Il Coniglio della Luna e la Dea Ixchel


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Una delle principali Divinità femminili era Ixchel, il cui nome significa letteralmente "La Signora dell'Arcobaleno".


Le sue funzioni, nel pantheon religioso dei Maya, appaiono molteplici; il suo ruolo duplice, negativo o positivo a seconda del contesto. Per queste ragioni e considerata ancora oggi una figura enigmatica di cui non è stata neppure chiarita la connessione con l'arcobaleno (1)

(1) Un'altra Dea legata all'arcobaleno è Aida Wedo

Nei testi sacri Ixchel era descritta come la "sposa" o la "versione femminile" del Dio creatore Itzamnà


"Sulle vette di molte piramidi-templi Maya domina un ambiente sacro a Itzamnà, il Dragone Celeste. Questo essere divino era la versione Maya del Dio serpente-uccello così caro a gran parte dei popoli mesoamericani: un mostro alato, dragone bicefalo o serpente piumato dalle cui fauci spesso scaturiscono esseri antropomorfi. Itzamnà veniva spesso rappresentato in forma stilizzata, come una croce, cosa che stupì moltissimo i primi esploratori cristiani.

Poteva anche apparire come un mascherone scarnificato che recava sulla fronte il glifo del Sole. 
Il Dragone Celeste dei Maya infatti si identificava spesso con Kinich Ahaw, letteralmente "Signore Occhio del Sole"; e si capisce perché la Dea Ixchel, la Luna, fosse la sua sposa.
Itzamnà rappresentava la forza vitale dell'universo, capace di generare la vita e di far germogliare la pianta sacra del mais. Esso combinava i caratteri del serpente e del quetzal, ma anche del giaguaro, dell'alligatore e del cervo."

L'Iconografia di Ixchel è spesso associata a quella del Dio della guerra, in situazioni che illustrano catastrofi e serpenti; tuttavia, a questo aspetto funesto si contrappone l'immagine di Dea Lunare, il corrispettivo femminile del Sole, protettrice delle donne, del parto ma anche preposta alla tessitura, alla medicina e ai rituali di guarigione sciamanici. Prima del parto le levatrici volgevano una particolare cerimonia ad Ixchel, affinché provvedesse alla salute della puerpera e del nascituro.
Il suo culto è stato attestato con certezza solo nel periodo postclassico: probabilmente i Maya-Toltechi lo sostituirono a quello di una più antica divinità lunare e ne eressero il santuario nell'isola di Cozumel, dove si trova l'attuale sito di san Gervasio. All'epoca della Conquista, questo centro religioso aveva assunto una notevolissima importanza, in quanto sede di un oracolo al quale si rivolgevano le migliaia di donne che sbarcavano ogni mese sulle coste dell'isola, per ricevere vaticini dalla Dea e svolgere danze propiziatorie della salute e della fecondità. 
Nel mondo azteco era venerata una divinità che può essere considerata la corrispondente di Ixchel: si tratta di Cihuacoatl, il cui nome era associato al concetto di serpente.
Le figurine di terracotta che la raffigurano venivano donate alle donne come buon auspicio di maternità.

Nota di Lunaria: un'altra Dea Azteca legata ai serpenti è Coatlicue

Coatlicue porta un monile di mani mozzate, teschi e cuori strappati. In quanto Dea della terra e della fertilità, Coatlicue si lega all'animale ctonio per eccellenza: il serpente. La Dea infatti indossa una gonna di serpenti (il suo nome è infatti "Colei che ha una gonna di serpenti"), Coatlicue è così intrisa di forza belluina e primordiale che non può che partorire un figlio già armato di tutto punto, con un serpente di fuoco come arma: Huitzilopochtli. Immediata l'associazione con Athena, che balza fuori dalla testa di Zeus già in assetto di guerra! https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/atena.html
L'enorme statua - ma è più corretto parlare di monolito! - di Coatlicue è di 2 metri e 57 cm d'altezza!

Il pantheon religioso Maya comprendeva alcune Divinità femminili, tra le quali solo alcune sono state identificate: Ixtab, Dea del Suicidio, Ix Chebel Yax, patrona della Tessitura, e Ixchel che assisteva le partorienti ed era preposta alle pratiche di medicina e stregoneria.

Una figura dell'iconografia ricorrente nel periodo classico ma il cui nome originario non è conosciuto è stata identificata come la Dea della Luna, raffigurata sotto l'aspetto di una fanciulla a cavalcioni di un quarto di Luna crescente che tiene un coniglio tra le braccia.



I Maya come le genti asiatiche (2) ritenevano che osservando la Luna piena era possibile distinguere la forma del coniglio sulla superficie butterata del corpo celeste.

