Pierre Bourdieu


Pierre Bourdieu è uno dei maggiori sociologi contemporanei. Nel testo "Il dominio maschile", prende spunto dalle strutture androcentriche dei cabili in Algeria per dimostrare la continuità della visione fallocratica del mondo nell'inconscio di uomini e donne, e l'azione di quelle istanze - la chiesa, la scuola, lo stato - responsabili del dominio maschile.

"La virilità, persino nel suo aspetto etico, cioè in quanto quiddità del vir, virtus, punto d'onore, principio della conservazione e dell'aumento dell'onore, resta indissolubile, almeno tacitamente, dalla virilità fisica, soprattutto attraverso le attestazioni di potenza sessuale - deflorazione della fidanzata (altro elemento analizzato anche da Simone de Beauvoir, come residuo di "rito primitivo", per via della violenza che porta con sé: dolore fisico-mentale della fanciulla, "atteggiamento bestiale" dell'uomo-animale che "versa il sangue" lacerando la carne della fanciulla vittima sacrificale. Nota di Lunaria), abbondante progenie maschile, che tutti si attendono dall'uomo veramente uomo [...] Quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio, quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di riconoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza, di sottomissione. [...] Le donne, per esempio, possono fondarsi sugli schemi di percezione dominanti (alto/basso, duro/molle, diritto/curvo, secco/umido ecc.) che le portano a fare una rappresentazione molto negativa del loro stesso sesso [...] La rappresentazione della vagina come fallo rovesciato che Marie-Christine Pouchelle ha scoperto negli scritti di un chirurgo del Medioevo, obbedisce alle stesse opposizioni fondamentali tra positivo e negativo, diritto e rovescio.

"Il dominio maschile, che le costituisce in quanto oggetti simbolici, il cui essere (esse) è un essere-percepito (percipi), finisce col porre le donne in uno stato permanente di insicurezza corporea o, meglio, di alienazione simbolica: le donne esistono innanzitutto per e attraverso lo sguardo degli altri, cioè in quanto oggetti accoglienti, attraenti, disponibili (vedi il modello della madonna cattolica). Da loro ci si attende che siano "femminili", cioè sorridenti, simpatiche, premurose, sottomesse, discrete, riservate se non addirittura scialbe. E la pretesa "femminilità" non è spesso altro che una forma di compiacenza nei confronti delle stesse attese maschili, reali o supposte, soprattutto in materia di esaltazione dell'ego. Di conseguenza, il rapporto di dipendenza nei confronti degli altri (e non soltanto degli uomini) tende a divenire costitutivo del loro essere. [...] Continuamente sotto lo sguardo degli altri, le donne sono condannate a provare costantemente lo scarto tra il corpo reale, cui sono incatenate, e il corpo ideale cui si sforzano senza sosta di avvicinarsi."

"Cessando di esistere soltanto per gli altri o, cosa perfettamente equivalente, per lo specchio (strumento che permette non soltanto di vedersi ma anche di tentare di vedere come si è visti e di darsi a vedere come si intende essere visti) [...] esso si trasforma da corpo per gli altri in corpo per sé, da corpo passivo e agito in corpo attivo e agente."

"Il mondo sociale funziona (a gradi diversi secondo i campi) come un mercato dei beni simbolici dominato dalla visione maschile: come si è detto, esse, quando si tratta delle donne, significa "percipi", essere percepite, e percepite dall'occhio maschile o da un occhio abitato dalle categorie maschili quelle cui si ricorre, senza essere in grado di enunciarle esplicitamente, quando si loda l'opera di una donna definendola "femminile" o al contrario, "per nulla femminile". Essere "femminile" significa essenzialmente evitare tutte le proprietà e le pratiche che possono funzionare come segni di virilità, al punto che dire di una donna di potere che è "molto femminile" rappresenta un modo particolarmente sottile di negarle il diritto a quell'attributo propriamente maschile che è il potere."

La forza dell'ordine maschile si misura dal fatto che non deve giustificarsi: la visione androcentrica si impone in quanto neutra e non ha bisogno di enunciarsi in discorsi miranti a legittimarla (1).

