Lovecraft!

Post in costante aggiornamento, visto che ho intenzione di ri-leggermi tutte le opere di Lovecraft, che lessi verso i 13 o 15 anni ^_^

Metterò via via gli incipit e i passaggi più belli ^_^
e se riesco pure qualche commento critico :D




Dai, che Lovecraft è un classicone per tutti quelli che amano il Death o il Black Metal ^_^
Quante band si sono ispirate ai suoi racconti, eh eh eh! ;-)




Info tratte da



"Le "cose" erano venute dallo spazio cosmico alla Terra nascente ed ancora priva di forme vitali, ed era seguito l'arrivo di molte altre entità estranee, di quelle che a volte s'avventurano nel pionierismo spaziale... erano vissute a lungo sotto il livello dei mari, dove avevano costruito fantastiche città e combattuto avversari indescrivibili con l'uso di congegni complicati che utilizzavano principi energetici sconosciuti.
è chiaro che le loro cognizioni scientifiche e meccaniche erano molto avanzate rispetto a quelle dell'umanità di oggi... la soprannaturale robustezza organica e la semplicità dei loro bisogni naturali facevano sì che esse potessero vivere ad un livello elevato senza l'ausilio d'oggetti prodotti artificialmente e perfino senza vestiario, salvo qualche occasionale protezione dagli elementi"

Stiamo citando Lovecraft che, nella sua allucinante ricostruzione fantastica, così prosegue:

"Fu dentro il mare che esse crearono le prime forme di vita terrestri, usando sostanze preesistenti ed applicando metodi già da tempo sperimentati, dapprima per procurarsi alimenti, in seguito per altri scopo. Gli esperimenti più elaborati seguirono all'annientamento di diversi nemici cosmici. La stessa cosa essi erano riusciti a fare su altri pianeti, producendo non solo cibo, ma anche masse protoplasmiche capaci di foggiare i propri tessuti sotto l'influenza ipnotica in modo da costituire membra temporanee, e formando così schiavi ideali per i servizi pesanti della comunità. 
Queste masse vischiose erano senza dubbio gli Shoggoth di cui Abdul Alhazred osava appena sussurrare nel suo spaventoso Necronomicon, benché anche quel pazzo arabo non avesse mai accennato al fatto che ne fossero esistiti sulla Terra...
Con l'aiuto degli Shoggoth, le cui facoltà di sviluppo li rendevano atti al sollevamento di pesi prodigiosi, le piccole e basse città sottomarine crebbero fino a formare vasti ed imponenti labirinti di pietra... Si potrebbero scrivere volumi sulla vita degli Esseri Antichi, sia per il periodo in cui vissero sotto i mari, sia per quello in cui una parte di essi si stabilì sulla terra ferma... la loro resistenza aveva dell'incredibile: nemmeno le terrificanti pressioni dei più profondi abissi marini doveva disturbarli...
Ma un'altra razza, costituita da esseri a forma di piovra e probabilmente corrispondente alla favolosa progenie preumana di Cthulhu, cominciò a filtrare dall'infinità cosmica ed iniziò una guerra mostruosa, che per qualche tempo ricacciò completamente in mare gli Esseri Antichi... e questi ultimi dovettero affrontare in seguito nuove avversità, sotto forma di una nuova invasione dallo spazio, questa volta effettuata da creature in parte funghi, in parte crostacei, probabilmente le stesse di cui si fa cenne in certe misteriose leggende del Nord, ricordate nella regione dell'Himalaya come i Mi-Go..."

Creature piovute dalle stelle, a celarsi nelle profondità oceaniche del nostro pianeta? Anche a sostegno di questa ipotesi potremmo portare numerosi elementi mitologici; gli appassionati di Ufologia credono che le principali basi terrestri dei dischi volanti si trovino fra la Sicilia e Malta, nel Mar Rosso, nel Golfo Persico, al largo delle isole Bermude.

Nota di Lunaria: inserisco anche questo commento interessante 

Curiosamente, il "pantheon lovecraftiano" esclude l'idea manichea: non c'è una lotta di Dei buoni contro Dei malvagi, perché tutti, indistintamente, sono malvagi. Dei mostruosi, entità mucillaginose e maleodoranti, ctonici e uranici, annidati nelle profondità oscure e provenienti dalle più lontane costellazioni, infilatisi nelle pieghe delle Terra, sgusciano fuori dai paesi del New England, nella regione di Arkham, nelle colline del Massachusetts, anche se il loro arrivo precede la comparsa dell'essere umano.

Qui di seguito, riporto i celebri nomi dei "Grandi Antichi":

1) Dagon, il Dio-Pesce, si trova menzionato anche nella Bibbia e non è stato inventato da Lovecraft
2) Cthulhu, colui che per primo fa echeggiare il suo richiamo spaventoso
3) Azathoth, il Dio cieco e idiota, amorfa abiezione, che incessantemente impreca e gorgoglia al centro dell'infinità...

