Io non sono appassionatissima di Celti, pur avendo letto e scritto parecchio su di loro; metto a disposizione quindi tutti gli scritti che ho letto sui Celti, e visto che il materiale è parecchio, lo suddivido in più post; infine vedremo anche alcuni gruppi irlandesi molto famosi e non...
http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-12-la-scena-black-metal-e-pagan.html
Info tratte da
CRONOLOGIA ESSENZIALE
Qui una cronologia sintetica che fornisce gli elementi per comprendere a grandi linee il percorso storico dell'Irlanda, dal VIII millennio a.c all'Ottocento.
VIII millennio a.c.: cacciatori-raccoglitori mesolitici popolano l'Isola.
IV-III millennio a.c.: tardo Neolitico ed Età del Bronzo: una società organizzata edifica monumenti megalitici (menhir e dolmen) e tombe complesse (tombe a camera, a galleria).
VI secolo a.c- III secolo d.c: i Celti migrano stanziandosi in Irlanda.
I-II secolo d.c: I Romani, che hanno conquistato la Britannia, effettuano probabilmente una serie di incursioni nell'Isola.
III - V sec. d.c: gli abitanti dell'Isola (Scoti o Hiberni) effettuano scorrerie contro la Britannia romana. è di questi secoli l'invenzione dell'alfabeto ogamico.
V secolo d.c: inizia la cristianizzazione dell'Isola per mano di san Patrizio. A questo secolo risalgono gli stanziamenti irlandesi nell'odierna Scozia, che deve il suo nome proprio agli Irlandesi, o Scoti.
VI-XI sec. d.c: i monaci d'Irlanda sono missionari, insegnanti e fondatori di conventi in Europa.
792 d.c: iniziano le incursioni dei Vichinghi, che si insediano lungo le coste, fondando le prime città, soprattutto nel IX sec. d.c
1014: il Re Supremo delle tribù irlandesi Brian Boru sconfigge i Vichinghi nella battaglia di Clontarf, mettendo fine all'epoca vichinga in Irlanda.
1169: Il re d'Inghilterra Enrico II inizia l'invasione anglo-normanna
1315-1318: inizia la riconquista della maggior parte dell'Isola da parte delle tribù irlandesi
1558-1603: alla fine del suo regno, Elisabetta I di Tudor riesce a conquistare l'intera Irlanda
1649-1653: Oliver Cromwell riconquista l'intera Isola confiscando tutti i beni degli Irlandesi cattolici; emana leggi penali contro Irlandesi e Chiesa Cattolica.
1791: Nasce la Società degli Irlandesi Uniti, guidata da Wolf Tone, e nasce il nazionalismo irlandese moderno. I suoi scopi sono l'unità del popolo irlandese al di là della divisione tra Cattolici, Anglicani e Protestanti, la distruzione del dominio inglese in Irlanda e l'instaurazione di una repubblica democratica e laica.
1845-1851: La "Grande Carestia" originata da una malattia delle patate e favorita dal ferreo liberalismo del Governo britannico provoca più di un milione di morti e costringe quasi due milioni di Irlandesi a emigrare.
LA SCRITTURA OGAMICA
Verso la fine dell'Età del Ferro nasce una particolare scrittura chiamata Ogamica, dal nome del dio celtico Ogmios. Tale scrittura, di cui rimangono incisioni su pietre, è composto da 20 diversi segni che sono il risultato di combinazioni di segmenti orizzontali e verticali. Nella penisola di Dingle, sulla pietra di Kilmalkedar sono incise lettere ogamiche accanto a lettere latine.
FIUMI E DIVINITA'
Il nome della potente Dea del fiume Boyne, in Irlanda, vale a dire Boann, significa "quella dalle vacche bianche" e forma di vacca bianca era attribuita alla Dea Bo Find che, avendo partorito due magici vitelli gemelli di diverso sesso, avrebbe fatto dono di tutto il bestiame al popolo irlandese. Nella stessa forma era venerata Bovinda, Dea della fertilità, nella parte centrale dell'Isola.
Nota di Lunaria: anche Indù e Norreni veneravano una Dea Vacca, vedi questo post: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/07/norvegia-2-la-mitologia-norrena-in.html
LA REGINA MAEVE
Gli antichi Irlandesi facevano una differenza nel loro patrimonio narrativo tra storie principali e storie secondarie. Le prime erano inerenti storie guerresche, razzie, avventure, viaggi, amore, tragedie, catastrofi; le seconde erano inerenti il mondo magico: visioni, viaggi nel mondo parallelo. Queste storie sono state comunque raggruppate in cicli narrativi.
Il primo ciclo comprende tutti i racconti relativi alla formazione del paesaggio irlandese e ai popoli che l'hanno abitato. Si narra di cinque invasioni successive a un grande diluvio.
La prima resistenza da abbattere è quella della locale stirpe dei Fomori, presentati come creature demoniache con un solo braccio o gamba. Ad avere la meglio sono i Tuatha de Danaan, la tribù della Dea Danu, salvo dover poi cedere il potere ai figli di Lil e ritirarsi nel Sidh.
Il ciclo degli Ulaidh o dell'Ulster mette a fuoco la figura dell'eroe: Chu Chulain.
I protagonisti di queste storie sono esperti di arte magiche, compiono viaggi nell'Aldilà e parlano con gli Dei.
Il personaggio femminile più noto è la regina Maeve o Mebd, che regnava sulla regione del Connaught ed entrò in conflitto con il re Aillil, di cui pure era amante, quando si misero a discutere su chi di loro fosse più ricco di possedimenti e di beni. Maeve non tollerò di avere un "punto in meno" ovvero di non possedere un toro magico con la forza, e decise di procursene uno: il toro di Cooley.
Il poema Tain Bo Cuillaigne la descrive mentre combatte seminuda dal suo carro, provocando nei guerrieri nemici un'eccitazione parossistica e traendone vantaggio per batterli. Dopo una serie di scontri sanguinosi riuscì finalmente ad avere il toro magico e quindi a pareggiare il conto con Aillil. Ma i due animali, venuti a contatto, si buttarono l'uno contro l'altro, smembrandosi reciprocamente.
