinarci, ma è anche timore di qualcosa che dal buio, all'improvviso e inaspettatamente, si protende per agguantarci. La mano configurata ad artiglio è usata continuamente come simbolo di quel timore. [...]
La ripugnanza d'essere toccati non ci abbandona neppure quando andiamo fra la gente. Il modo in cui ci muoviamo per la strada, fra molte persone, al ristorante, in treno, in autobus, è dettato da quel timore. [...] Solo nella massa, l'uomo può essere liberato dal timore d'essere toccato. Essa è l'unica situazione in cui tale timore si capovolge nel suo opposto. è necessaria per questo la massa densa, in cui corpo si addossa a corpo, una massa densa anche nella sua costituzione psichica, proprio perchè non si bada a chi "ci sta addosso". Dal momento in cui ci abbandoniamo alla massa, non temiamo d'esserne toccati. Nel caso migliore, si è tutti uguali. [...] D'improvviso, poi, sembra che tutto accada all'interno di un unico corpo. [...] Quanto più gli uomini si serrano disperatamente gli uni agli altri, tanto più sono certi di non aver paura l'uno dell'altro."

Massa aperta e chiusa

"Fenomeno enigmatico quanto universale, è la massa che d'improvviso c'è là dove prima non c'era nulla. Potevano trovarsi insieme poche persone, cinque o dieci o dodici, non di più. Nulla si preannunciava, nulla era atteso. D'improvviso, tutto nereggia di gente. Da ogni parte affluiscono altri; sembra che le strade abbiano una sola direzione. Molti non sanno cos'è accaduto, non sanno rispondere nulla alle domande; hanno fretta, però, di trovarsi là dove si trova la maggioranza.
[...] La spinta a crescere è la prima e suprema caratteristica della massa. Essa vuole afferrare chiunque le sia raggiungibile. Chiunque si configuri come un essere umano può unirsi a lei. La massa naturale è massa aperta: non c'è limite alla sua crescita."

A questo, aggiungo una breve riflessione: è simbolico, che nei roghi delle streghe, nei raduni nazisti, nella lapidazione o nella fustigazione dell'adultera, ci sia sempre stata una folla. Un brulichio di persone, che assistono tutte inglobate le une alle altre, in un'unica massa compatta, appunto, all'evento, guidate, ipnotizzate, affascinate, ora dall'inquisitore, ora da Hitler, ora dall'imam: il capo - nel senso prettamente letterale di "testa" - della massa. Lo stesso cristianesimo consta di una massa anonima ("non vi è più né maschio né femmina, ma siete tutti uno in Gesù Cristo...")  guidata da un capo maschile: Gesù Cristo, che tutto - e tutte - ingloba in sé, come "membra del suo corpo mistico"


Nota di Lunaria: Ascetismo, Nichilismo, Idealismo Assoluto sono tre ideologie che contrastano la società, la vita di gruppo o l'ego "assorbito" nell'identità di gruppo. L'ascetismo è noto a tutti, è la rinuncia al corpo, ai piaceri della vita e spesso al rapporto con gli altri (vedi gli eremiti) ed è tipico dei sistemi religiosi trascendentali (cristianesimo,  ma anche buddhismo); il Nichilismo è a sua volta suddivisibile in diversi stili e approcci e nella sua forma rivoluzionaria veniva usato per combattere l'ordine precostituito dello Zar e quel tipo di società e di vecchiume ideologico: vedi il romanzo "Padri e figli" di Turgenev; l'Idealismo Assoluto di Stirner (e, comunque, il Solipsismo) invece costituisce l'Io come unico referente: Io ho fondato la mia causa su Me Stesso, non su dio, stato, patria o altro. Da notare che nel '900, a riprendere questo concetto è Lavey, padre del Satanismo Razionalista, che, peraltro, lo ammette anche per la donna, il diritto a porre l'Io come Dea di sé. C'è da dire che per quanto abbia buone intenzioni, il Satanismo di Lavey resta comunque una visione maschile-centrica, per quanto simbolica: Satana è concepito come maschile. 
Meglio, quindi, quando si è donne, traghettare questa visione dell'Io come Assoluto in un contesto ginocentrico: usare simboli e allegorie femminili come le differenti divinità femminili dei vari pantheon.  