Cd consigliato, che ha reso in musica l'orrore lovecraftiano: "Altars of Madness" dei Morbid Angel... è il mio cd Death Metal preferito  https://www.youtube.com/watch?v=DyXXNxhcetQ



 
GLI STRALCI PIù BELLI

"La Casa Stregata" (The Shunned House) venne ispirato a Lovecraft da una casa realmente esistente a Providence. Lo scrittore la descrisse nei dettagli, sottolineando la coltre d'edera che soffocava la magione, "così fitta da poter essere soltanto o maledetta o nutrita da cadaveri".
Lo stesso edificio gli ispirò anche una poesia, "The House" (1920)


***

Quella casa era - e continua ad essere - di quel genere che attira l'attenzione dei curiosi. In origine era una fattoria, o semplicemente un casale, nel classico stile architettonico coloniale della seconda metà dell'Ottocento che si vede nel New England, con il suo tipico tetto aguzzo, l'entrata georgiana, e l'interno rivestito in legno, secondo il gusto dell'epoca.
Era rivolta a sud, e le finestre del piano di sotto sul versante est della collina erano a filo del terreno; la facciata posteriore, invece, dava sulla strada. Era stata costruita, più di un secolo e mezzo fa, dopo il livellamento e lo spianamento della strada, in quanto inizialmente Benefit Street, prima chiamata Back Street - era un ripido viottolo che serpeggiava intorno al cimitero dei primi coloni, e fu allargato soltanto quando divenne necessario spianare una strada che passasse senza commettere sacrilegio attraverso le singole proprietà per trasferire le salme dei defunti nel cimitero di North Burial Ground.
(...) I campi coltivati, raggiungendo la collina, si estendevano quasi fino a Wheaton Street. Lo spazio rimanente a sud dell'edificio, confinante con Benefit Street, era in dislivello con il marciapiede, e veniva a costituire in tal modo un perimetro rialzato che era protetto da un alto muro di cinta incrostato di muschio. Nel muro c'era una scaletta che portava all'interno della recinzione, in un prato dissestato dagli improvvisi affossamenti, tra muriccioli grondanti umidità e giardinetti abbandonati, le cui urne di cemento ormai crollate e i cui vasi di ferro arrugginito giacevano tristemente ai piedi di una porta battuta dal vento, con una lanterna rotta, quattro colonne ioniche traballanti e un fronte triangolare vacillante.
Da bambino avevo sentito dire che il numero di gente morta in quella casa era davvero sconcertante. Per questo, mi spiegarono, i proprietari l'avevano abbandonata vent'anni dopo averla edificata. Era un luogo insalubre, probabilmente per via del muschio e delle muffe cresciuti in cantina, o forse per il suo odore di putredine, o anche per i corridoi gelidi, oppure a causa dell'acqua del pozzo. Ognuno mi dava una spiegazione diversa.
(...) Il motivo è che non si pensava che quella casa fosse "infestata dagli spettri"; non era nata alcuna leggenda di catene cigolanti, misteriosi soffi d'aria gelida, luci smorzate o volti dietro le finestre. I più superstiziosi sostenevano a volte che era "sfortunata", ma questo era il commento più azzardato.
(...) Le vittime non erano morte all'improvviso o per una stessa causa, ad esempio una malattia fulminante: la loro salute, invece, diventava inspiegabilmente precaria poco prima della morte. Quelli che non morivano diventavano sofferenti, in diversa misura, di una sorta di anemia o deperimento, oppure perdevano la ragione.
(...) Quando io ero piccolo, la casa abbandonata era rimasta vuota, con i suoi alberi grotteschi, il suo prato dissestato e sbiadito, e la sua sterpaglia dalle forme d'incubo che aveva soffocato tutta la terrazza, sulla quale non si vedeva mai neppure un uccello.
Noi ragazzi giocavamo spesso là intorno, e ricordo ancora la paura infantile che mi incuteva non solo la stranezza inquietante della vegetazione grottesca, ma anche, e specialmente, l'odore e l'atmosfera lugubre che aleggiavano sull'edificio in rovina, nella cui porta principale, che era rimasta aperta, ci intrufolavamo spesso in cerca del brivido.
(...) Polvere e ragnatele davano un ultimo tocco a quel quadro orrendo, ed era ritenuto davvero coraggioso quel ragazzo che fosse salito volontariamente in soffitta, una grande stanza dall'alto architrave illuminata unicamente dalla luce che filtrava dalle finestre dell'abbaino, ingombra di un incredibile ammasso di sedie, casse sfondate e sfilatoi, deformati, da tutti quegli anni di abbandono, in sagome spaventose e sinistre.
Ciononostante, la soffitta, in fondo, non era la zona più paurosa della casa. Era la cantina, invece, tutta umida e muffita, ad incuterci più spavento (...) il putridume laggiù era più fetido, sia perché ci spaventavano le escrescenze fungose che d'estate, quando pioveva, spuntavano biancastre sul pavimento di terra.
Quelle muffe, dalle forme fantastiche come la vegetazione del prato, erano davvero ripugnanti; somigliavano a grottesche imitazioni di funghi velenosi e di pipe indiane, e si vedevano solo lì. Marcivano in fretta e, quando arrivavano a una fase precisa di decomposizione, assumevano una leggera fosforescenza. Era a causa loro che chi passava da quelle parti di notte mormorava che, dietro i vetri rotti di quelle finestre, brillavano i fuochi fatui delle streghe. (...) di giorno, però, riuscivamo spesso a vedere la fosforescenza delle muffe, soprattutto durante le giornate cupe e umide.
E poi ci affascinava una certa cosa, una cosa parecchio curiosa e, nonostante la sua stranezza, decisamente emozionante. Mi riferisco a una chiazza biancastra che si imprimeva sulla terra del pavimento, un piccolo deposito viscido di muffa o di salnitro, che spesso credevamo di individuare tra le fungosità che si sviluppavano nella cucina intorno all'enorme camino. Una volta ci parve disegnasse i contorni di una figura umana piegata in due. Ma la chiazza non si formava regolarmente; certe volte non la si vedeva affatto.
Un pomeriggio - pioveva e l'illusione sembrava innaturalmente reale - mi era sembrato di scorgere una specie di vapore giallognolo, molto gassoso ed evanescente, sollevarsi dal deposito di salnitro ed infilarsi nella bocca spalancata del camino. Così mi era venuto in mente di raccontarlo a mio zio. (...) Venni a sapere che in alcune superstizioni popolari c'erano allusioni del genere: si parlava di forme ferine e demoniache che venivano risucchiate dal grande camino, e delle radici di certi alberi che camminavano fino alla cantina allungandosi per le fondamenta vuote.
(...) C'erano per lo meno tre leggende molto particolareggiate che parlavano delle forme demoniache e semiumane assunte dalle radici degli alberi, e delle strane fungosità biancastre che si sviluppavano intorno alla cantina.



