Norvegia (2) La Mitologia Norrena in sintesi


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Nota di Lunaria: alcuni termini sono scritti senza accenti particolari. Questo perché non ho tali accenti grafici sulla tastiera del pc e non so come riportarli in un documento word.

Il Mito Nordico racconta che l'intero universo venne creato dal nulla, raffigurato come un baratro chiamato Ginnungagap; vennero poi creati due mondi, l'uno a nord, terra del gelo, dell'umidità e del buio, con al centro un pozzo, Hvergelmir, da cui sgorgavano gelidi fiumi; l'altro a sud, luminoso, asciutto e torrido; un gigante del fuoco vi era posto a guardia e il suo nome è Surtr. Dall'incontro della brezza gelida del nord e le calde scintille del sud si produssero delle gocce da cui si originò il gigante Ymir, il primo essere vivente;  si narra che Ymir venne allattato dalla mucca Audhumla, la quale per nutrirsi leccò il sale su di una pietra e da questa pietra nacque Buri, il primo uomo.
Da Buri nacque poi Borr e dalla sua unione con Bestla, figlia di un gigante, nacquero Odino, Vili e Vé, i primi Dei che fecero agli uomini tre doni: il respiro, l'anima e il corpo ("i colori e il bell'aspetto")


Poi gli Dei uccisero il gigante Ymir e con il suo corpo fecero il mondo.

Dalla carne di Ymir
fu fatta la terra,
dal suo sangue il mare,
dalle ossa le montagne,
gli alberi dalla chioma,
dal cranio il cielo.
Dalle sue sopracciglia
fecero gli Dei benedetti
Midhgardhr per i figli degli uomini,
dal suo cervello
furono tutte le tempestose
nuvole create.

Se per i figli degli uomini gli Dei crearono Midhgardhr, la Terra di Mezzo, come propria dimora edificarono una fortezza al centro del mondo, a cui diedero nome Asgardhr
 


e nella quale si ergevano palazzi risplendenti d'oro e d'argento nei quali essi stessi abitavano.
In quel luogo crearono anche il Valhalla, dove le Valchirie conducevano i guerrieri morti in battaglia, servendo loro da bere birra e met, un idromele che sgorga dalle mammelle della capra Heidhrun.

Come cibo gli Einheriar, i guerrieri eletti, hanno la carne del magico cinghiale Sharimnir che ogni giorno si rinnovava offrendo così loro un nutrimento perenne.
Nel Valhalla i guerrieri continuano però anche a combattere: al sorgere di ogni alba essi scendono sui campi di battaglia a combattono a morte tra di loro per ritornare tutti, al termine della giornata, perfettamente risanati dalle ferite che si sono vicendevolmente recati, a ristorarsi intorno a una tavola riccamente imbandita.

Nota di Lunaria: che io sappia, non ho idea di che genere di paradiso ci fosse per le donne, nella mentalità escatologica norrena. Non ho mai trovato nessuna citazione sui libri (non che io ne abbia letti moltissimi, sui Norreni, comunque in quelli che ho letto non vi era alcuna citazione) Il che poi non significa che i Norreni non avessero ideato una concezione escatologica anche per le donne; forse non è pervenuta. Da notare che anche il paradismo islamico è androcentrico, e poco o niente si dice "sulla ricompensa delle donne" in tale paradiso islamico dominato dai maschi fedeli ad allah a cui come ricompensa spettano "vergini sempre eterne da deflorare".

Questo rituale dovrà ripetersi, giorno per giorno, fino al momento in cui verrà combattuta la battaglia finale: sarà il momento chiamato Ragnarokk, il crepuscolo degli Dei ed è per questo che Odino vorrà avere allora, al proprio fianco, i migliori guerrieri.