Il Ciclo di Finn è di tre secoli successivo a quello dell'Ulster ed è incentrato sulla figura dell'eroe guerriero Finn Mac Cumaill o Fionn Mac Cool, capo di una banda di uomini armati (fian); nel Ciclo Storico o dei Re si raccontano vicende dinastiche e avvenimenti di corte relativi ai vari sovrani che regnarono in Irlanda dal III al VII sec. d.c
PANTHEON IRLANDESE
Il capo del pantheon irlandese era Lugh Lamfada "dal lungo braccio", divinità guerriera e solare nel suo epiteto di "Bel", "Il molto luminoso".
Condivide somiglianze con il gallico Teutates. Dal suo
aspetto luminoso discende la festa di Beltane, "i fuochi di Belenos".
In Gallia era attestata una versione femminile di Belenos: Belisama, "la Luminosa", che si può identificare con la più famosa Brigit, divinità del rinnovamento primaverile e del fuoco.
Taranis presentava molte analogie con Thor, e presiedeva agli aspetti violenti e impetuosi della Natura, soprattutto del tuono, fulmini, tempeste.
Dagda era una divinità druidica, depositario della scienza, del sapere sacerdotale e dell'amicizia; suoi attributi sono la Ruota, la Mazza, l'Arpa di quercia.
Sicché Teutates era il protettore della classe guerriera, Taranis\Dagda della classe sacerdotale e Govannon proteggeva la classe degli artigiani.
Dian Cecht era un Dio guaritore, Manannan Maclyr era il Dio delle maree.
Divinità femminili non mancavano; per inciso nella società celtica la donna aveva quasi gli stessi diritti dell'uomo, e in questo senso la civiltà celtica era la più progredita del mondo antico. Si hanno traccia di valenti guerriere come Scathach, maestra d'armi dell'eroe Chu Chulain e regine come Boadicea o Boudicca.
Una delle Dee più adorate era Brigantia, Dea rurale della fertilità, raccolti e corsi d'acqua. In Irlanda grande rilievo aveva Morrigan (le Morrigan, visto che era triplice. Nota di Lunaria),
potente divinità guerresca che incarnava la violenza, il massacro, la sete di sangue e vendetta e che sopravvisse nella leggenda cortese di Fata Morgana e nelle credenze popolari delle streghe (in particolare, di Anna la Nera. Nota di Lunaria; comunque vedremo l'approfondimento sul Piccolo Popolo nei prossimi post: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-2-la-narrativa-irlandese-sui.html )
I Celti, a differenza di altre culture, non erigevano templi. Il contatto con il Divino si realizzava nei boschi, sulle alture o sui promotori rocciosi incombenti sulle vallate, presso i laghi o gli stagni, le sorgenti, nelle grotte che permettono di avvicinarsi maggiormente al grembo della Terra.
Vedi approfondimento in questo post: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-6-culto-dellacqua-degli-alberi.html
Qui si depongono le offerte votive, armi o oggetti d'uso pacifico che siano.
Con il Cielo poi ci si mette in relazione là dove Menhir, Dolmen, Cromlech indicano la via più diretta, già scoperta dai remoti abitanti dei luoghi dove sono venuti a vivere i Celti.
Il bosco era il luogo sacro per eccellenza: col termine affine al latino "nemus" si chiamava "nemeton" da "nemed" = sacro e "ton" = luogo.
APPROFONDIMENTO: IL NEMETON
tratto da
Per i Celti il bosco sacro era il Nemeton, termine che deriva dalla stessa radice di Nemus. Secondo i celtisti, "Nem-" indicherebbe il cielo "in senso religioso", e perciò sembrerebbe che il Nemeton sia stato "la proiezione ideale di una parte di cielo sulla terra, una specie di paradiso o meglio di frutteto meraviglioso", come se ne incontrano nelle leggende celtiche. Questa denominazione ha lasciato molteplici tracce nella toponomastica in Francia, Inghilterra e pure in Galizia, nella Polonia meridionale . Nota in tutto il mondo celtico, e anche presso i Greci e i Romani, la parola "Nemeton" ha pure oltrepassato la frontiera linguistica, dato che in antico sassone esiste la parola "Nimidas", che chiaramente mutuata dal celtico. Il Nemeton era in primo luogo "uno spazio aperto e coperto d'erba in una foresta", quindi una radura, come "nemos-nemus". Questo Nemeton celtico l'abbiamo già incontrato con il "Drunemeton", il boschetto sacro di querce, luogo di riunione e di culto delle tribù celtogalate. Più in generale era "il tempio druidico in mezzo alle foreste appartato dal gruppo sociale del quale era tuttavia il complemento spirituale indispensabile". Lì i sacerdoti iniziati celebravano le cerimonie necessarie per attirare sulla collettività nel suo complesso le benedizioni degli Dei dei quali erano gli interlocutori privilegiati e specializzati. Lì, anche, in "foreste solitarie... i druidi insegnavano molte cose ai più nobili della nazione, di nascosto, per vent'anni". Questi studi, consistevano nell'imparare a memoria, dato che l'insegnamento era esclusivamente orale, un numero grandissimo di versi. Cesare precisa però, e l'osservazione sembra verosimile, che se è vero che i druidi avevano molti discepoli, solo alcuni restavano con loro per vent'anni. Quei pochi erano quelli che si preparavano al sacerdozio.
Di uno di questi Nemeton galli, situato nei dintorni di Marsiglia, possediamo una descrizione impressionante, destinata a suscitare l'orrore, in modo da giustificare la sua distruzione ad opera di Cesare. Essa si trova nella "Farsaglia" di Lucano:
V'era un bosco sacro, inviolato da tempo immemorabile,
che cingeva con un intrico di rami l'aria tenebrosa
e gelide ombre profondamente remote dal sole.