"L'Orrore a Red Hook"

"Siamo circondati da sacri misteri del Bene e del Male, e viviamo e ci muoviamo in un mondo oscuro, un luogo di tenebre, caverne ed abitatori del crepuscolo. Talvolta accade che l'uomo si volga indietro sulle tracce della propria evoluzione, ed è mia opinione che esistano segreti paurosi non ancora dimenticati" (Arthur Machen)

L'ex chiesa era ornata da dipinti di una tale rozzezza da disturbarlo intimamente; raffiguravano volti di santi dall'espressione palesemente mondana e crudele, e in certi punti indugiavano in atteggiamenti così equivoci che riuscivano ad offendere persino un laico. In particolare, Malone fu turbato da un'iscrizione in greco apposta sulla parete di fronte al pulpito, che descriveva un antico incantesimo a lui noto fin dall'epoca dell'università a Dublino, il quale, nella traduzione letterale, recitava così:

"O COMPAGNA E AMANTE DELLA NOTTE
TU CHE GIOISCI QUANDO ULULANO I CANI
E IL CALDO SANGUE è VERSATO,
TU CHE VAGHI CON I FANTASMI FRA I SEPOLCRI,
TU CHE HAI SETE DI SANGUE,
E TRAFIGGI CON GELIDO TERRORE IL CUORE DEI MORTALI,
GORGO, MORMO, LUNA DAI MILLE VOLTI,
VOLGI PROPIZIO IL TUO OCCHIO SUL NOSTRO SACRIFICIO!"


Nel leggere quell'epigrafe, Malone rabbrividì, e ripensò vagamente alle basse e sostenute note d'organo, provenienti dal sottosuolo, che gli era parso di udire qualche volta, di notte, nella chiesa.
[...]
L'incenso bruciato copriva, invece, gli odori che avrebbero potuto rivelare qualche oscura pratica. Tuttavia, si trovarono schizzi di sangue ovunque, e Malone rabbrividì nel vedere un tripode, probabilmente un altare, che emanava ancora del fumo (...) Si precipitò con ansia in quelle stanze ricoperte di muffa, dove si sentiva un odore di tomba (...) Sì levò una folata travolgente d'aria fredda, trascinando con sé tutti gli orrori di quell'abisso senza fondo, dal quale si sprigionò una potenza risucchiante che non poteva appartenere né al cielo né alla terra, (che) lo attirò sull'orlo della voragine e lo trascinò nell'abisso con sé, facendolo cadere attraverso spazi immensi che risuonavano di gemiti, bisbigli e risate diaboliche. (...) Nulla potrà mai cancellare dalla sua mente la visione di quelle cripte oscure, di quei colonnati ciclopici, e di quelle forme titaniche rigurgitate dagli abissi che venivano avanti a passi lenti, silenziose, afferrando creature mutilate, divorate a metà, le cui parti ancora vive imploravano pietà, o che ridevano isteriche in preda alla follia.
Incenso e putridume si confondevano in un miscuglio di odori pestilenziali, e il buio si gonfiava di forme nebulose, appena visibili, di esseri primordiali, senza concretezza alcuna, ma dotati di occhi. Un'acqua torbida e oleosa, della quale non si capiva la provenienza, sciabordava sui moli d'onice, e i rintocchi spaventosi di campane stonate salutarono l'avvicinarsi di una creatura nuda dalla pelle fosforescente, che sogghignava e procedeva a nuoto verso la riva (...) Strade di un'oscurità perpetua si stendevano in tutte le direzioni: in quel luogo fermentava un contagio che avrebbe infestato e inghiottito tutte le città (...) I peccati dell'intero universo si erano concentrati lì e, al pulsare di crescenti ritmi blasfemi, era iniziata la danza macabra della morte che avrebbe corrotto tutti gli uomini, fino a degradarli a fungosità giganti, troppo mostruose persino per essere accolte nei sepolcri.
Era lì che Satana apriva la sua corte babelica, e che gli arti lebbrosi della fosforescente Lilith venivano aspersi col sangue di fanciulli innocenti.

