La Poesia dell'Arcadia nel Settecento

Visto che ho trovato queste belle immagini sul Settecento, ripubbico un'introduzione alla poesia del Settecento, che anni fa avevo pubblicato sul mio blog di poesia.

Il Settecento mi piace molto (non come l'Ottocento che è il mio secolo preferito, il Settecento lo metterei al secondo posto), ha gettato i semi dell'Ateismo e dell'Anticlericalismo (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/giannone-meslier-de-sade-de-la-barre-e.html) poi lo trovo molto erotico e galante e gli abiti femminili sono bellissimi. 

In effetti le mie fantasticherie riguardano di più Vittorio Alfieri (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/search?q=alfieri) ma anche immaginare di avere Metastasio (https://poesiamondiale.blogspot.com/2015/08/poesia-italiana-del-1700.html) ai miei piedi, intento ad adorarMi, è eroticamente biblioeccitante... 

Info tratte da

Paolo Rolli è stato il maggior esponente dell'Arcadia, quel movimento poetico italiano sorto nel '700. Il programma dell'Arcadia ha i suoi ideali precursori in alcuni poeti che già nel Seicento disdegnavano il concettismo barocco, al quale rimproveravano la stravaganza nella scelta degli argomenti e le cadute di gusto. Essi si impegnarono a ridare dignità e vigore al modello petrarchesco e teorizzano una poesia piacevole, basata su temi sinceri, non convenzionali, e al tempo stesso di un'originalità non esasperata. Tra coloro che interpretano con particolare sensibilità i motivi ai quali si è accennato e che anticipano le istanze di rinnovamento degli Arcadi, occupano un posto di rilievo Gian Vincenzo Gravina e Francesco de Lemene (che, in maturità, tenderà a proporre argomenti dal tono moraleggiante e sentenzioso).

La data di nascita del movimento si fa risalire al 5 ottobre 1690, quando un gruppo di intellettuali e scrittori in polemica con il "malgusto barocco", fonda a Roma l'Arcadia, un'Accademia Letteraria che costituisce per molti aspetti l'espressione più importante della poesia del '700.

I fondatori dell'Arcadia sono quattordici: Gian Vincenzo Gravina, Giambattista Felice Zappi, Giovan Mario Crescimbeni, Lorenzo Magalatti, Vincenzo da Filicaia, Apostolo Zeno, Scipione Maffei, Ludovico Antonio Muratori, Giambattista Vico.

L'Arcadia si propone un rigido cerimoniale e dichiara la sua fedeltà alla tradizione bucolica, rilevabile nel nome stesso, che è quello della mitica regione greca abitata da poeti-pastori; i soci assumono pseudonimi d'origine pastorale e il luogo di raduno viene chiamato Bosco Parrasio. L'Accademia ha come insegna la siringa di Pan coronata di alloro e pino e per protettore gesù bambino perché "secondo la tradizione, i pastori furono i primi ad adorarlo"; come patrona o basilissa, la Regina Cristina di Svezia, al cui salotto letterario erano appartenuti alcuni dei fondatori.

Anche se i cerimoniali pastoriali dell'Arcadia suscitarono già all'epoca critiche e parodie (1), l'Arcadia ha una funzione importante nella storia della Letteratura Italiana: regolò in modo organico quell'orientamento verso la poesia bucolica promosso dal Sannazaro (2), la cui prima manifestazione si era avuta sul finire del '500 con i drammi pastorali "Aminta" del Tasso e "Pastor fido" del Guarini, e inoltre l'Arcadia compie un'opera capillare di organizzazione della cultura, perché apre succursali ovunque e raggiunge zone rimaste ai margini del dibattito intellettuale o addirittura escluse da esso come l'Abruzzo, la Sardegna o il Trentino. Alla magniloquenza barocca l'Arcadia contrappone modi espressivi limpidi e scorrevoli, che valorizzano la chiarezza del lessico e della sintassi e tendono a dare eleganza e nitore ai versi; il motto degli Arcadi potrebbe essere "correttezza e leggiadria": per gli Arcadi la poesia deve essere uno strumento piacevole che abbia però il vero come oggetto e scopo.  La produzione arcadica ha come primo modello Petrarca; seguono i poeti greci Pindaro, Anacreonte, Teocrito, Orazio e Virgilio. I temi fissi sono quelli idilliaco-pastorali, che si risolvono in immagini semplici e circoscritte, in piccole scene aggraziate, ma prive di un reale spessore e di scavo psicologico; anche i momenti di maggior tensione emotiva si alleggeriscono e si stemperano nel gusto sentimentale; del resto il difetto della poesia Arcadica era quello di vedere il tutto come un piacevole ornamento e un pretesto mondano e galante.