Non lo abitavano agresti Pan, né Silvani, signori
dei boschi, o Ninfe, ma i riti degli Dei barbarici.
Le are vi erano costruite in sinistri altari,
e si soleva purificare tutti gli alberi con sangue umano.
Se merita qualche fede l'antichità ammiratrice del divino,
anche gli uccelli temevano di posarsi su quei rami
e le belve di sdraiarsi in quei covi; neanche il vento
e la folgore sprigionata dalle fosche nubi potevano abbattersi sulla selva,
gli alberi erano percorsi da un brivido, senza che alcuna brezza investisse le fronde.
Acqua abbondante cadeva da cupe fonti, e tetre
statue di Dei si drizzavano scolpite senz'arte nei tronchi.
La muffa stessa e il pallore dei tronchi imputriditi
producevano sgomento; non si temono così gli Dei
consacrati in figure tradizionali: tanto aggiunge al terrore
il mistero degli Dei da temere. Già la fama riportava
che spesso le profonde caverne muggivano per i sommovimenti della terra,
e i tassi caduti tornavano nuovamente a elevarsi,
le selve senza bruciare mandavano bagliori di incendi
e avvinghiandosi ai tronchi draghi strisciavano all'intorno.
Le genti non s'accostavano al luogo per celebrarvi il culto,
ma lo lasciavano agli Dei. Quando Febo giunge a metà del corso
e la fosca notte occupa il cielo, il sacerdote stesso
teme di entrarvi e di imbattersi nel sovrano del bosco.
Cesare ordina di radere al suolo questa foresta
a colpi di scure intatta nelle guerre precedenti,
si ergerva foltissima vicino alla fortificazione tra monti spogli.
Lucano narra che, ricevuto l'ordine di distruggere il bosco sacro, nessuno dei soldati osò sferrare il primo colpo contro quegli alberi temuti, "ma le forti mani tremarono". Quando Cesare vide che i suoi veterani più incalliti rimanevano come paralizzati afferrò un'ascia, la brandì e abbattè una quercia secolare la cui cima si perdeva tra le nuvole. Poi disse: "Ormai nessuno di voi esiti ad abbattere la selva; ritenete il sacrilegio compiuto da me"
La truppa finalmente obbedì "non già rassicurata o bandito il timore ma soppesando la collera degli Dei e quella di Cesare".
Forse alcuni di loro si ricordavano il terrore che aveva colpito le legioni quando erano penetrate nell'immensa Selva Ercinia. La storia romana riferiva i pericoli che avevano corso quando avevano tentato di violare quei tenebrosi rifugi, a cominciare dall'avventura leggendaria, narrata da Tito Livio, del console Postumio che, avendo fatto entrare il suo esercito in una foresta della Gallia cisalpina, probabilmente sacra, vide gli alberi piombare sui suoi soldati uccidendoli tutti.
Attraverso Tacito e Dione Cassio sappiamo dell'esistenza di boschi sacri nella Bretagna insulare; conosciamo in particolare quello consacrato a una Dea di nome Andrasta, cui nell'anno 61 della nostra era, Budicca (Budicea), regina degli Iceni (nelle attuali regioni del Norfolk e del Suffolk) chiese protezione prima di dar battaglia alle legioni nella pianura di Londra, offrendole in sacrificio donne romane. Tacito riferisce che un anno prima il console Svetonio Paolino aveva fatto distruggere nell'isola di Mona (Anglesey) i boschi "sacri ai loro riti superstiziosi e selvaggi, poiché essi consideravano precetto divino che i loro altari fumassero di sangue dei prigionieri e che si dovesse consultare gli Dei, servendosi di viscere umane."
Dagli storici e dai geografi greci e latini sappiamo che i boschi sacri erano gli unici santuari dei Britanni insulari e dei Germani. Tacito ricorda le prescrizioni osservate in quello del popolo sennone, cui abbiamo sopra accennato. "Vi è anche un altro modo di manifestare il culto reverente del bosco sacro: nessuno vi può entrare se non avvinto da lacci, dimostrando con la propria inferiorità il dominio del nume sopra di lui. Se, per caso, qualcuno cade, non gli è concesso di farsi aiutare a sollevarsi, né di mettersi in piedi da solo; deve rivoltarsi per terra."
Esistono ancora oggi dei boschi sacri e i divieti che vi vengono rispettati ci illuminano circa quelli che erano imposti in passato. Così è per esempio tra i Berberi, dei quali Jean Servier ha studiato le tradizioni sempre vive. I santuari "sono circondati da boschetti di ulivi, di querce Zen e di lentischio... contengono non solo il santuario, in cui si trova la tomba dell'antenato del gruppo, ma anche le tombe di tutti i morti di una stessa famiglia, i cui discendenti vivono non lontano da lì, sotto la protezione del bosco sacro".
In passato, anche i nostri cimiteri erano boschi sacri e questa consuetudine si è conservata a lungo in Bretagna. Tra i Berberi "come nell'antica tradizione semitica, nella tradizione latina, nella tradizione greca, nelle tradizioni popolari dell'Iran attuale e nelle più antiche tradizioni asiatiche, i frutti che vi maturano non vengono raccolti, le carrube, le olive e le ghiande fanno morire chi se ne nutre, e se a volte hanno virtù terapeutiche sono fuor dal comune e non possono essere consumate se non in occasione di pellegrinaggi collettivi o individuali. La legna secca non può esser raccolta, il bestiame non può brucare le foglie tenere o l'erba delle radure. Il luogo è proibito nel suo complesso."
Per approfondimenti, vedi questo libro:
Altro approfondimento, tratto da
La religione celtica è caratterizzata da culti di armonia, di forza e di luce e la principale divinità è appunto Lug il cui nome significa "Luminoso".
Signore dei Tuatha dé Danann, è descritto come "abile in molti mestieri", a significare il suo essere superiore e trascendente dalle funzioni specifiche in ciascuna delle quali può però manifestare una divina perfezione.