Incubi e succubi innalzavano le loro lodi a Ecate, e mostri privi di testa rivolgevano le loro invocazioni alla Grande Madre. Capri danzavano a un ritmo infernale di flauti, e neri avvoltoi andavano a caccia di fauni deformi, somiglianti a rospi dal ventre gonfio, braccandoli senza sosta sui dirupi scoscesi.

 "L'Orrore di Dunwich"

"The Dunwich Horror" nelle intenzioni di Lovecraft è un testo appartenente al Ciclo di Arkham: all'epoca era ormai chiara l'idea di riunire tutte le sue storie riferentisi al pantheon alieno inaugurato con la figura di Cthulhu in un contesto che in qualche modo le unificasse.

***

Gorgoni, Idre e Chimere, le atroci storie di Celeno e delle Arpie, possono riprodursi in un cervello superstizioso: ma esse erano già lì. Sono trascrizioni, tipi: gli archetipi sono dentro di noi e sono eterni. Come potrebbe accadere altrimenti che lo spettacolo di ciò che, al risveglio, sappiamo essere falso, colpisca tutti? Forse che concepiamo il terrore per tali oggetti in modo naturale, considerandoli capaci di infliggerci dei danni corporali?
Oh, no affatto! Questi terrori sono di origine più antica. Sono più antichi del corpo, ovvero anche se non esistesse il corpo, sarebbero gli stessi... Che il genere di terrore di cui stiamo trattando sia puramente spirituale, che esso sia forte, rispetto alla sua mancanza di un oggetto, che esso predomini nel periodo della nostra infanzia innocente, sono tutti problemi la cui soluzione potrebbe richiedere di penetrare in qualche modo nella nostra condizione ante-moderna e gettare perlomeno uno sguardo furtivo nella terra d'ombre della preesistenza. (Charles Lamb "Le streghe e altri terrori notturni")


"The Dunwitch Horror" nelle intenzioni di Lovecraft è un testo appartenente al Ciclo di Arkham: all'epoca era ormai chiara l'idea di riunire tutte le sue storie riferentisi al pantheon alieno inaugurato con la figura di Cthulhu in un contesto che in qualche modo le unificasse.
 
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Gorgoni, Idre e Chimere, le atroci storie di Celeno e delle Arpie, possono riprodursi in un cervello superstizioso: ma esse erano già lì. Sono trascrizioni, tipi: gli archetipi sono dentro di noi e sono eterni. Come potrebbe accadere altrimenti che lo spettacolo di ciò che, al risveglio, sappiamo essere falso, colpisca tutti? Forse che concepiamo il terrore per tali oggetti in modo naturale, considerandoli capaci di infliggerci dei danni corporali?
Oh, no affatto! Questi terrori sono di origine più antica. Sono più antichi del corpo, ovvero anche se non esistesse il corpo, sarebbero gli stessi... Che il genere di terrore di cui stiamo trattando sia puramente spirituale, che esso sia forte, rispetto alla sua mancanza di un oggetto, che esso predomini nel periodo della nostra infanzia innocente, sono tutti problemi la cui soluzione potrebbe richiedere di penetrare in qualche modo nella nostra condizione ante-moderna e gettare perlomeno uno sguardo furtivo nella terra d'ombre della preesistenza. (Charles Lamb "Le streghe e altri terrori notturni")

