Irlanda (3): il Sidh irlandese e il Piccolo Popolo per i Rom e gli antichi Sardi

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A causa dell'intrecciarsi di varie tradizioni, il Sidh (Side) può sembrare che coincida con l'oltretomba; ma guardando meglio si notano delle differenze.

Sidh significa "pace" ma anche "collina fatata", ovvero un luogo prediletto da esseri invisibili, che possono passare da questo nostro mondo ad un mondo parallelo, gioioso, in cui non si sperimenta la sofferenza e si assaporano piaceri, come l'udire una musica sublime.

Il Sidh può essere inteso come l'immagine del mondo spirituale, cui accede il defunto che nella vita terrena è riuscito ad ottenere il massimo livello di coscienza. Ma il Sidh resta anche un elemento del folklore, legato al "Piccolo Popolo".

Le fate, insieme ad una folla infinita di esseri magici - silfidi, folletti, elfi, gnomi - frequentavano il Sidh; il patrimonio delle fiabe rende conto di quanto ricco sia stato il contributo dei Celti nella narrazione di questo mondo magico.

Nota di Lunaria: in questo libro



si trovano, spesso modificate dall'Autrice, diverse leggende e fiabe legate al retroterra celtico-germanico di fate ed elfi; una di esse, parlava proprio di una collina magica che "si apriva" per far passare un giovane principe, sedotto dalla Regina delle Fate che lo aveva stregato. In alcune storie legate al "Piccolo Popolo" si verifica proprio un ribaltamento della vicenda di Persefone, la fanciulla, rapita da Ade: nelle leggende fatate, è la Regina delle Fate, che si innamora di un giovane umano e lo rapisce o lo ammalia con incantesimi per renderlo suo amante; spesso l'uomo ammaliato riesce a tornare, dopo anni, nel nostro mondo, rinunciando alla vita giocosa del mondo delle Fate, e preveggenza o grande talento per la poesia restano come "segni" della sua permanenza alla corte delle fate.

I Celti diedero una concezione animistica alla Natura, dando un volto alle forze che presiedono alla crescita delle piante, allo scorrere delle acque o alla riproduzione degli animali.

Al Sidh, benché immaginato come luogo di beatitudine ed abbondanza, si è associata anche l'idea di esilio. La mitologia racconta di come i Tuatha de Danaan, dopo aver conquistato l'Irlanda, subirono cinque invasioni e non riuscendo a vincere quella capeggiata dai figli di Mil, scapparono in mare, per recarsi nel Sidh "oltre la nona onda".

APPROFONDIMENTO: LE FATE DEL DESTINO NELLA MITOLOGIA GITANA

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Le Kechali, o fate dei boschi, sono un'altra specie di spiriti femminili, che determinano il destino degli uomini. Tuttavia, esse sono note oggi solo a qualche gruppo zingaro dell'Europa Centrale. La loro credenza, in via di estinzione, sembra costituire una visione più antica nell'ambito della mitologia zigana, versione soppiantata a poco a poco da quella delle Ourmes [le Dee]. Le caratteristiche di quest'opera del destino sono le seguenti, secondo qualche elemento di informazione superstite: questi esseri femminili soprannaturali, generalmente in gruppi di tre, abitano le montagne e possiedono capelli lunghi e finissimi che formano le nebbie delle vallate.
Ma soprattutto è unicamente in quanto vergini che esse possono influenzare il destino degli uomini. Poiché possono amare un uomo e legarsi a lui; ma ciò si svolge allora a tutto svantaggio di questi. Il figlio che essa avesse da lui non potrebbe essere altro che un nato-morto; l'amante, affascinato da lei, perde la ragione ed anche lei per lo stesso contatto perde il suo potere magico; essa si rifugia sempre più in alto nelle montagne per invecchiare e scomparire. L'influenza delle Kechali si manifesta in modi diversi: se essa vuole accordare la buona fortuna per tutta la vita a un bambino (ed essa lo può solo in quanto vergine) avvolge al suo collo il "filo rosso della fortuna" (nella realtà, una piega o una grinza che il bambino ha sul collo al momento della nascita). A volte una Kechali, al momento di perdere il suo potere scegliendosi un amante, può portare fortuna a un bimbo tessendogli coi propri capelli un abito portafortuna, così fine da essere invisibile ad occhi umani. Si nota qui il legame tra la fortuna e la nozione di capigliatura e di filo, legame frequente in numerose mitologie; a questo proposito si evoca sempre l'antico mito delle tre Parche. Ed è assai probabile che tale credenza zingara si sia alimentata al comune fondo indo-europeo. è interessante notare che se la credenza nelle Kechali è praticamente scomparsa nella maggior parte delle tribù zingare, non è così per un'altra credenza dipendente da essa, quella della regina Ana, regina delle Kechali, che è ancora diffusa. Questa Ana, un tempo semplice vergine Kechali, fu amata dal re di un misterioso popolo (quello dei Lotcholico) e per evitare l'annientamento delle fate Kechali da parte di questo popolo, Ana si risolse a sposarne il re. Da questo infelice matrimonio nacquero i 9 demoni patogeni (causa di malattie) che poi si moltiplicarono. Attualmente, del resto il termine Lotcholico designa quegli uomini che si crede abbiano concluso un patto col Diavolo (gli Iouklanouches sono quelli che l'hanno concluso col diavolo di grado più elevato).