Gli è sacro il corvo e ritroviamo il suo nome in molti toponimi di città: Lugo in Spagna, Lione, Lugano, Loudun, Laon, Leyde, Leipzig, che sono "Lugudunum", ovvero "Fortezze di Lug". Il Dio è detto Lamfada, "dalla lunga mano", ed è il padre dell'eroe Cuchullainn. Ai culti luminosi e solari ed al Sole sono legati anche i numerosi monumenti megalitici che si trovano nelle aree celtiche. Va ribadito che gli antichi non adoravano il Sole in quanto astro celeste come oggi si cerca di fare credere. Il Sole è, come già si è detto, la rappresentazione nel Cielo del Principio Divino per eccellenza, datore di calore e di luce e quindi di vita. Volutamente non ci si addentra nel restante pantheon delle divinità celtiche in quanto argomento troppo complesso e vasto; riteniamo invece importante far cogliere al lettore il nucleo essenziale della spiritualità dei Celti, di una religiosità non semplicemente "naturalistica" volta invece a sacralizzare la vita. Gli antichi celti sentivano la sfera del divino in ogni significativo momento della loro vita.
In particolare di ogni dote, di ogni talento che essi possedevano, di ogni qualità che sentivano in sé, di ogni significativo pensiero che veniva loro in mente e che non fosse evidentemente legato alla contingenza ed al divenire delle cose sapevano che veniva loro da un Dio, che poteva essere interno o esterno alla persona, a seconda che essa fosse più o meno spiritualmente vicina al divino equilibrio dell'uomo primigenio dell'Età dell'Oro. Così il guerriero sapeva che il coraggio e l'ardore nella guerra gli venivano da Morrigan, la Dea guerriera dei Celti.
Il druida riconosceva come origine della sua conoscenza Dagda, il Dio della scienza e del sapere sacerdotale; l'artigiano era consapevole del fatto che la sua abilità e la sua arte gli venivano da Goibniu fabbro dei Thuatà e Dio Capo dei metallurgi.
Così essi sentivano in sé il divino e si vedevano dappertutto circondati dal sovrumano e dalle Entità sottili. Un particolare rapporto esisteva inoltre tra questi popoli e la natura. Essi ritenevano che i boschi, i prati, le montagne, i fiumi, le colline, i laghi ed ogni luogo fosse popolato da Entità sottili, a volte visibili e a volte invisibili, a volte favorevoli e a volte sfavorevoli nei confronti degli uomini, che a tali luoghi erano legate o che tali luoghi e gli animali in essi dimoranti proteggevano, a volte proprio dall'uomo che vi si recava a caccia, a pesca o ad abbattere alberi per farne del legname. Tale concezione della natura e delle Entità in essa viventi non fu mai del tutto annichilita, nemmeno nei tempi delle più violente persecuzioni contro il paganesimo, anche se tali Entità che erano degli spiriti naturali non certamente malvagi, furono definite dalla religione attualmente dominante diaboliche e causa di dannazione eterna, oltre che assai spesso di condanna ad essere bruciati vivi, per chiunque avesse avuto a che fare con loro. Ma malgrado tali tentativi di repressione e di sradicamento molti ancora, nelle zone d'Europa dove una volta vivevano i Celti, e anche nelle zone del Nord abitate dai Germani e dai Vichinghi che avevano una concezione assai simile della natura e degli spiriti sottili in essa viventi, continuarono a credere in tali Entità. E così ancora oggi si parla e forse c'è ancora qualcuno che ci crede, dei Folletti, delle Fate, degli Gnomi, dei Pooka, degli Elfi, dei Nani, degli Orchi, delle Ninfe e molti altri ancora. E su tali Entità esiste una vasta letteratura attraverso i secoli a volte del tutto fantastica ed immaginaria, ma a volte così precisa e per certi aspetti inquietante, da far pensare che qualcuno le abbia veramente incontrate.
Per quanto riguarda il buon rapporto con la natura i Celti avevano di conseguenza molte cose da insegnare agli uomini di oggi. La natura, animali e piante, era considerata sacra e protetta sia dagli Dei sia dalle innumerevoli piccole Entità. E conseguentemente, l'andare a caccia, a pesca, a fare la legna era per i più religiosi un'azione rischiosa, se non venivano fatti i dovuti Riti, se non venivano eseguite le dovute azioni riparatorie e pronunciate le dovute frasi con le quali si chiedeva il permesso e si cercava di placare la divinità o le Entità tutelari dell'animale o della pianta che si intendeva cacciare o abbattere.
A conferma del fatto che per essi la natura fosse una manifestazione del divino, si deve dire che vi erano dei boschi e delle selve, chiamati Nemeton, che così come i Nemus degli antichi romani erano considerati sacri e inviolabili, e in tali luoghi nessuno si sarebbe mai azzardato ad abbattere alberi o animali, pena la maledizione degli Dei e la condanna a morte da parte degli uomini.
Da "I Druidi" di F.Le Roux e J. Gwyonvarc'h
I Druidi celti previsero la catastrofe finale che essi non potranno o non vorranno scongiurare. "Un giorno regneranno soltanto fuoco e acqua". Fine del mondo o fine di un ciclo? Essi videro più lontano della loro epoca storica. Alla conclusione della Seconda Battaglia di Mag Tured, la Morrigan, Dea della guerra, profetizza:
Vedrò un mondo che non mi piacerà:
estate senza fiori,
mucche senza latte,
donne senza pudore,
uomini senza valore,
conquiste senza un re,
alberi senza frutti,
mari senza vita,
iniqui pareri dei vegliardi,
infami sentenze dei giudici,
ogni uomo sarà un traditore,
ogni ragazzo un ladro,
il figlio entrerà nel letto del padre,
il padre entrerà nel letto del figlio,
ognuno sarà cognato di suo fratello.
Un'epoca iniqua,
il figlio tradirà il padre,
la figlia tradirà la madre.
