Nato il 1°gennaio 1889, Nikolaj Rajnov comincia a pubblicare molto giovane. Nel 1908 si appassiona alla teosofia e alle religioni orientali. Il suo primo libro, "Leggende Bogomile" (1912) ha un successo immediato. Scoppiata la guerra balcanica, l'Autore dovrà aspettare il 1918 per poter pubblicare di nuovo. Muore il 2 maggio 1954.
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L'universo come risultato della perenne lotta tra Bene e Male, Satana, superbo genio negativo, considerato il creatore del mondo visibile: il credo dei Bogomili è influenzato dalle eresie dualistiche orientali, come il Manicheismo e il Paulicianesimo e ne condivide e accentua il carattere antifeudale. La masse di contadini bulgari del X secolo, impoveriti da pesanti tributi e dalle guerre, sono infatti dispostissimi a lasciarsi conquistare dall'affascinante teoria che il mondo, crudele e ingiusto, non può che essere opera del Diavolo, dal momento che il buon Dio non potrebbe mai aver creato nulla di tanto imperfetto.
Il movimento eretico chiamato Bogomilismo dal nome del suo iniziatore, il pope Bogomil, si diffonde in Bulgaria e trova terreno fertile per un rapido contagio in un paese in cui la lingua liturgica è accessibile a tutti. Il cristianesimo era stato introdotto solo un secolo prima: lo zar Boris si era convertito nell'865 e nell'893 il bulgaro veniva introdotto ufficialmente come lingua dello Stato e della Chiesa.
La reazione della chiesa all'avanzata dell'eresia non si fa attendere contro queste "belve peggiori dei demoni che chiamano il Diavolo creatore e considerano le chiese e gli altri uffici vuote parole". Il presbitero Cosma ne addita senza esitazioni la pericolosità e li descrive così: "all'apparenza sono pecore, mansueti, tranquilli, silenziosi. A vederli, i loro volti sono pallidi, di un ipocrita digiuno (...) all'apparenza fanno tutto per non essere distintii dai cristiani ortodossi ma dentro sono lupi e belve feroci..."
Le concezioni dei Bogomili hanno un ovvio riscontro sociale: se tutto è opera del Demonio, anche le strutture politiche e religiose lo sono, lo zar, la Chiesa, la gerarchia. Gli ordinamenti feudali si sentono profondamente minacciati, dal rifiuto degli eretici a riconoscere le istituzioni, i sacramenti, la croce. Tanto più che la chiesa sostiene la difesa dell'ordine esistente: "Bisogna sapere che la Luna è illuminata da Sole non perché Dio non abbia potuto darle luce propria, ma affinché fossero ben stabiliti nell'universo rapporti d'ordine fra capi e subordinati: affinché impariamo anche noi ad essere socialmente disponibili, a ringraziare e a sottometterci innanzi tutto a Dio e poi a quelli che egli ci ha imposto come nostri principi. E non bisogna chiedersi perché quello comanda e io no, ma bisogna accettare ogni cosa venuta da Dio con lode e saggezza" (Giovanni Esarca)
Gli eretici invece inveiscono contro i ricchi, insegnano a non sottomettersi, odiano lo zar, ordinano ad ogni servo di non lavorare per il proprio signore. Lo scontro non può che essere radicale.
L'eresia bogomila si propaga rapidamente: all'inizio del XI secolo è già diffusa nelle provincie bizantine europee e dell'Asia Minore. Influenza anche lo sviluppo di altre eresie come i Patarini, i Catari, gli Albigesi. I Bogomili vengono anche chiamati "Bulgari" e Alberico, monaco francese, nel 1239 annota: "Il tredicesimo giorno del mese di marzo, sul monte Wimaire ebbe luogo la grande ignizione dei Bulgari, gradita a Dio... E furono bruciati su un enorme rogo 183 Bulgari..."
Tale è l'accanimento contro i Bogomili, che limitate sono le fonti cui possiamo attingere per ricostruirne le concezioni religiose e filosofiche, al punto che anche del Liber Secretus (Tajna Kniga, detto anche Vangelo di san Giovanni o Falso Vangelo) resta solo la versione latina: l'originale bulgaro è andato perduto.
In questo vangelo, sotto forma di dialogo avvenuto durante l'Ultima Cena tra Cristo e il suo amato discepolo Giovanni, vengono spiegate al lettore, con un linguaggio semplice e fantasioso, le tesi fondamentali della cosmogonia e del credo eretico: Dio aveva in origine creato l'universo nei quattro elementi fondamentali, Fuoco, Aria, Acqua e Terra. Aveva creato anche le infinite migliaia di angeli che componevano la schiera celeste, e i setti cieli. Nel settimo, sul suo trono, egli sedeva inondato di luce accecante. A capo della suprema schiera celeste c'era Satana, che sedeva presso il Padre. Grande era il suo potere, ma insufficiente alla sua superbia. "Egli scendeva dal cielo agli inferi (...) e osservando la gloria di colui che muove i cieli, pensò di porre il suo seggio sopra le nuvole e desiderò di essere simile all'Altissimo.. .Allora Satana andò dall'angelo dell'aria e da quello delle acque e disse loro: "Tutto questo è mio. Se mi obbedirete, affinché possa porre il mio seggio sopra le nubi (...) io regnerò con voi nei secoli dei secoli". Il tentativo di corrompere gli angeli aveva fatto infuriare Dio, che aveva espulso Satana dal mondo celeste, assieme agli angeli traditori, togliendogli la luce, facendolo diventare colore del ferro incandescente, divenendo simile a un volto umano. Quando Satana fu privato della direzione dei cieli, pregò il Padre dicendo: "Sii paziente con me, ti restituirò tutto". E il Padre ebbe pietà di lui, gli diede la tranquillità perché facesse quello che voleva per sette giorni. E così Satana diede ordine ai suoi angeli fedeli di creare il mondo. Poi pensò di fare l'uomo, che gli somigliasse e lo servisse.