Tuttavia, in seguito a differenti vedute, l'Arcadia si scinderà in due: un gruppo di fuoriusciti, guidati dal Gravina, fondano l'Accademia dei Quirini, che però avrà vita breve e sarà riassorbita nell'Arcadia alla morte del Gravina stesso (1718). Le maggiori personalità della poesia del tempo furono Pietro Metastasio e Paolo Rolli. Derivazioni arcadiche si avranno anche nel Leopardi, nel Manzoni e nel Carducci.

Infine, parlando di Arcadia, si deve ricordare che anche in musica il tema delle stagioni e l'arte descrittiva ha innumerevoli riprese e basterà citare Vivaldi.

Qui di seguito riporto i versi più belli di Paolo Rolli

"Elegie alla primavera"

O amica degli amanti, primavera,

dolce principio de' miei puri affetti,

cui forse oblio non porterà mai sera,

teco una volta sola i miei diletti

nacquero insieme con l'erbett'e i fiori:

ahimè, chi sa che in vano io non t'aspetti!

Dal verde bosco fra gli opachi orrori

grato era il legger sulle prische carte

le vaghe istorie degli antichi amori,

già da i latini eterni ingegni sparte,

e da quelli che dopo Italia ornaro

con lo splendor della poetic'arte;

sul margine d'un rio garrulo e chiaro,

ove l'ombre cadean da un'elce annosa,

quanto mai grato era il seder del paro,

e quivi invèr la fresca aura odorosa

volger il viso e tesser lieti insieme

vari discorsi di piacevol cosa!

[...]

Ma se a te giunge e il tuo bel volto scorge

e teco parla, sol poich'è partita,

che tacque ciò che dir volea, s'accorge.

E s'io la sgrido poi perché smarrita

siasi dinanzi a te, ch'eran, risponde,

i più cari momenti di sua vita.

Altri così, che d'eloquenza abbonde,

avanti a re cui preparò gran cose,

vinto dal regio aspetto si confonde.

Or che le vaghe impallidite rose

del tuo viso riveston quel colore

che sul verde degli anni d'Amor vi pose,

deh fa' che sazio di lor vita il core

parta da te sovente! In vano è nato,

se vive chiuso in folta siepe un fiore.


"Nel partir dal patrio suolo"

Nel partir dal patrio suolo

con Amor pur meco viene

la memoria del mio bene

che m'è forza abbandonar;

a Partenope men volo,

indi solco il mar Tirreno;

e afferrando il tosco seno,

rendo grazie a' dei del mar.

Varco i gelidi Appennini,

Adria scorro e il suol lombardo,

e dovunque o penso o guardo

veggio e sento Amor con me;

ma l'orror de' gioghi alpini

lo sgomenta e lo ritiene:

la memoria del mio bene

vien, ma seco Amor non è.

[...]

Vaghe ninfe manierose

veggo in riva a i galli fiumi,

vive, allegre, nere i lumi,

lusinghiere e tutte ardir:

colorite, spiritose,

movon l'animo a vaghezza;

ma d'Amor non va la frezza

dove nascon i sospir.

[...]


"Solitario bosco ombroso"

Solitario bosco ombroso

a te viene afflitto cor

per trovar qualche riposo

fra i silenzi in quest'orror.

Ogni oggetto ch'altrui piace,

per me lieto più non è:

ho perduta la mia pace,

sono io stesso in odio a me.

La mia Fille, il mio bel foco,

dite, o piante, è forse qui?

Ahi! la cerco in ogni loco;

e pur so ch'ella partì.

Quante volte, o fronde grate,

la vostr'ombra ne coprì!

Corse d'ore sì beate

quanto rapido fuggì!

Dite almeno, amiche fronde,

se il mio ben più rivedrò;

ah!che l'eco mi risponde,

e mi par che dica: "No".

Sento un dolce mormorio;

un sospir forse sarà:

un sospir dell'idolo mio,

che mi dice: "Tornerà".

Ah, ch'è il suon del rio, che frange

tra quei sassi il fresco umor;

e non mormora, ma piange

per pietà del mio dolor.