Questa predizione dovrebbe essere intesa oltre che su un piano cosmico e ambientale, soprattutto su un piano interiore ovvero "sub specie interioritatis", nel senso che i vari principi che da una dimensione ordinata ed armonica precipitano in una dimensione caotica, sofferente ed oscura, appartengono sia nell'ordine sociale e cosmico sia all'ordine individuale, ovvero sia nel macrocosmo sia al microcosmo.
Alcune Dee...
Ancasta: Ancasta è una Dea celtica adorata nella Britannia Romana. è menzionata su una stele, trovata in Inghilterra, nell'insediamento del Clausentum (Bitterne, vicino Southampton). Forse era stata ispirata o comunque si fuse con una Dea locale precedente, probabilmente associata al fiume Itchen. La stele riporta "DEAE ANCASTAE GEMINVS MANI VSLM" che significa "Alla Dea Ancasta, Geminus Mani[lius] volontariamente e meritatamente soddisfi il suo voto". è possibile che il nome Ancasta derivi dal proto-celtico "*kasto" col significato di "rondine"
Eriu, figlia di Ernmas, è la Dea che ha dato nome all'Irlanda. Con le sorelle Banbha e Fòdla faceva parte di una Triade di Dee: le Dee della Sovranità. Secondo un'interpretazione queste tre Dee sono anche Badhbh, Macha e Mòirrìoghan, ovvero Morrigan.
Grian, "Sole", è il nome di un personaggio irlandese, che si presume essere una Dea pre-cristiana, associata a County Limerick e Cnoc Greine, che si trovano a sette miglia da Knockainy.
Grian/Greaney è anche il nome di un fiume, di un lago e una regione. Grian può anche essere vista come la sorella di Áine o un'altra delle manifestazioni di Aine, Dea Irlandese della protezione, della terra, della luna. Grazie al collegamento di Áine con riti di mezza estate, è possibile che Áine e Grian possano condividere un dualismo femminile, la funzione di stagione (come si vede anche nei miti gaelici di Cailleach e Brigid) con le due sorelle che rappresentano i "due soli" del anno: Áine, che rappresenta la luce di metà dell'anno e il sole luminoso di estate (Mhór ghrian), e Grian come la metà oscura dell'anno e il pallido sole invernale (Bheag ghrian)
Branwen: Dea Celta dell'amore e della bellezza adorata in Galles e in Irlanda. è uno degli aspetti della Triplice Dea (rappresenta la Vergine), insieme a Cerridwen e Arianrhod. Questa Dea può trasformarsi in un corvo bianco.
Brigh: Dea delle costruzioni
Brigid: La Dea del fuoco, del cambiamento di stagione.
Henwen è una Dea Britannica legata alla pace, alla prosperità, alla fertilità, al raccolto. è legata al terreno, al miele, alle api, alle aquile, ai lupi, ai gatti. Questa Dea appare spesso sotto forma di scrofa incinta. Simbolicamente, consumare carne è "prendere in sé" l'essenza della Dea. Altrimenti si può comunque consumare molto miele, se si è vegetariane.
Il fatto che la Dea appaia sotto forma di scrofa, la collega molto a Cerridwen.
Cerridwen (si pronuncia "Kerriduen"), Dea celta del fuoco che alimenta nel suo calderone magico. è legata all'ispirazione, all'intelligenza, alla conoscenza.
è Trina (Vergine, Madre, Matriarca) ma è adorata in particolar modo come Crone, Matriarca. è celebrata il 3 luglio e il suo animale è la scrofa bianca.
Altri approfondimenti: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-7-divinita-femminili-panceltiche.html
In Gallia era attestata una versione femminile di Belenos: Belisama, "la Luminosa", che si può identificare con la più famosa Brigit, divinità del rinnovamento primaverile e del fuoco.
Taranis presentava molte analogie con Thor, e presiedeva agli aspetti violenti e impetuosi della Natura, soprattutto del tuono, fulmini, tempeste.
Dagda era una divinità druidica, depositario della scienza, del sapere sacerdotale e dell'amicizia; suoi attributi sono la Ruota, la Mazza, l'Arpa di quercia.
Sicché Teutates era il protettore della classe guerriera, Taranis\Dagda della classe sacerdotale e Govannon proteggeva la classe degli artigiani.
Dian Cecht era un Dio guaritore, Manannan Maclyr era il Dio delle maree.
Divinità femminili non mancavano; per inciso nella società celtica la donna aveva quasi gli stessi diritti dell'uomo, e in questo senso la civiltà celtica era la più progredita del mondo antico. Si hanno traccia di valenti guerriere come Scathach, maestra d'armi dell'eroe Chu Chulain e regine come Boadicea o Boudicca.
Una delle Dee più adorate era Brigantia, Dea rurale della fertilità, raccolti e corsi d'acqua. In Irlanda grande rilievo aveva Morrigan (le Morrigan, visto che era triplice. Nota di Lunaria),
potente divinità guerresca che incarnava la violenza, il massacro, la sete di sangue e vendetta e che sopravvisse nella leggenda cortese di Fata Morgana e nelle credenze popolari delle streghe (in particolare, di Anna la Nera. Nota di Lunaria; comunque vedremo l'approfondimento sul Piccolo Popolo nei prossimi post: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-2-la-narrativa-irlandese-sui.html )
I Celti, a differenza di altre culture, non erigevano templi. Il contatto con il Divino si realizzava nei boschi, sulle alture o sui promotori rocciosi incombenti sulle vallate, presso i laghi o gli stagni, le sorgenti, nelle grotte che permettono di avvicinarsi maggiormente al grembo della Terra.
Vedi approfondimento in questo post: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-6-culto-dellacqua-degli-alberi.html
Qui si depongono le offerte votive, armi o oggetti d'uso pacifico che siano.
Con il Cielo poi ci si mette in relazione là dove Menhir, Dolmen, Cromlech indicano la via più diretta, già scoperta dai remoti abitanti dei luoghi dove sono venuti a vivere i Celti.
Il bosco era il luogo sacro per eccellenza: col termine affine al latino "nemus" si chiamava "nemeton" da "nemed" = sacro e "ton" = luogo.