Per approfondimenti, vedi questo libro:



Qui riporto una breve sintesi:

è opinione comune che i due padri del Nichilismo (uno in Letteratura, l'altro in Filosofia) siano Dostoevskij e Nietzsche. In realtà, il primo a parlare di Nichilismo col termine "Nichilismo" fu Turgenev in "Padri e Figli"(1862). La trama è semplice: sullo sfondo della Russia del 1859, il conflitto della generazione dei padri (portatori di vecchi valori, di tradizione...) con quella dei figli (il giovane protagonista del libro è Bazarov) che dichiarano di voler negare l'ordine tradizionale. Essere Nichilista, significa per Bazarov distruggere il vecchio e impegnarsi nel compito sociale di ricostruzione (nel romanzo, Bazarov è medico, e morirà appunto di infezione contratta da un malato). Per Turgenev il Nichilista è colui che sa di dover negare, sa che per avanzare deve calpestare credenze e valori tradizionali, e procede imperterrito senza preoccuparsi delle ceneri e delle distruzioni che lascia alle sue spalle.
Appena creato, il termine ebbe un ampio successo, tanto che venne adoperato per la prima volta in senso scandalistico durante un incendio all'Apraksinskij Dvor (degli edifici del mercato di Pietroburgo): la gente gridava "Guardate quel che fanno i vostri Nichilisti! Bruciano Pietroburgo!".
Da notare come il romanzo di Turgenev esca due anni prima dell'abolizione della servitù della gleba e dei contadini e nel nascente clima positivista e materilista. Qui riporto un breve accenno:
"Padri e figli" di Ivan Turgenev:

Domanda: "Voi negate tutto o più esattamente, demolite tutto... ma bisogna anche costruire."
Risposta: "Questo non è più affar nostro... da prima bisogna far piazza pulita."

In realtà, prima di Turgenev, nel 1829 Nadezdin aveva utilizzato il termine "Nichilisti" per definire coloro i quali nulla sanno e nulla capiscono (nell'articolo "L'adunata dei Nichilisti") così come Katkov lo aveva utilizzato per criticare i collaboratori della rivista "Il Contemporaneo", "come gente che non crede a nulla".
Al di fuori della Russia, in Germania il primo a usarlo, in una novella ("Die Nihilisten") fu Karl Ferdinanz Gutzkow; in realtà, persino Sant'Agostino aveva apostrofato come "Nihilisti" i non credenti, mentre Gualtiero da San Vittore lo utilizza per etichettare l'eresia che definiva l'umanità come accidente a Cristo, sostenuto da Pietro Lombardo.
Durante il periodo della Rivoluzione Francese, il termine "Nichilista" viene impiegato per definire coloro che non erano né a favore né contrari alla Rivoluzione.  Nel 1793 Jean Baptiste du Val -de-Grace (in arte Anacharsis Cloots) affermava: "La Repubblica dei diritti dell'uomo non è né teista, né atea, è Nichilista". Con Pascal (e prima di lui) il concetto di Nulla viene applicato alla Cosmologia. Pascal ebbe a dire:  "Inabissato nell'infinita immensità degli spazi che ignoro e che m'ignorano, io mi spavento."
Infatti, di fronte all'eterno silenzio delle stelle e degli spazi infiniti, di fronte alla spaesata infinità che ci circonda nel Cosmo, rimaniamo soli, soli con noi stessi, nullità al cospetto dell'Universo sterminato.

Max Stirner, "L'Unico e La Sua Proprietà" (1844)

"Io sono Il Proprietario della  Mia Potenza; e tale divento appunto nel momento stesso in cui acquisto la coscienza di sentirmi Unico. Nell'Unico il Possessore ritorna nel Nulla creatore dal quale è uscito. Qualsiasi essere superiore a Me, sia esso Dio o Uomo, deve inchinarsi davanti al sentimento della Mia Unicità, e impallidire al sole di questa Mia Coscienza. Se Io ripongo La Mia Causa in Me Stesso, L'Unico, essa riposa sul suo Creatore effimero e perituro che da se stesso si consuma; sicché, potrò veramente dire: IO HO FONDATO LA MIA CAUSA SU NULLA. " 

La sua opera capitale, "L'Unico e La Sua Proprietà" (1844), è l'espressione più rabbiosa e corrosiva del radicalismo di sinistra nato come reazione allo Hegelismo. Sostenendo le ragioni di una rivolta anarchico-libertaria spinta all'estremo, Stirner si scaglia contro ogni tentativo di assegnare alla vita dell'individuo un senso che la trascende e che pretende di rappresentarne le esigenze, i bisogni, i diritti e perfino l'immagine. E chiama l'indefinibile entità che io stesso sono "L'Unico", così come in quei medesimi anni Kierkegaard - anch'egli contro Hegel - lo chiama il "Singolo".
Principe degli iconoclasti moderni, Stirner intende smontare ogni sistema filosofico, ogni astrazione, ogni idea, - Dio, ma anche lo Spirito di Hegel o l'Uomo di Feuerbach  - che arroghi a sé l'impossibile compito di esprimere "l'indicibilità" dell'Unico:

"Dio e l'umanità hanno fondato la loro causa su nulla, su null'altro che se stessi. Allo stesso modo io fondo allora la mia causa su me stesso, io che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il mio tutto, io che sono l'unico. Io non sono nulla nel senso della vuotezza, bensì il nulla creatore, il nulla dal quale io stesso, in quanto creatore, creo tutto."