A questa tradizione si ricollega Nikolaj Rajnov quando pubblica, alla fine dell'estate del 1912, le "Leggende Bogomile", ispirato dagli scritti eretici, anche se Rajnov introduce echi nietzschiani e allusioni esoteriche. L'apparizione del libro è accolta con incredibile favore da parte del pubblico e in tre mesi le copie vanno esaurite. Il libro avrà tre edizioni ma a partire dal 1938 l'Autore subirà diversi attacchi per "attività distruttiva nel campo della religione" e le sue opere verranno definite "sataniche" il cui fine è quello di "disconoscere i dogmi della religione e abbattere la religione alle sue basi".
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"CAINO E ABELE"
E quando Adonai donò ad Adamo un figlio, si rallegrò Adamo e portò un sacrificio a Dio. Ma Eva pativa ancora, e Calomain e Caino erano testimoni del suo tormento.
Il serpente della pena mordeva il loro cuore, dal momento che non sapevano cosa affliggesse la madre.
E si chiesero: "Chi ha affranto colei che ci ha generato? Perché soffre? Perché non guarda né me né te né il fratello più piccolo?"
E non potevano darsi risposta. E alla madre non ardivano chiedere, perché sapevano che a chiedere all'afflitto il motivo della sua afflizione, soffrirà il doppio e non ti risponderà e potrebbe persino andare in collera.
E crebbe Abele, divenne uomo, il viso bianco come alabastro, divenne tenero e delicato. I suoi occhi erano come l'azzurro profondo del cielo e i capelli teneri e dorati come segale matura.
Gracile era però Abele, e di poche forze: dal momento che era figlio di uomo mortale, e frutto di lascivia umana.
Mentre Caino era vigoroso come un gigante, il suo viso bruciato dal sole aveva il colore della terra rossa. I capelli erano forti e neri come un'ala di corvo e gli occhi brillavano come gli occhi di suo padre, Satanaele. I muscoli vigorosi come quelli di un'agile belva e le mani, bruciate dal sole, avevano il colore del tino in cui si pesta l'uva.
Ma non amava Eva il figlio suo Abele, perché non era frutto del cuore ma parto di voluttà e carezze.
E quando Satanaele passava per l'Eden, parlava con suo figlio Caino. E le sue parole erano pioggia di fuoco che indurivano il cuore di Caino, il suo intelletto.
E la sua saggezza divenne poderosa come un cedro e serena come un lago mattutino.
Crescevano nell'Eden due alberi.
Uno, debole a vedersi ma bello, carico di grandi foglie a sette punte e di frutti: azzurri, come prugne.
Era questo l'Albero della Vita, e i suoi frutti erano amari; saziavano, ma non erano piacevoli al gusto.
L'altro invece era frondoso, alto, il fusto possente e la corteccia liscia. Le foglie, piccole e numerose. E i suoi frutti grandi, rossi come mele e dolci.
Era questo l'Albero della Conoscenza.
Ma un serpente si attorceva in sette anelli attorno a lui, e non permetteva a nessuno di mangiarne. E quando Satanaele passava nell'Eden il Serpente si lasciava scivolare lungo il fusto, si avvolgeva a formare una ruota e lo guardava docile con i suoi occhi gialli.
E si avvicinava Satanaele e mangiava dei frutti dell'albero.
E mentre un giorno il Nemico del Potente parlava a Caino di quello che doveva succedere, del Segreto dei Sette Abissi, degli incanti della Terra e dei segreti Cerchi sotto di lei, dei Sovrani Neri del Triangolo, dell'anima di sua sorella Calomain, dei Signori della Collera e dei nove Alleluia della Canzone Divina, l'estasi s'impadronì di Caino.
E quello penetrò il disegno nascosto di Jehova e di Satanaele, un fulmine azzurro illuminò le grotte della sua mente e indovinò il senso segreto di quanto il padre diceva.
E Satanaele vide che suo figlio s'era fatto uomo per pensiero ed eroe per saggezza e gli diede tre frutti dell'Albero della Conoscenza, ma gli ordinò severo di nasconderli e di mangiarli poi in solitudine.
Quando mangiò il frutto della Conoscenza cadde però Caino in un sonno profondo, come se un vampiro avesse disteso su di lui la membrana delle sue ali.
Frattanto Calomain e Abele camminavano e giocavano nell'Eden.
E arrivarono all'albero sotto il quale dormiva il fratello.
E videro Caino addormentato profondamente, e nelle sue mani rosseggiavano i due frutti. E iniziarono a svegliarlo con un grido gioioso, ma profondo era il suo sonno, e non lo fece trasalire il grido. E gli presero allora ridendo i frutti, e li portarono in casa.
Adamo, indebolito e vecchio, alla sera della sua vita, stava seduto presso la capanna con sguardo pensoso.
Non li vide.
Eva intanto cantava nella capanna. E si rallegrò quando scorse i frutti, perché li riconobbe. E prese un frutto e lo mangiò. Appena però lo ebbe masticato e inghiottito, la sua anima si ottenebrò, il corpo si indebolì ed Eva morì.
La Madre dei Viventi fu la prima persona sulla terra a conoscere la Morte. Perché aveva conosciuto le carezze di Satanaele, e aveva mangiato del frutto dell'Albero Proibito.
E Abele e Calomain non lo sapevano, perché non erano là.
Che la loro madre aveva mangiato il frutto da sola.
E Calomain, non sapendo cosa fosse quel frutto, chiese ad Abele.
E Abele le disse:
"Frutto dell'eterna giovinezza è questo frutto. A chi ne mangia, il viso non si raggrinzirà e gli occhi non si sciuperanno, né i capelli imbiancheranno. Vieni, mangiamolo!"
E Calomain mangiò il frutto, ma non ne diede ad Abele. Perché aveva paura.
E nacque la sofferenza nell'animo di Calomain. E bramosia di libertà la prese. E la tenebra si distese davanti a lei.
E sette lune durò tutto questo.
E quando si esaurì la settima luna, Calomain si perse.
E vani furono gli sforzi di Caino per trovarla. Inutilmente andava da una valle all'altra.
E nei dirupi delle rocce gialle invano risuonava il pianto della sua anima:
"Calomain, sorella mia! Torna da Caino, a spegnere con una parola mansueta la sete del suo cuore, malato senza di te!"
Ma invano.