APPROFONDIMENTO: IL NEMETON
tratto da
Per i Celti il bosco sacro era il Nemeton, termine che deriva dalla stessa radice di Nemus. Secondo i celtisti, "Nem-" indicherebbe il cielo "in senso religioso", e perciò sembrerebbe che il Nemeton sia stato "la proiezione ideale di una parte di cielo sulla terra, una specie di paradiso o meglio di frutteto meraviglioso", come se ne incontrano nelle leggende celtiche. Questa denominazione ha lasciato molteplici tracce nella toponomastica in Francia, Inghilterra e pure in Galizia, nella Polonia meridionale . Nota in tutto il mondo celtico, e anche presso i Greci e i Romani, la parola "Nemeton" ha pure oltrepassato la frontiera linguistica, dato che in antico sassone esiste la parola "Nimidas", che chiaramente mutuata dal celtico. Il Nemeton era in primo luogo "uno spazio aperto e coperto d'erba in una foresta", quindi una radura, come "nemos-nemus". Questo Nemeton celtico l'abbiamo già incontrato con il "Drunemeton", il boschetto sacro di querce, luogo di riunione e di culto delle tribù celtogalate. Più in generale era "il tempio druidico in mezzo alle foreste appartato dal gruppo sociale del quale era tuttavia il complemento spirituale indispensabile". Lì i sacerdoti iniziati celebravano le cerimonie necessarie per attirare sulla collettività nel suo complesso le benedizioni degli Dei dei quali erano gli interlocutori privilegiati e specializzati. Lì, anche, in "foreste solitarie... i druidi insegnavano molte cose ai più nobili della nazione, di nascosto, per vent'anni". Questi studi, consistevano nell'imparare a memoria, dato che l'insegnamento era esclusivamente orale, un numero grandissimo di versi. Cesare precisa però, e l'osservazione sembra verosimile, che se è vero che i druidi avevano molti discepoli, solo alcuni restavano con loro per vent'anni. Quei pochi erano quelli che si preparavano al sacerdozio.
Di uno di questi Nemeton galli, situato nei dintorni di Marsiglia, possediamo una descrizione impressionante, destinata a suscitare l'orrore, in modo da giustificare la sua distruzione ad opera di Cesare. Essa si trova nella "Farsaglia" di Lucano:
V'era un bosco sacro, inviolato da tempo immemorabile,
che cingeva con un intrico di rami l'aria tenebrosa
e gelide ombre profondamente remote dal sole.
Non lo abitavano agresti Pan, né Silvani, signori
dei boschi, o Ninfe, ma i riti degli Dei barbarici.
Le are vi erano costruite in sinistri altari,
e si soleva purificare tutti gli alberi con sangue umano.
Se merita qualche fede l'antichità ammiratrice del divino,
anche gli uccelli temevano di posarsi su quei rami
e le belve di sdraiarsi in quei covi; neanche il vento
e la folgore sprigionata dalle fosche nubi potevano abbattersi sulla selva,
gli alberi erano percorsi da un brivido, senza che alcuna brezza investisse le fronde.
Acqua abbondante cadeva da cupe fonti, e tetre
statue di Dei si drizzavano scolpite senz'arte nei tronchi.
La muffa stessa e il pallore dei tronchi imputriditi
producevano sgomento; non si temono così gli Dei
consacrati in figure tradizionali: tanto aggiunge al terrore
il mistero degli Dei da temere. Già la fama riportava
che spesso le profonde caverne muggivano per i sommovimenti della terra,
e i tassi caduti tornavano nuovamente a elevarsi,
le selve senza bruciare mandavano bagliori di incendi
e avvinghiandosi ai tronchi draghi strisciavano all'intorno.
Le genti non s'accostavano al luogo per celebrarvi il culto,
ma lo lasciavano agli Dei. Quando Febo giunge a metà del corso
e la fosca notte occupa il cielo, il sacerdote stesso
teme di entrarvi e di imbattersi nel sovrano del bosco.
Cesare ordina di radere al suolo questa foresta
a colpi di scure intatta nelle guerre precedenti,
si ergerva foltissima vicino alla fortificazione tra monti spogli.
Lucano narra che, ricevuto l'ordine di distruggere il bosco sacro, nessuno dei soldati osò sferrare il primo colpo contro quegli alberi temuti, "ma le forti mani tremarono". Quando Cesare vide che i suoi veterani più incalliti rimanevano come paralizzati afferrò un'ascia, la brandì e abbattè una quercia secolare la cui cima si perdeva tra le nuvole. Poi disse: "Ormai nessuno di voi esiti ad abbattere la selva; ritenete il sacrilegio compiuto da me"
La truppa finalmente obbedì "non già rassicurata o bandito il timore ma soppesando la collera degli Dei e quella di Cesare".
Forse alcuni di loro si ricordavano il terrore che aveva colpito le legioni quando erano penetrate nell'immensa Selva Ercinia. La storia romana riferiva i pericoli che avevano corso quando avevano tentato di violare quei tenebrosi rifugi, a cominciare dall'avventura leggendaria, narrata da Tito Livio, del console Postumio che, avendo fatto entrare il suo esercito in una foresta della Gallia cisalpina, probabilmente sacra, vide gli alberi piombare sui suoi soldati uccidendoli tutti.
Attraverso Tacito e Dione Cassio sappiamo dell'esistenza di boschi sacri nella Bretagna insulare; conosciamo in particolare quello consacrato a una Dea di nome Andrasta, cui nell'anno 61 della nostra era, Budicca (Budicea), regina degli Iceni (nelle attuali regioni del Norfolk e del Suffolk) chiese protezione prima di dar battaglia alle legioni nella pianura di Londra, offrendole in sacrificio donne romane. Tacito riferisce che un anno prima il console Svetonio Paolino aveva fatto distruggere nell'isola di Mona (Anglesey) i boschi "sacri ai loro riti superstiziosi e selvaggi, poiché essi consideravano precetto divino che i loro altari fumassero di sangue dei prigionieri e che si dovesse consultare gli Dei, servendosi di viscere umane."