Chi traversi, diretto a nord, il Massachusetts centrale, arriva a un certo punto davanti al Picco di Aylesbury. Qui, subito dopo i Dean's Corners, la strada si biforca; e il viaggiatore che per sbaglio prenda a sinistra invece che a destra, si trova ben presto in un luogo strano e solitario. Il livello del terreno sale, e tra i due muriccioli di pietra, coperti di rovi polverosi, la strada si fa sempre più tortuosa e stretta. Gli alberi dei boschi vicini sembrano troppo grandi, e i rovi e le erbacce crescono con un rigoglio insolito per una regione abitata.
I pochi campi coltivati che si incontrano, appaiono d'altra parte singolarmente brulli; mentre le case sparpagliate qua e là hanno tutte una sorprendente apparenza di vecchiaia, squallore e disfacimento. Senza sapere perché, si esita a chiedere indicazioni alla rozza gente che ogni tanto s'intravede sui gradini diroccati o sui pietrosi campi in pendio. Queste figure sono così silenziose e furtive che ci si sente come davanti a cose proibite, con le quali sarebbe meglio non aver nulla a che fare. Quando la strada scavalca un'altura, e al di sopra della fitta boscaglia appaiono le colline, l'impressione di disagio aumenta. Le cime sono troppo rotonde e simmetriche per infondere quel senso di tranquillità che danno di solito i paesaggi collinari, e gli strani pilastri che le incoronano, stagliandosi contro il cielo, hanno un aspetto francamente minaccioso.
Gole e precipizi profondissimi interrompono la strada, e i rozzi ponti di legno sembrano tutt'altro che sicuri. Quando la strada scende di nuovo, s'incontrano dei tratti paludosi, che sono già poco piacevoli di giorno, e che di sera (quando invisibili caprimulghi gridano all'intorno, e innumerevoli lucciole escono a danzare ai rauchi e insistenti ritmi dei rospi) mettono addosso un brivido di paura. La linea sottile e scintillante del Miskatonic, che si torce ai piedi delle colline da cui nasce, dà l'idea di un viscido serpente.
Via via che le colline s'avvicinano, si è sempre più impressionati dai circoli di alte pietre che ne coronano le cime, come pure dai loro fianchi scuri e dirupati, che sembrano doverci crollare addosso da un momento all'altro. Giungiamo quindi a un ponte coperto, oltre il quale, stretto tra il corso d'acqua e il pendio verticale della Round Mountain, vediamo un piccolo villaggio.
Dai suoi rovinati tetti a capanna, già si deduce che questo villaggio dev'essere notevolmente più antico di quelli delle regioni vicine; poi, osservando più attentamente ci si accorge che la maggior parte delle sue case sono abbandonate e in rovina, e che la chiesa, dal campanile diroccato, non è più una chiera, e ospita ora l'unica bottega del villaggio. La tenebrosa galleria del ponte ispira poca fiducia, ma non si può evitarla. Arrivati dall'altra parte, si è quasi subito colpiti da un odore non forte ma assai sgradevole, che giunge dal villaggio: un lezzo di muffa e di sfacelo secolari. è sempre un sollievo lasciare quel luogo, e seguire la stretta stradina che, aggirate le colline, ritrova la pianura e la strada principale oltre il Picco di Aylesbury. Dopo, talvolta, si viene a sapere che si è stati a Dunwich.
I forestieri si recano a Dunwich il più raramente possibile e, da quando sono accaduti certi orribili fatti, tutti i cartelli indicatori sono stati tolti. Il paesaggio, secondo i normali canoni estetici, è insolitamente bello; eppure non c'è alcuna affluenza di artisti o di turisti estivi.
Due secoli fa, quando non si rideva delle streghe, degli adoratori di Satana e di strane presenze nelle foreste, era comprensibile che quel luogo venisse evitato. Nella nostra epoca razionale la gente continua a evitarlo, ma, per la maggior parte, senza sapere perché (l'orrore di Dunwich del 1928, infatti, fu messo a tacere da chi aveva a cuore il benessere del paese e del mondo)
Forse una delle ragione - sebbene neanche questa, a dire il vero, possa valere per gli ignari forestieri - è che gli abitanti della località hanno raggiunto un tale studio d'involuzione da essere quasi repellenti.
Formano ormai una razza a sé, con ben definite stigmate di regressione fisica e mentale.
La media della loro intelligenza è penosamente bassa, e le loro cronache pullulano di assassinii, incesti, atti d'innominabile violenza e perversità.
La vecchia nobiltà, rappresentata dalle due o tre famiglie arrivate da Salem nel 1962, è rimasta un poco al di sopra del generale livello di decadenza, sebbene, in queste stesse famiglie, molti rami siano caduti ormai così in basso che soltanto i loro nomi rimangono a testimoniare l'origine che hanno vilipeso. Qualcuno dei Whateley e dei Bishop manda ancora i figli maggiori a Harvard e alla Miskatonic University, ma questi figli tornano sempre più raramente ai tetti in rovina sotto i quali sono nati.
Nessuno, nemmeno chi è a conoscenza dei recenti orrori, sa come stiano realmente le cose a Dunwich; benché vecchie leggende parlino di riti sacrileghi e di conclavi di indiani, nei quali furono evocate proibite forme d'ombra dalle grandi colline circolari, e furono recitate selvagge preghiere orgiastiche, cui risposero crepitii e rimbombi da sottoterra. Nel 1747 il reverendo Abijah Hoadley, arrivato da poco alla chiesa congregazionista del villaggio, fece un memorabile sermone sulla presenza di Satana e dei suoi demoni, nel quale diceva: "Dobbiamo ammettere che queste Empietà e queste infernali Processioni di Demoni sono Fatti troppo universalmente conosciuti per essere negati; e che le Voci maledette di Azazel e Buzrael, di Beelzebub e di Belial sono state udite venire dal Sottosuolo da numerosi Testimoni degni di Fede tuttora viventi. Io stesso, non più di quindici Giorni fa, colsi un Discorso di Forze Maligne nella Collina dietro la mia Casa, durante il quale ci fu un tale Gemere e Grattare, Tuonare, Urlare e Fischiare, che nessuna Cosa terrestre avrebbe potuto originare, e che doveva senza dubbio provenire da quelle Caverne che solo la Magia Nera può rivelare e solo il Diavolo aprire."
Il reverendo Hoadley sparì poco tempo dopo aver pronunciato questo sermone, ma il testo, stampato a Springfiled, è ancora reperibile. Di anno in anno si continuò a parlare dei rumori uditi sulle colline, rumori che sono ancora motivo di perplessità per i geologi e i fisiografi.
Alcune leggende narrano di fetidi odori provenienti di sotto le pietre disposte a cerchio sulle colline, e di impetuose presenze aeree che potevano essere avvertite in certe ore e in certi punti in fondo ai grandi precipizi, mentre altre cercano di spiegare come si sia formato il cosiddetto Prato del Diavolo, una terra arida e bruciata dove non cresce albero o cespuglio o filo d'erba. Dagli abitanti del luogo, inoltre, si attribuisce un particolare significato agli insistenti gridi che emettono i caprimulghi (succiacapre) nelle notti calde. Si crede che quegli uccelli siano psicopompi, che attendano ciè le anime dei morenti, e che regolino i loro terrorizzanti gridi con il fiato della persona che lotta con la morte. Se riescono ad afferrare l'anima fuggente quanto lascia il corpo, immediatamente volano via con la loro risata stridula e demoniaca; ma se falliscono, cadono a poco a poco in un deluso silenzio.
Si tratta, naturalmente, di credenze antiquate e ridicole, che giungono a noi da tempi remotissimi. In verità Dunwich è ridicolmente vecchia, molto più vecchia di tutte le comunità vicine entro un raggio di trenta miglia. A sud del villaggio si possono ancora vedere le fondamenta e qualche pezzo di muro dell'antica casa dei Bishop, che fu costruita prima del 1700; mentre le rovine del mulino, costruito nel 1806, sono l'esemplare architettonico più moderno dell'intero villaggio. La cosa più antica sono le grandi corone di pilastri sulle colline, che risalirebbero al tempo degli indiani. I depositi di teschi e ossa trovati all'interno di questi circoli, e intorno alla grande pietra in forma di altare posta in cima al Sentinel Hill, avvalorano la credenza popolare che quei luoghi fossero una volta il cimitero dei Pocumtuck. Tuttavia molti etnologi, malgrado la completa assurdità della loro teoria, persistono a credere che siano rovine caucasiche.