Si narra poi di un grande albero, il frassino Yggdrasill, perno dell'intero universo; ha tre profonde radici, che si spingono l'una fino al regno degli Dei, la seconda al regno dei giganti, Ginnungagap, la terza nel regno degli inferi presso il pozzo Hvergelmir.
Accanto alla seconda radice vi è una fonte della saggezza, custodita da Mìmir; da lui si recò un giorno Odino per bere  a sua volta di quell'acqua e Mìmir gliene diede, chiedendo ed ottenendo in cambio un occhio del Dio. Anche in questo episodio, che simboleggia la capacità di rinuncia a vedere solamente nel mondo esterno e materiale, per acquisire un potere di visione che tale mondo trascende, si può forse vedere una tecnica e un obiettivo dello sciamanesimo vichingo.
Mìmir beve ogni giorno di quell'acqua portentosa dal corno Giallarhorn e così sarà fino al giorno in cui egli, suonando con lo stesso corno annuncerà l'inizio della battaglia finale.
Alla radice che giunge in Asgardhr è invece collegata la sorgente di Urdhr (Urdharbrunnr); vi è la dimora di tre bellissime fanciulle: sono le Norne, che oltre al compito di determinare il destino e di assegnarlo agli uomini, si prendono cura che Yggdrasill sia sempre verde e non marcisca, ché tale dovrà rimanere fino al giorno del Ragnarokk, quando il gallo Vidopnir annuncerà con il suo canto l'alba dell'ultimo giorno.
Ancora, presso quest'ultima fonte si slancia verso il cielo un ponte, Bifrost, che per gli uomini è l'arcobaleno; attraverso di esso gli Dei giungono cavalcando dalle loro dimore divine per tenere consiglio, solo a loro è dato di percorrerlo perché, tra i colori che lo formano, il rosso è il fuoco che arde; ma è anch'esso destinato a crollare nel giorno in cui i figli di Muspell, guidati da Surtr, muoveranno il loro finale attacco agli Dei.

Altro approfondimento tratto da

I Miti Nordici venivano tramandati oralmente ed erano composti come poemi, forse perchè la rima aiutava a memorizzarli. La più antica raccolta scritta è l'Edda, che comprende 29 canti, scoperti in Islanda nel 1643, a cui se ne sono aggiunti successivamente altri sei. Sono stati riuniti nel Codex Regius, attualmente conservato a Reykjavic. Esiste poi un'altra Edda: è l'opera in prosa dell'islandese Snorri Sturluson, scritta tra il 1222 e il 1225.

L'Europa cominciò a conoscere i Vichinghi quando attaccarono e saccheggiarono il monastero dell'Isola di Lindisfarne, in Inghilterra nel 793. Lo storico anglosassone Simeone di Durham scrisse che i Vichinghi "calpestarono i luoghi sacri con i loro sozzi piedi e demolirono gli altari".
 

ORIGINE DEL MONDO, DEGLI DEI E DEGLI UOMINI

L'origine della vita appare nei miti vichinghi strettamente legata ai loro paesaggi e alla natura. Le immagini rappresentate nelle loro storie di gelo e di fuoco ricordano la neve, il ghiaccio, i vulcani e i geyser bollenti che abbondano nelle loro regioni.
Il primo essere vivente nasce quando i ghiacci iniziano a sciogliersi, sotto l'effetto dei tiepidi venti primaverili.

"Quando la brina incontrò il vento caldo si sciolse e gocciolò, e da quelle gocce viventi si formò la vita..." (Snorri Sturluson)

Le gocce che cadono ricordano proprio il momento del disgelo, dopo il lungo e freddo inverno del Nord.