Non era da nessuna parte Calomain. Non era nei giardini dorati, e i fiori non ripetevano il canto della sua voce, l'alba sorgeva senza di lei, e la luna non spargeva raggi sull'oro dei suoi capelli.
Non era da nessuna parte Calomain.
E si cosparse Caino la testa di cenere. E singhiozzò amaramente. E non c'era per lui consolazione.
Si spezzò all'improvviso il forte cuore per il tormento e sotto il peso di lenta consunzione scricchiolarono le sue ossa.
Si torceva le mani e in orribili sospiri malediceva terra e cielo.
E i suoi lamenti frantumavano rocce, e i suoi gemiti scoppiavano in nubi di fuocoo. Perché era folle di pena.
E chiamò allora suo padre nella sua disperazione. E lo udì Satanaele.
Ma parole di rimprovero e detti di biasimo scaturirono dalla sua bocca per Caino.
E gli disse Satanaele: "Quando ti diedi i frutti, ricordi?, dissi che li davo a te, ma tu non li hai nascosti. Hai lasciato che li prendesse il primo che passava... Questi frutti danno morte e follia a chi non è in grado di sopportarli! E per non aver tenuto in conto il sacro dono, Calomain sarà in eterno perduta per te. Donna mortale annienterà di desiderio il tuo cuore, e scorrerà in sudore e sangue la tua vita. Sei ormai maledetto tu, in un giorno di maledizione nato e in un'ora di malaugurio!"
E Caino ascoltava afflitto e nella sua anima pulsava il fulmine.
... E si avverarono parola per parola le cose dette da Satanaele. Fiorì la maledizione come un grande fiore velenoso, il cui profumo porta morte straziante.
E si volse il cuore di Caino verso Ada, sua sorella, figlia anch'essa di Adamo.
Lo sedusse il suo bianco petto, e le sue anche piene lo incatenarono. Lo stregò il fruscio delle sue gonne, e il profumo dei suoi capelli seminò follia nel suo sangue.
E cercò Caino di volgere il cuore di Ada verso di lui. Perché lei non lo amava.
E prese Caino dei frutti maturi, li schiacciò, mescolò i loro succhi e fece del vino da quella miscela.
E mentre Ada mangiava e beveva, Caino le diede di quel vino. Tutti sapevano che lavorava la terra e coglieva i frutti. Scoppiò a ridere Ada, prese il vino che le addolcì il cuore. E ingannevole era la bevanda alla vista e dolce al gusto.
Si inebriò Ada, la lussuria fiorì nell'anima sua, ed essa si diede al fratello Caino.
Da allora il suo cuore si volse verso di lui. E Ada amò Caino. Perché il suo bacio era un incendio e i suoi abbracci scioglievano il cuore.
Ma la maledizione di Satanaele sibilava sopra Caino, e lui presto seppe di essersi ingannato. Si disamorò di Ada, gli divennero pesanti le sue carezze, e piatta gli sembrò l'anima di lei.
E presto comprese di non essere più attratto da lei. Amaro gli era il pane con Ada, e non assaporava ormai consolazione il suo cuore negli abbracci di lei.
E inutilmente piangeva Ada.
E invano lo supplicava di tornare da lei.
Qualche tempo dopo si aprì di nuovo il cuore di Caino, e vi si accese il desiderio di Seta.
E Seta era la moglie di suo fratello Abele.
Ma duro era il suo cuore, duro come la mano di un iniquo: non amò essa Caino, né volle offuscare la fiamma del focolare domestico. Perché non era attratta dal peccato.
E quando la frutta fu raccolta, il cielo si oscurò e le foglie cominciarono a cadere, morì Adamo.
E lo piansero allora figli e figlie.
Singhiozzavano Abele e Seta, piangevano Lina e Ada, e inconsolabili erano i suoi figli e i figli dei suoi figli.
Solo il cuore di Caino restava duro. Ché esso aveva mangiato dell'Albero della Conoscenza.
Aggrondato stava Caino, ma non versava lacrime. Erano asciutti i suoi occhi perché non si curava di aver compassione di mortali e piangere i morti.
E la volontà Divina aveva imposto che i figli dell'Uomo offrissero un sacrificio, in modo che si placasse l'anima del padre, e per ottenere grazia dall'Eterno.
E costruì un'ara Abele, e vi depose gli animali per l'olocausto al Signore. Perché era pastore.
Caino vi mise invece i frutti della terra che lavorava. Perché era agricoltore.
E fu apprezzato da Sabahot il sacrificio di Abele, mentre non gradì quello di Caino, che aveva commesso peccato lasciando Ada, sua moglie.
Si mischiò il fumo del sacrificio di Caino con la polvere della terra, e la fiamma si spense.
E si adirò Caino contro il Signore, pronunciò terribili parole di maledizione contro il cielo. E detestò Abele, suo fratello, lo detestò aspramente a causa del sacrificio e inoltre per sua moglie Seta, di cui s'era innamorato un giorno, e quella non l'aveva amato.
E un'appassionata follia squarciò il cuore di Caino, come una bufera dissemina scure nuvole in cielo. Perché su di lui ancora sibilava la maledizione di Satanaele, e la sua anima doveva essere dilaniata dalla passione per una donna mortale.
Si oscurarono i suoi occhi e lo sguardo si velò di una nebbia di passione.
E nella memoria gli baluginava un voluttuoso movimento di nudo corpo di donna, e davanti al suo sguardo giocava una figura ingannevole: fiore, serpente e demone a un tempo.
E vide Caino che la passione è terribile.
Le tue sopracciglia d'ebano scendono dolcemente ampie, come due falci nere gettate contro un cielo chiaro.
"Seta, sorella mia, abbi pietà!"
Il sole getta sulla sabbia i suoi fuochi, e i miei passi ardenti Ti cercano.
Nei Tuoi movimenti gioca il riso, e la passione si cela nella tenebra dei tuoi occhi.
Seta, sorella mia, abbi pietà!
Le Tue anche piene, sode e rotonde, mi inebriano come vino, e la peluria dorata del Tuo corpo risveglia la vertigine nel mio cuore malato.
Seta, sorella mia, abbi pietà!