Per un approfondimento sui Troll, vedi l'Islanda: http://intervistemetal.blogspot.com/2017/07/islanda-paganesimo-troll-e-black-metal.html

APPROFONDIMENTO: IL PICCOLO POPOLO IN SARDEGNA

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La terra della Sardegna racconta tante storie e leggende piene di magia e di figure fiabesche che popolano molte località dell'isola. Le Janas avrebbero lasciato tracce ben visibili nelle rocce, nelle cosiddette Domus de Janas ("case di fata") che ancora oggi sono visibili



Nota di Lunaria: non so bene se esista ancora, e dove sia localizzata esattamente, ma quando ero piccola una volta mi portarono in un parco a Gorla Minore. Ho vaghi ricordi perché avrò avuto 6 o 7 anni, ed era un parco molto grande, a confine col bosco, da quel che ricordo (dove tra l'altro vidi anche Arum Maculatum, questa strana pianta che mi affascinò);



c'era anche una sorta di grotta naturale, mi ricordo che ci entrai affascinata e che in effetti, per quanto fossi una bambina con nessuna conoscenza specifica sull'argomento, anch'io pensavo che quella grotta fosse la casa delle fate...

Le Janas sono piccole fate delle rocce: è da lì infatti che ricavano dimore molto simili a quelle umane. Questi esserini escono solo di notte, in modo che il sole non rovini la loro pelle candida; nelle notti prive di luna e per sentieri pericolosi, ecco che le Janas possono accendersi e illuminare il tragitto e la natura circostante. Le Janas filano e tessono stoffe meravigliose e preparano un pane più sottile dell'ostia. La leggenda racconta che hanno telai d'oro, setacci d'argento e un enorme e splendido tesoro (Nota di Lunaria: come il Leprechaun irlandese, tra l'altro)
Oro, perle, gioielli... tutto questo deve essere difeso... ma come? Ecco che le Janas affidano il compito alle Muscas Maceddas, creature spaventose con la testa di pecora, un occhio solo e denti aguzzi, che stanno dentro una cassa, in mezzo a quelle che contengono il tesoro, pronte a scattare qualora qualcuno attenti al tesoro delle Janas. Altre creature che popolano le leggende sono le Sùrbiles, donne vampiro che amano succhiare il sangue dei neonati (*)
Questi esseri basta che si ungano con oli vegetali e subito possono diventare mosche, pronte ad entrare nella cameretta dei bambini attraverso il buco della serratura.

(*) Credenza anche sumera ed ebraica.
Il fatto che siano associate alle mosche, come Baal Zebub, poi volgarizzato in Belzebù è un indizio interessante... anche se c'è da dire che forse non era solo legato alle mosche, ma in generale a tutto ciò che volasse.

Talvolta le Sùrbiles vengono identificate con le streghe, prendono il nome di Cogas e sono raffigurate come donne vecchie e brutte, capaci di trasformarsi in gatti, abituate a muoversi a cavallo di una scopa, con la formula "Folla a suba de folla, tres oras andai e tre oras a torrai" (Foglia su foglia, tre ore per andare e tre ore per tornare)

Nota di Lunaria: ovviamente, probabilmente, qui c'è la solita denigrazione e diffamazione cristiana. Sono propensa a credere che le Cogas, originariamente, fossero sciamane (il volo è l'indizio per eccellenza che rivela lo sciamanismo), quindi donne di sapienza (anziane). Che il monoteismo diffami, perverta, denigri, scopiazzi, distrugga tutto ciò che è politeismo e magia lo sappiamo già da un bel po' :P

Altre creature sono le Panas, donne morte di parto (1), condannate a tornare tra i mortali e a lavare i panni per un tempo variabile tra i due e i sette anni. Per questo le Panas si possono scorgere lungo i ruscelli fra l'una e le tre del mattino, intente a lavare i panni e cantare una tristissima ninnananna. Non è loro concesso interrompere il lavoro o parlare a qualcuno, altrimenti la loro penitenza ricomincia. E se qualcuno le avvicina, gettano spruzzi di acqua che brucia come il fuoco.

(1) Leggenda tipica anche del folklore irlandese
Vedi qui:  http://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/le-fate-malvage-nel-folklore.html
solo che la "lavandaia" irlandese lava i panni sporchi di sangue di chi sta per morire...

Un ultimo personaggio è la Luxia Rabiosa, la Donna Pietrificata: una donna molto ricca e avara venne trasformata in pietra insieme ai suoi averi. Per questo, dicono gli abitanti della Sardegna, è possibile talvolta vedere dei sassi con delle forme particolari: sono i resti della Luxia Rabiosa.
Come evitare le Sùrbiles? Basta utilizzare alcuni amuleti come una scopa posta con la chioma verso l'alto, un mazzo di foglie d'issopo e arancio appeso al muro, o anche solo un paio di scarpe messe ai piedi del letto abbinate a un fazzoletto da testa. Si possono anche porre sulla porta d'ingresso alcuni oggetti dentati, come un forcone o il pettine: le Sùrbeles si fermeranno a contarne i denti e siccome sanno contare solo fino a 3, una volta arrivate al quarto devono ricominciare daccapo e continuano così... finché scoccano le 3 di notte, che è l'ora fatidica in cui si devono ritirare.









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Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/carnia-leggende-sul-piccolo-popolo.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2017/12/le-fate-malvage-nel-folklore.html