Ma se torna, vano e tardo

il ritorno, oh dei! sarà;

ché pietoso il dolce sguardo

sul mio cener piangerà.


"Ruscelletto, a far soggiorno"

Ruscelletto, a far soggiorno

teco io torno, sai perché?

A sfogar crudel tormento

col lamento vengo a te.

Sai che assiso in questa sponda

presso all'onda meco un dì,

Silvio al credulo mio core

giurò amore, e dir s'udì:

"Questo rio tornando al monte

la sua fonte rivedrà

pria che manchi, o pastorella,

la mia bella fedeltà"

[...]


Qualche altro autore

In effetti, per essere oneste, il '700 italiano non brilla per la Poesia, tranne qualche eccezione (Monti, Alfieri, Foscolo...) in quanto al giorno d'oggi, specie per i "poeti minori", tutto suona "anacronistico" se non "ridicolo" (certi sonetti di atmosfere bucoliche e di ninfe e dee amoreggianti nei boschetti). Però, questi versi che ho trascritto, mi erano piaciuti perché in qualche modo erano abbastanza oscuri, quasi un preludio al Romanticismo Nero. 

Assolutamente fantastica la Poetessa Diodata Saluzzo Roero, con una Poesia che anticipa di molto le atmosfere gotiche del 1800 sui castelli in rovina!


Giuseppe Parini 

"La caduta"

"Quando Orion dal cielo 

declinando imperversa, 

e pioggia e nevi e gelo 

sopra la terra ottenebrata versa [...]"


"Il Giorno: La Notte"

Ma la notte segue sue leggi inviolabili e declina con tacit'ombra sopra l'emisfero; e il rugiadoso piè lenta movendo rimescola i colori vari infiniti, e via gli sgombra con l'immenso lembo di cosa in cosa; e suora de la morte, un aspetto indistinto, un solo volto al suolo ai vegetanti, agli animali, ai grandi ed a la plebe equa permette; e i nudi insieme e li dipinti vasi de le belle confonde, e i cenci e l'oro: né veder mi concede all'aere cieco qual de' cocchi si parta, o qual rimanga solo all'ombre segrete; e a me di mano tolto il pennello, il mio Signore avvolge per entro al tenebroso umido velo.


Ludovico Savioli Fontana 

"...Così velate e pallide, in neri manti avvolte, per l'aria bruna appaiono le afflitte ombre insepolte..." 


Diodata Saluzzo Roero  "Rovine"

Ombre degli avi

per la notte tacita al raggio estivo

di cadente luna,

v'odo fra' sassi diroccati fremere,

che il tempo aduna incerte l'ombre nella vasta

ed arida strada segnata dall'età funesta,

tremante, affretto che dei prischi secoli

l'orror sol resta.

Oh come brune l'alte cime

incurvansi de' larghi muri,

ove penetra appena di Luna

un raggio,

che la dubbia e pallida luce

qui mena perchè ferrate le finestre

altissime, ed è merlata la superba torre?

[...]

Pensiero funesto,

in me chi mai ridestasti?

Fuggiam dalle fatali alte rovine.

Raggio di notte, 

tu la via rischiarami

fra sassi e spine.


Luca Antonio Pagnini  "L'Inverno ovvero Dafne"

[...] Muse, mio dolce amore, 

i vitrei fonti abbandonate 

e voi, ninfe e silvani,

ghirlande di cipresso a me recate,

voi i lacrimosi amor d'idali mirti

fat'ombra al rio,

frangete gli archi al suolo,

qual già in morte d'Adone,

e su quel marmo sensibile al dolor 

con gli aurei dardi, inutil peso 

ormai scolpite un carme:

"Natura cangi aspetto, e per dolore

in tenebroso velo gemmano e terra e cielo

... Non v'ha riparo de' suoi vari incanti

natura si spoglia in fosche nubi

s'involve il sol, le desolate piante 

mostrano il gel, che i rami imperla e sparso

di vizze fronde è il suo funereo letto."  