La notte spruzza nel cielo grandi stelle, e i miei occhi brucianti Ti cercano.
Nelle Tue parole ribolle l'orgoglio e la fiama sibila nel suono della tua voce.
"Seta, amata mia, abbi pietà!"
Mi offusca la vita l'ebano dei Tuoi capelli, mi inebria il carminio delle tue labbra, mi acceca l'oro della Tua pelle, oh Seta, sorella mia!
Dimmi - Calpesta l'anima tua per me! Calpestala! -
e io Ti ascolterò. Dimmi anche - Uccidi Dio per me!
Nel cuore dell'Eterno infiggi un coltello! -
E io Ti ubbidirò. Oh Seta, sorella mia!
Hai destato in me l'amore assopito, ma te ne sei andata, e io sono rimasto solo. E con me è rimasto il mio dolore, oh Seta, sorella mia!
Sugli ingialliti campi di grano si è sparso il riso del tuo orgoglio. Sulle onde scure di impietriti ruscelli si è infranto il pianto del mio cuore. Oh Seta, sorella mia!
Non c'è pace per me.
Non c'è pace per me.
E quando un mattino verso l'alba Abele uscì dalla tenda per andare al campo, lo chiamò Caino presso di sé e lì lo uccise.
E andò da Seta, la moglie di Abele, e con carezze la possedette.
Perché Seta pensava che fosse Abele al suo fianco. E quando lo spuntare del giorno illuminò Caino che dormiva nel suo letto, si staccò Seta da lui con odio folle, e con rabbia cercò Abele.
Ma non poté trovarlo.
E portarono verso sera suo marito, pieno di sangue e ferite, lo misero presso la soglia. E si stracciò i vestiti Seta, e si strappò i capelli dalla pena per Abele.
E maledisse Seta Caino con parole di sangue e odio: nel nome di Dio lo maledisse, che non avesse pace.
E udì Elohim la Donna, e chiamò Caino per nome.
E gli chiese dove fosse suo fratello.
Caino disse:
"Il morto è con i morti, e le sue spoglie sono con gli sciacalli nel deserto. Chi lo vuole lo cerchi. Forse che sono io il guardiano di mio fratello..."
E distolse il viso dal Signore.
Si adirò allora Jehova, e parole di orrore disse dinnanzi a Caino.
E lo maledì, che non avesse pace.
"Vattene, figlio della pazzia. Vattene dove ti porta il tuo sentiero maledetto! E che il frutto cada dalla tua mano insanguinata prima che tu possa gustarlo! Da un monte all'altro porterà la tua strada, e i giorni del tuo affanno saranno innumerevoli. Non ti scalderà due volte il sole in una stessa terra, e l'alba ti scaccerà da un sentiero all'altro. Il sangue di tuo fratello grida vendetta, e vuole essere compensato. In verità, in verità ti dico: il tuo cuore non gusterà la pace. La luna annuncerà il tuo peccato, e le stelle narreranno la tua follia! Da un abisso all'altro volerà il tuo spirito. Ti affannerai ad accendere il tuo fuoco sulle vette, ma la tempesta spegnerà le sue fiamme e intirizzirà la tua anima nella tenebra della Mia atroce maledizione! Vattene, e nessuno ardisca ucciderti: terribile è uccidere colui che ha ucciso per la prima volta!... Vattene e porta in eterno la tua maledizione"
E si scatenò un tumulto nell'anima di Caino, che distolse incollerito il viso dal cielo, ma le parole della maledizione erano forti, e si infissero nel suo cuore come incandescenti cunei."
... E Seta generò da Caino un figlio, e lo chiamò Chet, che vuol dire "Orrore". Generò anche Ada un figlio da Caino, e gli diede nome Naval, che vuol dire "Folle".
Ed erano tutti e due forti, perché erano discendenti di Satanaele.
E Caino divenne aggrondato e terribile. La brace ardeva nel suo cuore e la terra bruciava i suoi talloni, e non poteva restare nell'Eden.
Allora Caino distolse il volto con orrore, e con disprezzo guardò l'Eden e i suoi abitanti.
E il desiderio di nuove terre echeggiò nel suo cuore allora.
E chiuse il pugno, per riaprirlo contro la gente, e lanciò le sue maledizioni sull'Eden.
... Quando la stella del mattino squarciò le nubi nere fuggì Caino dall'Eden, e parole sferzanti fiammeggiavano colleriche sulle sue labbra.
E fuggì Caino con le dita delle mani distese - e fuggì dall'Eden.
E dietro di lui si udivano lamenti e gemiti, le parole del sangue che gridava...
IL RE DELLE TENEBRE
Del ciclo che forma le "Leggende bogomile", i racconti più importanti hanno come personaggi principali Satanaele e Caino. Satanaele è l'intelligenza creatrice, il demone inquieto della tradizione romantica di Lermontov (ma anche di Eminescu - nota di Lunaria). è dal suo scontento e dalla sua aspirazione al possesso e alla conoscenza che ha origine il mondo. Poiché bene e male non sono separati, e anzi il malvagio indocile è sorgente di ogni energia, mentre dalla tranquilla possanza di Dio nulla viene generato.
E anche Caino è un ribelle, progenie maledetta, forza generatrice e distruttrice a un tempo: a lui sono dati i frutti dell'albero della conoscenza, e nessun altro può sopportarne il peso. E lui non trema di fronte alla maledizione di Dio, ma risponde con il disprezzo nei confronti dell'Eden e di tutti i suoi abitanti.
E quando le trombe dei sette Figli della Fiamma annunciarono il principio del mondo, Sabaoth generò Suo Figlio e lo chiamò Avenir che significa "Padre della Luce". Il viso era purpureo come l'aurora e gli occhi di fiamme con bagliori di oro fuso. Non c'era spirito più bello e possente. E per vitalità, giovinezza e forza con Avenir nessuno poteva misurarsi. Era il pulsare fiammeggiante del mondo e batteva in lui il cuore dell'universo. Perché era Figlio dell'Altissimo.
E gli diede Elohim i Sette Cieli e tutto l'invisibile. E allora riflettè Avenir, aprì la bocca e disse: "Vasti sono i cieli. Forte è Dio. Ma il cuore mio è vuoto. Dove trovare la parola che con il fulmine accenda lo spirito e lo avvii verso ciò che non ha fine?"