Fu nel territorio di Dunwich, in una grande fattoria ormai quasi disabitata, costruita contro il fianco di un colle a quattro miglia dal villaggio e a mezzo miglio da ogni altro luogo abitato, che Wilbur Whateley nacque alle 5 del mattino di una domenica, il 2 febbraio 1913. Si ricorda la data perché era il giorno della Candelora, festa che la gente di Dunwich celebra con un altro nome; e inoltre perché c'erano stati i rumori sulle colline e tutti i cani della campagna avevano abbaiato insistentemente per tutta la notte. 
Meno degno di memoria, invece, parve il fatto che la madre di Wilbur fosse una dei Whateley decaduti, una donna di 35 anni, albina, brutta e quasi deforme, che viveva con il vecchio padre semipazzo, del quale quando era giovane, si erano raccontate le più spaventose storie di stregoneria. Lavinia Whateley non aveva marito, ma, seguendo il costume della regione, non cercò in nessun modo di far riconoscere il bambino, e lasciò che la gente facesse tutte le supposizioni che voleva sulla sua paternità. Sembrava anzi singolarmente fiera di quel suo rampollo, dalla pelle scura e dall'aspetto caprino, che tanto contrastava con il suo malaticcio e occhiroseo albinismo, e fu udita mormorare molte curiose profezie sul suo straordinario futuro.
Quegli oscuri monologhi non stupirono nessuno, perché Lavinia era una creatura solitaria, solita e vagabondare sulle colline durante i temporali, mentre in casa cercava di leggere i grandi libri che suo padre aveva ereditato attraverso generazioni di Whateley, e che andavano ormai sbriciolandosi per l'età e per i tarli. Non era mai stata a scuola, ma il vecchio Whateley aveva provveduto a impartirle slegate nozione di antica scienza. La loro remota fattoria era sempre stata guardata con sospetto da tutti, per la fama di stregone di cui godeva e l'inspiegata morte violenta della signora Whateley, avvenuta quando Lavinia adorava sognare sfrenatamente, a occhi aperti, e dedicarsi a occupazioni singolari: il suo tempo libero poi non veniva molto limitato dal prendersi cura di una casa dalla quale era scomparso da molto tempo qualsiasi criterio di ordine e pulizia.
Echeggiò un urlo orribile, più forte persino dei rumori della collina e dell'abbaiare dei cani, la notte in cui Whateley nacque, ma, che si sappia, nessun medico o levatrice presiedettero alla sua nascita.

[...]