Note: 

(1) Giuseppe Baretti li definiva "fanfaluche" e "quegli amanti d'inutili notizie, che, non sapendo come adoperar bene il tempo, lo impiegano a imparare delle corbellerie, e che bramano di essere informati di quella celebratissima letteraria fanciullaggine chiamata Arcadia"

(2) Poeta del '400; ne riporto qualche verso

Sovra una verde riva

di chiare e lucide onde

in un bel bosco di fioretti adorno,

vidi di bianca oliva

ornato e d'altre fronde

un pastor, che 'n su l'alba appiè d'un orno

cantava il terzo giorno

del mese inanzi aprile:

a cui li vaghi ucelli

di sopra gli arboscelli

con voce rispondean dolce e gentile:

et ei rivolto al sole,

dicea queste parole:

- Apri l'uscio per tempo,

leggiadro almo Pastore,

e fa vermiglio il ciel col chiaro raggio,

mostrane inanzi tempo

con natural colore

un bel fiorito e dilettoso maggio,

tien più alto il viaggio,

acciò che tua sorella (1)

più che l'usato dorma,

e poi per la sua orma

se ne vegna pian pian ciascuna stella: (2)

ché, se ben ti ramenti,

guardasti i bianchi armenti.

Valli vicine, e rupi,

cipressi, almi et abeti,

porgete orecchie a le mie basse rime;

[...]

Mentre per questi monti

andran le fiere errando,

e gli alti pini aràn (3) pungenti foglie;

mentre li vivi fonti

correran murmurando

ne l'alto mar che con amor li accoglie:

mentre fra speme e doglie

vivran gli amanti in terra [...]


(1) riferito alla Luna

(2) acciò che le stelle via via la seguano

(3) avranno


Come notturno ucel nemico al sole (1)

lasso, vo io per luoghi oscuri e foschi,

mentre scorgo il dì chiaro in su la terra;

poi quando al mondo sopravien la sera,

non com'altri animai (2) m'acqueta il sonno,

ma allor mi desto a pianger per le piagge.

Se mai quest'occhi tra boschetti o piagge,

ove no splenda con suoi raggi il sole,

stanchi di lacrimar mi chiude il sonno,

vision crude et error (3) vani e foschi

m'attristan sì, ch'io già pavento a sera,

per tema di dormir, gittarmi a terra.


(1) della luce solare

(2) esseri viventi

(3) fantasie, immaginazioni


è questo il legno (1) che del sacro sangue resperso

(2) fu. 

Nel benedetto giorno che fuggì vinto, con paura e scorno, 

quel falso, antico, alpestro e rigido angue (3).

Qui il mio Signor lasciò la spoglia esangue tornando al suo celeste alto soggiorno, e scolorissi il santo viso adorno, come purpureo fior, che inciso, langue.


(1) la Croce 

(2) cosparso

(3) il Serpente, ovvero il Diavolo


Ecco che un'altravolta, o piagge apriche, (1) 

udrete il pianto e i gravi miei lamenti;

udrete, selve, i dolorosi accenti 

e 'l tristo suon de le querele (2) antiche.

Udrai tu, mar, le usate mie fatiche, 

e i pesci al mio lagnar staranno intenti; 

staran pietose a' miei sospiri ardenti 

quest'aure, che mi fur gran tempo amiche.

E se di ver amor qualche scintilla 

vive fra questi sassi, avran mercede (3)

del cor, che desiando arde e sfavilla.

Ma, lasso, a me che val, se già nol crede, 

quella ch'i' sol vorrei, vèr me (4) tranquilla 

né le lacrime mie m'acquistan fede? (5)


(1) spiagge soleggiate

(2) lamentele

(3) pietà

(4) verso di me

(5) fiducia























Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/larchitettura-e-gli-arredamenti-nel.html https://intervistemetal.blogspot.com/2020/12/introduzione-alla-pittura-italiana-del.html https://intervistemetal.blogspot.com/2020/09/settecento-in-musica.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/rococo.html  https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/breve-introduzione-al-neoclassicismo.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/01/le-scenografie-del-settecento.html

Per gli aristotelici misogini, quelli del mantra "ma le donne non hanno mai scritto niente, eh eh!", il Settecento pullula di scrittrici e attiviste... certo, per saperlo non devi avere letto solo aristotele onde poi andare in giro per il web a fare il pavone  sputasentenze spacciandoti per grande dotto... ché ti va anche bene se ciarli sui siti frequentati da ignoranti che applaudono alle tue corbellerie... fino a che non trovi una Lunaria che ti fa fare la figura che meriti di fare...

https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/le-prime-attiviste-nel-settecento-le.html 

https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/per-la-liberta-la-ragione-e-il.html

https://intervistemetal.blogspot.com/2021/05/le-signore-dei-salotti-letterari.html

https://intervistemetal.blogspot.com/2021/05/le-donne-nella-rivoluzione-francese.html



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