Commento introduttivo all'Inferno di Dante


Commento tratto da 


Per dare all'aldilà una struttura e quindi un ordine, una gerarchia, Dante oltre che delle testimonianze classiche o cristiane dovette, nel dare vita concreta ad un mondo del tutto immaginario ma sorretto da ferma fede che non era solo di lui ma del mondo cui apparteneva, tener conto delle concezioni cosmologiche e di quelle etico-religiose che la sua età gli dava come presupposti essenziali. Ogni fatto era valutato e giudicato secondo la sua obbedienza e fedeltà a norme morali che si rifacevano sempre all'insegnamento religioso: da qui la necessità del poeta di avere sempre un canone di giudizio che stabilisse la positività o negatività e determinasse premi e castighi.

In sintesi l'Oltremondo dantesco è un mondo popolato da uomini vissuti in altri tempi (diversi dal tempo del viaggiatore-visitatore), il tutto coordinato e valutato e osservato alla luce di ciò che la scienza teologica e la cultura medievale e cristiana dicevano. 

Dalla concezione medievale che continua quella alessandrina definita e chiarita nell'Almagesto dal geografo e astronomo Tolomeo, vissuto nel II secolo dopo Cristo e dal compendio che dello stesso fu fatto nel IX col titolo di Elementi Astronomici o Libro dell'Aggregazione delle Stelle scritto dall'arabo Alfragano (Al Fargani) Dante derivò la concezione cosmologica che è alla base del suo viaggio oltremondano. 

Secondo questa concezione che di solito diciamo tolemaica la Terra, creata come ogni altro elemento fisico e metafisico, dalla divinità, è una sfera immobile al centro dell'Universo. La concezione della centralità della Terra è una determinazione della concezione antropologica che voleva l'uomo elemento centrale di tutta la storia, fisica e non, dell'Universo: difatti la storia della Terra comincia con la nascita dell'uomo e la storia dell'uomo si risolve nella storia dell'incontro dell'uomo e di Dio. In funzione dell'uomo dunque si dispiega tutta la storia che alla fine si risolve in una storia di Dio attraverso l'uomo.

E funzionali a questo rapporto Dio-uomo si pongono anche gli angeli, il diavolo e tutti gli esseri che solo dall'uomo si collocano come cooperatori (e perciò sono positivi) o antitetici (perciò avversi).

E si pongono per o contro l'uomo luoghi che dovranno essere le sue dimore dopo la morte: l'Inferno, dove l'uomo viene negato attraverso una degradazione che non conosce limiti temporali, il Purgatorio dove l'uomo riconquista l'attitudine al pieno godimento della beatitudine e il Paradiso dove l'uomo è ammesso alla luminosa corte di Dio, circondato da angeli e beati. Nell'aldilà vengono esaltate positivamente o negativamente le caratteristiche dei loro caratteri.

L'immaginario viaggio oltremondano si compie in sette giorni a cominciare dall'8 aprile o dal 25 marzo del 1300: Dante aveva 35 anni ed era al punto culminante e centrale della vita che, secondo la sua epoca, aveva la durata media di 70 anni. La sera si smarrisce e si ritrova in una selva (allegoria del peccato): vi era giunto come dominato da un sonno (intorpidimento della coscienza), avendo smarrito la dritta via. A questo punto si ridesta e vede con angoscia lo stato di peccato e di imminente rovina in cui si ritrova. Vorrebbe uscirne, ma ne viene impedito da tre fiere: una lonza (l'incontinenza), un leone (la violenza), una lupa (la cupidigia). Il colle, simbolo della salvezza, gli sembra irraggiungibile. Il suo destino sarebbe quello del peccatore eternamente schiavo delle tre fondamentali tendenze peccaminose, se non lo soccorresse il poeta Virgilio (simbolo della scienza umana o della ragione): costui lo libera dalle fiere e lo guida attraverso l'Inferno e il Purgatorio (https://intervistemetal.blogspot.com/2024/01/commento-catone-e-calliope-nel.html) per poi consegnarlo alla guida di Beatrice (la Teologia). (https://intervistemetal.blogspot.com/2024/01/dante-e-il-femminile.html) (https://intervistemetal.blogspot.com/2024/04/il-simbolismo-delle-nozze-di-cana-in.html)

L'Inferno è un abisso sotterraneo, la cui apertura è vicino a Gerusalemme, e ha la forma di un cono rovesciato: si sprofonda fino al centro della Terra, dove è piantato in tutta la sua spaventosa mole Lucifero.