Il tenore blasfemo del rifiuto stirneriano di ogni fondamento risulta chiaro se si considera che l'espressione "Io ho fondato la mia causa su nulla" fu introdotto da Goethe nella poesia "Vanitas! Vanitatum Vanitas!", rovesciando il titolo di un canto ecclesiastico di Johannes Pappus (1549-1610) che recita: "Io ho affidato la mia causa a Dio".
 

  

ENTUSIASMO COLLETTIVO ED UTOPIA
 
La nostra vita individuale e collettiva si svolge abitualmente secondo binari prestabiliti, secondo regole date che noi seguiamo senza prestarvi eccessiva attenzione. Questo tipo di vita ci appare naturale, normale, logica. Può non piacerci, possiamo essere infelici, sentirci ingiustamente trattati, ma anche in questo caso, sia che noi chiniamo la testa sia che protestiamo, non ci viene in mente che tutto ciò che esiste, la società e le sue norme, il tessuto profondo dell'esistenza nostra e degli altri sia arbitrario e possa essere totalmente rifatto da capo.

Nota di Lunaria: prima di proseguire, vale la pena riportare questo approfondimento sulla crisi, tratto da questo pdf






Nella vita quotidiana noi cambiamo in continuazione. Ci adattiamo alle nuove circostanze. Ci poniamo nuovi fini, nuovi traguardi, prendiamo decisioni sul nostro futuro. Ma non pensiamo di poter rifare tutto dalle fondamenta come se incominciassimo la vita ora. Vi sono, però, dei momenti straordinari nella vita, in cui il nuovo giorno sembra annunciarci un futuro radioso.
Se questa esperienza non è confinata ad un singolo individuo, ma sono in molti a sentire che tutto può essere trasformato e rinnovato, che davanti a loro c'è un nuovo inizio, una nuova società, un nuovo mondo, allora il tessuto sociale ne risulterà sconvolto, sovvertito.

Lo stato nascente è una discontinuità sociale, provocata da un'esperienza di morte e di rinascita a livello individuale. Nello stato nascente l'essere umano scopre la sua plasticità: si sente libero dal modo di essere in cui è stato calato, gettato. Le società, i gruppi, lo sperimentano, questo stato.

Nota di Lunaria: la religione e la dittatura si nutrono di questi scenari idilliaci. Infatti, la propaganda delle dittature non differisce proprio per niente dalla propaganda di mondi idilliaci proposta dai gruppi religiosi; avevo già evidenziato come il comunismo "in apparenza ateo" avesse scopiazzato la stessa paccottiglia religiosa... che poco prima aveva distrutto... http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-del-comunismo.html 

Comunque, anche la propaganda nazista si serviva suppergiù della stessa paccottiglia: donne felici, bambini in braccio al leader, folla festante...

La società si trasforma incessantemente. Tutte le infinite decisioni prese dagli individui in tutti i campi in cui operano producono un inesauribile flusso di cambiamento. La trasformazione avviene attraverso decisioni burocratiche, organizzative, attraverso il mercato, attraverso processi collettivi di aggregato in cui moltitudini di persone si muovono in una stessa direzione. Lo stato nascente può essere visto come un processo di destrutturazione-ristrutturazione di una parte del sistema sociale [...] Anche nel corso della vita individuale i grandi cambiamenti si presentano sotto forma di crisi, di discontinuità, di vera e propria morte-rinascita.
(Nota di Lunaria: e tuttavia, questo processo si basa anche sull'assimilazione e sull'appropriarsi "di ciò che c'era prima": il comunismo che distrugge i simboli della paccottiglia religiosa per poi replicarli poco dopo... diventando la copia carbone di ciò che aveva distrutto; il cattolicesimo che distrugge il culto pagano della Dea Madre, ne abbatte le statue, e poi lo "risputa fuori" distorcendolo nell'idolatria mariana ed erigendo infiniti santuari mariani e statuette idolatriche...)
è anche interessante far notare che una coppia di individui rappresenta una diade (due amici, due soci, marito&moglie...) la cui relazione può essere formalmente istituzionalizzata. L'innamoramento è appunto una situazione di stato nascente a livello di diade. Spesso, per "abbandonarsi totalmente all'altro" si abbandonano le precedenti istituzioni e il fatto stesso di abbandonarsi all'altro costituisce un rischio esistenziale (soprattutto quanto si idealizza l'altro e si sviluppa una "sindrome da crocerossina". Nota di Lunaria)

