La Minerva Gallica: Cesare nomina per ultima tra le divinità galliche una Dea che lui identifica con Minerva.
La Dea Sul (forse "Sole"), venerata a Bath, venne proprio identificata con Minerva, dicendo che era una Dea delle fonti, vale a dire, le acque termali (con l'epiteto di "Minerva Medica"); del resto i Celti veneravano le sorgenti in modo particolare (*). Nel suo tempio ardeva un fuoco perenne, e ciò richiama alla mente la Dea Vesta e la Dea irlandese Brigit. Cesare però la descrive come una Dea dei mestieri e del commercio. Già sant'Eligio, nel settimo secolo, metteva in guardia dall'invocare Minerva durante il tessere, il filare, il tingere, o tutti gli altri lavori manuali. Probabilmente era invocata dalla gente semplice e modesta. Alcuni bassorilievi però presentano Minerva con Mercurio e Vulcano: forse era connessa all'arte del fabbro nella costruzione delle armi e degli altri attrezzi bellici. Questo la renderebbe una divinità adorata dagli artigiani.
(*) La sorgente di Verneuill-sur-Avre godeva di grande considerazione. In un ninfeo a Sablon veniva venerata una Dea chiamata Icovellauna: la radice -ic significherebbe proprio "acqua".
Anche fiumi e ruscelli erano sacri: alla foce della Senna fu trovato un vaso con 836 monete, dedicato alla Dea Sequana. Anche Aristotele già raccontava che era usanza presso i Galli portare al Reno i propri figli appena nati affinché venissero purificati al loro ingresso nella vita. La venerazione per i fiumi e le sorgenti era, in generale, indogermanica.
(Nota di Lunaria: si guardi il clone cristiano del culto pagano: l'odioso gesù e il suo battesimo nel fiume Giordano...)
Una citazione anche per Dis Pater, il Dio dei morti gallico.
Un'iscrizione di Salzbach presso Ettlingen è dedicata ad una Dea Aericura e a Dis Pater (Cesare aggiunge che i Celti debbano discendere da questo Dio perché computavano il tempo secondo le notti e non secondo i giorni... poiché anche l'indiano Yama è signore del regno dei morti e progenitore del genere umano, la rappresentazione celtica dovrebbe essere antichissima e risalire alla preistoria indogermanica!)
Si conoscono circa 20 dediche di questo genere: provengono tutte dalla Germania meridionale e dal Balcani nordoccidentali.
La Dea, scritta anche "Herecura" è sicuramente una Proserpina. è rappresentata nella stessa forma delle Matres (**) e ciò dovrebbe significare che queste divinità dell'oltretomba avevano anche dei rapporti con la fecondità della terra.
(**) Un gruppo di divinità materne composte da tre o talvolta anche da due persone, o un'unica persona, venerate in gran parte del territorio celtico, non solo in Gallia, ma anche in Britannia e nella Cisalpina. Esse sono denominate anche Matrae o Matronae, sedute una accanto all'altra, con un grande rigonfiamento intorno alla testa - specialmente la figura centrale - e un cesto con della frutta o una cornucopia posata sul grembo.
La donna al centro porta anche un bambino in fasce. Accanto alle Matronae ci sono altre divinità femminili come le Nymphae che compaiono nel Sud-Est della Gallia, le Proxumae nella valle meridionale del Rodano e le Suleviae o Junones. In Irlanda si veneravano le tre Macha, mentre col nome "Y Mamau" si identificavano le fate; lo studioso Vendryes rammenta il toponimo "Y Foel Famau", cioè, "Colle delle madri"; Lickenheld ha posto molto l'accento sulla circostanza che le Dee madri fossero venerate spesso presso le sorgenti e potessero anche essere Dee protettrici del confine e spesso le statuette venivano poste nelle tombe; probabilmente erano Dee più famigliari e legate a un culto domestico.
Nota di Lunaria: non è difficile credere che gli ingenui cristiani, vedendo queste rappresentazioni, potessero poi pensare che erano "prefigurazioni" della loro vergine maria con il cristolo!