(2) Altre Dee connesse al coniglio sono Eostre https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/artha-grainne-sulis-eostre.html
e Cheng'O (la Dea cinese della Luna)


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La Lepre

Le lepri, e più tardi i conigli, erano simbolo di fertilità, dell'energia dinamica della vita, della crescita, del rinnovamento e del piacere sessuale, e vennero associate direttamente alla Luna e alle sue divinità. La Lepre era legata alla Dea Oestra, che diede il nome alla festività della Pasqua (in inglese: Easter). Oestra aveva la teste di lepre, ed erano le sue lepri che covavano le uova della nuova vita annunciando la primavera, un'immagine ancora presente nella tradizione dell'uovo di Pasqua.

La Dea norvegese Freya, Dea dell'amore e della fertilità, era sempre accompagnata da due lepri come anche la Dea romana Venere. Si diceva che le macchie sulla faccia visibile della Luna raffigurassero una lepre o un coniglio.

Anche nel cartone di Sailor Moon, Bunny ("Coniglietto") è associata al coniglio che compare in alcuni accessori nella camera da letto della ragazza






La lepre era anche associata ai poteri femminili lunari della divinazione, della trasformazione, della follia mistica e della sessualità. La Regina Celtica Boudicca usava una lepre per prevedere l'esito delle battaglie; la liberava da sotto il mantello e osservava la direzione che prendeva. La connessione della lepre con la sessualità è sopravvissuta fino ai nostri tempi e ha trovato espressione nell'immagine della ragazza vestita da "coniglietta".

è possibile che a causa di questi rimandi, la Chiesa considerasse la lepre un animale di cattivo presagio. Le lepri vennero associate alle streghe e si credeva che una strega sotto forma di lepre potesse essere uccisa solo con un crocifisso d'argento o, successivamente, con una pallottola d'argento.
    
Ritorniamo al discorso della Luna presso i Maya:

Il glifo della Dea corrisponde alla cifra uno e alla parola Na, il cui significato è quello di "Nobile Signora"; per questo è spesso associato a nomi di regine famose, mentre i personaggi maschili riportano quello del Sole. (Nota di Lunaria: per i Maya ogni numero aveva precise e profonde connotazioni simboliche ed esoteriche)
Nei codici e nelle fonti scritte di epoca coloniale, la poetica immagina della fanciulla a cavalcioni della Luna scompare e viene sostituita da quella di una donna anziana dalla bocca priva di denti, come quella raffigurata nei bassorilievi del Tempio dei Guerrieri e in quello dei Giaguari a Chichén Itzà. 


Nel periodo postclassico il culto fu probabilmente assimilato a quello di Ixchel, a cui fu dedicato un importante santuario nell'isola di Cozumel ancora frequentato nel XVI secolo.

Il coniglio e la Luna


Il coniglio è stato largamente rappresentato anche nell'iconografia delle civiltà del postclassico. Questo animale era considerato una prelibata preda da caccia, e veniva per questo associato al Dio Mixcoatl, tutelare dei cacciatori. Un culto di origine tolteca, diffuso in tutta l'area del Messico centrale, associava la bevanda del pulque, ricavata dall'agave, e la Dea dell'agave Mayahuel al mito dei 400 conigli.
 

Tuttavia sino all'epoca della Conquista, questo animale rimase il simbolo per eccellenza della Luna, secondo una tradizione di origine antichissima come appare nel particolare del Codice Borgia.

Galleria di immagini su Ixchel





APPROFONDIMENTO: LA CONDIZIONE FEMMINILE NEL MONDO MAYA E INCA

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LA DONNA MAYA

Un volto dai tratti femminili è uno dei glifi usati per indicare la Signora, la Regina, "Na" in lingua maya. Non si conosce con precisione il ruolo della donna nella società maya, ma i testi scritti narrano la storia di alcune illustre regine.
I testi epigrafici e i bassorilievi narrano le vicende delle Signore dell'élite, madri e figlie e spose del re, elegantemente vestite e ornate di gioielli preziosi. Tuttavia attraverso i cronisti spagnoli, è possibile conoscere alcune informazioni sulla vita delle donne maya che non appartengono alla classe aristocratica ma al popolo. Non bisogna comunque dimenticare che tali testimonianze si riferiscono alla cultura maya di Epoca postclassica.
Bartolomeo de las Casas e Diego de Landa descrivono la figura femminile con particolare riferimento al rito del matrimonio. A differenza dei nobili, gli uomini delle classi sociali inferiori erano monogami; ma bastava la minima insoddisfazione per ripudiare la consorte, chiedere il divorzio e risposarsi immediatamente. Come presso molte altre civiltà il matrimonio era combinato dalle famiglie e celebrato non appena i due giovani raggiungevano l'età adatta: per la donna circa i 17 anni.
Le nozze venivano celebrate nella casa del padre della sposa. Un sacerdote dava inizio alla cerimonia bruciando incenso e benedicendo i giovani e dopo un discorso concernente i doveri matrimoniali, aveva luogo il banchetto. Se la famiglia non poteva permettersi di pagare un sacerdote, il matrimonio veniva celebrato da un uomo di età avanzata, conosciuto e saggio.
Un particolare curioso riguarda la prima notte di nozze: una o più donne anziane si recavano alla casa degli sposi per istruirli sulla vita sessuale e se ne andavano solo quando erano sicure che tutto fosse chiaro.

