Edward Frederick Benson "La Stanza nella Torre" (gli stralci migliori)

è probabile che tutti quelli che sono di fatto sognatori incalliti, abbiano avuto, almeno una volta, esperienza di un evento o di una serie di circostanze apparsi loro in sogno e poi realizzatisi nel mondo materiale. Ma, a mio parere, ben lungi dall'essere una cosa strana, sarebbe molto più curioso se questa realizzazione non accadesse di tanto in tanto, poiché i nostri sogni, di regola, coinvolgono persone che conosciamo e posti che ci sono familiari, come potrebbe accadere naturalmente durante la veglia e alla luce del giorno.

[...] Non molto tempo fa, ad esempio, ho constatato la realizzazione di un sogno tale da non sembrarmi affatto straordinaria, e da non aver alcun tipo di significato psicologico. [...] Per tutta la mia vita sono stato un sognatore abituale: sono poche le notti, per così dire, dopo le quali, al risveglio, non trovo di avere avuto nuove esperienze mentali, e a volte, durante la notte, mi capitano le avventure più eccitanti. Quasi sempre queste avventure sono piacevoli, sebbene spesso un pochino futili.

è di un'eccezione che sto per parlare. Fu quando avevo quasi sedici anni che feci un sogno per la prima volta, ed ecco come accadde.

Iniziava con me che stavo alla porta di una grande casa con i mattoni rossi dove, capivo, avrei soggiornato. Il maggiordomo che apriva la porta mi diceva che si stava prendendo il tè in giardino, e mi guidava attraverso una sala rivestita di pannelli scuri, con un grande caminetto acceso, e un allegro prato verde intorno, con aiuole di fiori. Attorno al tavolo del tè era raggruppato un piccolo crocchio di persone, ma non ne conoscevo nessuna tranne forse una che era un mio compagno di scuola, Jack Stone, chiaramente il padrone di casa, che mi presentava a sua madre, a suo padre e a due sorelle. Ricordo che ero stupito di trovarmi lì perché a stento conoscevo il ragazzo in questione, e mi dispiaceva abbastanza quello che sapevo di lui: inoltre aveva lasciato la scuola quasi un anno prima. Il pomeriggio era abbastanza caldo e regnava un'insopportabile oppressione. In fondo al prato si ergeva un muro di mattoni rossi, con un cancello di ferro al centro, e dall'altra parte di questo si ergeva un albero di noci. Noi sedevamo all'ombra della casa di fronte a una fila di lunghe finestre, attraverso le quali potevo vedere una tavola apparecchiata che luccicava per il vetro e l'argento. Il giardino era molto lungo, e terminava a una delle estremità con una torre di tre piani, che mi sembrava molto più antica del resto della casa. Poco dopo Mrs. Stone che, come il resto del gruppo, era rimasta seduta in assoluto silenzio, mi disse: "Jack ti mostrerà la stanza. Ti ho assegnato quella nella torre." Del tutto inspiegabilmente, mi sentii mancare il cuore a quelle parole. Mi pareva come se avessi sempre saputo che avrei avuto proprio quella stanza nella torre e che essa conteneva qualcosa di terribile e di importante. Jack arrivava subito e io capivo che dovevo seguirlo. In silenzio passavamo attraverso la sala, salivamo per una grande scala di quercia dal percorso intricato, e giungevamo a un piccolo pianerottolo su cui davano due porte. Ne apriva una con una spinta perché io entrassi e, senza entrare lui stesso, mi chiudeva dentro. Allora scoprivo che la mia congettura era esatta: vi era qualcosa di terribile nella stanza, e con il terrore che mi avviluppava, mi svegliai in uno spasmo di spavento. Ora quel sogno (o le sue variazioni) mi ha visitato ogni tanto per quindici anni. Il più delle volte si ripeteva sempre nella stessa forma. [...] Si chiudeva sempre con un incubo di terrore per quello che c'era nella stanza, sebbene io non abbia mai visto di che si trattasse.

[...] Poi accadde che non fui più visitato da questo sogno per sei mesi o più, e cominciai a sperare (in quale inesplicabile orrore lo conservavo) che fosse finito per sempre. 

Ma una notte, dopo questo intervallo, mi ritrovai di nuovo nel giardino per il té, però Mrs. Stone non c'era, mentre gli altri erano tutti vestiti di nero.

Immediatamente ne supposi la ragione [...] Il sogno, con le variazioni e gli sviluppi che ho menzionato, si ripeté a intervalli per 15 anni. A volte lo sognavo per due o tre notti di seguito [...] Aveva, è chiaro, qualcosa dell'incubo, poiché finiva sempre nello stesso spaventoso terrore che, lungi dal diminuire col tempo, mi sembrava raccogliere nuovo timore ogni volta che lo provavo. C'era anche una strana e terrificante coerenza attorno a esso. I personaggi, come ho già detto, erano regolarmente più vecchi: morte e matrimonio visitavano quella silenziosa famiglia, e mai nel sogno, dopo che Mrs. Stone era morta, io l'avevo più vista. Ma c'era sempre la sua voce che diceva che la stanza nella torre era pronta per me e, sia che prendessimo il tè in giardino, sia che stessimo in una delle stanze che davano sul giardino, potevo comunque vedere la sua tomba di pietra al di là del cancello di ferro.