Il culto di una divinità materna, risale, in Gallia, ai tempi preistorici. Già nel neolitico troviamo raffigurazioni femminili, talora munite di ascia bipenne (Nota di Lunaria: ne parla anche Miranda Gray in "Luna Rossa").
Incontriamo queste divinità femminili in tutto il territorio dei Celti, nella Gallia come nella Britannia. Talvolta ci sono esempi di una vera e propria Magna Mater, talvolta troviamo una pluralità, spesso triade, di divinità. Su di una lamina del caldaio di Gundestrup troviamo un busto femminile che incrocia le braccia sotto i piccoli seni prominenti. è circondata da cinque animali selvatici: due proboscidati che sembrano tapiri, e, al di sotto, un animale simile a una tigre, fiancheggiato da due grifoni, e in mezzo a questo, delle rosette che potrebbero simboleggiare il Sole: potrebbe essere un'antichissima Signore degli animali feroci. Per quanto riguarda il Dio Guaritore Grannus (ce ne parla Cassio Dione), talvolta è stato associato alla Dea Sirona o Dirona, venerata nella regione della Mosella superiore e a Magonza, Nierstein, Luxeuil, Roma. Veniva rappresentata con della frutta o delle spighe in mano. L'interpretazione del nome presenta delle difficoltà: si è supposta una connessione con i termini latini "Stella" e l'altotedesco "Stern" e questa Dea, in un'immagine, appare con la falce lunare sopra il capo; comunque la Luna non è ancora una stella. La parola "Grannus" la si è collegata all'irlandese "Grian", "Sole" oppure a "Guhrena", "bollente, caldo", e sarebbe da collegarsi molto più alle sorgenti termali.
Anche un Dio chiamato Adsmerius/Atesmerius è congiunto con una Dea, Rosmerta. Ambedue i nomi derivano dalla radice -smer, che si ricollega al concetto di "Fato" o "Provvidenza". C'è anche un'altra interpretazione: -smeru potrebbe essere "grasso" e in questo caso Rosmerta potrebbe essere stata una Dea della fertilità (tiene in mano una cornucopia e spesso un caduceo); ma studiosi come Even e La Roux propendono per il significato di "risparmiare" e quindi Rosmerta sarebbe stata la Dea della sovrabbondanza materiale, caratteristica che la legherebbe a Mercurio (Dio dei commerci) secondo anche quanto scrive Cesare parlando degli Dei dei Celti (Cesare ne cita solo 5, assimilandoli tutti agli Dei romani e chiamandoli come tali).
Non sappiamo molto altro su questa Dea; comunque il prefisso "Ro" dovrebbe indicare una forza divina a cui vengono attribuiti grandi poteri, dunque è probabile che fosse stata una Dea molto importante, un tempo.
Per quanto riguarda Diana, veniva designata con i nomi gallici di Arduinna e Abnoba. Talvolta appariva come una divinità delle fonti o della salute per esempio a Wiesbaden dove porta il nome di Mattiaca. Un legato della I. Legione ha dedicato un tempio, nelle vicinanze di Godesberg alla "Sanctissima Dea Diana". Nell'altare quadrilatero di Magonza Diana Venatrix compare associato al Dio del Martello Sucellos, associato, in certi altari alla Dea Nantosuelta, portante una cornucopia in mano. Per curiosità: il martello era associato anche all'aldilà.
Un'altra Dea della quale possediamo una statua di bronzo, è Artio, che tiene una ciotola nella mano destra e nella sinistra fiori e frutta. Presso i Voconzii c'era una certa Dea Andarta, forse una Dea degli orsi o guerriera assimilabile alla Dea Andraste venerata dalla regina britannica Boudicca. Dal punto di vista etimologico, il nome potrebbe derivare da "ar", "suolo coltivato" e forse sarebbe una Dea del terreno arativo, o "art", pietra. Il collegamento con l'orso lo si avrebbe nei termini "artos" (orso) e "arta" (orsa). Forse era invocata dai cacciatori come la Dea protettrice degli orsi.