L'ordine sociale funziona come un'immensa macchina simbolica tendente a ratificare il dominio maschile sul quale esso si fonda: è la divisione sessuale del lavoro, distribuzione rigida delle attività assegnate a ciascuno dei due sessi (2) 

La virilità, persino nel suo aspetto etico, cioè in quanto quiddità del vir, virtus, punto d'onore, principio della conservazione e dell'aumento dell'onore, resta indissolubilmente dalla virilità fisica, soprattutto attraverso le attestazioni di potenza sessuale (deflorazione, abbondante progenie maschile) che tutti si attendono dall'uomo veramente uomo. (3)

Quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio o quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di conoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza, di sottomissione.

Le donne possono fondarsi sugli schemi di percezioni dominanti (alto\basso, attivo\passivo ecc.) che le portano a farsi una rappresentazione molto negativa del loro stesso sesso (4)

Anche lo stesso atto sessuale in questo tipo di società androcentriche è pensato in funzione del primato della mascolinità: l'opposizione tra i sessi si inscrive nella serie di opposizioni mitico-rituali: alto\basso, sopra\sotto, caldo\fretto, attivo\passivo. Ne segue che la posizione considerata normale è logicamente quella in cui "l'uomo sta sopra" 

Se il rapporto sessuale appare come un rapporto sociale di dominio, ciò dipende dal fatto che è costruito attraverso il principio di divisione fondamentale tra il maschile attivo e il femminile passivo (5) e che questo principio crea, organizza, esprime e dirige il desiderio; quello maschile come desiderio di possesso, come dominazione erotizzata, quello femminile come desiderio della dominazione maschile come subordinazione erotizzata e riconoscimento erotizzato del dominio. (6) 

Il privilegio maschile è anche una trappola (7) e ha la sua contropartita nella tensione e nello scontro permanenti, che ogni uomo si vede imporre dal dovere di affermare in qualsiasi circostanza la sua virilità, intesa come capacità riproduttiva, sessuale e sociale, ma anche come attitudine alla lotta, alla violenza, alla vendetta.

L'onore della donna, invece, può essere solo difeso o perduto, in quanto legato unicamente alla verginità e alla fedeltà al marito.

Nota: In questo tipo di società un uomo che per esempio di rifiutasse di compiere una vendetta sarebbe stigmatizzato da tutti gli altri uomini e giudicato "debole, omiciattolo, femminuccia, finocchio".

Per la donna, invece, "dimostrare di essere una vera donna" passa per la sua capacità riproduttiva di partorire figli maschi.

Il dominio maschile, che costituisce le donne in quanto oggetti simbolici il cui essere è un essere percepito, finisce col porre le donne in uno stato permanente di insicurezza corporea, di alienazione: le donne esistono innanzitutto per e attraverso lo sguardo degli altri, cioè in quanto oggetti accoglienti (8), attraenti, disponibili. La "femminilità" sarebbe quindi sottomissione e compiacenza nei confronti delle attese maschili. Di conseguenza, il rapporto di dipendenza nei confronti degli altri tende a divenire costitutivo del loro essere. (9)

Il dominante ha il potere di imporre la propria visione di sé come oggettiva e collettiva (e inconfutabile. Vedi i dogmi religiosi); in tal modo si costituisce come soggetto assoluto, pienamente giustificato (10)

Quanto alla chiesa, pervasa dell'antifemminismo profondo di un clero pronto a condannare tutte le infrazioni femminili, e riproduttore autorizzato di una visione pessimista della donna e della femminilità, inculca esplicitamente una morale familiarista, interamente dominata dai valori patriarcali (Dio Padre), in particolare il dogma dell'inferiorità innata delle donne.

Anche i regimi politici autoritari con le grandi parate (in onore del leader) e le esibizioni ginniche esprimono la filosofia ultramascolina fondata sul culto del maschio-soldato. 


Mie note personali:

(1) Anche perché a sostegno della loro autorità pongono l'autorità per eccellenza: Dio.

(2) O, in certe società, anche dal punto di vista del ceto o della professione; vedi il sistema castale indù.