All'inizio c'era il Ginnungagap, il Nulla, il Vuoto, l'Abisso.
Dal Vuoto la materia appare come distinta in due mondi contrapposti, due principi o polarità: Niflheimr, la Regione del Freddo, e Muspesllheimr, la Regione del Fuoco.
A Niflheimr gelo e buio erano perenni, e da una pozza nascevano fiumi impetuosi che giungevano fino al baratro del Ginnungagap, portandovi ghiaccio e vento, detriti e scorie velenose.
Nel corso del tempo la brina del nord si incontrò con il vento caldo del sud, dando luogo alla vita: due esseri, Ymir il Gigante e Audhumla la Mucca. Dal sudore di Ymir nacquero il primo essere maschile e il primo essere femminile e dai suoi piedi uniti si generò un altro figlio con sei teste; furono i primi Giganti del Ghiaccio. Dalla mammelle della Mucca Audhumla uscirono quattro fiumi di latte che nutrivano Ymir. Ma anche Audhumla aveva fame e iniziò a leccare i ghiacci salati che aveva intorno. Da essi uscirono, la sera del primo giorno, i capelli di un uomo; il secondo giorno spuntò la testa e il terzo giorno tutto il corpo.
Buri, il primo uomo, era stato creato ed era alto, possente e bello. Suo figlio si chiamò Borr e i figli che Borr ebbe con Bestla, figlia del Gigante Bölthor, furono Odino, Vili e Ve, i primi fra gli dei.
Il Gigante Ymir, nato dal ghiaccio impregnato di veleno, era malvagio e come lui tutti i suoi discendenti; così fu inevitabile lo scontro tra i buoni (Odino, Vili e Ve) e i cattivi (i Giganti del Ghiaccio).
Ymir fu ucciso e nel suo sangue perirono tutti i suoi discendenti, con l'unica eccezione di Bergelmir e della sua famiglia: fu grazie a lui che la razza dei Giganti è sopravvissuta.
Odino e i suoi fratelli portarono il corpo di Ymir nel Ginnungagap e lo usarono per comporre il mondo: dalla carne trassero la terra, dal sangue mari e fiumi, dalle ossa le montagne, dai capelli gli alberi, dal cranio la volta celeste e dal cervello le nuvole.
Dei vermi erano usciti dal corpo di Ymir e gli dei li trasformarono in piccoli esseri: i nani, che vivono fra le rocce. A quattro di loro (Austri, Vestri, Nordhri e Sudhri) fu ordinato di mettersi agli angoli della terra e di reggere il cielo.
Ma era buio. Allora gli dei presero delle scintille dal Muspesllsheimr e le misero nella volta celeste, che fu così rischiarata dalle stelle. Alcune di queste restarono fisse, ad altre fu dato l'ordine di muoversi secondo un tracciato stabilito: venne creato così anche il "trascorrere" del tempo.
Attorno alla terra fu messa una grande massa d'acqua: l'oceano.
Un pezzo di terra, confinante con l'oceano, fu assegnata ai Giganti,  e venne chiamata Jötunheimr, "Terra dei Giganti".Poi gli dei presero le sopracciglia di Ymir e le usarono per formare un'enorme muraglia circolare attorno alla terra destinata agli uomini, che fu chiamata, da allora, Midhgardhr, "Recinto di mezzo".
Mancavano solo gli esseri umani.

Odino, Vili e Ve si recarono in riva al mare e lì trovarono due pezzi d'albero, uno di frassino e uno d'olmo; gli dei li raccolsero, e donarono loro vita, spirito, sensi e nome: Askr, l'uomo, fu tratto dal frassino; Embla, la donna, dall'olmo.
Essi e i loro discendenti popolarono il Midhgardhr.

"Dalla carne di Ymir fu creata la terra,
dal suo sangue il mare,
le montagne dalle ossa, gli alberi dalla chioma,
dal cranio il cielo.

I sacri dei crearono dalla sopracciglia
Midhgardhr per la stirpe degli uomini;
dal cervello tutte le nubi tempestose
furono create."

(Dialogo di Grimir in Edda. Die Lieder des Codex Regius)

