Un cristiano approvato da Lunaria!

 


Esattamente come Quinzio, Turoldo, Pareyson e Kierkegaard! La verità è che i cristianelli di roba interessante e ben scritta ne hanno fatta anche uscire
http://intervistemetal.blogspot.com/2017/10/black-metal-cristiano-ne-vogliamo.html 
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/il-cristianesimo-approvato-da-lunaria.html
ma ora non montatevi la testa, cristianelli! Il fatto che abbiate avuto ottimi autori non vi rende di certo "la verità che tutti devono seguire", come vi piace pensare...

Notevole cristianello, dicevo, che ha scritto questo libretto interessante di meditazioni sul Nulla e il Deserto. 


Un cristianesimo depresso, deprimente e dipinto di nero pece, mesto e funereo (altro che pic nic con l'oratorio!), nichilista al punto giusto, che ci piace e che sponsorizziamo un po' in giro. 

Dico, non penserete di certo che 'sta roba la sponsorizzino gli stessi cristiani, vero?? Ennò. Questo tipo di cristianesimo "lunariale" devo essere per forza io a spacciarlo in giro



 Gustatevelo con sottofondo di UnBlack.

 
p.s e meno male che qualcuno mi accusa anche di odiare i cristiani e di parlare male di loro sempre e comunque! 


Considerato che sono io la prima ad apprezzare la loro paccottiglia, quando è scritta bene, come questo libretto, dal titolo molto cioraniano






Il deserto è l'altra, innegabile ma negata, faccia della realtà umana. L'uomo cerca il senso e la presenza: vivendo veramente si confronta con l'assenza, degli altri e dei significati. Vuole il fare e gli oggetti: trova l'inazione e il vuoto. L'essere non conosce il suo valore finché non fronteggia il nulla: la possibilità di non esistere.
La persona che incontra subito gli incontri, il tanto e il troppo, la metropoli fitta e assurda, si abitua all'assurdità fin da quando apre gli occhi e non giungerà alla pubertà del senso. L'uomo che non ha conosciuto il vuoto è un drogato di materia: il cosiddetto consumista che consideriamo oggi come la persona normale. L'essere umano cerca la comprensione: nel deserto trova il mistero.

In quei momenti pensavo unicamente a resistere, perché non vedevo alternative possibili. Pensavo molte ipotesi di vita, per sottrarmi a quell'assoluto silenzio e a quell'enorme spazio vuoto, specialmente nei giorni di solitudine totale, cui non ero abituato. Se avessi intravisto un'alternativa nel tornare indietro, nel rientrare negli ambienti precedenti, ricominciando a svolgere gli incarichi che avevo avuto, forse avrei lasciato,ma tutte quelle situazioni non mi attiravano più.
Sentivo un profondo cambiamento dentro di me, un vuoto che non avrei potuto colmare con le attività che avevo vissuto nei primi anni del mio sacerdozio. Durante il tempo del deserto non riuscivo a pensare a rientro nella vita sociale, perché il deserto è il tempo in cui si sperimenta la morte, dove scompare ogni collegamento con il passato e non si ha nulla di concreto per progettare un futuro. Pensavo ai lunghi mesi trascorsi nel deserto da Carlo de Foucauld e alla sua preghiera "Dio se ci sei fatti sentire", e la sua divenne anche la mia preghiera, perché Dio era come scomparso dal mio orizzonte (*)

Il deserto è stato un passaggio fondamentale nella mia vita, nell'aver capito di non vivere più per me e che negli anni precedenti avevo vissuto con egoismo, anche se non me ne rendevo conto e magari venivo elogiato per il mio altruismo, ma dentro di me sentivo che agivo egoisticamente. La grande virtù del deserto è quella di spogliarti, di farti morire al passato e farti rinascere, come gesù dice a nicodemo: devi rinascere in spirito e verità. (**) La vita cristiana è morire a te stesso e rinascere per l'altro.

I personaggi di "Aspettando Godot" di Beckett che cos'hanno da raccontare? Tante cose meno che questo vuoto creato dall'attesa. I discorsi dei personaggi cercano appunto di riempire il vuoto, ma il vuoto è proprio quello che esistenzialmente è il più importante, ed è il solo dato non raccontabile.

Sovente ho pensato che se fossi arrivato al deserto come scelta personale, dalla rottura di un'attività che mi avesse stancato o dal dubbio sulla validità di un lavoro pur pieno e gratificante, forse il deserto non lo avrei mai capito. Lo avrei interpretato come un periodo di riposo, per scoprire che la mia delusione era unicamente una forma di stanchezza, avrei interpretato il deserto come un arretrare per poter arrivare meglio in cima alla salita.

Il deserto è il luogo dove non si è forzati a scegliere, non c'è nulla da scegliere, perché lì solo il tempo avviene. Non so se questa intuizione fosse così chiara come lo è oggi quando ripenso a questo cammino.

Il nulla è senza memoria. è il nulla dello spazio e del tempo: non resta che affondarci dentro e affidarsi a questo baratro. In principio era il caos, il nulla. Eppure, guardandolo negli occhi, il nulla contiene la ricchezza dell'origine. Oggi, guardando a distanza di tempo questo tratto della mia vita, penso che certi valori essenziali mi vengano da lì. Mi sembra che per scoprire valori allo stato nascente bisogna accettare di essere respinti lì, donde nascono le cose. Bisogna avere la pazienza del nulla, non scacciarlo come un demonio, non affrontarlo col nostro coraggio, ma accettarlo come nulla, rispettarlo nella sua qualità di nulla. La paura è un segno di non accettazione del nulla. Ho riflettuto lungamente e serenamente su questa esperienza, che può parere assurda e forse a qualcuno sofisticata: eppure, avendola ritrovata in tante esistenze, direi che è più generale che quella del successo o della piena valorizzazione di certe capacità. Ho però l'impressione che per mancanza di pazienza e di profondità si tenda a fuggire il più presto possibile da tale esperienza e non si permetta al nulla di essere punto di partenza di una nuova qualità di vita umana.
La società dei consumi è la difesa aggressiva dal nulla, è l'espressione visibile e palpabile della paura del nulla. E quanto più ci si affanna a cercare uno scampo da questa paura, tanto più essa cresce in quantità e in qualità.