Anche il gruppo ha diverse connotazioni: gruppo primario, informale, di lavoro, il gruppo di fedeli che si raccoglie attorno ad un capo religioso o politico.
I grandi capi carismatici storici (Maometto, Napoleone, Lenin, Stalin, Mussolini, Hitler, Mao Tse-Tung...) (*) sono stati oggetto di una dedizione fanatica ed entusiastica da parte di intere popolazioni. Weber identificava lo stato nascente col carisma: entusiasmo, amore, adorazione, dedizione, che sono la manifestazione più evidente del momento innovatore-rivoluzionario, che trascina l'individuo fuori da se stesso. Anche Freud vede nell'identificazione col capo il momento essenziale della psicologia delle masse. Seguendo questo meccanismo, lo stato nascente dura tanto quanto dura l'amore e il culto della personalità del capo. Per evitare la perdita di carisma del capo (il capo può apparire privato della sua forza e i seguaci lo abbandonano) il capo cercherà di essere "onnipresente" mantenendo un'organizzazione disciplinata (attraverso il terrore).

(*) incluso gesù cristo, visto che la sua figura e il suo agire non vengono minimamente messi in discussione, ma c'è la percezione diffusa di "quanto sia stato buono", il che è falso, perché basterebbe prendere in analisi alcune delle idiozie avallate nei vangeli, come "il dio padre", e mai madre, "porgere l'altra guancia e perdonare", ovvero tollerare gli squilibri e le ingiustizie e fomentare l'omertà e la rassegnazione di fronte ai crimini, e potrei proseguire, per confutare questa sciocchezza diffusa nelle teste della massa...




Durkheim scriveva "Trascinato dalla collettività l'individuo si disinteressa di se stesso, dimentica se stesso (...) ha l'impressione di essere dominato da forze che lo trascinano, che egli non domina, e tutto l'ambiente nel quale è immerso gli sembra solcato da forze dello stesso genere."

Nota di Lunaria: per approfondire questo aspetto dei singoli io che vengono annullati e plagiati, vedi vicende come "Il Tempio del Popolo": il reverendo Jim Jones ordinò il suicidio di 911 persone che - incredibilmente - gli obbedirono. Da questa vicenda (successa il 19 novembre del 1978, a Guyana) si è ispirato un noto film dell'orrore: "Mangiati vivi" di Umberto Lenzi. La cosa interessante è che agli inizi Jim Jones era pure partito con un intento nobile: sconfiggere il razzismo: difatti la sua setta era multirazziale; molti si sentivano attratti da un ideale di comunità che fosse aperto proprio a tutti. Cos'è che ha spinto Jim Jones a cambiare, fino a diventare un tiranno? Forse il fatto che - paradossalmente - tanto più cresceva la devozione dei suoi accoliti verso di lui, tanto più cresceva a dismisura il suo egocentrismo? Perché ordinare un suicidio di massa?
Forse perché è Dio che può dare la vita e la morte? Jim Jones si sentiva pari a Dio, Dio lui stesso? E per dimostrarlo, ha voluto dare la morte? E le sue vittime? Davvero erano così plagiate da accettare di morire in questo modo? Ma come è possibile annullare così tanti ego?
Non mancano altre storie di plagio in ambito cristiano che potrei citare. Per esempio, i Bambini di Dio (o "Famiglia dell'Amore") fondati dal "profeta" David Berg; riuscì a plagiare dozzine di donne, trasformandole in prostitute per la ricerca di nuovi adepti ("il flirty fishing", "pesca dell'amore" dedicata a gesù) per ingrossare le file del gruppo: le donne dovevano adescare gli uomini, mostrandosi disponibili sessualmente per convincerli ad entrare nel gruppo. David Berg aveva un tale ascendente che riuscì persino a tramutare queste donne in sue concubine personali.
Come è possibile? David Berg non solo "si faceva" le adepte, ma le metteva anche incinte, abusando poi delle figlie nate da queste unioni! Nel colorito mondo evangelico potremmo citare anche tante altre figure... Tutta gente che riesce a plagiare gli adepti e a farci un mucchio di soldi... basta vedere in che case vivono...