LO YGGDRASILL, L'ALBERO DEL MONDO

Nel creato si distinguono nove mondi, ognuno abitato da creature diverse, ma ognuno collegato all'altro da un'unica vita, un grande albero, lo Yggdrasill: nel mezzo dell'Olimpo, la fortezza di Asgardhr, il frassino dello Yggdrasill è sempreverde, il più bello, imponente frassino esistente. I suoi rami e le sue chiome superano la volta celeste, il suo tronco di straordinaria grandezza sorregge il peso di tutto il mondo e lo tiene in equilibrio. Le sue radici affondano nel regno degli inferi e si trovano in tre mondi diversi: la prima è fra gli dei, l'altra fra i giganti e la terza nel Niflheimr. Presso ogni radice sono situati un pozzo o una sorgente. Nel Niflheimr, la terra del freddo, c'è un pozzo. Nella terra dei giganti, c'è una fonte, la fonte di Mimir, che racchiude la scienza di tutte le cose. Si racconta che il gigante Mimir sia sapientissimo perchè beve ogni giorno il liquido magico di questa fonte e che anche Odino sia riuscito a berne un sorso, dando in cambio a Mimir un occhio.Nel regno degli Dei la radice del frassino è vicina a una fonte custodita da tre donne: le Norne. Queste decidono il destino di tutti gli esseri viventi, compresi gli Dei, e si prendono cura dell'albero somministrandogli dell'acqua e dell'argilla per evitare che secchi e marcisca. Presso lo Yggdrasil si riuniscono tutti i giorni gli Dei per tenere consiglio. Finché l'albero del mondo resterà saldo non ci saranno da temere cambiamenti terribili e i nove mondi potranno convivere.
 

LA CELEBRAZIONE DEI RITI

Presso i Vichinghi non esistevano sacerdoti di professione. Era il capofamiglia a svolgere le funzioni sacerdotali e a officiare i riti dei vari culti. Il rito più importante era quello collettivo, che si svolgeva all'aperto, in un boschetto, vicino a un ruscello o a una fonte. Ogni nove anni ricorrevano le celebrazioni di feste solenni: al culmine delle cerimonie avveniva un sacrificio di massa, che i Vichinghi chiamavano blot: uomini e animali venivano appesi agli alberi sacri e uccisi con un colpo di ascia, il loro sangue veniva raccolto in vasi sacri e utilizzato dagli indovini per trarne divinazioni. Seguivano banchetti e offerte agli Dei.

L'ALDILà

Odino abita all'interno del primo tempio e la sua dimora si chiama Valhalla. Qui vengono accolti coloro che muoiono in combattimento e vengono accompagnati dalle Valchirie, divinità femminili che si recano, su ordine di Odino, nei campi di battaglia per raccogliere gli eroi caduti.
Nel Valhalla le Valchirie servono ai guerrieri birra e idromele, prodotti dalle mammelle della capra Heidhrun che bruca la chioma dell'Yggdrasill, l'albero del mondo. C'è anche un bravissimo cuoco che tutti i giorni prepara per gli eroi un banchetto a base di maiale, cotto in un enorme pentolone e la sera il maiale è ancora intero.Odino invece dà sempre la sua abbondante porzione a due lupi perchè partecipa al pranzo solo bevendo del vino.
La mattina i guerrieri vengono svegliati dal canto del gallo: si preparano ed escono per esercitarsi nel combattimento e nella lotta, nell'attesa dell'ultimo giorno, quando le 540 porte del Valhalla si apriranno e tutti gli eroi usciranno insieme con Odino a combattere l'ultima battaglia contro le forze del male.

Odino viene così celebrato:

Troverai rune...
possenti segni
vittoriosi segni
che colorò il Vate possente
che formano gli Dei potenti
e incise il Dio che tra gli Dei urla. (*)

(Dialogo dell'Alto, in Edda)    

(*) Il Dio che urla, che possiede cioè la forza della parola creatrice, è Odino.

Tyr era il figlio di Odino (anche se in alcuni miti si dice che fosse figlio del gigante Ymir): era coraggioso, audace e saggio.
La Runa a forma di lancia ha lo stesso nome del Dio e veniva detto ai guerrieri di inciderla sulla spada per ottenere la vittoria:

"Devi imparare le Rune della vittoria,
se vuoi ottenere il trionfo
e inciderle sull'elsa della spada;
alcune sul davanti della lama, altre sul dorso,
e poi invocare per due volte Tyr... "

(Dialogo di Sigrdrifa in Edda)

Uno dei suoi appellativi è "Dio monco" perchè sacrificò la sua mano destra nelle fauci del lupo Fenrir pur di mantenere l'ordine universale voluto dagli Dei.