Possiamo accostarle Arduinna, la Dea del cinghiale. è interessante notare come all'attività della Caccia fossero connesse diffusamente Dee: Diana cacciatrice, la slava Devana, Arduinna, forse con un'origine che risale all'età della pietra.
La scrittrice Fantasy Morgan Fairy nel suo libro "La Pietra di Moor" (1995) cita proprio una Dea della caccia:
"Lo spettacolo offerto dalla catena montuosa era grandioso e la sua bellezza era tale da mozzare il fiato. A tratti il riflesso del sole sui ghiacciai era accecante e faceva risaltare più nette le zone d'ombra. In quello scenario maestoso dimorava, secondo un'antica leggenda, l'orso bruno sacro ad Ardwena, la Dea della caccia da cui le montagne, le Ardwenis, avevano preso il nome.
Ardwena era, per le antiche popolazioni di quella regione, l'equivalente di Diana, o Artemide, Dea della caccia per i Greci e i Romani. Il culto di Ardwena, in seguito identificata con la Dea Madre Adraste di origine celtica, era ancora praticato in quel tempo nonostante l'avvento del cristianesimo. La nuova religione era stata accettata ma non aveva sostituito le antiche e radicate credenze. Era una situazione che avrebbe potuto provocare reazioni violente nella chiesa di Roma, ma che di fatto non era stata modificata neppure dopo il patto sottoscritto da Theros e dalla Santa Sede."
Un'altra Dea importantissima, in Irlanda, era Ana o Dana. Ana era la Madre Terra, che donava benessere a tutta l'Irlanda: l'isola era designata col termine Iath Annan, mentre gli Dei venivano chiamati "Tuatha Dé Danann": la loro madre era Dana. Nelle fonti cimriche si parla però della Dea Don, Madre degli Dei.
Gli Indiani hanno come madre universale Aditi.
(Nota di Lunaria: anche Robert Graves ne parla in "La Dea Bianca". Da notare come i cattolici abbiano sincretizzato la Dea Ana con la loro pseudo-santa anna, la madre di maria)
Altre Dee legate alla terra erano Eriu, Banba e Fotla, sposate a tre Dei che simboleggiavano l'ordinamento sociale celtico. Altra Dea importante era Medb, simbolo della fecondità e della sessualità.
Associata al Dio Fallico Fergus, dal quale ha tre figli, simboleggiava la sovranità sul suolo della patria, quindi ogni re "si sposava" con questa Dea, nelle cerimonie di Hieros Gamos ed ella era la moglie di ogni re irlandese perché la sovranità in Irlanda si poteva conseguire solo attraverso lo sposalizio con la Dea della Terra. Una Medb terrena fu la regina britannica Cartismandua, di cui Tacito ci riferisce, e che avrebbe ripudiato il marito per sposarsi con un altro; comunque la posizione sociale della donna celta era di gran lunga migliore di quella romana. Sarebbe stata diffusa la poliandria e forse anche un clan tutto al femminile nella Caledonia, stando a quanto raccontano certe fonti prese dagli autori classici.
Anche la stirpe rivelava la discendenza materna (e non paterna, secondo anche il nostro uso attuale)
(Nota di Lunaria: ne parla anche E.O.James; non è da escludere, secondo me, che ogni re irlandese si sposasse la prima volta con una Sacerdotessa della Dea Terra, e poi consumasse il coito, in una cerimonia sacra. Forse poi si risposava con una semplice donna non Sacerdotessa, in quanto l'unione era solo simbolica, comunque è quasi certo che anche presso i popoli più antichi, nella zona medio-orientale, ogni re fosse scelto dal circolo di Sacerdotesse e una di esse diventasse sua moglie, raffigurazione terrena della Dea.)