Rifletteva Avenir.
Era triste.
E la tristezza scese su tutto l'universo.
Ma passati sette giorni, la sera al tramonto si alzò Avenir e andò dai Figli della Fiamma.
E lì vide da lungi Avenir, immersi nella luce. E le ombre loro si perdevano, sette lunghe ombre col bagliore violetto dell'ametista.
E disse Avenir: "Vasto è il cielo, e segrete sono le vie di Adonai. Come diamante è salda la Sua saggezza. Ma vuoto è il cuore mio, e non hanno posto per me i cieli. Voi, Condottieri delle sette schiere, unitevi a me! E costruiamo un Nuovo Cielo, creiamo la Terra, e diamo inizio a quello che non avrà fine!"
La notte coprì allora i volti dei Figli e tempesta percepirono nelle parole del Figlio di Dio.
E disse Iechudiil: "Oscuri sono i tuoi detti, oscura la tua saggezza. Maledetto sia colui che ficca un dito nella gola! Possente è Jehova. Il suo pensiero è puro come una lagrima, ma la sua ira avvelena come succo di cicuta. Orrore sanguinoso è la sua collera, la sua maledizione è una frusta di sole. Noi non siamo con te."
E si allontanarono i sette Figli della Fiamma: i volti bianchi e pensosi, le teste basse.
E divampò una terribile vendetta nell'animo di Avenir allora, e maledisse con parole amare i Figli della Fiamma. E divennero le sue parole scorpioni, e i suoi pensieri vipere. E sfiorò poi con mano irata le sette ombre Avenir, le sette ombre dei Figli sfiorò, e le ombre presero forma di persone.
Erano queste armoniose e forti, e le loro braccia avevano muscoli di giganti.
E chiamò Avenir il prirmo dei Signori del Tuono. Il suo nome era Avadon, che vuol dire Angelo dell'Abisso. I capelli erano di fiamme e il volto grazioso, come volto di donna. Gli occhi cupi come un precipizio e ardevano.
Quando vide la collera di Avenir gli chiese l'angelo chi avesse offeso.
E Avenir disse ad Avadon:
"Avadon, Re dell'Abisso e Signore del Tuono! Attraverso di sé deve passare il vivo, e non piangere i morti. Ecco, queste ombre sono nostri servi. Spaziosi erano i cieli per i Sette Figli della Fiamma, per i Signori del tuono e per i Condottieri della Spada Divina. Angusti sono per Avenir, e non c'è posto per me. Costruiamo un Nuovo Cielo, creiamo la Terra, dove daremo corpo alle creature. Il Padre della Luce anela la creazione, e la via lungo la quale non c'è stanchezza, e abissi da cui non si intravede uscita. Avadon, seguimi, con le tue schiere! E condusse Avadon i sei Signori del Tuono e le schiere del Fulmine con essi.
E la paura si posò sull'Universo, una gelida paura.
E durò sette lune.
E quando si compì la settima luna, giunse fino a Sabaoth la voce della ribellione celeste, e giurò sul Suo nome Iddio che avrebbe punito Suo Figlio.
E imprecazioni amare pronunciò allora.
Avenir divenne cupo come il crepuscolo, scuro il suo viso e il cuore si indurì. La maledizione di Dio si sospese sul mondo, e Avenir fu detto Satanaele, che vuol dire Nemico del Potente.
Allora Satanaele creò il Cielo con il suo sudario di stelle, gli scritti segreti dello Zodiaco e le sette case del Sole. E creò inoltre la Terra, con la vita che fremeva nelle piante: l'opaco aloe con il suo profumo e il roveto ardente con la sua magnificienza.
E piantò nell'Eden le sue meraviglie. E fece un fiume che scorresse dall'Eden: un fiume che si divideva in quattro ruscelli.
Il nome del primo ruscello era Pison. Traversava il paese delle Due Torri e le sue onde erano verdi con riflessi d'oro. E il nome del secondo ruscello era Gihon. Questo bagnava il paese di Etiopia, che vuol dire Serpente di Fuoco. E le sue acque purificavano tutto e fondevano i metalli come fiamma.
Il terzo ruscello era Hiddeqel, che vuol dire Doppia Lingua. E quello bagnava il paese di Asurchaj, e le sue onde erano lente, silenziose e tristi. Nell'acqua si mescolavano flutti neri e bianchi, e nel centro si arricciava un'agitata cresta. Il quarto ruscello si chiamava Fiurach, che vuole dire "Voce dal Cielo". Le sue acque erano zolfo fuso e mandavano bagliori serpentini le onde. In questo ruscello si sentivano voci strane e si potevano vedere riflesso tutto quanto accadeva nel Cielo, sulla Terra e nei Sette Abissi.
E guardò Satanaele l'opera della mano sua.
E tutto era bello.
E Satanaele sorrise.
E quando ebbe terminato la creazione dell'Eden, Satanaele prese dalla mano di Avadon Fuoco, Vento, Acqua e Polvere, pronunciò la formula del Primo Caos, e da questi creò l'Uomo.
Ma l'Uomo era immobile e senza spirito in sé. E vani furono gli sforzi di Satanaele di dargli la vita. Stava l'Uomo, bello come una statua di bronzo, e i suoi occhi guardavano un po' tristi. Ma il suo sguardo era vuoto e l'anima non fluiva da lui.
E Satanaele accompagnò Avadon perché domandasse lo spirito a Sabaoth. Accondiscese l'Altissimo e diede all'Uomo un'anima celeste, ma lo spirito non glielo diede.
Poiché sopra la Terra e i Cieli di Satanaele lo spirito non poteva vivere.
Ma giurò Adonai sul settimo dei Suoi nomi che avrebbe dato lo spirito all'Uomo quando fosse passato attraverso gli Abissi, la Terra e i Tre Cieli.
Allora prese vita l'Uomo, e Satanaele gli diede nome Adamo, che vuol dire Nato dalla Terra, poiché lo aveva fatto dalla polvere.
Ma l'Uomo era solo e triste.