La comunità può essere un villaggio, ma anche una comunità religiosa, politica, ideologica. Alcuni esempi di queste comunità sono: la comunità cristiana primitiva, la comunità monastica, le comuni hippy.
Anche la Nazione/Stato sono idee di comunità. Gli ideali di liberazione nazionale riescono ad unire e fondere un insieme di persone di regioni e classi sociali diverse e ostili.
Lo stesso vale per la massa: da un lato la massa è una massa uniforme di fronte al video ("la massa dei mezzi di comunicazione di massa"): tanta gente, tutta diversa per classe sociale, ideologia, religione, sesso ed età e ciononostante unificata dall'unico, identico, comportamento passivo dell'ascoltare e del vedere qualcosa inviato da un unico emittente. Questo vale anche per una mobilitazione collettiva religiosa o rivoluzionaria.
(Nota di Lunaria: il libro è del 1989, quindi non contiene l'analisi ai social network, facebook in testa, in grado di tramutare in una massa amorfa centinaia di persone che "condividono/mettono i like")

è interessante anche far notare che questi "stati nascenti" e di esaltazioni di massa che si susseguono l'uno dopo l'altro vengono giudicati bizzarre ed irrazionali: le comunità cristiane allo "stato nascente" erano percepite come irrazionali dai loro oppositori romani; l'islam è stato giudicato follia da ebrei e cristiani, così pure la rivolta luterana, dai cattolici; i progetti rivoluzionari di Lenin erano considerati altrettanto irrazionali.
Spesso questi cambiamenti sociali vengono ammantati di speranze profetiche/utopistiche/millenaristiche. Per esempio, Colombo era convinto di essere il portatore di una tradizione profetica e il suo viaggio era "un viaggio mistico": "Dio ha fatto di me il messaggero dei nuovi cieli e della nuova terra"; la colonizzazione delle Americhe cominciò sotto un segno escatologico: la gente credeva che fosse giunto il momento di rinnovare il mondo cristiano, in un ritorno al Paradiso Terrestre, nella ripetizione degli avvenimenti prodigiosi della bibbia. Anche la Riforma va inquadrata in questa prospettiva. Increase Mather, presidente dell'università di Harvard dal 1685 al 1701, scriveva "Quando il regno di Cristo avrà coperto tutta la terra, questa terra [l'America] sarà restaurata nel suo stato paradisiaco."

è possibile programmare e attivare situazioni di stato nascente per produrre effetti desiderati in un quadro strategico di agitazione e mobilitazione: predicatori, agitatori, riescono ad attivare lo stato nascente.
Uno stato nascente può essere spontaneo, ma anche generato da agitatori che hanno lo scopo di provocarlo: si pensi al panico, che è spontaneo, ma può anche essere facilmente prodotto attraverso la manipolazione intenzionale. (Nota di Lunaria: attualmente, una delle paure di massa è proprio il terrorismo islamico; anni fa, casi di paura collettive che portavano a cambiamenti nell'agire quotidiano delle persone sono state il Mostro di Firenze e Unabomber, la "mucca pazza", la fine del mondo paventata nel 2000 o nel 2012, ma si potrebbe anche citare la paura della crisi lavorativa, che causa disagio a tutti i giovani, ed è trasversale, perché colpisce tutti)

Inoltre, in uno stesso gruppo, spesso coesistono la componente aggressiva e quella pacifica. Spesso questi gruppi "fantasticano" sui tormenti e la totale rovina (spesso per mano di Dio) del gruppo degli avversari. Anche se queste violenze si svolgono a livello di fantasia, non sono meno reali, dal punto di vista della violenza: si parla appunto di violenza fantasmatica (Nota di Lunaria: un esempio di questa violenza psicologica è il terrorismo virtuale omofobo di matrice monoteista: anche se per la maggior parte delle volte, per fortuna, si limita a restarsene "astratto", senza aggredire persone omosessuali e transessuali, sui siti omofobi vengono vomitate le più orribili minacce di tormenti ultraterreni)