Molte figurine in terracotta di stile Jainà riproducono personaggi femminili. Sono signore estremamente raffinate, di solito ornate di gioielli, copricapo o eleganti acconciature, probabilmente donne di alto rango oppure Sacerdotesse.

LA VERGINI DEL SOLE

Le fonti in nostro possesso sulla società Inca, che i cronisti spagnoli conobbero quando era un organismo vitale, concordano nel riferire dell'esistenza di una particolare istituzione sociale, una forma di sacerdozio femminile che assolveva, oltre a funzioni di ordine religioso e sociale, anche un preciso ruolo nelle attività produttive. Strettamente connesse col culto del Sole, che dominava l'orizzonte religioso inca, giovani donne scelte per la loro bellezza e fornite all'impero dall'ayllu (cellula fondamentale della società andina, costituita da un gruppo di parentela e legata da vincoli di reciprocità) sotto forma di tributo o di dono dedicavano la propria vita al servizio presso i templi, recluse in edifici noti con il nome di aqqlawasi. Qui la vita delle aqqla si svolgeva assecondando vari obblighi: la cottura di alimenti e la preparazione della chicha (bevanda di mais fermentato) per le cerimonie, il canto, la filatura e la tessitura di pregiati tessuti di lana di alpaca e vigogna per il sovrano e per la classe sacerdotale. La produzione e lo scambio di tessuti ebbero un ruolo centrale nella macchina imperiale, poiché erano convertiti in beni pregiati non ottenibili in loco e favorivano la diffusione di canoni estetici e delle ideologie che essi veicolavano. Gli aqqlawasi erano scrupolosamente controllati da eunuchi con il volto mutilato per garantire la castità delle cosiddette "Vergini del Sole", organizzate in una struttura gerarchica, al cui vertice si trovava la mamakuna, una sorta di Sacerdotessa che istruiva le ragazze più giovani; la maggioranza delle aqqla occupava una posizione molto più modesta, fungendo anche da concubina dell'Inca e potendo essere da questi "regalata" per stipulare patti e assolvere obbligazioni sociali.
Quando verso il 1500 gli Europei scoprirono il Perù, vi trovarono la fiorente civiltà Inca: il Perù venerava il Dio Sole, che prendeva sembianze umane nell'Inca, il Re, considerato Suo Figlio.
Sotto di lui, un clan gentilizio si divideva il potere dello Stato, ma fu poi sostituito da una nobiltà dirigente composta di numerose famiglie che si spartivano il governo delle varie province. L'Inca viveva in una posizione di privilegio che pochi sovrani possono vantarsi di aver goduto: gran parte delle donne del regno era al suo servizio per tutto ciò che poteva occorrere alla sua bellezza e alla sua felicità.
Doveva prendere una sola moglie, anch'essa di origine divina: sua sorella, che rappresentava la Luna. Diventavano marito e moglie nel Tempo del Sole con riti complessi, lei con diadema d'oro a forma di Luna, e solo i loro figli potevano diventare re a loro volta.
L'Inca usufruiva di un vasto harem che abbracciava tutti i territori dell'Impero, con edifici in ogni provincia, giacché erano più o meno monasteri dove vivevano le "vergini del Sole" destinate al culto del Dio e del suo rappresentante in terra.
Le ragazze filavano e tessevano incessantemente per ricoprire il Re di abiti preziosi che egli portava una sola volta: cotone, tessuti di agave, preziose lane di vigogna; preparavano la "chica", una bevanda usata nelle feste; lavoravano e aspettavano la visita dell'Inca.
Quando Egli giungeva, trovava sempre ragazze nuove, spinte alla più appassionata compiacenza dall'onore di appartenere al Figlio del Sole, e dalla triste certezza che l'incontro non si sarebbe forse ripetuto mai più.
Egli trovava un'imbandigione senza fine della quale sceglieva i bocconi più stuzzicanti, prendendoli da suppellettili d'oro o d'argento che una donna in ginocchio teneva davanti a Lui per tutta la durata del pasto. Ogni cosa toccata dall'Inca veniva poi bruciata perché l'impurità dei comuni mortali non entrasse in contatto con gli oggetti consacrati dalle sue mani divine.
Gli uomini invece coltivavano campi: a ciascuno, ne venivano affidati due, uno per l'Inca e uno per Il Dio Sole, cioè per i sacerdoti.