Altro approfondimento tratto da


"So che un frassino si erge, Yggdrasil lo chiamano,
un albero frondoso, asperso d'acqua bianca di argilla."


In principio era l'albero. La sfera di pietra sfrecciava nel vuoto. Sotto la crosta c'era il fuoco. Le rocce si liquefacevano, i gas ribollivano. Bolle d'aria bucavano la crosta. Densa acqua salata aderiva alla sfera rotante. Il fango ci scivolava sopra e nel fango le forme mutavano. Ogni punto su una sfera è il centro e l'albero era al centro. Teneva insieme il mondo, nell'aria, nella terra, nella luce, nel buio, nella mente.
Era una creatura enorme. Affondava aghi radicali nel terriccio spesso. Dopo gli apici ciechi venivano filamenti e corde e canapi, che sondavano e si avvinghiavano e frugavano. Le sue tre radici si allungavano sotto prati e montagne, sotto Midgard, la terra di mezzo, affioravano a Jotunheim, dimora dei giganti di ghiaccio, poi giù nel buio fino ai vapori di Hel.
Il suo alto tronco era composto di anelli di legno, uno dentro l'altro, che premevano verso l'esterno. Dentro, a ridosso della corteccia, c'erano viluppi di condotti che spingevano ininterrotte colonne d'acqua fino ai rami e alla chioma. La forza dell'albero convogliava l'acqua su fino alle foglie che si distendevano alla luce del sole e mescolavano luce, acqua, aria e terra per produrre nuova materia verde, che si agitava nel vento, assorbiva la pioggia. La sostanza verde mangiava luce. Di notte, quando la luce sbiadiva, l'albero la restituiva con un breve bagliore nel crepuscolo, come un tenue lampione.
L'albero mangiava ed era mangiato, nutriva ed era nutrito. Il suo vasto reticolo sotterraneo e le grandiose radici erano infestati e avviluppati da filze di miceti, che si nutrivano di radici, strisciavano fin dentro le cellule e ne cavavano la vita. Solo di tanto in tanto quelle rigogliose creature spuntavano dal terreno della foresta, o attraversavano la corteccia, generando funghi mangerecci o velenosi, rossi e coriacei, con bianche escrescenze, fragili e pallidi ombrelli, protuberanze legnose stratificate sulla corteccia stessa. Oppure s'ingrossavano sui loro stessi gambi e formavano vesce che esplodevano spargendo spore come fumo. Si nutrivano dell'albero ma portavano anche cibo all'albero, minuti frammenti che sarebbero stati trasportati in alto dalla colonna d'acqua.
C'erano vermi, grossi come dita, sottili come capelli, che avanzavano nel terriccio coi loro musi tozzi, mangiando radici, secernendo cibo radicale. I coleotteri si davano da fare con la corteccia, trapanavano furiosamente, procreando e nutrendosi, lucidi come metalli, scuri come legno morto. I picchi foravano la corteccia e mangiavano le grasse larve che mangiavano l'albero. Sfrecciavano tra i rami, verdi e rossi, neri, bianchi e scarlatti. I ragni, appesi al filo, attaccavano delicate ragnatele a foglie e ramoscelli, minacciando piccoli insetti, farfalle, soffici nottue, grilli impettiti. Le formiche sciamavano in schiere frenetiche, o allevavano dolci afidi, sfiorandoli con le antenne sottili. Alle biforcazioni dei rami si formavano pozze; spuntava il muschio; lustre raganelle nuotavano nelle pozze, deponevano fragili uova e inghiottivano larve scattanti e spiraleggianti. Alle estremità dei rami cinguettavano gli uccelli costruendo nidi di ogni foggia - ciotole d'argilla, sacche pelose, morbide scodelle rivestite di paglia, nascoste dentro buchi della corteccia. L'intera superficie dell'albero era raschiata e scavata, forata e corrosa, tagliuzzata e mangiucchiata.
Si narravano storie di altre creature di quella società tra i rami frondosi. Alla sommità, a quanto pare, si annidava un'aquila, che cantava indifferentemente del passato, del presente e di ciò che ancora doveva accadere. Il suo nome era Hraesvelgr, "Divoratrice di carne"; quando batteva le ali i venti soffiavano e ululavano le tempeste. Fra gli occhi dell'enorme uccello dimorava un bellissimo falco, Vedrfolnir. I grandi rami erano pascolo per quattro cervi, Dainn, Dvalinn, Dùneyrr e Durapròr, e una capra, Heidrùn, le cui poppe erano colme d'ambrosia. Un indaffarato scoiattolo nero, Ratatoskr, "dente che perfora", correva su e giù dalla sommità alle radici portando i malevoli messaggi che si scambiavano l'uccello assiso sulla chioma e il vigile drago nero attorcigliato fra le radici, Nidhoggr, circondato da una moltitudine di serpi. Nidhoggr rodeva le radici, che si rigeneravano.
L'albero era immenso. Sosteneva o dava ombra, ad alti vestiboli e palazzi. Era un mondo in sé.
Ai suoi piedi c'era uno smisurato pozzo nero, le cui acque scure davano saggezza, o quantomeno lungimiranza, a chi le beveva. Sull'orlo del pozzo sedevano le Sorelle Fatali, le Norne, venute forse da Jotunheim. Urd vedeva il passato, Verdandi il presente e Skuld contemplava il futuro. Anche il pozzo era chiamato Urd. Le tre Sorelle erano filatrici, che avvolgevano i fili del destino. Erano giardiniere e guardiane dell'albero. Ogni giorno annaffiavano l'albero con l'acqua nera del pozzo. Lo nutrivano con pura argilla bianca, aurr. Così esso decadeva, o rimpiccioliva, di attimo in attimo. Così sempre si rinnovava.  
  