Lo stato nascente ha in sé tanto l'espressione dell'eros quanto quella della violenza. La violenza nello stato nascente, però non si presenta come identificazione netta del nemico, sede di ogni male e causa di ogni rovina come nella guerra o nel capro espiatorio (una minoranza di persone viene "accusata" di tutti i problemi e viene "caricata" - l'odio può sfociare fino al promuovere uno sterminio del gruppo che incarna il capro espiatorio). La contrapposizione non esclude il proselitismo e la conversione, anzi, la implica: esistono dei dannati, ma occorre cercare di salvare tutti perché "è la verità che salva, che fa liberi". (Nota di Lunaria: il "ravvedetevi" cristiano e il fatto che la salvezza "è possibile solo se credi a gesù: tutto il resto è falsità che conduce all'inferno")

Il costituirsi del nemico, il formarsi di un fronte di estraneità totale fra "noi" e "loro", per cui "loro" vanno uccisi, distrutti e sterminati, costituisce un passo successivo, corrisponde ad una particolare elaborazione istituzionale. Solo allora il male si incarna in un'entità definita che non è convertibile, non è salvabile e che perciò deve essere distrutta fisicamente. La divisione netta di amici e nemici è caratteristica delle situazioni di conflitto cronico, come i conflitti razziali o religiosi che si prolungano per secoli, odii tra famiglie e clan (faide familiari) o classi sociali.

Nomi come Ernst Bloch e Mannheim hanno introdotto anche l'utopia nello stato nascente.
Bloch nella sua ricerca sul "Principio speranza" incomincia a trovare la speranza utopica nei piccoli sogni diurni, nella fiaba, nei film, nella moda, per poi proseguire nelle utopie sociali (paese della cuccagna, elisir di lunga vita, l'eldorado...) fino alle utopie escatologiche: le istituzioni religiose, per l'appunto, promettono un trascendimento della vita quotidiana, e per "assicurare" tutto questo creano sacramenti e riti: chi li segue, "dovrebbe accedere" a questo superamento (promessa di beatitudine e di felicità eterna). Da notare come i crendenti non la vivono, questa "promessa di trascendimento" ma "la ritengono possibile" ("aver fede") ; non la vivono, né la vedono, né hanno prove della sua esistenza: la pensano soltanto.
Per Bloch, l'essenza dell'uomo, l'homo absconditus, la sua capacità utopica, si rivela lentamente nella storia. Per Mannheim, invece, la mentalità utopica è in contraddizione con la realtà presente. Mannheim crede che gli orientamenti utopici sono quegli orientamenti che quando si traducono in pratica, tendono, in maniera parziale o totale, a rompere con l'ordine prevalente. Con questa definizione, tutti i fini ultimi dei partiti, delle sette, delle religioni, sono utopia e non c'è propria nessuna differenza tra movimento e istituzione. Per Mannheim le varie forme di mentalità utopiche sono il millenarismo (immaginare l'annientamento del mondo e il suo rifacimento: è tipico di gruppi cristiani come i Testimoni di Geova. Nota di Lunaria), l'idea liberale-umanitaria, l'ideale conservatore e l'utopia social-comunista.
(Nota di Lunaria: da qui in poi l'autore elenca anche diverse ideologie: luteranesimo, calvinismo, sufi, femminismo. Quanto a quest'ultimo, acquista una valenza utopistica nei suoi proclami, che risultano irrealizzabili, allo stato attuale/concreto della realtà, quali ad esempio gli slogan "basta violenza contro le donne" o anche "lotta alla pornografia"; non tengono conto del fatto che:
A) La violenza caratterizza gli esseri umani, è trasversale alle culture e agli status sociali, e nessuno ne è esente. Anzi, in altri contesti la violenza (e persino le aberrazioni, quali il cannibalismo) era persino ritualizzata: si vedano le società oceaniane/hawaiana. Per approfondire, vedi "Trattato di storia delle religioni" di Mircea Eliade, l'analisi ai tabù/kapu nelle società animiste, che sono delle vere e proprie dittature e si configurano come azioni (che tutti sono tenuti ad eseguire o non eseguire) coartate e la cui violazione portava alla morte del soggetto che aveva "trasgredito".
B) Questa violenza è anche caratterizzata/innescata/potenziata dalla libido sessuale, che non è "annullabile".
Peraltro, chi ha represso la libido, nella storia, ha portato a situazioni peggiori: basti citare i fenomeni di isteria collettiva e di sessuofobia tipici delle teocrazie cristiane puritane, dove la sessualità repressa porta ad allucinazioni collettive di "streghe che si accoppiano con demoni".
C'è da far notare che utopie come "La Repubblica" di Platone o quella di Moro o Campanella sono progetti di istituzioni, opere di ingegneria sociale che promettono, come risultato della loro messa in opera, una vita paradisiaca).

