"Lunga è la notte"


- Come è triste una rosa bianca di autunno: rabbrividisce nel vento. Cadono pesanti foglie dell'ippocastano: sento che l'inverno si avvicina.

- Ho capito che una vita senza ricordi non vale niente. Che c'è qualcosa di inesplicabile nel ritrovare, a un tratto, un nome, un'immagine.

- Lessi che in Giappone c'era un cimitero dove erano sepolti gli aborti, davanti a un tempio buddista, e le madri avevano fatto erigere dei monumenti a quel figlio non voluto. Era il cimitero del rimpianto, e forse del rimorso.

- Ho visto un mondo morire. Si seppellivano i defunti davanti agli ospedali, non c'era tempo né forza per trasportarli nei cimiteri, avvolti nei teli sporchi e sfrangiati.

- Gli ottomani punivano i nemici impalandoli, bastava un ramo di quercia appuntito, con la cima di ferro battuto, una col sego. Una lenta agonia in piazza, con una folla a guardare. Più tardi arrivarono i tedeschi e fucilarono, incendiarono, deportarono. Poi i cetnici e gli ustascia cantavano: "Aguzzate i vostri coltelli", gettavano i prigionieri nel fiume Drina: su un ponte, furono trovate una mattina d'inverno stalattiti di sangue gelato. (...) Una donna venne portata 55 volte in una scuola trasformata in casino perché facesse compagnia alla truppa; erano cetnici. Le trasformavano in prostitute e il compenso era il cibo. (...) Avevo conosciuto Sanja, 17 anni e 12 fratelli. Si prostituiva per fame (...) La domenica era felice: portava la madre e i ragazzi al ristorante, mangiavano tanto. (Nota di Lunaria: gli Ustascia erano cattolici integralisti croati, guidati da Ante Pavelic)

- Dice una poesia che Jacques Prévert gli aveva dedicato: Lo sguardo sempre blu e ancora infantile sorride\le labbra sottili rivelano le ferite della vita\Non si muore che una volta sola\si dice\si muore spesso\si muore sempre.


 

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