Il Deserto della Namibia

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Gelidi venti di mare e dune nebbiose caratterizzano il deserto Namib: una striscia di aride rocce, ghiaia e sabbia, che si affaccia sulla costa atlantica. 

Venne descritto nel 1850 dall'esploratore Charles Andersson, che usò questi termini "Un posto più adatto di questo a rappresentare le regioni infernali a fatica si potrebbe trovare perlustrando il mondo intero. Un brivido che rasentava la paura mi assalì, quando la sua spaventosa desolazione si spalancò alla mia vista per la prima volta. La morte... sarebbe preferibile all'esilio in un paese come questo."

Si ritiene che il Namib sia il più antico deserto del mondo, e si estende per 2080 km della Namibia dal fiume Orange a sud.

Il fiume Kuiseb, che sfocia nell'Atlantico in prossimità della Walvisbaai (Baia della Balena) divide il Namib in due. A sud del Kuiseb si trova il più grande giacimento di diamanti in gemma.

Le acque al largo della costa intrappolavano navi, come accadde alla Dunedin Star nel 1942 e alla Shawnee (1976) e le gettano sulle sabbie in continuo movimento. Molti relitti giacciono arenati sulla spiaggia, che è stata chiamata "costa degli scheletri", il posto dove navi e uomini approdano per morire.

Il Namib con la sua umidità garantisce la sopravvivenza di alcuni animali; gli scarafaggi Lepidochora scavano solchi paralleli nella sabbia orientati rispetto alla direzione del vento. Quando la nebbia scorre si condensa sui granelli di sabbia ai bordi dei solchi e gli scarafaggi li suggono fino a seccarli.

Fu contemplando il deserto che Camus lo descrisse come "Una terra di inutile e insostituibile bellezza". Il vento incessante scolpisce la sabbia in strane forme, che poi vengono distrutte. La temperatura bruciante dell'aria causa il tremolio dell'aria, che annebbia l'occhio. Lo strato di sabbia detto "erg" (termine arabo per indicare una grande distesa di sabbia) è soggetto alla forza indomabile del vento. Le dune a mezzaluna sono dette "barcane", e si spostano attraverso il deserto.

I nomadi del deserto credevano all'esistenza di demoni, spiriti mangiatori di uomini, indicando, come prova, le ossa nella sabbia.  Ma non era il diavolo, come credevano, bensì la sabbia stessa, che viene sollevata dal vento in piccoli vortici e viene scambiata per un essere sovrannaturale, se vista attraverso l'aria tremolante. Le tempeste di sabbia possono viaggiare fino a 50 km orari.

Nota di Lunaria: aggiungo una storia horror che lessi su una guida turistica della Namibia