Che cosa c'era all'inizio delle storie di Asgard?

"Vi fu un tempo remoto
in cui nulla era:
non sabbia né mare
né gelide onde.
Non c'era la terra
né la volta del cielo
ma voragine immane
e non c'era erba"

La voragine aveva un nome, Ginnungagap, che la bambina magra (nota di Lunaria: è la protagonista del libro che legge le storie degli Dei) non smetteva di ripetere.
Era una parola bellissima. Quella voragine non era del tutto informe. La delimitavano due punti cardinali. A nord si stendeva Niflheim, il paese delle nebbie, una regione di freddo e brina, da cui sgorgavano dodici impetuosi torrenti di acqua gelida. A sud c'era Muspelheim, il paese del fuoco, una regione di fiamme e di fumo. Montagne di ghiaccio rotolavano da Niflheim ed evaporavano per effetto delle raffiche ardenti provenienti da Muspelheim.  Nel caos vorticoso una figura di uomo prese forma dalla materia  scoppiettante, il gigante Ymir, o Aurgelmir, il cui nome significa "Colui che fa bollire il fango" o "Urlatore possente". Era fatto, secondo alcuni, della pura argilla bianca con cui le Norne nutrivano Yggdrasil. Era immenso: era tutte le cose, o quasi tutte. La bambina magra lo immaginava con braccia e gambe divaricate, tutto lucido, per qualche ragione senza faccia, la testa un globo roccioso.
C'era un'altra creatura a Ginnungagap, un'enorme vacca (1) dalle cui poppe il latte sgorgava senza sosta mentre leccava il sale sui cristalli di ghiaccio. Ymir si nutriva di quel latte.

(1) E similmente ai miti egizi e induisti, al centro del Nutrimento Cosmico vi è la figura della Vacca Sacra, dagli Egizi conosciuta come Hathor. Per quanto riguarda la capra, vedi la mitologia greca, e la capra che allatta il piccolo Zeus.