Epona: la più antica informazione riguardante questa Dea celtica dei cavalli la troviamo in Giovenale: l'immagine della Dea, a quei tempi, veniva dipinta sulle greppie dei cavalli! Anche Minucio Felice e Agesilao parlano di Epona, e tutto ciò dimostra che era una Dea molto conosciuta, con parecchi siti di culto e iscrizioni, venerata in ambienti militari dai legionari. Era raffigurata seminuda, intenta a cavalcare oppure in compagnia di un cavallo. A volte è stata raffigurata anche con un cane e con una porta dietro di lei, o con una scodella in mano: forse era la protettrice delle stalle. Apuleio scrive che la Dea veniva incoronata con fiori.
Gli studiosi la associano alla Dea cimrica Rhiannon, dal termine celtico "Rigantona", "Grande Regina". Gli uccelli magici di Rhiannon offrivano per sette anni felicità ed oblio e richiamavano in vita i morti, facendo piombare i viventi in un sonno profondo. Forse Rhiannon poteva anche essere collegata ai morti, e avere le caratteristiche delle Dee ctonie. Anche Rhiannon era collegata al cavallo, come Epona, ma anche all'asino. Anche il cavallo talvolta appariva come animale ctonio: forse anticamente anche Epona era una Dea ctonia o una Magna Mater, ma i legionari che l'adoravano lasciarono di lei molte più tracce in quanto Dea dei cavalli e delle scuderie.
I Celti avevano anche Dee Guerriere, associabili a Bellona.
Anche Nemetona è associata a Marte. Nemon o Nemain, secondo la mitologia irlandese, sarebbe moglie del Dio della guerra Net. Ma Nemon non è identificabile con Nemetona. Altre Dee guerriere erano Badb, Morrigu (Morrigain, Regina dei Fantasmi) e Nemain, oppure Morrigu, Macha e Nemain. Con "Patria di Badb" era chiamato il campo di battaglia. Badb decideva spesso le sorti della battaglia e si manifestava sotto forma di cornacchia.
Qualcuno ha ipotizzato che fosse associabile persino a una Dea Madre... perché toglie e dà, allo stesso tempo la vita.
(Nota di Lunaria: facendo un collegamento con Kali e le fasi della Luna, io sarei propensa a credere che anche Badb potesse essere venerata e associata con altre due Dee femminili in una trinità: una fanciulla vergine e giovane, l'altra madre matura e Badb nella parte della Vecchia) Per quanto riguarda Morrigu/Morrigain, sembra che fosse unita al Dio Dagda. Forse questo simboleggiava l'ardore della battaglia e l'eccitazione sessuale maschile, viste ambedue come passioni travolgenti. Anche le germaniche "vergini della battaglia" si concedevano all'eroe prescelto
Vi era poi un Dio molto probabilmente associato alla Medicina: Sena (citato da Pomponio Mela). Sulle coste della Bretagna, nell'isola di Sena, ora Sein, vi era un ordine di Sacerdotesse, tipo vestali, che secondo la leggenda, guarivano malattie incurabili. Molto probabilmente Sena lo si concepiva come una divinità guaritrice, dall'aspetto vegliardo (Senacus, Senach, o il cimrico Hynog: "colui che è molto anziano")
Infine, è noto che i Celti adoravano il Sole e le stelle. Anche san Patrizio ne parla. Il Dio Belenus o l'eroe Mog Ruith, la svastica, la ruota solare, il Triskell, cavallo e cigno alludono tutti al culto solare. Tuttavia c'è una stranezza: in ambito celtico e germanico il termine "Sole" è femminile, è la Dea Sul era quasi certamente connessa al Sole (nel suo tempio ardeva un fuoco perenne). Comunque, veniva adorata anche la Luna, (nella letteratura cimrica compare Arianrhod, "ruota d'argento") anche se non abbiamo traccia di cerimonie specifiche; la già citata Dea Sirona/Dirona era rappresentata con una falce di Luna in testa. Molto probabilmente il nome originario della Dea era "Stirona", e quindi, più anticamente connessa alle stelle in un culto degli astri.