Aforismi Cristiani e la Mistica del XII secolo

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 - è necessario essere "dentro". Coloro che sono fuori, vedono e non intendono, odono ma non capiscono. E anche questo è un invito, rivolto a loro, ad entrare.

Non basta quindi che la luce splenda tra le tenebre; è necessario che le tenebre l'accolgano e la comprendano: entrino in essa e siano trasformate in luce.

- Anche le tenebre, la notte e il caos hanno un messaggio di speranza per l'uomo: gli testimoniano un bisogno, un'attesa. Gli annunciano una venuta: la venuta di Uno che dirà parole di luce, parole d'amore e darà ordine al caos. Gli testimoniano il bisogno ch'egli ha di Dio.

- Le tenebre sono una testimonianza ed un'attesa della luce. Sono un'invocazione, una preghiera.

Se dunque anche la notte e il caos hanno una speranza, grande è la nostra speranza, e molto buono è Dio.

- Dio parla per tutti, sia per coloro che sono dentro, sia per coloro che sono fuori; (...) Dio non ha dunque parlato solo per coloro che hanno orecchi per sentire e sentono; ha parlato anche per coloro che non hanno orecchi per sentire, affinché capiscano che non sentono e si preoccupino di curarsi gli orecchi e di sentire ciò che c'è da sentire. 

- Il Regno di Dio è simile a un seminatore;

è simile a un tesoro nascosto in un campo;

è simile a una rete in mare;

è simile a una vigna; a un campo seminato a grano;

è simile a dieci vergini di cui cinque sagge e cinque stolte;

è simile a un padre di famiglia che viene a cercare operai per la vigna;

è simile a una pianta che cresce da un piccolo seme;

è simile a un po' di lievito che fermenta, anche all'insaputa dell'uomo;

è simile a un pranzo a cui tutti sono invitati;

è simile a un giorno di rendiconto;

è simile a un padre che attende il ritorno di un suo figlio perduto.

(Nota di Lunaria: aggiungo anche la parabola della dramma perduta, perché è una delle poche immagini femminili usate per "parlare di Dio": Luca 15,8 "Oppure, qual è la donna che se ha dieci dramme e ne perde una, non accende un lume e non spazza la casa e non cerca con cura finché non la ritrova? Quando l'ha trovata, chiama le amiche e le vicine dicendo: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduto". Così, vi dico, v'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede". Così come le parabole del pastore che cerca la pecora perduta e del padre che attende il ritorno del figliol prodigo diventano metafore per indicare Dio che va alla ricerca del peccatore, nella parabola della dramma perduta la donna casalinga che cerca la moneta perduta e poi chiama le amiche e le vicine - non sono menzionati i maschi - diventa metafora di Dio che si mette alla ricerca del peccatore)

- Per queste sue parabole sono fresche ancora tra noi le erbe dei campi di Galilea; profumati i fiori di quelle regioni: noti quei sentieri pietrosi, le case, i deserti, i pozzi; e il rumore cadenzato del frangersi delle onde del lago di Genezareth sulla riva giunge fino a noi familiare come la voce della fontana del nostro paese. (...) Con Lui l'umanità intera ascoltava qualcosa che non sarà mai più dimenticato. (...)

- Se non si ha radice in se stessi, il mondo porta via tutto. Senza profondità non vi è stabilità, non vi è fedeltà e quindi nemmeno unità di vita: si è divisi dentro di noi e tutto di noi va in rovina sotto il martellare del tempo.

-La Verità di Dio parla ed opera in tutte le cose ed in tutte le creature, in ogni luogo ed in ogni tempo; raccoglie pensieri e testimonianze ovunque, sia da coloro che l'amano, la desiderano e la cercano, sia da coloro che non l'amano e non si curano di essa: "è simile ad una rete gettata in mare che raccoglie ogni sorta di pesci". Da sola raccoglie nelle maglie della sua rete e riporta tutto sulla sua riva, sia ciò che è buono, sia ciò che è cattivo. Come i pesci sono immersi nell'acqua del mare, così noi siamo immersi nelle opere di Dio che attorniano, ci penetrano, ci trasformano, ci conducono, ci nutrono: ché Dio regna in tutto. Suo è il cielo, sua è la terra. Nemmeno un capello cade dal nostro capo senza che Dio lo voglia.

- Siamo presi nelle maglie della sua rete; siamo pensati continuamente da Lui, sia quando siamo buoni, sia quando siamo cattivi.

- Non siamo noi a cercare, ma è Dio che ci attrae e ci fa sentire tutta la nostalgia del suo Volto e della sua Vita.