Secondo un criterio ternario che è sempre in relazione al Tre della Trinità (Dio è affermato anche nel regno in cui è negato) Dante divide l'Inferno in Antiferno, Alto Inferno e Basso Inferno: via via che si discende aumenta la gravità del peccato e quindi anche la pena. Il sistema penale obbedisce alla legge del contrappasso, cioè patire il contrario di ciò che si è fatto.

Il Vestibolo o Antinferno compreso tra la porta d'ingresso e il fiume Acheronte è assegnato alle anime vili, che vissero senza infamia, rifiutarono le scelte morali: anche l'Inferno li relega ai suoi margini. 

L'Inferno vero e proprio comincia con il Limbo, sede di coloro, anche dei bambini, che morirono senza il battesimo e anche di coloro che grandi per virtù morali furono però privi della fede. I limbicoli vivono senza una pena specifica, nella privazione di Dio e nel desiderio: la magnanimità che li caratterizzò nella vita terrena non li salva dall'esclusione del Paradiso.

Nei cerchi che seguono sono puniti i lussuriosi, i golosi, gli avari, i prodighi, gli iracondi, che si dilaniano tra loro dentro la palude stigia. Col sesto cerchio, degli eresiarchi, primo tra i cerchi al di là delle mura della città di Dite (https://intervistemetal.blogspot.com/2023/12/le-tre-erinni-nella-divina-commedia.html), si inizia il Basso Inferno. Il settimo cerchio dei violenti è diviso in tre gironi: dei violenti contro il prossimo, dei violenti contro di sé, dei violenti contro Dio e la natura. L'ottavo cerchio, Malebolge, e il nono comprendono i peccatori che commisero delitti di carattere politico, operando contro la società e istituzioni; nel nono cerchio sono puniti i traditori; in fondo è Lucifero che strazia Giuda, Bruto e Cassio, traditori della Chiesa e dell'Impero.

Dante si preoccupò di dare una struttura geometrica all'Inferno, e questo rispondeva alla mentalità astratta e geometrizzante del Medioevo. 

Per quanto riguarda le pene assegnate ai dannati, nel Medioevo la Teologia distingueva due tipi di pene: la poena sensus (la pena connessa ai vari peccati) e la poena damni (la pena della privazione di Dio, che nella teologia "dantesca" fa soffrire le anime del Purgatorio molto più che non quelle dell'Inferno)


Nella sera di un imprecisato giorno della primavera del 1300, Dante è sui 35 anni di età, l'anno in cui tutto pare sollecitare l'uomo medievale ad un bilancio esistenziale, si trova in una "selva oscura, aspra e difficile": vi è giunto dopo aver smarrito "la dritta via". Terrorizzato, cerca una via di fuga e al di là della selva, intravede un colle, illuminato dai raggi del sole: è un luogo di salvezza... ma mentre sta per avviarsi, si fanno innanzi tre bestie: una lonza, un leone e una lupa.

Così comincia il racconto del viaggio che condurrà Dante dalla Terra ai tre regni oltremondani.

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

ché la dritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinnova la paura!

Tant'è amara che ben poco è più morte;

ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,

dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. 

Il viaggio del Poeta è simbolo dell'itinerario che percorre l'umanità tutta, ogni volta che si smarrisce e cade nel Male. Fin dall'inizio Dante è simbolo del cittadino in una società turbata e sconvolta da forze contradditorie.

La caduta nell'errore e nel peccato, in Dante, avviene al 35° anno di età (nel Medioevo la durata media della vita era 70 anni)

La selva oscura raffigura il buio della coscienza caduta nell'errore e nel peccato. Non è chiaro di quali peccati Dante parli. 

C'è di certo che dopo la morte della donna amata, si smarrì seguendo fallaci beni terreni: il peccato non è solo di Dante ma di tutta la società del tempo e in particolare delle supreme autorità: l'Impero e la Chiesa.

La metafora vita-selva Dante la attinse dai testi virgiliani e anche da qualche testo cortese; qualche suggestione può derivare dal paesaggio italiano e in particolare toscano, dove la selva, fitta ed impenetrabile, popolata da lupi, dove manca il sentiero e tutto si carica di buio, era l'elemento quotidiano al tempo di Dante, quando i boschi arrivavano fino al limite delle mura cittadine.

(Nota di Lunaria: vi è anche un notevole racconto dell'orrore, scritto da Ralph Adams Cram, intitolato "La Valle della Morte", che descrive un mortifero bosco funestato da una nebbia; prossimamente cercherò di trascriverlo)

La dritta via, cioè la via del Bene, è smarrita, ma non perduta per sempre: infatti, per Dante, si può ritrovare, la fede gli dà speranza e la certezza che l'umanità potrà uscire dallo stato di confusione, di errore e di tornare alla virtù e alla verità.






















































































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