... E vide una mattina Adamo accanto a sé la Donna, vestita
in vesti di sole, e un diadema di smeraldi sul capo. E sul diadema era scritto: "Mistero".
E tremò in tempesta il cuore dell'Uomo. E non poté dire nulla: i suoi occhi erano accecati dal bagliore di lei, e il suo intelletto non poteva decifrare le lettere sul diadema. Poiché l'Uomo non conosceva ancora i segni e non sapeva il senso di quei tratti.
Allora la Donna fece un passo e disse:
"Io sono Eva. Chi non passa attraverso di me, non raggiungerà Dio. Per questo il mio Creatore mi ha chiamato Madre dei Viventi."
E si rallegrò Adamo, il cuore gli si riscaldò, e sul volto balenò un sorriso.
Un giorno però che faceva molto caldo ed Eva beveva acqua dalla fonte, Satanaele passò per l'Eden. China sul pozzo, Eva beveva. La gonna dietro era sollevata, e lasciava vedere una gamba. Satanaele vide la sua gamba, bianca come latteo calcedonio...
E il desiderio si mosse nel suo cuore, il desiderio generò la passione, e la passione la bramosia. E desiderò per la prima volta la donna Satanaele.
Un mattino Eva dormiva sotto l'ombra di un grande cedro e Satanaele si accorse che era bella. Perché la desiderava, ma rifuggiva dal guardarle il corpo. E ora l'aveva vista. Le labbra di lei erano rosse e le ciglia lasciavano un'ombra violetta sotto i suoi occhi.
"è bella", disse Satanaele.
E la desiderò.
E quando Eva si svegliò, Satanaele le porse una coppa con succo di cumino e semi di mandragola.
E rise la Donna, come in sogno si mise a ridere, chiuse gli occhi e bevve come stordita. E il succo era tiepido, profumato ed eccitante.
E quando lo ebbe bevuto, Eva si imporporò, gli occhi divennero umidi, lo sguardo si velò come quello di un folle. Non riuscì a trattenere la sua carne, e per la prima volta conobbe che è donna...
E si diede allora a Satanaele.
Gli si diede in maniera insolente e senza ritegno, come si dà una donna che abbia conosciuto molti uomini. E quando Satanaele la lasciò, essa era ancora in preda ai brividi della sua insaziata passione, e ancora lo chiamava con lo sguardo, e ancora ricordava la tempestosa follia delle mani maschili...
Dopo il peccato però Satanaele si sentì debole e non poteva creare nulla. Si annebbiarono i suoi occhi e vide Eva che stava soffrendo.
Sul viso gli si dipinse ignota bramosia, un'angoscia per qualcosa di nuovo e sconosciuto gli strinse l'anima, e non vide più la Donna con gli occhi del desiderio.
E Eva si tormentava che Satanaele l'avesse lasciata. Perché era forte e il suo sguardo era sole, e il suo bacio ardeva come carbone acceso.
Ed Eva partorì due gemelli: il maschio lo chiamò Caino, che vuol dire "Figlio del Desiderio", e la femmina Calomain, che vuol dire "Figlia della Bellezza".
Ed erano molto belli.
E quando Satanaele oscurò la sua anima, e distolse il volto della Donna, una nuova bramosia si impossessò del suo cuore.
E mandò una seconda volta Avadon dall'Altissimo con preghiera che gli desse un raggio del Cielo Superiore, per porselo nel cuore.
E lo ascoltò Adonai.
E quando Avadon portò il raggio, Satanaele splendette di nuovo e si pose nel cuore questo raggio. E ribollì di nuovo in lui la sete di creazione, la sua anima si turbò della tempesta del presentimento, e creò il Regno dei Tre Cieli.
- Perché si compisse quello che aveva giurato un tempo l'Altissimo:
"In verità, in verità ti dico: darò all'Uomo lo spirito quando passerà attraverso gli Abissi, la Terra e i Tre Cieli."
... Ed Eva piangeva per amore di Satanaele, ma non poté riaverlo. E la scorse una volta Adamo mentre si bagnava nel ruscello dell'Eden. Il sole la lavava con i suoi raggi, la sua figura riluceva di gioia pudica perché era guardata, e i suoi occhi bevevano la luce della rugiada del giorno.
E la sua anima arse di desiderio per lo sguardo della Donna che ancora non aveva visto nuda.
Ed Eva sapeva ridere e abbracciare, e Adamo tese verso di lei le mani tremanti.
... Ma si affliggeva Eva per le carezze di Satanaele, e non trovò consolazione. Perché Satanaele la guardava nel profondo e lei vedeva tutta la sua stessa anima riflessa nella fiamma degli occhi di lui.
E piangeva Eva, e invano cercava consolazione presso Adamo.
Ma ecco, Adamo la conobbe, ed Eva partorì suo figlio.
E lo chiamò Abele, che vuol dire Pianto.
Perché nel pianto lo aveva concepito e nel pianto generato.
Nota di Lunaria: l'angelo o il demone sono stati raffigurati molte volte su tantissime copertine Metal.
Dal punto di vista letterario, oltre ai capolavori di Lermontov ed Eminescu, oltre che di Milton, vorrei citare anche una delle mie saghe preferite nel genere Urban Fantasy, ovvero "Touched", che rielabora il mito dell'angelo dannato e innamorato. (https://intervistemetal.blogspot.com/2017/11/milton-satana-e-il-black-metal.html)
LA CANZONE DELLA VERGINE
Nella terza leggenda scelta del ciclo delle "Leggende Bogomile" (1912) non c'è azione, non ci sono avvenimenti. è solo un canto alla Vergine, visto anch'essa come incarnazione del principio duale: a un tempo Madre di Dio e oggetto d'amore eterno, eterna, sublime meretrice. Simbolo polimorfo, incarna una delle più produttive intuizioni rajnoviane, quella dell'identità di tutte le religioni, della loro fondamentale equivalenza, quasi una somiglianza genetica, una radice comune che trasmigra, si trasmette per contatto, si ritrova, travasa per osmosi. E il bogomilismo è in qualche modo all'incrocio di questi differenti influssi, a sua volta trasmettitore e propagatore.