(3) Vedi l'approfondimento dei "codici d'onore e di leggi" tipiche dell'antica società albanese (regolata dal Kanun) o di quella pashtun (afghana), basate su vendette e faide interfamiliari: ci si aspetta che "un uomo veramente uomo" lavi nel sangue questa o quell'"offesa", fatta a lui o contro "la verginità" di una donna appartenente al suo clan familiare.

(4) Un esempio lampante è il simbolismo cristiano della coppia "Gesù-Maria", fatta passare come "modelli eminenti di genere maschile e femminile": lui dio e salvatore, lei ancella a lui sottoposta. Difatti la coppia simbolica "Gesù-Maria" rappresentando la diade sessuale maschio-femmina convalida appieno, in maniera evidente, la disuguaglianza sessuale, perché solo lui è Dio. Ovviamente se un domani la Chiesa proclamasse "ex cathedra" la divinità di Maria, il problema sessista sarebbe risolto.

(5) Uno dei rappresentanti celebri di questo "pensiero" è l'ultra osannato aristotele.

(6) Si pensi alla perversione femminile più grave: l'ibristrofilia, che consiste nell'eccitazione sessuale e amorosa che una donna prova nei confronti dei serial killer e degli stupratori; vedi per esempio i casi di Richard Ramirez ed Henry Lee Lucas, celebri serial killer considerati dei veri e propri "sex symbols" dalle donne ibristrofile.

(7) Infatti "patriarcato" non significa "dominio di tutti gli uomini" ma "dominio di una certa categoria di uomini che domina tutte le donne e altri uomini". Vedi per esempio le gerarchie ideate da confucio o aristotele: per confucio, gli uomini anziani avevano più potere degli uomini giovani (gerontocrazia), per aristotele, gli uomini greci dovevano dominare sugli uomini non greci (schiavitù razzista) o si veda anche la struttura sociale medievale: conti, feudatari sui contadini (discriminazione basata sul ceto).

(8) Vedi il già citato simbolismo cristiano, che reifica la donna-Maria ad ancella "per partorire". Specialmente nei libri di teologia di secoli fa il sessismo teologico è imperante ed è stato usato per rafforzare tutti gli stereotipi femminili: la debolezza, la passività, la secondarietà, l'essere accogliente "per-gli-altri", mai "per se stesse"

(9) Come faceva notare Mary Daly in "Al di là di dio padre":

"Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo."

In sintesi: l'ego maschile è "esplosivo", si proietta all'esterno, contando sul fatto che l'apparato culturale-simbolico celebra il suo io, lo lusinga e lo potenzia (Dio è maschio, Dio è salvatore, Dio è al centro del cosmo, il maschio è immagine di Dio ecc., o vedi anche i valori di una finanza spietata: il denaro è Dio e il suo artefice-preservatore è l'uomo ricco)

La donna, al contrario, non ha un Io altrettanto forte, ma il valore del suo Io passa per quello che l'uomo dice di lei e su di lei ("sei magra, sei grassa, sei bella, sei brutta, sei interessante" ecc.): manca l'apparato simbolico che convalida e potenzia l'ego femminile (i simboli monoteisti propongono solo una visione maschile di potenza, senza offrire altrettanto per le donne)

Per la donna è incredibilmente difficile "darsi valore da se stessa", cioè porre il proprio io. Anche le donne che capiscono il concetto e che sono motivate ad affrancarsi, ci impiegano anni a costruire una propria autostima che non passi per "quanto dice l'altro".

(10) Non è raro che gli integralisti misogini per giustificare il loro dominio sulle donne, rispondendo a donne "contestatrici", letteralmente affermino: "Sei tu che devi cambiare idea, ravvederti e convertirti". Non tentano neanche di trovare giustificazioni al dominio dell'uomo sulla donna, sancito dai loro testi sacri: è così perché lo ha detto Dio, e quindi per definizione, va accettato senza fiatare. Senza contare il fatto che qualsiasi donna contesti l'ordine simbolico-misogino, ovviamente, è considerata "poco donna", "non donna".


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/un-po-di-sociologia-1.html

https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/un-po-di-sociologia-2.html


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