- Tutte le cose allora passano non per toglierci qualcosa, ma per darci qualcosa di più di quello che abbiamo; qualcosa di infinitamente più grande e più vero. Tutte le cose passano per dare uno spazio più ampio ai nostri pensieri ed una prospettiva più aperta, diversa da quella che ha per centro il nostro io e dalla quale noi guardiamo ogni cosa e giudichiamo ogni fatto.

- Se la fine è annunciata, il futuro è già oggi operante in tutte le cose per noi e gli occhi degli uomini sono già pieni della luce di questo nuovo mondo.

- E quella Luce che era venuta nel mondo per i peccatori e non per i giusti, per i malati e non per i sani, per coloro che piangono e non per coloro che hanno trovato la loro soddisfazione, concludeva il suo insegnamento dicendo: "Questi tornò a casa sua giustificato, diversamente dall'altro: perché chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato."

- Desiderio di infinito, sforzo per raggiungere la pienezza della luce, sete di acqua che porti in sé bellezze di nevai eterni, l'uomo è sempre un anelito, un sospiro di più ampi orizzonti. è la voce dei secoli; è la voce di ogni vita; è la testimonianza che noi tutti siamo creati per cercare l'assoluto, il Regno di Dio, ed abitare in esso.

- Non siamo mai soli. Sono le ombre proiettate dalla nostra poco fede che ci fanno ritenere soli e ci saturano di paura; una paura che ci impedisce di camminare, di amare e di vivere. Ma noi non siamo né sconosciuti né stranieri su questa terra, in quest'isola dell'universo. 

- Dio stesso viene su tutte le strade, lungo le siepi, i muri di cemento che ci dividono, le solitudini amare delle nostre grandi città in cui ogni uomo si aggira smarrito, disperso, intossicato, ucciso. Egli viene come un pastore alla ricerca della sua pecora smarrita: una sua pecora che nella sera non si è ritrovata più nell'ovile. Ci si perde anche restando nell'ovile, quando non ci si ritrova più in esso. Ma non per questo, Dio avrà meno cura di lei: anzi lascerà tutte le altre per curarsi di questa. Ce lo assicura.

- Dio cerca l'uomo fino a tanto che lo trova. Ma il più delle volte lo trova soltanto quando ormai si sta riguardando le mani macchiate dal sangue di suo Figlio.

- Rifiutare di scegliere è rifiutare di vivere. (...) Vivere è tendere ad un fine scelto con la propria anima e quindi voluto con tutto noi stessi.

- (...) Nemmeno un bicchiere d'acqua dato in nome di Dio va perduto. Dio non trascura nessuna fatica dell'uomo, ma opera per raccoglierla in luce.

- Dio invece ama la sua creatura anche (e soprattutto) quando essa è un niente che tutti disprezzano, quando è povera ed umiliata; l'ama anche quando è colpevole, anche quando è un abisso di morte con tutte le sue facoltà distrutte e disperse. Dio ama la sua creatura anche quando è debole, quando la vergogna le fa nascondere il volto davanti a chiunque, quando il male l'afferra e la porta via.

- (...) è Dio che trova giusto fare festa per ogni ritorno. è Dio che lascia rovinare tutte le sue ricchezze, tutti i suoi doni, tutto il suo mondo, pur di salvare l'uomo. è Dio che attende in silenzio i nostri ritorni. è Dio che chiede alle strade del mondo di restituirgli i suoi figli. Chiunque l'ha abbandonato può ritornare a lui sicuro di essere compreso, perché non si può dubitare di colui che ci narra la parabola del figliol prodigo, di colui che l'ha creata per noi. Non si può dubitare di colui che insegna a perdonare sempre e vuole che le sue creature perdonino anche settanta volte sette al giorno. Per Lui e con Lui nessun male è irrimediabile: il suo perdono non conosce confini, non ha misure, né limiti di tempo. Non giudica, ma sempre va in cerca di colui che è perduto, per liberare chi è rimasto prigioniero delle sue colpe, dei suoi sentieri ambiziosi ed egoistici. Ci accetta quali siamo e ci ricopre con il suo amore. Opera in modo che indimenticabile sia il ricordo del suo amore ovunque ce ne andiamo e ci ricolma di beni e di feste ad ogni ritorno.

Nota di Lunaria: ne aggiungo un altro tratto da "Maria Maestra di Vita Spirituale"

Se quindi il prossimo tuo è buono, vedi in lui l'immagine di Dio e amalo per il divino che è in lui. Se è cattivo e porta l'immagine del peccato, del diavolo, vedilo nel Cuore di Gesù, molto dentro, perché Gesù è venuto anzitutto per i peccatori, e tu cerca di essere per lui un Gesù visibile, ossia di rappresentare la misericordia del Cuore di Gesù verso i peccatori, per portarli a Lui. Un ateo diceva ad una suora che l'aveva curato in due mesi di ospedale: "Lei non mi ha mai parlato di Dio, ma mi ha fatto vedere Dio con la sua carità. Adesso io credo perché ho visto Dio in lei."