[...] Non avevo mai incontrato Jack Stone durante tutti quegli anni, né avevo mai visto una casa che assomigliava alla casa scura del mio sogno. Ma poi accadde qualcosa. Ero stato a Londra quell'anno fino alla fine di luglio e, durante la prima settimana di agosto, andai con un amico in una casa che lui aveva affittato per il periodo estivo, nella foresta di Ashdown, nel Sussex. [...] Con un brivido improvviso, in parte di paura ma soprattutto di curiosità, mi ritrovai sulla soglia della casa del mio sogno [...] Il tè trascorse in allegria e, dopo un po', si alzò Mrs. Clinton: in quel momento sapevo già ciò che stava per dire. Mi parlò e quello che mi disse fu: "Jack ti mostrerà la tua stanza: ti ho assegnato quella nella torre." A questo punto, per un attimo, l'orrore del sogno mi attanagliò, ma passò subito, e io non sentivo più nulla al di fuori della curiosità più intensa. [...] Mi alzai e lo seguii. Passammo per la sala, e quindi per la scala che conoscevo perfettamente. Poi lui aprì la porta e io entrai. In quel momento un vero e proprio terrore irragionevole si impossessò di nuovo di me. Non so di preciso che cosa temessi: avevo semplicemente paura. Poi, con un'improvvisa intuizione come quando uno ricorda un nome che ha a lungo evitato la memoria, seppi di che cosa avevo paura. Avevo paura di Mrs. Stone, di cui avevo visto tanto spesso nel mio sogno la tomba con la sinistra iscrizione, "In cattiva memoria", proprio di là del prato che si stendeva dietro alla mia finestra. E dopo, ancora una volta, la paura passò completamente, al punto che mi chiesi che cosa ci fosse da temere, e mi ritrovai sobrio, tranquillo e sano, nella stanza della torre, di cui avevo sentito tante volte il nome in sogno, e che mi era così familiare. [...] E poi, con inspiegabile spavento, vidi che c'erano due oggetti piuttosto cospicui che non avevo mai visto prima nei miei sogni: un dipinto a olio di dimensioni naturali di Mrs. Stone [...] come l'avevo vista l'ultima volta nei miei sogni: vecchia e sfiorita e con i capelli bianchi. Ma, nonostante l'evidente debolezza del corpo, una terribile esuberanza e vitalità risplendevano da lei, un'esuberanza completamente maligna, una vitalità che spumeggiava e sprizzava con inimmaginabile cattiveria: cattiveria che veniva irradiata dai suoi stretti occhi malvagi. Sorrideva con una bocca simile a quella di un demonio. L'intero viso era permeato di una spaventosa e misteriosa allegria; le mani, strette insieme sul ginocchio, sembravano tremare di una gioia soffocata e oscura. [...] Bussarono alla porta, e John entrò. "C'è tutto quello che desideri?", chiese. "Più di quello che desidero", dissi, indicando il quadro. Lui sorrise. "Una brutta vecchia signora", disse. "Fatto da lei stessa per di più, ricordo. Non è riuscita a rendersi bella in nessun modo."  "Ma non vedi?", dissi io. "è a stento un volto umano. è il volto di una strega, di un diavolo." [...] "Posso immaginare che potrei avere un incubo se dormissi con quello accanto al mio letto. Lo porterò via se vuoi." "Vorrei davvero che tu lo facessi", dissi. Suonò il campanello e, con l'aiuto di un servitore, staccammo il quadro e lo portammo sul pianerottolo: le mettemmo con la faccia rivolta alla parete. [...] Lo straordinario peso del quadro aveva distrutto anche me. Ero lì lì per rispondere, quando scorsi la mia mano. C'era del sangue su di essa - in quantità considerevole - che copriva l'intero palmo. "Mi sono tagliato in qualche modo", osservai. John ebbe una piccola esclamazione di soprassalto. "Diamine, anch'io."[...] Io e John tornammo indietro nella stanza nella torre e lavammo via il sangue; ma, né sulla sua mano né sulla mia, c'era il più leggero segno di un graffio o di un taglio. [...] "Da dove è venuto fuori quel sangue?" [...] "Non lo so", dissi, "e non mi preoccupo molto in verità, perché il quadro di Mrs. Julia Stone non è più accanto al mio letto." [...] "Ah, ora vedrai un'altra cosa strana." Uno dei suoi cani, un terrier irlandese di razza, era uscito dalla casa mentre stavamo parlando. [...] Vidi che il cane aveva tutto il pelo irto, arruffato per la rabbia e la paura; [...] ringhiava. [...] Poi, tutto a un tratto, il suo coraggio sembrò abbandonarlo: ululò a lungo, e si affrettò a tornarsene verso la casa ingobbendosi bizzarramente. "Fa questo una mezza dozzina di volte al giorno", disse John. "Vede qualcosa che al tempo stesso odia e teme." [...] Comunque, con il ritratto di Julia Stone fuori nel corridoio, la stanza della torre non costituiva assolutamente un allarme per me e, quando andai a letto, sentendomi molto assonnato e stanco, non avevo altro interesse che per l'incidente delle nostre mani sanguinanti [...] L'ultima cosa che notai prima di spegnere la luce, fu lo spazio quadrato vuoto accanto al mio letto dove c'era stato il ritratto. Qui la carta era del suo colore rosso scuro originario: tutto il resto del muro era sbiadito. Poi spensi la mia candela, e subito caddi addormentato. Il mio risveglio fu altrettanto istantaneo, e mi alzai con uno scatto nel letto con l'impressione che una luce avesse lampeggiato sul mio viso [...] Qualcosa che conoscevo era in quella stanza con me, e istintivamente allungai la mia mano destra, che era più vicina alla parete, per tenerlo lontano: essa toccò lo spigolo della cornice di un quadro che stava accanto a me. Saltai giù dal letto, rovesciando il comodino che stava accanto a me [...] una striscio luminosa veniva fuori dalle nuvole, e mi faceva vedere che accanto al mio letto c'era il quadro di Mrs. Stone. Subito la stanza ripiombò nel buio. Ma in quella striscia di luce vidi anche un'altra cosa, una figura che si piegava sull'orlo del letto e mi guardava. Aveva addosso degli abiti bianchi molto attillati, macchiati di muffa, e il suo viso era quello del ritratto. In alto un tuono rombò e, quando cessò e seguì un silenzio mortale, sentii il fruscio di movimenti che venivano più vicini a me e, cosa ancora più terribile, percepii un odore di corruzione e decomposizione. Poi una mano si posò sul mio collo, e proprio accanto al mio orecchio sentii un affannoso, bramoso respiro. Eppure sapevo che questa cosa, sebbene potesse essere percepita attraverso il tatto, l'olfatto, gli occhi e le orecchie, non era di questa terra, ma un qualcosa che era passato oltre il corpo e aveva il potere di rendersi manifesto. 