In conclusione, credo che la "mentalità utopica" sia una pericolosa deriva, tipica di qualsiasi istanza di rinnovamento civile e sociale, e che rischia di far perdere il contatto con la realtà oltre che a portare ad uno spreco di energie: è buona cosa tener sempre presenti i limiti umani (fisici, psichici, di vita di gruppo) e agire per migliorare ciò che è umanamente possibile, senza perdere "la bussola" e mettersi a fare battaglie "contro i mulini a vento"; arginare la violenza, o smeglio, scoraggiarla, è un obiettivo possibile tramite un incremento di un sistema di leggi e pene certe che fungano da deterrente; mettersi a credere che esisterà un "idilliaco mondo" sconfitto questo o quel nemico che ostacola "i nostri sogni", fa cadere in una mentalità utopica e distorta (basata, peraltro, su una negazione della realtà o una perdita della stessa), più nociva che costruttiva, insomma.
Insomma, come si suol dire, è meglio "tenere i piedi a terra", evitando voli pindarici di fantasie idealistiche ed idilliache: la caduta, nella frustrazione e nella delusione, è inevitabile ingigantendo a dismisura le aspettative di miglioramento: bisogna anche saper accettare i limiti reali e sapersi accontentare. 


ALTRO APPROFONDIMENTO

tratto da


La forza dell'ordine maschile si misura dal fatto che non deve giustificarsi: la visione androcentrica si impone in quanto neutra e non ha bisogno di enunciarsi in discorsi miranti a legittimarla (1).
L'ordine sociale funziona come un'immensa macchina simbolica tendente a ratificare il dominio maschile sul quale esso si fonda: è la divisione sessuale del lavoro, distribuzione rigida delle attività assegnate a ciascuno dei due sessi (2)

La virilità, persino nel suo aspetto etico, cioè in quanto quiddità del vir, virtus, punto d'onore, principio della conservazione e dell'aumento dell'onore, resta indissolubilmente dalla virilità fisica, soprattutto attraverso le attestazioni di potenza sessuale (deflorazione, abbondante progenie maschile) che tutti si attendono dall'uomo veramente uomo. (3)

Quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio o quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di conoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza, di sottomissione.
Le donne possono fondarsi sugli schemi di percezioni dominanti (alto\basso, attivo\passivo ecc.) che le portano a farsi una rappresentazione molto negativa del loro stesso sesso (4)

Anche lo stesso atto sessuale in questo tipo di società androcentriche è pensato in funzione del primato della mascolinità: l'opposizione tra i sessi si inscrive nella serie di opposizioni mitico-rituali: alto\basso, sopra\sotto, caldo\fretto, attivo\passivo. Ne segue che la posizione considerata normale è logicamente quella in cui "l'uomo sta sopra"
Se il rapporto sessuale appare come un rapporto sociale di dominio, ciò dipende dal fatto che è costruito attraverso il principio di divisione fondamentale tra il maschile attivo e il femminile passivo (5) e che questo principio crea, organizza, esprime e dirige il desiderio; quello maschile come desiderio di possesso, come dominazione erotizzata, quello femminile come desiderio della dominazione maschile come subordinazione erotizzata e riconoscimento erotizzato del dominio. (6)

Il privilegio maschile è anche una trappola (7) e ha la sua contropartita nella tensione e nello scontro permanenti, che ogni uomo si vede imporre dal dovere di affermare in qualsiasi circostanza la sua virilità, intesa come capacità riproduttiva, sessuale e sociale, ma anche come attitudine alla lotta, alla violenza, alla vendetta.
L'onore della donna, invece, può essere solo difeso o perduto, in quanto legato unicamente alla verginità e alla fedeltà al marito.

Nota: In questo tipo di società un uomo che per esempio di rifiutasse di compiere una vendetta sarebbe stigmatizzato da tutti gli altri uomini e giudicato "debole, omiciattolo, femminuccia, finocchio".
Per la donna, invece, "dimostrare di essere una vera donna" passa per la sua capacità riproduttiva di partorire figli maschi.

Il dominio maschile, che costituisce le donne in quanto oggetti simbolici il cui essere è un essere percepito, finisce col porre le donne in uno stato permanente di insicurezza corporea, di alienazione: le donne esistono innanzitutto per e attraverso lo sguardo degli altri, cioè in quanto oggetti accoglienti (8), attraenti, disponibili. La "femminilità" sarebbe quindi sottomissione e compiacenza nei confronti delle attese maschili. Di conseguenza, il rapporto di dipendenza nei confronti degli altri tende a divenire costitutivo del loro essere. (9)
Il dominante ha il potere di imporre la propria visione di sé come oggettiva e collettiva (e inconfutabile. Vedi i dogmi religiosi); in tal modo si costituisce come soggetto assoluto, pienamente giustificato (10)

Quanto alla chiesa, pervasa dell'antifemminismo profondo di un clero pronto a condannare tutte le infrazioni femminili, e riproduttore autorizzato di una visione pessimista della donna e della femminilità, inculca esplicitamente una morale familiarista, interamente dominata dai valori patriarcali (Dio Padre), in particolare il dogma dell'inferiorità innata delle donne.