APPROFONDIMENTO: LA MISTICA DEL XII SECOLO

Nota di Lunaria: questo scritto risale al 2012. Non mi ricordo da quale libro lo ricopiai, purtroppo. Mi pare di ricordare che fosse una sorta di collana tutta dedicata alla teologia del Medioevo, con le copertine di un verde chiaro. 

Il XII secolo fu il secolo della Mistica d'Amore. 

Nelle più diverse esperienze letterarie, filosofiche, teologiche che si svilupparono in questo periodo, si incontra, declinato in senso religioso o in senso profano, il tema dell'Amore. Lasciando da parte il tema dell'amore in poesia o in letteratura, analizzerò il tema dell'amore monastico, che segna una svolta nel pensiero teologico medioevale, che viene spesso ricordato solo per il rigore e l'oscurantismo di San Tommaso d'Aquino.

Avviata negli anni venti del XII secolo con Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Calirvaux, la riflessione sull'Amore e sulla Bellezza di Dio è al centro di numerosi trattati ("De Contemplando Deo", "De natura et dignitate amoris" di Guglielmo di Saint-Thierry il "De diligendo Deo" di Bernardo di Clairvaux, "Speculum caritatis" di Aelredo di Rievaulx, per citarne solo alcuni). Rispetto alle speculazioni spirituali o morali, questo genere di Mistica si differenzia per un linguaggio più passionale e ardente, al confine con l'erotico. è da ricordare che gran parte della letteratura cortese si conformava alla storia di Pietro Abelardo e di Eloisa, anche se, nel caso della Mistica, vista più in chiave allegorica: 

la conclusione del rapporto erotico con Eloisa in seguito alla castrazione di Abelardo, e il ritiro in convento di entrambi, viene vista come il trionfo dell'Amore Spirituale su quello carnale, alludendo anche all'anima contemplativa, considerata la sposa di Cristo.

In tutta la riflessione monastica di questo secolo, dottrina cardinale è la creazione dell'essere umano a immagine e somiglianza di Dio, secondo le parole della Genesi: "Faciamus hominem ad imagine et similitudinem nostram" (che in realtà, in una concezione meno "sessuofobica" di quella che poi è stata la tradizione ebraica e cristiana, si potrebbe benissimo vedere in quel "facciamo", - che viene spiegato in maniera davvero raffazzonata come "plurale majestatis"...- come il rivolgersi a qualche compagno, in una sorta di sessualizzazione della Creazione vista come un atto sessuale tra una divinità maschile e una femminile, magari riunite in un'unica sostanza; del resto qualcuno ipotizzava che l'essere umano fu proprio creato come androgino. Nota di Lunaria). 

La dottrina dell'immagine e della somiglianza racchiude infatti i principi essenziali che regolano l'esperienza amorosa dell'uomo, quelli che illuminano il cammino dell'anima innamorata verso Dio, per accedere alla Fruitio, ovvero l'Unione con Dio. Ma col peccato, l'anima ha perduto la sua rectitudo, e si è distolta dal desiderio di Dio - inscritto nella sua natura - e si è piegata verso il carnale e il terreno (potremmo usare la bellissima espressione di Cioran, "La caduta nel tempo"... Nota di Lunaria), si è inclinata, "incurvata": questa curvatura è perciò il vizio della volontà, che ritorcendosi verso se stessa, diventando voluntas propria, sfigura la sua tendenza originaria verso Dio: la caritas si trasforma in cupiditas.

Scrive Guglielmo, nell'"Epistola ad fratres de Monte Dei": "Per questo soltanto siamo stati creati e viviamo: per essere simili a Dio.  A immagine di Dio infatti siamo stati creati."

Infatti, come afferma Aelredo, l'immagine di Dio si corruppe nell'uomo, pur senza esserne del tutto abolita: la perdita della somiglianza non comportò anche quella dell'immagine. L'uomo conserva l'innata libertà interiore che lo rende capace di anelare a Dio (essendo l'essere umano "imago Dei") e di congiungersi a Lui, una facoltà che non può essere perduta nemmeno se è usata per compiere il Male. La Perfetta Unione della creatura al suo Creatore è l'Adhaesio dell'essere umano a Dio; scrive Guglielmo: "Unitas Spiritus si ha quando l'uomo diventa una sola cosa con Dio, [...] cioè nella partecipazione all'Amore fra il Padre e il Figlio, nella Deificatio." L'anima subisce un'azione spirituale da parte di Dio, al quale essa è "disposta" e "trasformata" (Affecta), in modo da diventare sempre più simile a Lui.