Ymir viene poi smembrato (similmente ad altri Dei, come Osiride per esempio, o Tiamat: dallo smembramento del Dio si origina sempre qualcosa. In fondo i cristiani hanno la stessa idea: gesù crocifisso e straziato dalle piaghe alle mani, piedi, fianco, muore e la sua morte "ci libera dal peccato")

La voragine era nera, molte sfumature di nero, spesso e sfumato, lustro e cupo. L'enorme uomo di neve era bianco, salvo dove le sue stesse membra gettavano ombre d'un bianco violaceo, sotto le ascelle, nelle mostruose narici, nell'incavo delle ginocchia. I nuovi Dei menavano fendenti e ridevano. Il sangue sgorgava dalle ferite, si riversava dal collo sulle spalle di Ymir, gli gocciolava sul petto e sui fianchi come un drappeggio ardente, scorreva, scorreva, riempiva la sfera di vetro di un flusso cremisi, e sommergeva il mondo. Impossibile fermarlo, era la vita che era stata in lui, sotto l'argilla e il ghiaccio, vita che defluiva in morte.

Gli Dei fecero il mondo con il gigante morto. La bambina magra faceva fatica a immaginarselo; non c'era scala con cui potesse misurarlo, anche se riusciva a cogliere le nebulose somiglianze che univano i brandelli di Umano morto alle creature e alle strutture del mondo.

"Dalla carne di Ymir
fu fatta la terra.
Dalle sue ossa i monti,
il cielo dal cranio
del gigante del ghiaccio
e dal suo sangue,
il mare"

Nota di Lunaria: l'idea, l'archetipo della Divinità che si sacrifica per creare il mondo dovrebbe insegnarci che ogni cosa naturale è sacra, proprio perché tratta da un corpo divino: purtroppo spesso l'essere umano abusa e stupra la Natura in modo sconsiderato.  

Il lamento di Odino

"Io so che da un albero al vento pendetti,
per nove lunghe notti,
ferito da una lancia e immolato a Odino,
io stesso a me stesso,
su quell'albero che nessuno sa
da quali radici nasca.
Pane nessuno mi dette, né corno per bere;
io giù guardai:
raccolsi le rune, dolorante le presi
e giù caddi di là.
Nove potenti sortilegi appresi..."

Odino era il Dio della Caccia Selvaggia. O della Schiera Furiosa. Cavalcavano per il cielo, cavalli e segugi, cacciatori e armigeri spettrali. Non si stancavano né si arrestavano mai; i corni mugghiavano nel vento, gli zoccoli martellavano le nubi, i cacciatori volteggiavano come temibili stormi di volatili giganteschi. Il cavallo di Odino, Sleipnir, aveva 8 zampe, il suo galoppo era fragoroso.

La bambina magra rabbrividiva di paura ed eccitazione al pensiero di Odino, un Dio sinistro e pericoloso. Era un Dio mutilato, un Dio orbo da un occhio (2) che aveva pagato con l'altro occhio la conoscenza magica bevuta alla fontana di Urd [...] Odino era un Dio sempre in agguato, travestito da vecchio con un mantello grigio e un cappello calato sull'orbita vuota [...] Brandiva una lancia, Gungnir, su cui erano incise rune che svelavano i segreti degli uomini, degli animali e della terra. La lancia era stata fabbricata con un ramo strappato dallo stesso Yggdrasil, sfrondato dei ramoscelli.
 

(2) Anche la Dea Filippina della Luna, Mayari, è con un occhio solo. E nei culti afro-haitiani abbiamo la figura di Legba, il Dio zoppo. Legba, con la sua stampella, la sua pipa e le chiavi che aprono le porte delle dimensioni: la nostra e quella dei Loa
Infine, le donne norrene, viste da un missionario cristiano... 



Stralcio tratto da

"Erano le donne ad avere il controllo di tutto ciò che succedeva nel paese. Erano loro che combinavano matrimoni, ripartivano le eredità, decidevano del futuro della comunità. E loro sì che avevano una religione. Ma una religione solo per donne, segreta, chiusa, basata su lune e cicli naturali, sangue e oscurità. Uno scandalo agli occhi di dio e una vergogna per lui che dopo tre anni non aveva ottenuto altro che un timido avvicinamento alle famiglie meno importanti, senza che questo compotasse che le donne di quelle famiglie abbandonassero i riti pagani."

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