Louis Pasteur nacque nel 1822 nella città di Dole, in Francia.
Quando Pasteur era giovane, si sapeva ancora poco di sostanze chimiche. Pasteur fu presto assunto come chimico e fece diverse scoperte importanti sulla composizione delle sostanze.
Nel 1856 venne contattato da un proprietario di una fabbrica in cui si produceva vino ottenuto sia dall'uva che da altri tipi di frutta.
Il vino veniva preparato secondo il metodo tradizionale, aggiungendo del lievito al mosto. Il mosto doveva poi riposare per qualche settimana in grandi vasche e in questo periodo nel mosto si veniva a creare un'ingente quantità di alcol.
La trasformazione da mosto ad alcol si chiama fermentazione.
Una volta completata questa fase, il mostro era a metà della sua trasformazione in vino. Doveva poi restare per un periodo dentro le botti, prima di essere imbottigliato e venduto.
Nella maggior parte delle fabbriche, però, accadeva che il vino diventasse acido e quindi imbevibile prima di essere imbottigliato.
Nessuno poteva dire con sicurezza se una vasca di mosto sarebbe diventata, alla fine, del buon vino o una brodaglia imbevibile da buttare via.
Il vino era ed è uno dei prodotti più importanti in Francia e perciò in molti erano interessati alla soluzione di questo problema.
Gli scienziati erano convinti che la fermentazione fosse una specie di reazione chimica, e che l'alcol risultasse dalla fusione delle sostanze contenute nel lievito con il mosto.
Al microscopio si vedeva che il lievito era composto da minuscole sfere, ma nessuno le aveva studiate in modo approfondito.
La prima cosa che Pasteur fece fu quella di studiare il lievito. Dopo averlo esaminato capì che le minuscole sfere in esso contenute erano in realtà degli esseri viventi unicellulari, i saccaromiceti, che nascevano, si nutrivano, si muovevano, si riproducevano. Quando si aggiunge il lievito al succo d'uva, le minuscole cellule cominciano a "mangiare" il mostro e si riproducono, diventando più numerose. L'alcol che trasforma il mosto è una sostanza prodotta dalle cellule del lievito.
Pasteur notò che le cellule di lievito nel vino buono avevano una sforma sferica, mentre quelle del vino cattivo avevano forme più allungate.
Pasteur pensò che per evitare l'inacidimento del vino era necessario sopprimere questi organismi: bastava riscaldare il vino fino ad una temperatura di 50 gradi per uccidere questi microrganismi.
Questa tecnica venne ben presto impiegata nell'industria del vino e il problema dell'inacidimento venne risolto: questa tecnica venne chiamata pastorizzazione e fu applicata per eliminare i microrganismi indesiderati.
Dopo questa esperienza, Pasteur capì che se i microrganismi erano in grado di danneggiare il vino, potevano anche danneggiare le persone, causando le malattie; chiamò questa sua idea la "teoria dei batteri".
A molti questa idea sembrava ridicola: era impensabile che qualcosa di tanto piccolo potesse uccidere un uomo.
Tra il 1860 e 1870 Pasteur fece molti esperimenti per dimostrare che i microrganismi vagavano nell'aria, migrando da una persona all'altra attraverso l'aria.
Le sue teorie divennero famose anche oltre i confini francesi.
Fu il chirurgo inglese Joseph Lister che iniziò a disinfettare le ferite dei pazienti usano il fenolo, una sostanza impiegata per il trattamento delle fogne.
Lister cominciò a pulire le ferite dei suoi pazienti nel 1865 e constatò che i pazienti a cui si puliva la ferita con il fenolo avevano più possibilità di sopravvivenza.
Robert Koch scoprì che era importante tenere puliti gli strumenti per gli interventi: sapeva che i batteri morivano nell'acqua bollente e ordinò che gli attrezzi chirurgici venissero fatti bollire.
Koch, nel 1880, dopo varie ricerche, scoprì i batteri del colera, del carbonchio, della tubercolosi.
Pasteur fece ricerche sul colera dei polli, che uccideva migliaia di uccelli.
Nel 1880, il suo assistente che doveva fare a un gruppo di polli delle iniezioni di batteri del colera si dimenticò di fare le iniezioni e il contenitore con i batteri rimase lì un'estate intera; i batteri vennero iniettati nei polli solo a fine delle vacanze, ma accadde una cosa interessante: invece di morire, i polli si ammalarono, guarendo però poco tempo dopo; quando i polli ricevettero un'iniezione di "batteri freschi" non si ammalarono affatto!
Pasteur si ricordò della vaccinazione antivaiolosa di Jenner; ne dedusse che i batteri del colera rimasti in laboratorio tutta l'estate si erano indeboliti; contemporaneamente c'era in loro qualcosa che faceva sì che l'organismo dei polli li riconoscesse. Se questo ragionamento era corretto, significava che si era scoperto, per caso, un vaccino contro il colera.
Pasteur ripeté il procedimento su molti polli, dopo aver trattato i batteri del colera in modi diversi e ne concluse che il vaccino funzionava.
A questo punto si trattava di vedere se la stessa tecnica si poteva usare anche per debellare altre malattie.
Nel 1881 Pasteur cominciò a lavorare alla preparazione di un vaccino contro il carbonchio, una malattia che colpisce le pecore, i bovini e i maiali. Anche in questo caso, le sperimentazioni di Pasteur furono un successo.
Ma quello che valeva per gli animali, sarebbe stato valido anche per gli esseri umani?
Già Edward Jenner aveva dimostrato che la teoria dei batteri era valida, ma non tutti la accettavano; Pasteur dovette procedere con cautela, perché se qualche persona fosse morta in seguito ai suoi esperimenti, gli oppositori di Pasteur avrebbero sfruttato l'occasione per attaccarlo e togliere credibilità alla sua teoria.
Pasteur scelse quindi di dedicarsi ad un vaccino contro la rabbia, una malattia che colpiva gli animali domestici come i cani: il morso di un cane malato può contagiare le persone che vanno incontro ad una morte lenta e dolorosa.
Il fatto che fosse una malattia che colpisse prima gli animali che gli esseri umani fu un vantaggio, per Pasteur: poté sperimentare un vaccino sugli animali prima di usarlo sulle persone.
Fece molti esperimenti, dimostrando che la malattia si trasmetteva per mezzo della saliva, per poi colpire il cervello. Pasteur essicò il cervello degli animali malati, poi lo macinò ottenendo una polvere e ne fece un preparato liquido, indebolendo i batteri contenuti nel liquido; dopo molti esperimenti, Pasteur mise a punto un vaccino antirabbico sui cani.
Il primo essere umano sul quale Pasteur tastò il vaccino fu Joseph, un ragazzo morso da un cane rabbioso.
Pasteur fece al ragazzino delle iniezioni del vaccino antirabbico e funzionò: Joseph guarì.
Questo diede a Pasteur un'enorme fama e sempre più scienziati si convinsero dell'esattezza della teoria dei batteri.
Tuttavia, Pasteur non vide mai il "batterio" della rabbia. Fu scoperto molti anni dopo, ma non si trattava di batterio, bensì di virus.