In un paese come la Bulgaria, in cui la parola "decadentismo" entra in una letteratura nel 1899, e soltanto come termine usato per informare di quanto avviene in Occidente; in cui le prime composizioni simboliste sono della fine degli anni dieci del secolo: "Insonnie" di Javorov (1907) e "Regina Mortua" di Trajanov (1908) l'inafferabile Vergine di Nikolaj Rajnov, sinuosa ambigua e distante, è soprattutto l'inquietante donna decadente, portatrice di passione divorante, che annienta e distrugge.
Rosata stella del giorno - benedetta sia la Vergine che nasce dalle onde lucenti e sparge capelli sul mare! Impercettibile è il suo fascino e l'armonia delle sue sembianze trafigge il cuore come spada a doppio filo. In Lei si raduna ogni incanto poiché è Madre e Vergine: Essa è meraviglia ed enigma alla mente, ma al cuore consolazione ed estasi. Se accarezza il forte, la sua potenza si scioglie come cera al sole. Se getta uno sguardo da madre al debole, esso accumula la forza di un gigante. Ognuno è fanciullo dinnanzi a Lei, e Lei è Madre di ogni cosa viva. Essa ha generato le anime che vivono sulla terra.
La luce La avvolge. E gli uomini, contemplando il Suo splendore, ne hanno i cuori confusi, le mani tremanti, e nell'anima loro nasce l'amore.
Ha portato l'Uomo Eterno nel suo ventre, e dal Suo cuore scaturisce l'amore per l'universo. Chiunque onori la Dea dell'Amore, onora Lei. E il bimbo, che si stringe con le mani tiepide a sua madre, e il ragazzo che va incontro alla sua amata con il cuore in subbuglio, e lo sposo che bacia la sposa e il vecchio che accarezza il nipote che gli passa accanto, tutti onorano Lei, la Stella del Mattino.
Il Suo cuore è mondo di ogni macchia, e come neve purissima è bianca l'anima della Vergine Celeste.
è il tremito più intimo di ogni cosa creata, e respira. è il fiore della primavera, geme nella foglia gialla dell'autunno, lotta con il cielo nelle tempeste di neve invernali, si immerge nel profondo azzurro del sereno cielo invernale.
Il vento diffonde il Suo sussurro e il fulmine sparge tempestoso lo splendore dei Sui capelli d'oro.
è rete luminosa, intessuta di luce: nel tremito di ogni foglia d'alloro resta l'eco della Sua canzone.
Nei Suoi capelli ride la fiamma di stelle cadenti e langue il fragore di mondi frantumati.
Sulla Sua fronte scivolano i cerchi di tutte le costellazioni, e la tenebra si sussegue alla luce, poi di nuovo un incendio di fuoco cinge gli spazi dove germogliano fiammelle e cominciano ad attorcersi dita di fuoco di un'enorme mano.
I Suoi occhi si spalancano sull'uomo come due abissi capovolti, come cieli oscuri, come pericolosi precipizi sospesi sull'anima. Uno si chiama Destino. L'altro Mistero. E insieme il loro nome è Morte o Amore. Enorme calice colmo di fuoco è la Sua bocca: chi è baciato, muore di desiderio. Perché nella sua anima ribollono bramosie ardenti, e lui diventa schiavo, e la sua anima cade come un sudario, calpestato da piedi altrui.
Le Sue mani sono due cinture di fuoco a stringere la vita del mondo; belle come serpi e mortali come un abbraccio. Perché la bellezza porta la morte, e veleno dorme in ogni bacio. Le Sue mani si tendono sull'anima come due bianche lenzuola, sotto cui puoi perderti, ma puoi anche morire.
è la Dominatrice dell'eterno Mistero, da cui nasce Colui Che ha generato il mondo.
è alloro dalle foglie fiammeggianti, rami infuocati e fiori di fulmine. è luce all'alba e crepuscolo della sera. Genera il nero Giorno e la bianca Notte dell'anima umana. è il terribile "forse che" di ogni fede e il chiaro "può darsi" di ogni disperazione.
Suo è il Primo Giorno. Sua è l'Ultima Notte.
è Amore, Fatica e Saggezza.
Per colui che non sa, il Suo nome è semplice: Donna.
Ma per il saggio, che è vissuto mille volte, il Suo nome è tanto complesso che nessuna bocca è in grado di pronunciarlo per intero.
... E ogni cosa viva La benedice, e ogni cosa serve Lei.
Cammina per l'oscura antichità dei secoli e attraverso la nebbia del tempo giunge fino a noi.
è l'Euritmia universale a cui aspirano gli artisti, e l'Armonia luminosa che inseguono musicisti e cantanti.
Molte sono le sue trasfigurazioni. Molti sono i canti con cui la Sua anima vola fino a noi, fino ai mortali.
Istar, Derketo, Lakshimi, Anahita, Astarte, Iside, Afrodite, Venere (1): dappertutto adorano Lei coloro che profondamente amano e inseguono nell'amore una vita palpitante o una morte ardente.
Guardiana della Verginità. Essa ha un tempio in cui perennemente arde l'inestinguibile Fiamma dell'Amore. E là volano le anime delle inquiete e dei desiderosi, e là le anime bruciano le loro ali, e là le anime s'inceneriscono, per non tornare indietro.
Essa è il rogo eterno su cui brucia l'anima del mondo.
Per colui che non sa, il Suo nome è semplice: Donna.
Ma per il veggente che ha vissuto mille vite, il Suo nome è tanto indecifrabile, che nessuna bocca è in grado di pronunciarlo.
.... A volte Essa è nuda, nuda completamente, e tutti rimangono accecati dal fulgore latteo della Sua figura.
E a volte è velata di tessuto di stelle, e invano si arrovellano i maghi a sollevare il lembo del Suo velo.
... E anche ora, Essa fende accanto a noi le onde, e sopra la smeraldina cresta delle acque, ognuno può scorgere il corpo nudo della Beltà, che nasce dalla schiuma vergine.
Note:
(1) Istar/Ishtar è il nome della divinità centrale femminile assiro-babilonese, Dea della fertilità e dell'amore fertile.
Derketo è il nome greco di Atargatis, raffigurata con la falce lunare e con i raggi solari aureolati attorno alla testa.