"Mentre me ne stavo seduto sulla veranda del Cardboard Box Bar di Windhoek, trangugiando una Windhoek Lager e osservando uno dei migliori tramonti africani, mi capitò di rivedere un amico - uomo dalla spiritualità molto marcata - che era appena ritornato da Oshakati, nell'Owambo. Nessuno di voi aveva tanta voglia di parlare e rimanemmo quindi seduti in silenzio a guardare gli ultimi bagliori del tramonto che si spegnevano lentamente ad ovest. Quando comparvero le prime stelle, presi il coraggio a quattro mani e chiesi al mio amico la sua opinione in merito a un'esperienza che avevo vissuto anni addietro. Era la prima volta che ne parlavo. Dopo quella sera lo avrei fatto ancora, ma allora esitavo per timore di essere scambiato per matto. A quel tempo guidavo i safari e conducevo quindi una vita normale. Una volta mi trovai ad accompagnare un gruppo dalle dune del Namib sferzate dalle tempeste di sabbia alla relativa calma di Naukluft. Cinque ore più tardi avevamo terminato di piantare le tende a Koedoesrus, all'ombra di antiche acacie e delle cime frastagliate dei monti Naukluft. Dopo cena, i turisti che accompagnavo si ritirarono nelle loro tende e io mi coricai accanto alle ceneri ardenti dei falò, addormentandomi sotto un cielo nero come l'inchiostro punteggiato di stelle. Alcune ore dopo, però, fui svegliato dal rombo di un tuono e mi affrettai quindi a coprirmi con la tela cerata per ripararmi dalla pioggia. Cercai di riaddormentarmi, ma di lì a poco un lampo illuminò le vette circostanti e iniziai a sentire il picchiettio della pioggia sul mio riparo improvvisato. Ora la mia unica preoccupazione era quella di mantenermi il più asciutto possibile, impresa che si rivelò estremamente ardua in quanto il temporale aumentava di intensità. Ben presto realizzai che il mio era uno sforzo inutile: pioveva a catinelle e tutto quello che potevo fare era cercare di ignorare l'umidità che filtrava nel mio sacco a pelo e calcolare le possibilità che avevo di rimanere schiacciato sotto un'acacia colpita da un fulmine. Improvvisamente con la coda dell'occhio captai un movimento nei cespugli. Uno sciacallo, pensai, che spera di trovare qualcosa da mangiare - tendevo ad escludere che un uomo potesse andarsene in giro in una notte come quella. Diedi una rapida occhiata alle tende per assicurarmi che i miei clienti fossero tutti chiusi dentro, al sicuro e all'asciutto, cercando di ignorare il tumulto che si scatenava al di fuori dei loro ripari. Ma ecco di nuovo quel movimento. Guardai in quella direzione e un lampo mi rivelò una figura che sembrava quella di un bambino, vestita di stracci e con un grande bastone nodoso in una mano. Mi chiesi se fosse il caso di chiamare aiuto, ma c'era qualcosa che non quadrava. Mentre la figura si avvicinava i lampi svelavano altri dettagli e, quando giunse a non più di 10 metri da me, un lampo più luminoso degli altri mi mostrò che non si trattava di un bambino bensì di un uomo vecchissimo, piegato in due e paurosamente claudicante. Il viso era coperto di stracci e si trascinava avanti col capo chino, appoggiandosi pesantemente al bastone. A un certo punto alzò lentamente lo sguardo su di me, seduto immobile sotto la pioggia, e mi colpì il fatto che la sua pelle era blu. Poi vidi gli occhi di un penetrante blu elettrico che scintillavano al buio e mi fissavano, carichi d'odio. Ebbi l'impressione di trovarmi di fronte al male in persona e tremai, terrorizzato, tenendo lo sguardo fisso su di lui finché non si girò lentamente allontanandosi nella tempesta. Sparito che fu il vecchio, il tempo cambiò e uno dei più violenti temporali che abbia mai visto si allontanò così come era venuto. Per un bel po' rimasi seduto, bagnato e sconvolto, poi ritornai in me e mi misi ad attizzare il fuoco. Non riuscii più a riaddormentarmi e trascorsi il resto della notte cercando di fare il possibile per asciugarmi. La veranda ora era immersa nella quiete e nell'oscurità, smorzate appena dalla fioca luce e dal sussurro delle voci provenienti dal bar. "Be', cosa ne pensi?", chiesi. Mentre il mio amico rifletteva sul mio racconto, una donna herero, che era seduta al tavolo vicino e intrecciava i capelli a un'amica, si avvicinò. Era molto nervosa e continuava a guardarsi i piedi e mormorare la parola "Oshilulu". "Oshilulu?", chiesi. "Sì", disse dopo un momento di esitazione. "Oshilulu è uno spirito maligno conosciuto in tutta l'Africa meridionale sotto diversi nomi: alcuni lo chiamano Tokoloshi", mi disse, "ma è sempre blu", e io dovevo ritenermi molto fortunato che nulla di orribile mi fosse successo in quella notte tempestosa. Ancora oggi quando vedo una tempesta incombere sugli immensi spazi di questo paese, mi chiedo quali malvagità stia escogitando quell'essere, e se mai avrò la sfortuna di rivederlo." (Sam McConnell)

E come dimenticare... il film horror più desertico di tutti! 



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