Anche i regimi politici autoritari con le grandi parate (in onore del leader) e le esibizioni ginniche esprimono la filosofia ultramascolina fondata sul culto del maschio-soldato.


Mie note personali:

(1) Anche perché a sostegno della loro autorità pongono l'autorità per eccellenza: Dio.

(2) O, in certe società, anche dal punto di vista del ceto o della professione; vedi il sistema castale indù.

(3) Vedi l'approfondimento dei "codici d'onore e di leggi" tipiche dell'antica società albanese (regolata dal Kanun) o di quella pashtun (afghana), basate su vendette e faide interfamiliari: ci si aspetta che "un uomo veramente uomo" lavi nel sangue questa o quell'"offesa", fatta a lui o contro "la verginità" di una donna appartenente al suo clan familiare.

(4) Un esempio lampante è il simbolismo cristiano della coppia "gesù-maria", fatta passare come "modelli eminenti di genere maschile e femminile": lui dio e salvatore, lei ancella a lui sottoposta.
Difatti la coppia simbolica "gesù-maria" rappresentando la diade sessuale maschio-femmina convalida appieno, in maniera evidente, la disuguaglianza sessuale.

(5) Uno dei rappresentanti più celebri di questo "pensiero" è aristotele.

(6) Si pensi alla perversione femminile più grave: l'ibristrofilia, che consiste nell'eccitazione sessuale e amorosa che una donna prova nei confronti dei serial killer e degli stupratori; vedi per esempio i casi di Richard Ramirez ed Henry Lee Lucas, celebri serial killer considerati dei veri e propri "sex symbols" dalle donne ibristrofile.

(7) Infatti "patriarcato" non significa "dominio di tutti gli uomini" ma "dominio di una certa categoria di uomini che domina tutte le donne e altri uomini". Vedi per esempio le gerarchie ideate da confucio, aristotele, tommaso d'aquino: per confucio, gli uomini anziani avevano più potere degli uomini giovani (gerontocrazia), per aristotele, gli uomini greci dovevano dominare sugli uomini non greci (schiavitù razzista), per tommaso d'aquino il dominio spettava ai nobili (conti, feudatari...) sui contadini (discriminazione basata sul ceto).

(8) Vedi il già citato simbolismo cristiano, che reifica la donna-maria ad ancella "per partorire". In un libro di mariologia ho trovato la sgradevole definizione di "recipiente": maria sarebbe stata il recipiente di gesù. Il grottesco della cosa era che quel libro era stato scritto da due donne.

(9) Come faceva notare Mary Daly in "Al di là di dio padre":
"Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo."

In sintesi: l'ego maschile è "esplosivo", si proietta all'esterno, contando sul fatto che l'apparato culturale-simbolico celebra il suo io, lo lusinga e lo potenzia (Dio è maschio, Dio è salvatore, Dio è al centro del cosmo, il maschio è immagine di Dio ecc.)
La donna, al contrario, non ha un Io altrettanto forte, ma il valore del suo Io passa per quello che l'uomo dice di lei e su di lei ("sei magra, sei grassa, sei bella, sei brutta, sei interessante" ecc.): manca l'apparato simbolico che convalida e potenzia l'ego femminile (i simboli monoteisti propongono solo una visione maschile di potenza, senza offrire altrettanto per le donne)
Per la donna è incredibilmente difficile "darsi valore da se stessa", cioè porre il proprio io. Anche le donne che capiscono il concetto e che sono motivate ad affrancarsi, ci impiegano anni a costruire una propria autostima che non passi per "quanto dice l'altro".

(10) Non è raro che gli integralisti misogini per giustificare il loro dominio sulle donne, rispondendo a donne "contestatrici", letteralmente affermino: "Sei tu che devi cambiare idea, ravvederti e convertirti". Non tentano neanche di trovare giustificazioni al dominio dell'uomo sulla donna, sancito dai loro testi sacri: è così perché lo ha detto Dio, e quindi per definizione, va accettato senza fiatare.