Lakshimi/Lakshmi: nella mitologia indiana, una delle spose di Vishnu.
Anahita: L'Immacolata, la "Grande Regina", antica divinità iranica delle piogge, della fertilità e dell'amore. Nella mitologia armena, nota come Anachit.
Astarte, divinità semitica, venerata in tutto il mondo orientale. Il suo culto, che celebrava la fertilità e la riproduzione, aveva aspetti erotici e orgiastici. Nei suoi templi veniva praticata la prostituzione sacra.
Iside: è la maggiore divinità dell'antico Egitto, sorella sposa di Osiride e madre di Horus.
Afrodite: divinità greca dell'amore e della fecondità.
Venere: nella mitologia romana, Dea dell'amore e della bellezza femminile.
***
Cinque brani, che metto a confronto, su Satana, visto come metafora dell'Esserci umano, tra tentativo di rivolta ad un destino di malattia e morte, il non senso delle disgrazie che subiamo, il silenzio di Dio di fronte al grido di dolore e di aiuto dell'essere umano, che di fronte a questo Dio Muto, che appare come disinteressato, o persino compiaciuto nel vedere l'uomo-burattino alla deriva, si identifica col Primo Ribelle, quasi augurandosi un destino di dannazione piuttosto che riconoscere amorevole un Dio Assente al nostro grido... e viene in mente la famosa frase Miltoniana,
"Meglio regnare all'Inferno che servire in Paradiso"
Fritz Zorn (da "Il Cavaliere, la Morte, il Diavolo")
"In questo senso posso persino identificarmi con Satana perché
come ho scritto nella prima parte della mia storia, io la mia malattia, il mio cancro (2 anni fa la mia malattia si chiamava ancora cancro) l'ho voluto: ho voluto essere percepito nelle buie caverne degli Inferi "per essere altrove" piuttosto che nel mondo della depressione in cui avevo vissuto i primi trent'anni della mia vita. In questo senso vedo nell'elemento Satana anche l'elemento liberatorio."
Andrea Emo (da "Supremazia e Maledizione")
"Il Sé è Lucifero (o meglio il Dio) decaduto. Il Sé è l'Io, la
Soggettività dell'Io, decaduta a oggetto, a oggetto di conoscenza e perciò precipitato e confinato nel vuoto abisso del Nulla. Eppure questo Lucifero divenuto Genio Infernale si trasfigura e riappare nei nostri cieli, nei nostri paradisi.
Il Sé Lucifero è quella parte dell'Io che ha il supremo coraggo di non essere. La Stella della Sera, la più lucida, Stella del Cielo Vespertino, scende rapidamente nel Nulla e riappare poi dopo un'intera notte come la più Lucente Stella del Mattino. L'Io e il Sé, Dio e Diavolo, sono una sola vicenda."
Giovanni Cenacchi (da "Cammino tra le ombre", 2008)
L'Autore, nato nel 1963, è morto nel 2006, dopo essersi malato di
tumore; per tutto il periodo della malattia, ha scritto un diario, che è stato pubblicato nel 2008. Lo consiglio vivamente; quello che colpisce di Cenacchi è che anche lui era Autodidatta, e il suo diario resta un prezioso, luminoso e raro esempio di "Filosofia dell'Anima, scritta con inchiostro di sangue", al di là delle paludi sterili dell'accademismo che riducono il pensiero a sterile e boriosa ostentazione di paroloni, per tirarsela e sembrare colti e
dotti... quella è la morte del Sapere, ed è una mafia culturale, che
tenta di relegare le riflessioni esistenziali ad un'élite saccente.
Di Cenacchi, riporto queste frasi, atti d'accusa fortissimi contro Dio, pronunciate da un uomo al culmine della sua disperazione e del suo senso di abbandono, di fronte a un dolore del quale non si vede né l'utilità, né il senso:
"Dio crudele e distratto, quando avverrà per te la resa dei conti?
Quando dovrai rispondere del tuo creato? Chi ti infliggerà la
condanna che meriti? (23 settembre)"
"Che orrore sarà il paradiso dell'artefice di questo mondo? Di fronte al tuo creato, o signore, il dilemma non consiste nel crederti, ma nel fidarsi di te. Io non mi fido di dio. (25 ottobre 2004)
"Preghiera di un non credente: il mio dolore è il mio rosario.
(24 maggio 2005)"
"Vivo nella mia morte e null'altro mi è permesso / ogni cosa che
vedo, è cosa che perdo."
Questo invece è un commento di Luigi Pareyson ad Alfred de
Vigny, che si ricollega alle accuse contro Dio di Giovanni
Cenacchi:
"Protesta Alfred de Vigny, e non soltanto quando aggiunge "le
silence" al Poema "Le Mont des Oliviers", suggerendo di opporre al silenzio di Dio, il freddo e sdegnoso silenzio dell'Uomo, ma anche quando immagina un giovane infelice che commette il suicidio con lo scopo preciso di presentarsi a Dio, per chiedergli ragione d'averlo creato sofferente."
Non è la stessa domanda inespressa, quel "Perché Dio hai permesso Auschwitz? Perché permetti tutto questo dolore a quelli che tu chiami tuoi figli?" che permea anche la riflessione di Elie Wiesel?
Infine, qualche verso di "Ora Satanica" di Gabriele d'Annunzio,
che mostrano un Satana Dionisiaco, Gloriosamente Ribelle e
Invitto, Spirito e Motore stesso della Volontà di Vita, Sentinella del Sapere.
Voglio l'ebrezze che prostrano l'anima e i sensi,
gl'inni ribelli che fan tremare i preti:
voglio ridde infernali con strepiti e grida insensate,
seni d'etére su cui passar le notti:
voglio orgie lunghe con canti d'amore bizzarri:
tra baci e bicchieri voglio insanire.
Vola, Satana, vola su la grand'ala di foco:
stammi a fianco e ispirami: son tutto tuo!
[...]
Ma io con la spada ne'l pugno e di fronte a' nemici
con lo schermo su' labbri morrò da forte.
[...]
E l'estrema parola sarà una sfida superba, una minaccia atroce sarà il mio moto estremo.