Tutte le istituzioni, non ultima la chiesa, stanno al servizio di questa fuga dal nulla, tutte tese a impedire che questo nulla ci tolga il motivo di vivere.
L'esperienza del nulla non è l'esperienza della povertà, anche se la povertà è la condizione più adatta per questa svalutazione totale della persona; nell'esperienza del nulla il soggetto sparisce del tutto, è spogliato proprio dell'essere soggetto.


Faccio mie queste parole di Bernhard Welte (teologo e filosofo, 1906-1983)
Le sue note, che molti troveranno astruse, a me pare costituiscano una guida per l'uomo di oggi: "Per questa ragione, le esperienze di Dio nell'abisso del nulla hanno bisogno della nostra storia concreta, di un rappresentante e testimone concreto a cui appoggiarci di fronte all'abisso apparentemente privo di sostegno, di un rappresentante e testimone cioè che ci faccia coraggio non solo a guardare in faccia tale abisso oscuro ma pure ad affidarci a esso nella vita e nella morte"

Se mi capite, concluderete che non parlo di una specie di religiosità kierkegaardiana, ma penso che per impegnare i giovani che hanno in mano l'avvenire del mondo non ci sia altra via che il coraggio di guardare in faccia l'oscurità che avvolge il nostro tempo così illuminato da luci abbaglianti.
"Non si deve dimenticare - dice in altro punto il Welte - che fare l'esperienza del nulla è diverso dal non fare nessuna esperienza. Chi fa l'esperienza del nulla fa veramente un'esperienza, incontra cioè qualcosa che lo colpisce, lo sconvolge e lo trasforma. Ed è appunto per questa ragione che gli uomini cercano di sottrarsi a tale esperienza"
Io avevo l'impressione di essere stato messo in un cammino che non avevo scelto, e di avere urtato contro una pietra imprevista. E l'urto mi aveva svegliato. Ma svegliato a che?

Sento il bisogno di chiarire, a chi mi segue in queste pagine, che ripensando alla vita di questa "testimone del nulla" sto facendo una revisione dei valori che tale esperienza mi ha trasmesso. Sono cosciente che quando si ha la possibilità di raccontare un'esperienza, vuol dire che ne siamo fuori. E lo dico come testimonianza contro di me, temo d'intellettualizzare un'esperienza e temo con ciò che essa perda quel valore di energia spirituale che potrebbe condurmi a maggiore intimità con Dio.

è impossibile giudicare per il semplice fatto che in ogni giudizio è inevitabile si metta sulla poltrona il proprio io, ricco delle sue esperienze e delle mie qualità, e si "confronti" l'altro. Quando si vive nella sofferenza di non sapersi spogliare, di non poter mai raggiungere questo "svuotarsi" totale, è assolutamente e radicalmente impossibile giudicare. La kénosis di Cristo non è l'aver raggiunto questo nulla a un livello al quale nessun uomo potrà mai arrivare? Come conseguenza nasce l'atteggiamento di profondo rispetto verso l'altro, l'amore senza possesso.

In Nelly queste linee - incapacità di giudicare, incapacità di possedere e solidarietà - non erano virtù, non erano il risultato di una lunga ginnastica della volontà, ma il segno del suo totale radicamento nel nulla. Qualche volta le ho chiesto: "Perché non chiamarlo Dio?" Di fatto era cosciente che da questo nulla venivano dei valori e delle indicazioni: il nulla parlava.

Bisogna passare per l'esperienza del nulla e rivivere con tutti i limiti la stessa esperienza della kénosis di Gesù per capire chi sono i poveri e che cos'è la povertà.

Mi spiego con le parole di Welte: "Sopportare l'oscurità di Dio e il silenzio dell'eterno che appare come nulla è difficile di fronte alle difficoltà di questo mondo, di fronte alle responsabilità e alle implicazioni di cui siamo tutti i prigionieri, e di fronte alla problematicità della vita e della morte..."

Io non ricordo di aver mai desiderato la morte, ma la morte mi era venuta incontro; e la mia tappa finale, quella che precede il pellegrinaggio, era sfociata nella morte. "Non sono meglio dei miei padri, lasciami morire". Ora che mi volto indietro, chiedo a Dio ch'io non perda mai questa esperienza del nulla.

(*) Nota di Lunaria: nell'orizzonte delle donne, tale dio solo-padre e solo-maschio-gesù, non c'è mai stato.
(**) Considerato che il maschio gesù nasce solo maschio, non si capisce cosa abbia da bofonchiare nel dire agli altri di "rinascere spirito", quando lui, per se stesso, è nato unicamente e solamente maschio, e non certamente "spirito asessuato"


E per sdrammatizzare un po'...



Ricordatevi che il deserto è Nekrokvlt!!!!

p.s il nostro cristianello ha scritto anche un libro sulla donna. 


Mi riprometto di cercarlo nelle biblioteche per andare un po' a vedere cosa ha scritto, e se ha riportato la questione 92 del nostro adorabile Tommaso, eh eh eh!


Qui trovate un paio di cristiani, un uomo e una donna, che stimo per il loro eroismo: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/03/la-solidarieta-e-leroismo-al-tempo-del.html