Dagli storici e dai geografi greci e latini sappiamo che i boschi sacri erano gli unici santuari dei Britanni insulari e dei Germani. Tacito ricorda le prescrizioni osservate in quello del popolo sennone, cui abbiamo sopra accennato. "Vi è anche un altro modo di manifestare il culto reverente del bosco sacro: nessuno vi può entrare se non avvinto da lacci, dimostrando con la propria inferiorità il dominio del nume sopra di lui. Se, per caso, qualcuno cade, non gli è concesso di farsi aiutare a sollevarsi, né di mettersi in piedi da solo; deve rivoltarsi per terra."
Esistono ancora oggi dei boschi sacri e i divieti che vi vengono rispettati ci illuminano circa quelli che erano imposti in passato. Così è per esempio tra i Berberi, dei quali Jean Servier ha studiato le tradizioni sempre vive. I santuari "sono circondati da boschetti di ulivi, di querce Zen e di lentischio... contengono non solo il santuario, in cui si trova la tomba dell'antenato del gruppo, ma anche le tombe di tutti i morti di una stessa famiglia, i cui discendenti vivono non lontano da lì, sotto la protezione del bosco sacro".
In passato, anche i nostri cimiteri erano boschi sacri e questa consuetudine si è conservata a lungo in Bretagna. Tra i Berberi "come nell'antica tradizione semitica, nella tradizione latina, nella tradizione greca, nelle tradizioni popolari dell'Iran attuale e nelle più antiche tradizioni asiatiche, i frutti che vi maturano non vengono raccolti, le carrube, le olive e le ghiande fanno morire chi se ne nutre, e se a volte hanno virtù terapeutiche sono fuor dal comune e non possono essere consumate se non in occasione di pellegrinaggi collettivi o individuali. La legna secca non può esser raccolta, il bestiame non può brucare le foglie tenere o l'erba delle radure. Il luogo è proibito nel suo complesso."
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Altro approfondimento, tratto da
La religione celtica è caratterizzata da culti di armonia, di forza e di luce e la principale divinità è appunto Lug il cui nome significa "Luminoso".
Signore dei Tuatha dé Danann, è descritto come "abile in molti mestieri", a significare il suo essere superiore e trascendente dalle funzioni specifiche in ciascuna delle quali può però manifestare una divina perfezione.
Gli è sacro il corvo e ritroviamo il suo nome in molti toponimi di città: Lugo in Spagna, Lione, Lugano, Loudun, Laon, Leyde, Leipzig, che sono "Lugudunum", ovvero "Fortezze di Lug". Il Dio è detto Lamfada, "dalla lunga mano", ed è il padre dell'eroe Cuchullainn. Ai culti luminosi e solari ed al Sole sono legati anche i numerosi monumenti megalitici che si trovano nelle aree celtiche. Va ribadito che gli antichi non adoravano il Sole in quanto astro celeste come oggi si cerca di fare credere. Il Sole è, come già si è detto, la rappresentazione nel Cielo del Principio Divino per eccellenza, datore di calore e di luce e quindi di vita. Volutamente non ci si addentra nel restante pantheon delle divinità celtiche in quanto argomento troppo complesso e vasto; riteniamo invece importante far cogliere al lettore il nucleo essenziale della spiritualità dei Celti, di una religiosità non semplicemente "naturalistica" volta invece a sacralizzare la vita. Gli antichi celti sentivano la sfera del divino in ogni significativo momento della loro vita.
In particolare di ogni dote, di ogni talento che essi possedevano, di ogni qualità che sentivano in sé, di ogni significativo pensiero che veniva loro in mente e che non fosse evidentemente legato alla contingenza ed al divenire delle cose sapevano che veniva loro da un Dio, che poteva essere interno o esterno alla persona, a seconda che essa fosse più o meno spiritualmente vicina al divino equilibrio dell'uomo primigenio dell'Età dell'Oro. Così il guerriero sapeva che il coraggio e l'ardore nella guerra gli venivano da Morrigan, la Dea guerriera dei Celti.
Il druida riconosceva come origine della sua conoscenza Dagda, il Dio della scienza e del sapere sacerdotale; l'artigiano era consapevole del fatto che la sua abilità e la sua arte gli venivano da Goibniu fabbro dei Thuatà e Dio Capo dei metallurgi.
Così essi sentivano in sé il divino e si vedevano dappertutto circondati dal sovrumano e dalle Entità sottili. Un particolare rapporto esisteva inoltre tra questi popoli e la natura. Essi ritenevano che i boschi, i prati, le montagne, i fiumi, le colline, i laghi ed ogni luogo fosse popolato da Entità sottili, a volte visibili e a volte invisibili, a volte favorevoli e a volte sfavorevoli nei confronti degli uomini, che a tali luoghi erano legate o che tali luoghi e gli animali in essi dimoranti proteggevano, a volte proprio dall'uomo che vi si recava a caccia, a pesca o ad abbattere alberi per farne del legname. Tale concezione della natura e delle Entità in essa viventi non fu mai del tutto annichilita, nemmeno nei tempi delle più violente persecuzioni contro il paganesimo, anche se tali Entità che erano degli spiriti naturali non certamente malvagi, furono definite dalla religione attualmente dominante diaboliche e causa di dannazione eterna, oltre che assai spesso di condanna ad essere bruciati vivi, per chiunque avesse avuto a che fare con loro. Ma malgrado tali tentativi di repressione e di sradicamento molti ancora, nelle zone d'Europa dove una volta vivevano i Celti, e anche nelle zone del Nord abitate dai Germani e dai Vichinghi che avevano una concezione assai simile della natura e degli spiriti sottili in essa viventi, continuarono a credere in tali Entità. E così ancora oggi si parla e forse c'è ancora qualcuno che ci crede, dei Folletti, delle Fate, degli Gnomi, dei Pooka, degli Elfi, dei Nani, degli Orchi, delle Ninfe e molti altri ancora. E su tali Entità esiste una vasta letteratura attraverso i secoli a volte del tutto fantastica ed immaginaria, ma a volte così precisa e per certi aspetti inquietante, da far pensare che qualcuno le abbia veramente incontrate.