Poi una voce già a me nota parlò. "Sapevo che saresti venuto nella stanza della torre", disse. "Ti ho aspettato a lungo. Alla fine sei venuto! Stanotte festeggerò: festeggeremo a lungo insieme." E il respiro affannoso venne più vicino a me; potevo sentirlo sul collo. A questo punto il terrore, che penso mi avesse paralizzato momentaneamente, cedette il posto all'istinto di conservazione. Picchiai selvaggiamente con tutte e due le braccia, dando un calcio nello stesso istante, e sentii un debole squittìo, mentre qualcosa di soffice cadeva con un tonfo accanto a me. Feci un paio di passi in avanti, inciampando quasi su ciò che giaceva lì, qualsiasi cosa fosse, e grazie alla buona fortuna, trovai la maniglia della porta. [...] John, con una candela in mano, venne correndo di sopra. "Che c'è?", chiese [...] "Mio Dio, ma c'è del sangue sulla tua spalla!" [...] Come se una mano coperta di sangue si fosse posata lì. "è là dentro", dissi indicando. "Lei, sai. Il ritratto è dentro, ed è apparso nel posto da cui l'avevamo tolto." A questo punto lui sorrise. [...] Aprì la porta, mentre io stavo là semplicemente inerte per il terrore, incapace di fermarlo, incapace di muovermi. "Puah! Che terribile odore!", disse. Poi ci fu silenzio; era scomparso alla mia vista dietro la porta aperta. Un momento dopo uscì di nuovo, bianco come me, e subito la richiuse. "Sì, il ritratto è là", disse, "e sul pavimento c'è una cosa, una cosa sporca di terra, come quando seppelliscono la gente. Andiamo via, presto! Andiamo via!"

Come riuscii ad andare giù lo so a stento. Un terribile brivido e nausea dello spirito più che della carne mi avevano colto, e più di una volta avevo dovuto controllare i miei passi sui gradini, mentre a ogni istante gettavo sguardi di terrore e apprensione su per le scale. Ma presto arrivammo nella sua camera al piano di sotto, e lì gli dissi quello che ho descritto qui.

Il seguito può essere aggiunto brevemente; in verità, qualcuno dei miei lettori avrà già capito di che si trattava, se ricorda quell'inspiegabile affare del Cimitero di West Fawley, circa otto anni fa, dove fu fatto tre volte il tentativo di seppellire una donna che si era suicidata. Ogni volta, nel corso di pochi giorni, la bara veniva trovata che imputridiva fuori dal terreno. Dopo il terzo tentativo, perché non si parlasse più della cosa, il corpo fu sepolto altrove in una terra sconosciuta.

Il luogo in cui era stato sepolto era appunto quello oltre il cancello di ferro del giardino attorno alla casa dove questa donna era vissuta. Si era suicidata nella stanza in cima alla torre di quella casa. Il suo nome era Julia Stone.

In seguito il corpo fu segretamente portato fuori e la bara fu trovata piena di sangue.

 

 

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