Bellezza e Bruttezza nella letteratura di inizio Novecento

La mente umana tende a ragionare per dualismi: Bello\Brutto - Alto\Basso - Puro\Impuro e così via.
Riporto questa riflessione interessante su quello che potremmo definire un dualismo di tipo estetico talmente tanto inconscio ed istintivo da essere inestirpabile dal nostro Io (almeno, la parte meno razionale di noi)

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Il tema arcaico del bruno e del biondo, della pella lattea e di quella scura, degli occhi glauchi e di quelli neri e foschi - dove colori chiari e biondi rappresentano le forze inibitorie della femminilità convenzionale, mentre chiome nere e colorito olivastro sono segno di esuberanza passionale e forse di malvagità - torna a segnare il confine tra le belle-buone e le brutte-cattive.

Naturalmente tale coincidenza non è mai assoluta: sotto forme perfette può nascondersi a volte la più nera crudeltà, mentre qualche fanciulla bruttina può essere destinata ai trionfi.

La Bellezza e la Bruttezza restano, tuttavia, la linea di demarcazione fondamentale per distinguere a colpo d'occhio dove albergano il Bene e il Male. Anche in caso di apparizione di bellissime e bellissimi dall'animo perfido, nel momento della verità un ghigno orrendo trasformerà la loro bellezza apparente in bruttezza reale così come la splendida matrigna di Biancaneve si trasforma in una vecchia piena di verruche:



"Aggiustò un ricciolo dei suoi capelli neri, aridi e opachi, che le coprivano quasi completamente la fronte bassa [...] La sua fisionomia mancava di grazia e rivelava una natura fredda, ostinata e rigogliosa" ("Il segreto della saracena" di Delly)

Col variare di epoca in epoca dei canoni di bellezza imposti dalla moda, mutano, ovviamente, anche i tratti dell'eroina. Tra gli squisiti profili di porcellana fine Ottocento e le maschiette anni Trenta c'è una bella differenza eppure è possibile individuare certe costanti: la bellezza della protagonista buona non è mai sfacciata e voluttuosa e il suo fascino risiede nella spiritualità, nella delicatezza, nella fragilità che si convengono ad una vergine estranea a pensieri impuri, decisa a conservare intatta la sua virtù in attesa di quelle nozze che la consacreranno madre e sposa esemplare.

Più corporea e conturbante la presenza dell'altra, che, spesso, annunciata da un profumo intenso, (così diverso dalle tenui fragranze che tanto si addicono alle fanciulle virtuose!) (1) e seguita da occhiate maschili avide e interessate, si impone prepotentemente attraverso una fisicità sconosciuta alla prima. Se infatti questa si caratterizza come corpo assente, in quanto negato, sottratto al piacere e promosso alla sacralità, che è privilegio e fardello della vergine destinata a diventare madre, la seconda si propone come corpo presente, che dispone liberamente di sé ed il cui scopo è la seduzione. A lei, Demonio, spetta il ruolo di antagonista della sposa madre, di cui costituisce l'esatto e puntuale rovescio: là dove l'Angelo è frigido, devoto, modesto, misurato, anelante al sacrificio, il Demonio è sensuale, irridente, provocante, eccessivo. Sono pericolosi giocattoli erotici creati da un immaginario maschile incapace di liberarsi dagli opposti stereotipi della Madre e della P*ttana (2)

è attraverso queste peccatrici tutte dedite al culto del proprio corpo che i romanzi lasciano intravedere alle loro lettrici gli abissi dell'adulterio, della passione illecita, del peccato, da cui esala la stessa atmosfera piccante e profumata cui diedero vita la Contessa Lara, Amalia Guglielminetti, Regina di Luanto, Donna Paola.

Abissi ambiguamente attraenti, tentatori, se a renderli impraticabili non fossero eloquenti segnali di pericolo. La rovina che attende chi vi si avventuri, infatti, non è solo sociale ma anche fisica, perché di passione, si sa, ci si ammala e si muore; la donna decisa ad affermare la propria sensualità viene punita con la decadenza e la distruzione del corpo stesso, con la malattia e la morte: conclusione inevitabile e logica, dal momento che è la sessualità stessa ad essere considerata patogena: il sesso non santificato dal matrimonio si associa all'idea di peccato e di impurità. Per questa donna non c'è salvezza né redenzione se non nella morte: la sua fine infatti è spesso tragica.

(1) In tutta la letteratura decadente e realista tra l'Ottocento e il Novecento, la donna è preceduta o accompagnata dal suo profumo.

(2) Nota di Lunaria: anche oggi è così. è in particolar modo nella teologia cristiana cattolica che si evidenza questa ossessione dualista: la vergine "regina del paradiso" da una parte, la sg*aldrina concubina del Demonio dall'altra.

Suggerisco di approfondire il discorso della misoginia monoteista leggendo libri come questi:








Concludiamo con un cuoricioso pensiero cristiano sulle donne





Comunque ci rallegriamo di essere le Porte del Demonio, cari cristianucoli, visto che il Diavolo è una figura molto, molto affascinante, rappresenta il Progresso contro l'oscurantismo retrogrado, la Libertà, la Conoscenza, la Fiaccola della Ragione, l'Individualismo, l'Essere Se Stessi, l'Esaltare Se Stessi... :D e poi ha ispirato un sacco di buona musica e letteratura, non trovate? :D













Insomma, i cristiani pensavano di offenderci, a noi altre, dandoci della "Porta del demonio"... invece ci hanno fatto un gran bel complimento ^_^ Molto Black Metal Style



Insomma, uno di quei complimenti da fare se volete far colpo su qualche bella Black Metallara, tanto per adularla un po'....