Per quanto riguarda il buon rapporto con la natura i Celti avevano di conseguenza molte cose da insegnare agli uomini di oggi. La natura, animali e piante, era considerata sacra e protetta sia dagli Dei sia dalle innumerevoli piccole Entità. E conseguentemente, l'andare a caccia, a pesca, a fare la legna era per i più religiosi un'azione rischiosa, se non venivano fatti i dovuti Riti, se non venivano eseguite le dovute azioni riparatorie e pronunciate le dovute frasi con le quali si chiedeva il permesso e si cercava di placare la divinità o le Entità tutelari dell'animale o della pianta che si intendeva cacciare o abbattere.
A conferma del fatto che per essi la natura fosse una manifestazione del divino, si deve dire che vi erano dei boschi e delle selve, chiamati Nemeton, che così come i Nemus degli antichi romani erano considerati sacri e inviolabili, e in tali luoghi nessuno si sarebbe mai azzardato ad abbattere alberi o animali, pena la maledizione degli Dei e la condanna a morte da parte degli uomini.
Da "I Druidi" di F.Le Roux e J. Gwyonvarc'h
I Druidi celti previsero la catastrofe finale che essi non potranno o non vorranno scongiurare. "Un giorno regneranno soltanto fuoco e acqua". Fine del mondo o fine di un ciclo? Essi videro più lontano della loro epoca storica. Alla conclusione della Seconda Battaglia di Mag Tured, la Morrigan, Dea della guerra, profetizza:
Vedrò un mondo che non mi piacerà:
estate senza fiori,
mucche senza latte,
donne senza pudore,
uomini senza valore,
conquiste senza un re,
alberi senza frutti,
mari senza vita,
iniqui pareri dei vegliardi,
infami sentenze dei giudici,
ogni uomo sarà un traditore,
ogni ragazzo un ladro,
il figlio entrerà nel letto del padre,
il padre entrerà nel letto del figlio,
ognuno sarà cognato di suo fratello.
Un'epoca iniqua,
il figlio tradirà il padre,
la figlia tradirà la madre.
Questa predizione dovrebbe essere intesa oltre che su un piano cosmico e ambientale, soprattutto su un piano interiore ovvero "sub specie interioritatis", nel senso che i vari principi che da una dimensione ordinata ed armonica precipitano in una dimensione caotica, sofferente ed oscura, appartengono sia nell'ordine sociale e cosmico sia all'ordine individuale, ovvero sia nel macrocosmo sia al microcosmo.
Alcune Dee...
Ancasta: Ancasta è una Dea celtica adorata nella Britannia Romana. è menzionata su una stele, trovata in Inghilterra, nell'insediamento del Clausentum (Bitterne, vicino Southampton). Forse era stata ispirata o comunque si fuse con una Dea locale precedente, probabilmente associata al fiume Itchen. La stele riporta "DEAE ANCASTAE GEMINVS MANI VSLM" che significa "Alla Dea Ancasta, Geminus Mani[lius] volontariamente e meritatamente soddisfi il suo voto". è possibile che il nome Ancasta derivi dal proto-celtico "*kasto" col significato di "rondine"
Eriu, figlia di Ernmas, è la Dea che ha dato nome all'Irlanda. Con le sorelle Banbha e Fòdla faceva parte di una Triade di Dee: le Dee della Sovranità. Secondo un'interpretazione queste tre Dee sono anche Badhbh, Macha e Mòirrìoghan, ovvero Morrigan.
Grian, "Sole", è il nome di un personaggio irlandese, che si presume essere una Dea pre-cristiana, associata a County Limerick e Cnoc Greine, che si trovano a sette miglia da Knockainy.
Grian/Greaney è anche il nome di un fiume, di un lago e una regione. Grian può anche essere vista come la sorella di Áine o un'altra delle manifestazioni di Aine, Dea Irlandese della protezione, della terra, della luna. Grazie al collegamento di Áine con riti di mezza estate, è possibile che Áine e Grian possano condividere un dualismo femminile, la funzione di stagione (come si vede anche nei miti gaelici di Cailleach e Brigid) con le due sorelle che rappresentano i "due soli" del anno: Áine, che rappresenta la luce di metà dell'anno e il sole luminoso di estate (Mhór ghrian), e Grian come la metà oscura dell'anno e il pallido sole invernale (Bheag ghrian)
Branwen: Dea Celta dell'amore e della bellezza adorata in Galles e in Irlanda. è uno degli aspetti della Triplice Dea (rappresenta la Vergine), insieme a Cerridwen e Arianrhod. Questa Dea può trasformarsi in un corvo bianco.
Brigh: Dea delle costruzioni
Brigid: La Dea del fuoco, del cambiamento di stagione.
Henwen è una Dea Britannica legata alla pace, alla prosperità, alla fertilità, al raccolto. è legata al terreno, al miele, alle api, alle aquile, ai lupi, ai gatti. Questa Dea appare spesso sotto forma di scrofa incinta. Simbolicamente, consumare carne è "prendere in sé" l'essenza della Dea. Altrimenti si può comunque consumare molto miele, se si è vegetariane.
Il fatto che la Dea appaia sotto forma di scrofa, la collega molto a Cerridwen.
Cerridwen (si pronuncia "Kerriduen"), Dea celta del fuoco che alimenta nel suo calderone magico. è legata all'ispirazione, all'intelligenza, alla conoscenza.
è Trina (Vergine, Madre, Matriarca) ma è adorata in particolar modo come Crone, Matriarca. è celebrata il 3 luglio e il suo animale è la scrofa bianca.
Altri approfondimenti: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/irlanda-7-divinita-femminili-panceltiche.html