La cosa (...) era parzialmente umana, al di là di ogni dubbio, con delle mani e una testa certamente antropomorfe, e il volto caprino, dal mento sfuggente, portava impresso chiaramente il marchio dei Whateley. Ma il torso e le parti inferiori del corpo erano una mostruosità teratologica, tanto che solo un abbondante abbigliamento poteva averle permesso di camminare sulla faccia della terra senza venire fermata ed eliminata. (...) Dall'addome pendeva una serie di lunghi tentacoli grigioverdi, flosci, con delle bocche rosse adatte a succhiare (...) su ogni estremità, sprofondato in un'orbita fornita di ciglia, era disposto quello che sembrava un occhio rudimentale (...) La presenza dei tre uomini sembrò destare la cosa morente, che cominciò a mormorare (...) all'inizio, le sillabe sfuggivano a ogni associazione con qualsiasi idioma terrestre ma, verso la fine, si udirono dei frammenti sconnessi evidentemente ricavati dal Necronomicon, quella mostruosa bestemmia per la cui ricerca quella cosa era morta. Questi frammenti, come se li ricorda Armitage, suonavano all'incirca così: "N'gai, n'gha 'ghaa, buggshoggog, y'hah; Yog Sothoth, Yog-Sothot" e andavano spegnendosi nel nulla mentre i succiacapre strillavano in un crescendo ritmico, nella loro attesa scellerata. (...) Contro la luna, grandi stormi di spettatori piumati venivano e sparivano dalla vista, spaventati da quello che avevano scelto come preda.
(...) Un brontolio sembrò ribollire sotto le colline, stranamente frammisto a un rombo analogo ad esso (...) Da qualche fattoria lontana giunse un frenetico abbaiare di cani.
Il cambiamento di qualità della luce solare aumentò, e la folla guardò stupefatta l'orizzonte. Un'oscurità violacea, dovuta a nient'altro che a uno spettrale incupimento dell'azzurro del cielo, calò sulle colline brontolanti. Poi il lampo balenò un'altra volta, un po' più luminoso di prima, e la folla credette che esso avesse rivelato una specie di foschia attorno alla pietra a forma di altare sulla cima lontana. (...) Senza preavviso, giunsero quei suoni vocali profondi, rotti, rauchi, il cui ricordo non abbandonerà mai il gruppo che, terrorizzato, li udì. (...) è quasi sbagliato anche definirli suoni, poiché il loro timbro orripilante, molto basso, si rivolgeva a oscure sedi di coscienza e di terrore, molto più sottili dell'orecchio. (..) A tutt'oggi c'è qualcosa di strano e di immondo sulla vegetazione che cresce sopra e attorno quella terribile collina. 




"L'immagine nella casa": "Chi ama l'orrido frequenta sovente luoghi strani e remoti, come le catacombe di Tolemaide e i mausolei notturni dei paesi dell'incubo. Nelle notti di luna, costoro ascendono le torri dei castelli diroccati del Reno, o con passo incerto scendono giù per i neri gradini ammantati di ragnatele sotto i ruderi sparsi di perdute città dell'Asia. I boschi infestati dagli spettri e i monti più desolati sono i loro templi, e sovente si attardano nei pressi di sinistri monoliti su isole disabitate." 

''Le vicende riguardanti lo scomparso Arthur Jermyn e la sua famiglia''"La vita è una cosa odiosa e, dallo sfondo che si cela dietro ciò che scorgiamo di essa, sappiamo che si affacciano sinistri barlumi di verità che la rendono mille volte più odiosa. La scienza, che già ci opprime con le sue sconvolgenti rivelazioni, firmerà forse la fine della specie umana - ammesso pure che siamo una specie autonoma - quando fornirà alla nostra conoscenza la chiave di orrori insostenibili che prima o poi si diffonderanno nel mondo.
Se sapessimo ciò che realmente siamo, non ci resterebbe che seguire l'esempio di Sir Arthur Jermyn, che si cosparse di petrolio e si diede fuoco nel cuore della notte. (...) Arthur Jermyn si recò da solo nella brughiera e si arse vivo dopo che ebbe visto la cosa contenuta nella cassa giunta dall'Africa. Fu tale cosa, e non le sue singolari fattezze, a indurlo al suicidio."

"Colui che sussurrava nelle tenebre"