Ispirandosi al Cantico dei Cantici, compaiono le metafore del Bacio e dell'Abbraccio fra l'anima e Dio; è nella "Expositio super Cantica Canticorum" che Guglielmo sviluppa tutta la Mistica Nuziale: attraverso la simbologia dei rapporti tra lo Sposo e la Sposa nel Cantico, egli descrive le modalità e gli effetti dell'Unione (Coniunctio) fra l'anima e Dio. Le metafore del Bacio e della Coniunctio alludono al tema fondamentale della Presenza Divina, l'Estasi Mistica (Excessus Mentis, Visione del Volto di Dio, Raptus). Dopo aver provato l'Unione Mistica, tutto appare incolore e insapore (Guglielmo usa la metafora di una persona cresciuta in campagna e abituata a cibi rustici, che, dopo essere entrata una volta sola in una reggia, ed essersi seduta alla ricca tavola, ne sia subito scacciata; "allora" - scrive Guglielmo- "si rassegna malvolentieri a ritornare nella casa della sua povertà"), ma una stabile Unione con Dio non è consentita in questa vita: la Luce del Volto di Dio "è come una luce chiusa fra le mani, che appare e scompare a piacimento di chi la porta". Le Estasi e le Teofanie in questo mondo non sono che anticipazioni, promesse, della Visione Piena ed Eterna del Volto di Dio, della Visione "Facie ad Faciem".

L'Estasi è così descritta: "Proclamerò beato e santo colui al quale è stato concesso di fare una simile esperienza durante questa vita mortale, magari di rado, o anche una volta sola, e questo fugacemente, per un istante appena. Perchè perdere in qualche modo te stesso come se non esistessi (tamquam qui non sis), non avere più alcuna coscienza di te, svuotarti di te stesso (a temetipso exinaniri) e quasi annullarti (paene annullari) sono cose che appartengono alla condizione celeste, non alla sensibilità umana. [...] così nei santi ogni sentimento (affectionem) umano dovrà dissolversi (liquescere) in una certa ineffabile maniera e riversarsi nel fondo (penitus transfundi) della volontà di Dio.

[...] Il terzo grado dell'amore si ha quando la mente dell'uomo è rapita (rapitur) in quell'Abisso di Luce Divina, tanto che in quello stato lo spirito umano, dimentico di tutte le cose esterne, perde completamente la coscienza di sé e passa interamente nel Dio suo [...] in questo stato, l'anima che viene alienata da se stessa, rapita fino al Sacrario del Mistero Divino, circondata da ogni parte dall'incendio dell'Amore Divino, penetrata nel profondo, infiammata dappertutto, si spoglia completamente di se stessa, si riveste quasi di un sentimento (Affectum) divino e, conformatasi alla Bellezza che ammira, passa tutta intera a una nuova Gloria [...] Il Soave Amplexus con Dio, la Sua Contemplazione senza veli." 

Le Regole di un Convento Benedettino

La giovane che, col grado di novizia, entra a far parte dell'Ordine benedettino, si lascia alle spalle il mondo, e tutto ciò che questo poteva offrirle. 

Nel suo guardaroba c'è posto solo per due tonache di misera stoffa e rozza fattura, un paio di scarpe e altrettante calze. 

Ridotte all'essenziale anche le suppellettili, nelle piccole celle o nei grandi dormitori, fiocamente rischiarati sin dall'alba da una lucerna, anche per impedire che le novizie, le quali, comunque, non devono stare vicine, indulgano a quell'abominevole vizio solitario, che la Chiesa condanna più della fornicazione.

Per letto la monaca non ha che una stuoia, ruvida e malsagomata, senza lenzuola e con un'ispida e fetida coperta e un guanciale imbottito di crine (se ha freddo, si corica col saio).

Ma le sue rinunce, i suoi sacrifici, non finiscono qui: anche a tavola deve accontentarsi del minimo indispensabile ché la gola è uno dei sette peccati capitali, sebbene non il più grave. Dovrà scegliere fra due pietanze cotte e una cruda, a base di verdura fresca, cui sarà aggiunta una libbra di pane, da ripartire nei due pasti principali.


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/09/il-male-la-morte-e-la-redenzione.html https://intervistemetal.blogspot.com/2021/09/la-morte-in-croce-nel-pensiero-di.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/il-cristianesimo-approvato-da-lunaria.html https://intervistemetal.blogspot.com/2018/09/un-cristiano-approvato-da-lunaria.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/01/sergio-quinzio-un-cristiano-very.html


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