Non fu un'allucinazione, lo so, quella che mi fece abbandonare a precipizio la solitaria fattoria di Akeley, e fuggire nel cuore della notte, in una vecchia automobile, attraverso le nere colline del Vermont. Tuttavia non ho - o meglio, non ho più - delle prove concrete per dimostrarlo. Quanto alla sparizione di Akeley, essa non prova niente. Nessuno ha rilevato qualcosa di sospetto nella sua casa, all'infuori di tracce di pallottole all'esterno e all'interno: si sarebbe potuto credere che lui fosse uscito a fare una passeggiata sulla collina, e non fosse ritornato. Nessun indizio rivelava che il padrone di casa avesse ricevuto un visitatore, né che quegli orribili cilindri fossero stati collocati nello studio. Certo, Akeley aveva sempre manifestato un terrore mortale per le scure colline, attraversate da mille ruscelli, in mezzo alle quali era nato; ma nemmeno questo prova nulla, giacché tante persone sono soggette a paure morbose dello stesso tipo...
Per me, la faccenda incominciò con i grandi allagamenti che si produssero nel Vermont al principio di novembre del 1927. A quell'epoca insegnavo letteratura inglese alla Miskatonic University, ad Arkham, nel Massachusetts, ed ero appassionato del folclore della Nuova Inghilterra. Fra le storie che riempivano i giornali a proposito dell'inondazione, apparvero bizzarre notizie di creature sconosciute che erano state viste galleggiare sulle acque di alcuni fiumi in piena. I miei amici e colleghi dell'università s'impegnarono subito in gran discussioni sull'argomento, ricorrendo spesso a me [...] non osava nemmeno più andare a far compere a Townshend se non in pieno giorno. Era estremamente pericoloso saperne troppo per chi non abitava molto lontano dalle colline misteriose. Presto sarebbe andato a raggiungere suo figlio in California, benché gli costasse molto abbandonare la dimora dei suoi antenati.
Prima di mettere il rullo su un dittafono, chiesto in prestito all'amministrazione dell'università, rilessi attentamente tutte le spiegazioni contenute nelle diverse lettere di Akeley. Quella registrazione era stata effettuata verso l'una del matino, il 1° maggio 1915, vicino all'ingresso chiuso di una caverna, nella zona in cui i dirupi occidentali della Montagna Nera scendono verso la palude di Lee. Quel luogo era stato sempre infestato da strane voci, e Akeley, in base alle sue precedenti esperienze, sapeva che la vigilia del 1° maggio (l'orrenda notte del Sabba delle leggende demoniache d'Europa) sarebbe stato un giorno più "rumoroso" degli altri. Vi andò col suo apparecchio e non fu deluso. Però c'è da notare che non intese mai più nulla in quel luogo.
Le parole accolte erano di carattere rituale (a differenza di quelle che avevo percepito varie volte nella foresta) e pronunciate da due voci.
La prima era chiaramente una voce umana, che Akeley non aveva potuto identificare (non apparteneva a Brown, ma a un uomo evidentemente colto); la seconda era invece quel "ronzio" maledetto che non aveva niente di umano, sebbene formasse parole inglesi perfettamente riconoscibili.
La registrazione era lontana dall'essere perfetta; il rito aveva luogo sottoterra a una distanza notevole dall'apparecchio, e Akeley non aveva quindi raccolto che dei brani di frasi molto incoerenti. Mi aveva anche inviato la sua trascrizione di tutta la scena, e io vi detti una scorsa prima di avviare l'apparecchio. Il testo era misterioso più che terrificante: ma la sua lorigine e le circostanze in cui era stato ottenuto gli conferivano un orrore che nessuna parola avrebbe potuto contenere.
Lo riproduco qui sotto integralmente, così come me lo ricordo; sono certo di conoscerlo a memoria poiché ne ho letto la trascrizione e ascoltato la registrazione un numero incredibile di volte.
(Rummori confusi)
(Voce d'uomo)
"Niggurath fino a... e i doni degli uomini di Leng... dagli abissi della notte fino alle voragini dello spazio, e dalle voragini dello spazio agli abissi della notte, che risuonino per sempre le lodi del Grande Cthulhu di Tsathoggua, e di Colui-che-non-si-deve-nominare. Che risuonino per sempre le Loro lodi, e che sia concessa l'abbondanza al Capro Nero delle Foreste. Ia! Shub-Niggurath! Il Capro Nero delle Foreste!"
(Voce umana)
"Ed è avvenuto che il Signore delle Foreste, essendo... sette e nobe, in fondo alla scala d'onice... tributi portati a Quello dell'Abisso... Azathoth, a Colui dal quale Tu ci hai insegnato le meraviglie... sulle ali della notte, al di là dello spazio, al di là del... a Quello di cui Yuggoth è l'ultimo nato, viaggiando solitario nell'etere nero al confine del..."
(Voce ronzante)
"... anche fra gli uomini e istruitevi sulle loro usanze, affinché Quello dell'Abisso possa sapere. A Nyarlathotep, il Potente Messaggero, tutto deve essere riferito. Ed egli assumerà le sembianze dell'uomo, la maschera di cera e la veste che nasconde, ed Egli discenderà dal mondo dei Setti Soli per..."
(Voce umana)
(Nyarl)athotep, Grande Messaggero, tu che rechi Yuggoth attraverso il vuoto dello spazio, Padre di milioni di eletti, Cacciatore fra..."
(Fine della registrazione) 

L'Ombra su Innsmouth 

Può essere mai possibile che questo pianeta abbia realmente generato simili esseri (...) eppure, io li vidi che si muovevano sgraziatamente o saltellavano gracchiando e piagnucolando in una fiumana senza fine, e che ondeggiavano in modo bestiale sotto il chiaro di luna spettrale nella sarabanda grottesca e maligna di un incubo fantastico.
Alcuni di loro indossavano le alte tiare fatte di quel metallo indescrivibile che pareva oro biancastro... alcuni avevano degli strani mantelli... (...) Penso che il loro colore predominante fosse il verde grigiastro, sebbene avessero dei pezzi bianchi. Erano in generale rilucenti e viscidi, ma la cima della loro schiena era squamosa. Le loro figure suggerivano vagamente quelle di antropoidi, mentre le teste erano di pesci, con occhi sporgenti in modo sorprendente che non si chiudevano mai. Ai lati del collo vi erano delle branchie palpitanti, e le zampe erano palmate. Saltellavano in modo irregolare, talvolta su due zampe, e a volte su quattro. In qualche modo mi solleva l'idea che non avessero più di quattro arti. Le loro voci gracchianti ed i latrati, usati chiaramente per formulare dei discorsi articolati, contenevano tutte le sfumature di espressione che mancavano dai loro volti immobili.